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Autore: Lady Moonlight    29/03/2013    1 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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17

Blood and Steel

 

 

 

Quella notte il cielo era sereno e le stelle sembravano cristalli ricamati su un tessuto di velluto. La più brillante tra loro, quella dal bagliore verde, catturò inevitabilmente l'attenzione di Freya. C'era qualcosa che la inquietava in quella luce innaturale e che le impediva di fare un sonno tranquillo.
Gli incubi popolavano la sua mente quando tentava di chiudere gli occhi, ma pericoli ancora peggiori la riempivano di giorno.
"Oh, è astuta. Astuta. Stanno arrivando. Arrivano." l'altra Freya ripeteva quelle parole in continuazione, come se all'improvviso non sapesse dire nient'altro.
Freya si portò le mani alla testa, massaggiandola con movimenti circolari. La preoccupavano quelle emicranie che la lasciavano senza forze al pari dei sogni.
"Ti accompagnerò dalle fate. Loro sapranno aiutarti."
La voce di Michele la fece sobbalzare e si affrettò a nascondere le mani dietro la schiena per impedire all'angelo di vedere quanto tremassero.
"Lo farò spontaneamente." sottolineò lui, impegnato a sfiorare la lama di Enuwiel con una gentilezza che la sconvolse.
Si riprese in fretta, ricordando il modo in cui aveva minacciato Michele quando gli aveva esposto chiaramente il punto in cui lui sarebbe andato, volente o nolente, con lei.
"Perché tieni con te questa spada? Avevo capito che odiassi il suo precedente proprietario. Lilith sembrava sorpresa nel vedertela impugnare."
"Enuwiel." l'angelo pronunciò quel nome con disprezzo. "È stato lui a porre fine alla Seconda Guerra Celeste, lo sapevi?" la sua espressione si fece distante. "No, certo che no. È successo più di mille anni fa e anche allora furono poche le persone a conoscenza della verità. Nessuna di loro, tuttavia, raccontò mai perché gli angeli se ne andarono e i demoni scomparvero."
Freya chiuse gli occhi, concentrandosi sul suo respiro. "E tu ne sei certo, Michele? Sei certo di conoscere la verità? Sembra che la verità possegga molteplici volti." commentò esausta, fin troppo consapevole di cosa significassero quelle parole. "Non sono sicura di potermi fidare delle tue parole o di quelle di Lilith."
L'angelo emise un verso soffocato. "Tu non ti fidi di me, ma nemmeno io di te. Credi a quello che vuoi." replicò sbrigativo.
"Cosa fece Enuwiel?" lo interruppe Freya, spronandolo a proseguire.
"Si innamorò." lui non aggiunse altro e prima che la fata potesse chiedergli spiegazioni se ne andò, lasciandola sola a fissare le stelle. 
 

 

Dall'altura su cui Freya e i fuggitivi di Shang si trovavano, la pianura si dipanava davanti a loro, e gli steli d'erba ondeggiavano pigri verso il mare, verso la città di Grefin e l'arcipelago dal medesimo nome della città.
"Giravano delle storie..." disse qualcuno alle spalle della fata.
Alcuni bambini piagnucolarono. "Ho fame mamma. Sono stanco." le loro voci erano così flebili che Freya non poté impedirsi di rivolgere loro
uno sguardo comprensivo.

"...sostenevano che fosse un luogo di rovina e polvere. Ma questa... questa città..." le parole furono affidate al vento e lei si rese conto che Michele l'aveva affiancata.
"Pensavo di trovare un misero villaggio di pescatori." gli confidò Freya, cercando di non apparire troppo sollevata.
"Forse abbiamo trovato più di quanto speravamo."
Lei si accigliò. "Che vuoi dire?"
L'angelo assottigliò lo sguardo mentre osservava le solide mura difensive della città, che nulla avevano a che vedere con quelle di Shang.
"Una sensazione." replicò lui, in modo pacato. "Solo una sensazione." fece una pausa, come a voler soppesare il reale significato di quelle parole. "Non credo che dovremmo fermarci a lungo. Troviamo una imbarcazione e abbandoniamo questi luoghi nefasti."
 

