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Autore: Walpurgisnacht    30/03/2013    1 recensioni
Versione riveduta e corretta di Two-Part Secret Heart. Riciclo l'introduzione della versione grezza perché non c'ho la sbatta.
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Nerima è un paese diverso dopo Secrets. Incontrato gente, fatto cose, visto posti, rotto equilibri. Poi un ragazzotto con la bandana e il senso dell'orientamento di un opossum morto torna dopo un anno.
Avete preparato l'armatura per difendervi, vero?
[EIP fra _Mana e Kaos, seguito di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Le conseguenze della piccola sceneggiata di Nabiki non tardarono ad arrivare.
La notizia che Ranma e Akane avevano finalmente deciso di ufficializzare la loro relazione era infine giunta alle orecchie di Soun e Genma che subito avevano cominciato ad organizzare il matrimonio, il secondo tentativo, coinvolgendo persino Nodoka affinché tutto si svolgesse senza intoppi.
Ovviamente il fatto che i due piccioncini non volessero saperne di sposarsi era un dettaglio del tutto trascurabile agli occhi dei loro padri, ormai lanciati nell’allestimento della cerimonia.
Fortunatamente, con molta fatica -e insulti, lotte, urla che andavano da “Noi non vogliamo sposarci adesso!” a “Vogliamo almeno aspettare di finire il liceo!” fino a “Prova a mettermi le mani addosso per infilarmi quel tight e casa Tendo avrà un nuovo tappeto di pelo di panda!”-, si arrivò ad un accordo: la decisione su quando sposarsi stava solo a Ranma e Akane. Dal canto loro Soun e Genma si sarebbero impegnati a non organizzare più nozze in segreto. Almeno fino alla fine del liceo.
“Peccato, avevo già preparato gli inviti... e tutti quei bei regali di nozze che avrei potuto rivendere!”.
“Nabiki sparisci, hai già fatto troppi danni!” ringhiò Akane, che non aveva ancora perdonato la sorella per le conseguenze dell’asta. La compravendita in sé in realtà l’aveva trovata anche piuttosto divertente.
“