 

Le mura della città erano imponenti. Grossi blocchi di granito nero costituivano lo scheletro esterno di Grefin, un ammasso di roccia solido e ben custodito. Le torri di vedetta erano piazzate alla medesima distanza e i soldati all'interno puntavano i loro archi verso il gruppo di profughi.
Freya notò che la strada di ingresso alla città era piena di erbacce selvatiche e grossi ciottoli di pietra che ostruivano in parte il passaggio. Sembrava che nessuno utilizzasse quella via da molto tempo e lei rabbrividì, ricordando ciò che le aveva detto Michele.
Le mura erano lisce, senza alcun tipo di avvallamento che potesse essere utilizzato per oltrepassarle se qualcuno avesse tentato un'arrampicata. L'ampia arcata a V rivelava la presenza di una maestosa entrata, sbarrata da un cancello di legno rinforzato con placche di metallo. Il muschio aveva ricoperto le zone più ombrose e Freya lasciò che lo sguardo vagasse sulle facce arcigne delle guardie di Grefin.
Per qualche ragione, comprese che quegli uomini non dovevano sapere che lei era una fata. Distolse gli occhi, sperando che i soldati fossero troppo occupati per notare il loro colore viola.
"Chi siete? Cosa volete?" tuonò una guardia, affacciandosi dal parapetto delle mura.
Lei si strinse nelle spalle, mordicchiandosi le labbra. Non aveva alcuna intenzione di parlare con quell'uomo e sentiva che l'altra Freya era irrequieta.
"Profughi, mio signore."
Michele si era fatto avanti, parlando con il suo solito tono pacato. Lei comprese che si stava fingendo un umano debole e sottomesso. Freya si domandò perché quell'atteggiamento risultasse a Michele tanto abitudinario, quasi non fosse la prima volta che si trovasse a recitare una simile parte.
L'angelo aveva assunto una posa goffa, con la schiena piegata in avanti come se fosse stato gobbo. Lei, invece, si ritrovò a coprirsi il volto con il cappuccio, pregando che gli abitanti di Shang avessero capito la loro posizione e reggessero il gioco.
Michele, dopotutto, poteva passare per un umano, ma lei aveva perso molto dei tratti che avrebbero potuto aiutarla ad essere scambiata per una semplice mortale.
"Veniamo da Shang. I demoni hanno distrutto la città." Michele alzò il pugno al cielo, mimando un attacco di rabbia.
Freya si rese conto che l'angelo aveva parlato con l'accento in uso a Shang e si chiese se imparare le lingue con una tale velocità fosse un dono della stirpe celeste.
I bambini scoppiarono a piangere e gli adulti del gruppo cominciarono a parlare tra loro, mentre Michele spiegava al soldato cosa era accaduto.
"Siamo in cerca di un rifugio." proseguì l'angelo, zoppicando in avanti senza distogliere mai lo sguardo da quello dell'uomo.
"Qui non potete restare." intervenne il soldato di Grefin. "Non vogliamo stranieri in città... di questi tempi." disse, facendo un segno con la mano agli altri soldati.
Sembrava che l'ufficiale si sforzasse per trovare le parole giuste, come se avesse difficoltà a conversare con loro.
Il cancello cigolò in modo preoccupante, come se non fosse stato usato da molto tempo. "È vecchio." commentò l'ufficiale, urlando da sopra il frastuono. "Per questa notte vi ospiteremo."

 

Scortati da un manipolo di soldati, vennero sistemati in una vecchia locanda che dava direttamente sul porto. L'interno del locale sapeva di vino, birra, muffa e l'aria era stagnante.
Freya si sentì strattonare per un braccio e Michele le fece segno di tacere. La trascinò in una stanza arredata con un paio di letti sfatti e i mobili impolverati.
Lei trattenne uno starnuto, sforzandosi di non apparire troppo disgustata.
"Perché ci hanno portato in un posto simile?" borbottò tra sé, senza aspettarsi una vera risposta da parte dell'angelo.
"Non vogliono che ficchiamo il naso in giro. Per questo il capitano è stato così gentile..." Michele lo disse con evidente sarcasmo. "... da accettare immediatamente la mia proposta di scortarci per mare a sud per un breve tratto."
Freya soffiò sulla superficie di uno specchio, ignorando le occhiaie scure che aveva sotto gli occhi. "Nessuno dei soldati ha parlato mentre ci portavano qui." osservò accigliata.
Si voltò per notare che Michele si era seduto su uno dei letti. "Questo posto è strano." continuò la fata. "Non ho visto né donne né bambini in strada mentre camminavamo in città. Il porto sembra abbandonato, come se nessuno sia più andato in mare da..." lei scosse le spalle, lasciando la frase incompiuta.
"Infatti..." le rispose cauto. "Credo, anzi, ne ho la certezza... Questi soldati non provengono da questa terra. Hai visto gli edifici addossati accanto alle mura? Quelli con i tetti sfondati e l'edera che vi cresceva intorno?"
Freya annuì con una morsa allo stomaco che non voleva saperne di lasciarla in pace. "Gli abitanti originari di Grefin sono morti, è così?"
Michele sospirò, osservando il paesaggio che offriva il molo in rovina. Da quella altezza anche lei prese nota della assi marce e delle barche ammucchiate le une sulle altre.
"In un incendio." riprese Michele, mostrandole che in realtà era cenere la polvere che ricopriva la stanza.
"Chi sono questi uomini?" chiese Freya. "Perché sono qui? Cosa ci fanno qui dei soldati? Per quale motivo hanno ricostruito parte della città e sorvegliano le mura?"
"La testa Freya, la testa. Usala." la provocò l'altra Freya.
Una lunga crepa si formò sulla superficie dello specchio, allargandosi come una frattura nel ghiaccio.
"Sono umani, vero?" si girò di scatto verso l'angelo che giocherellava con le coperte del letto, perso in qualche ragionamento.
"Sì, lo sono."
Freya lasciò andare il respiro che aveva trattenuto. "Nessuno di loro parlava..." considerò, raggruppando le informazioni che aveva raccolto.
"Soldati, un porto, una città abbandonata..." bisbigliò.

Michele si alzò, indicandole alcune guardie appostate fuori dalla locanda. Lei lo raggiunse, sporgendosi fuori dalla finestra e inspirando l'aria ricca di salsedine.
"Un'invasione." decretò Freya, sorprendendosi di non provare nulla in particolare. "Una base sicura per poter avanzare nel cuore del continente."
"Non imparano mai." sentì sussurrare da Michele.
"Umani... Mortali. Che gran contraddizione." sibilò l'altra Freya, prima di eclissarsi nuovamente in qualche angolo remoto della sua coscienza.
 

 

Freya si mosse furtiva, superando con un salto il corpo accasciato sulla strada di una guardia. Michele era stato rapido e letale nel privare i loro guardiani di qualsiasi possibilità di richiesta d'aiuto.
Lei si appiattì contro il muro, facendo segno alla gente di Shang alle sue spalle di imitarla.
Davanti a loro, piccoli velieri da pesca ondeggiavano nell'oscurità della notte. Il porto era silenzioso; un agglomerato di edifici fatiscenti che attendevano di essere rimpiazzati.
L'angelo fece segno di seguirlo e Michele li indirizzò verso un veliero che recava bandiere nere.
La fuga era stata prearata nelle ore precedenti, con la collaborazione degli abitanti di Shang, quando Freya aveva rivelato loro alcuni retroscena di quella città fantasma.
La fata si chinò su un bambino, prendendolo in braccio prima che potesse mettersi a piangere per la lieve escoriazione che si era fatto cadendo al suolo. Lo curò facendo ricorso a quei poteri di cui non era mai stata pienamente consapevole.
"Ssh... Non piangere." lo ammonì con gentilezza.
Una decina di uomini di Shang erano già sul ponte dell'imbarcazione, intenti a sistemare il veliero per la partenza.
Non c'era sorveglianza al porto e le poche sentinelle che incontrarono erano state messe fuori combattimento da Michele.
"Da questa parte." bisbigliò ai profughi, scendendo rapida verso il molo. "Sbrigatevi." li esortò, lasciando che fossero loro i primi a salire a bordo del peschereccio di fortuna. Consegnò il bambino alla madre che le fece un cenno d'assenso e che lei interpretò come un ringraziamento.
I rintocchi di alcune campane a rapida successione li avvertì che qualcuno a Grefin aveva dato il segnale d'allarme.
"Veloci!" gridò lei per sovrastare il frastuono.
La città si risvegliò in rapida successione. Da dietro le finestre sgangherate degli edifici, tenui luci dorate si accesero un po' per volta, mentre i soldati della guarnigione sbraitavano ordini da ogni direzione.
Eppure...
"Freya..."
Sobbalzò, sentendosi chiamare per nome, ma non ebbe bisogno di vedere per capire che era Michele colui che voleva attirare la sua attenzione.
Si riprese in fretta, dando una leggera spinta sulla schiena all'ultimo abitante di Shang che salì sul veliero.

"I soldati..." osservò lei pensierosa " Non stanno venendo da questa parte."
"Lilith ha inviato vampiri ed enteriani sulle nostre tracce. Gli umani li stanno combattendo. Sei in grado di sospingere la barca al largo?" chiese,
indicando i profughi di Shang.

"Se si concentra... Forse." l'altra Freya non le risparmiò i suoi dubbi.
Lei chiuse gli occhi, immergendosi nel mondo crepuscolare delle Ombre che in un'altra vita, un'altra Freya, aveva soprannominato Limbo. I sussurri concitati delle Ombre non le diedero un attimo di tregua e refoli di nebbia si avvinghiarono ai suoi polsi come catene.
Poi lo avvertì: il profumo del mare, il fischio del vento...
E le bastò chiedere, le bastò lasciare che l'aria assecondasse i suoi capricci volgendo da nord a sud.
Il veliero si allontanò, la nebbia si ritirò tra le Ombre... le Ombre si zittirono.
 

 

Non era certa di come fossero riusciti a fuggire dalla città senza che nessun demone li notasse. Lei e Michele si erano acquattati nell'oscurità, tenendosi ai margini del conflitto.
"Il sangue li distrae dal loro obiettivo. Siamo passati in secondo piano sulla scala delle loro priorità." le aveva detto l'angelo.
Poi, avevano corso.
La loro era stata una corsa continua, ansimante, mentre attraversavano la piana di Grefin con il dubbio crescente di poter essere avvistati dai vampiri.
Superavano arbusti e sterpaglie alte quanto un uomo, senza mai voltarsi indietro.
Freya si era ritrovata due volte con la faccia a terra, ma in entrambi i casi Michele l'aveva aiutata a rialzarsi, suggerendole in modo ben poco cortese di sollevare gli orli della gonna mentre fuggivano.
Infine l'aveva abbandonata in una grotta intimandole di non muoversi da lì. E così lei aveva fatto.
Era rimasta seduta in una rientranza della roccia, osservando di tanto in tanto i graffiti realizzati chissà quanto tempo prima. Le immagini le raccontavano di strane città con costruzioni rettangolari alti quasi fino alle nuvole. Edifici che, una lei del passato lo sapeva, erano stati costruiti con acciaio e vetro.
Una megalopoli che lei ... aveva distrutto?
"Gli umani avevano impregnato il mondo di veleno. Ferro ovunque: nel cielo, nel suolo... Minacciava di ucciderci." intervenne l'altra Freya.
"C'è stata una guerra..."
"Ma il vincitore non è mai stato decretato."
Freya si prese la testa fra le mani, chiudendo gli occhi.

"La regina Titania vi invita a prendere parte al conflitto, Somma Arturya."
"..."
"La Corte Unseelie sta distruggendo gli umani. Il vampiro, lo schiavo della regina, è inarrestabile. Ci serve il suo aiuto."

 "Qualcuno deve aver vinto." obiettò Freya.

 ...Il sorriso di Lilith.

 L'altra Freya sbuffò in modo eloquente. "Qualcuno ha ottenuto ciò che desiderava." la corresse.

 

***

 

Si erano diretti a sud, accogliendo con piacere il clima più mitigato. Quando si imbattevano in qualche villaggio Freya era sempre lieta di poter aiutare le persone, curandole o informandole sugli ultimi sviluppi che riguardavano i vampiri.
"Io dico che la ragazza vaneggia!" aveva esclamato un uomo in una piccola locanda.
"Dice il vero." la replica di Michele era giunta rapida e tagliente.
"Siete forestieri, affidabili quanto la mula di mia madre!" li accusò un altro, mimando un gesto così osceno da far digrignare i denti a Michele.
"Andiamocene." aveva sibilato l'angelo, afferrando la fata per un braccio.
Quella sera avevano trovato ospitalità da una coppia sposata con cinque figli che avevano offerto loro due posti letti nel fienile.
Freya si era afflosciata sulla paglia, affondando con piacere in quel giaciglio profumato, lieta di poter riposare per una volta su qualcosa di morbido.
Michele si era seduto in un angolo più appartato, con la spada appoggiata alle ginocchia.
"La stella è scomparsa." commentò lei, ripensando con sollievo a quando un paio di giorni prima aveva notato l'assenza dell'astro verde.
"Era un varco fra i mondi." spiegò l'angelo. "Non una stella." specificò. "È stato creato utilizzando il potere della Pietra di Cristavia, un manufatto che deve essere distrutto. Non sarebbe mai dovuto essere plasmato un oggetto simile. L'essenza del suo potere è instabile e nessuno è in grado di domarla, nemmeno la sua creatrice. E in ogni caso Cristavia è morta." aggiunse.
L'altra Freya si mostrò inquieta.
"La Pietra sarebbe dovuta essere distrutta durante la Seconda Guerra Celeste, ma Enuwiel la utilizzò per esiliare gran parte dei demoni su Pandemonium, imprigionandoli in una prigione dalla quale ora sono evasi. Poi, affidò la Pietra ad una ragazza che avrebbe avuto il compito di custodirla. Lei divenne la Prima Guardiana della Pietra. Tuttavia, nell'arco di mille anni, questo compito è andato dimenticato. Le tracce della Pietra di Cristavia sono state smarrite, la discendenza della Prima Guardiana si è indebolita e l'ultima erede che avrebbe dovuto assolvere al volere di Enuwiel è sospesa in un limbo di morte. La Pietra è stata risvegliata, i demoni liberati e..."
Michele stritolò con la mano una manciata di fieno. "Tutto ciò è stato causato da Enuwiel." decretò con rabbia.
Freya socchiuse gli occhi tracciando sul pavimento sterrato le iniziali di Enuwiel.
"A sud, nel Regno di Ziltar, lo considerano un eroe. I suoi discendenti sono venerati quasi come divinità." finì di scrivere la lettera "L" e per alcuni intensi secondi non prestò attenzione alla replica dell'angelo. Ovviamente conosceva la leggenda: l'angelo che si innamorò di un umana e che sconfisse i demoni. Tuttavia, dai racconti di Michele e dalle reminiscenze dei suoi ricordi perduti aveva la sensazione che tutto ciò che il mondo sapeva fosse una menzogna.
"Ha davvero importanza sapere chi ha avuto la colpa di cosa, dopo tanti anni? Se così fosse, non credi che l'unico responsabile degli eventi accaduti sia in realtà il Creatore?"
"Sì, fai vacillare la sua fiducia nell'Autorità." le suggerì la voce dell'altra Freya. "Fallo vacillare."
Michele le rivolse uno strano sguardo. "È a causa del rimorso che dici ciò?" concluse sibillino. "Nessuno è privo di colpe."

 

***

 

"È un comportamento barbaro." commentò Clare, aggirandosi lenta tra la folla. Michele la seguì, distogliendo velocemente lo sguardo ogni volta che i suoi occhi scorgevano carrozze piene di cadaveri decapitati.
Il patibolo di legno, sopraelevato rispetto alla fiumana di gente, era schizzato di sangue e la lama riluceva minacciosa alla luce del tardo pomeriggio.
Il popolo acclamava a gran voce una sola persona: "Marie Antoinette! Marie Antoinette!" I più poveri, i contadini, reggevano in mano forconi a tre punte e bastoni che mulinavano in aria.
"Chi è la persona che chiamano?" le chiese la ragazza.
"La regina."
Clare non sembrava turbata dal sangue e dalla ferocia della gente e lui poteva intuirne il motivo. Lei era stata forgiata per la guerra, come lui, e la compassione non poteva essere un sentimento da esprimere sui campi di battaglia.
Insieme erano sangue e ferro. Erano cenere e guerra.
"Credevo che le ghigliottine fossero state abolite cinquecento anni fa."
"Da dove provieni tu è possibile. In questo passato, antecedente al regno di Enuwiel e alla prima Guerra Celeste, non è così."
Alcuni uomini in divisa avevano cominciato a battere sui tamburi ad un ritmo sempre più incalzante. Alle loro spalle, su un'asta di legno volteggiava una bandiera tricolore.
"Viva la Revolution!" scoppiò la folla in un unico grido, mentre una donna saliva lenta e con lo sguardo fiero al patibolo.
La musica cessò. Un uomo con in mano un crocifisso ed un libro nero sussurrò qualcosa all'orecchio della regina. Lei scosse la testa, inginocchiandosi nel punto che il suo esecutore le aveva suggerito.
"Ho contato tre vampiri in questa piazza, Mikhail. Eppure... queste persone non fanno nulla per tentare di eliminarli." gli disse Clare, fermandosi di fronte al patibolo.
"Qui gli umani non sanno della loro esistenza, non ancora. Fino allo scoppio della Prima Guerra Celeste erano convinti di essere l'unica forma di vita intelligente sul pianeta." le rispose.
Clare si volse verso la folla con espressione accigliata. "Andiamo in un posto migliore." le propose offrendole la mano.
Nello stesso istante in cui Clare la afferrò, la testa della regina di Francia fu tranciata dal suo collo. 
 


"Un giardino?" domandò Clare.
"In una città chiamata Firenze." specificò Michele, avvicinandosi ad un gruppo di magnolie in fiore. "Mi piaceva questo posto. Vagamente... ricorda l'Eden."
Camminarono in silenzio, attraversando siepi ben curate e volte di pietra ricoperte d'edera. Scesero dei gradini di pietra che li portarono ad una fontana circolare dalla cui statua nel centro usciva un getto d'acqua continuo dalla bocca di un leone.
"Fa parte delle proprietà di un nobile che fece creare il giardino per la moglie malata. Lei è morta prima di vedere ultimata l'opera. Era giovane, giovanissima, quasi una bambina..."
"Stai sanguinando." lo interruppe, sedendosi sul bordo della fontana e lasciando che le dita sfiorassero la superficie dell'acqua.
Michele si guardò il braccio ferito. "Non ci ho fatto caso." replicò, pulendosi con dell'acqua.
"Non viene nessuno in questo posto?" Clare fece un gesto vago con il capo, picchiettando pensierosa le mani sulla spada.
"Immagino che... in passato, la gente lo visitasse. Ma questo è un sogno, per quanto insolito."
"Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo."
Michele scosse la testa, guardando tristemente Clare mentre attraversava un viale ricoperto di papaveri in fiore -rossi come il sangue che loro avevano versato.
"Il problema è sempre stato mio." replicò lui. "Sono io a doverti esprimere delle scuse. In passato ho avuto molte occasioni per sconfiggere Lucifero, ma non l'ho fatto..."
"Vlad Tepes." lo corresse Clare, che mal sopportava il nome celeste del vampiro.
"Significa Figlio dell'Aurora." proseguì lui, ignorando il commento. "E lo era davvero." aggiunse.
La Guardiana sbuffò, salendo il sentiero che portava ad una collinetta. "Lo so." la sentì sussurrare. "Rimarrei qui per sempre. In cima a questa collina con il vento che soffia tra i capelli, trasportando il profumo degli alberi in fiore. Mi stenderei sotto i tiepidi raggi del sole, studiando le forme delle nuvole... Tu cosa vorresti fare, Mikhail?"
"Dici così perché il tuo corpo desidera la morte più della vita, nello stato in cui si trova al momento." rispose calmo.
"Io non ne sono così sicura."
Michele alzò lo sguardo al cielo. Aveva voglia di volare. Provava una crescente nostalgia per l'impossibilità di distendere le ali, sebbene in quella realtà ciò gli fosse possibile.
"Resisti ancora un po'." la incoraggiò l'angelo. "Ti porterò la persona che potrà aiutarti." le promise.
Clare sospirò, in un gesto che a lui sembrò di sconfitta. "Non hai risposto alla mia domanda, Mikhail." gli fece notare.
...Ah.
Michele l'aveva imparato: Clare era troppo furba e scrupolosa per non notare i dettagli. D'altra parte non sarebbe stata ciò che era se così non fosse stato. Con lei, fingere risultava più difficile che con Freya. La fata non prestava mai realmente attenzione alle sfumature dei loro dialoghi o ai suoi gesti.
In verità, Michele era sollevato dalla cosa. Freya era fin troppo pericolosa anche se non riusciva ad intuire ogni suo pensiero.
Erano arrivati ad uno stagno, dove alcuni cigni immergevano continuamente il loro lungo collo bianco sotto l'acqua in cerca di cibo.
"Se potessi scegliere... dove saresti ora, cosa faresti?" ripeté Clare, gettando dei sassolini nella pozza stagnante.
"Qui. Esattamente qui."
Lo aveva detto senza riflettere troppo sulla possibile risposta, ma si accorse che era vero. In che altro posto sarebbe potuto stare? Pensare a Lucifero, ormai, sarebbe stato un puro sogno utopistico e l'Eden per quanto lo considerasse la sua casa...
Non c'era nessuno che lo attendesse o che lui volesse incontrare solo per il puro piacere di vederlo. Nell'Eden era rispettato, certo, come poteva essere altrimenti? Ma gli angeli che aveva sempre considerato amici o fratelli nel senso più stretto del termine erano morti o avevano tradito l'Autorità preferendo Lucifero.
"Rimarrei in questo giardino. Qualcuno dovrà pur tenerti compagnia."
...E tenerla d'occhio. Sospettava che se Clare si fosse inoltrata eccessivamente in quella realtà, non sarebbe più riuscita a risvegliarsi.
"Sentimentale." lo accusò lei con una smorfia divertita. "Apprezzo lo sforzo."
Il panorama cambiò ed entrambi si ritrovarono seduti su una spiaggia bianca, in riva ad un mare che rifletteva la luce rosata di un sole morente.
"Mi odieresti, Mikhail, se ti dicessi che una parte di me prova una grande tristezza per il destino di Vlad Tepes? Ci penso in continuazione... a lui..." confessò.
Michele annuì comprensivo, tracciando figure astratte sulla spiaggia. "Lui fa questo effetto." si limitò a dire.
"Ho visto Pandemonium." proseguì lei. "L'ho visto vivere lì il suo esilio. L'ho guardato mentre il mondo che lui aveva creato avvizziva e lentamente moriva. Ho provato il suo dolore. Ed ho esitato... Lo odio. So di odiarlo, ma non posso fare a meno di... non..." Clare esitò e lui chiuse un istante gli occhi.
"Sì, capisco cosa vuoi dire. È frustrante, vero?" non le lasciò il tempo di replicare. "Lucifero non si è mai reso conto di ciò che suscita in chi gli sta accanto. Questa sua apparente mancanza ha rischiato di portare suo figlio alla morte... tanto tempo fa." sussurrò.
Clare irrigidì la mascella e voltò il capo dall'altra parte. Infine si alzò, immergendosi lenta nelle acque del mare fino alle ginocchia.
"È tempo che tu vada, Mikhail." dichiarò con tono distaccato. "Torna alla realtà. Torna tra i vivi."
E prima che lui potesse chiederle il perché del suo improvviso cambio d'umore, la sua vista individuò nell'oscurità la sagoma di Freya, che ricambiava il suo sguardo con occhi che brillavano di curiosità.

 

 

 

Capitolo betato da: Jales


Vi ricordo: -Il prequel dedicato a Sebastian che potete trovare qui: Soul Hunter
-La raccolta realizzata da Jales su vari personaggi di CS: De Vita
-Il mio account Ask se volete pormi qualche domanda: Qui
-Mi trovate su: Twitter

 


 


Note: Eccomi qui! Problemi di varia natura mi hanno fatto rallentare la stesura del capitolo, ma ci sono, sono viva! LOL Un grazie gigante a Ale<3
E Clare è tornata di nuovo, contenti? u_u Dite la verità xD
In conclusione: Auguri di Buona Pasqua, passatela bene! :)
By Cleo^.^ 




   
 
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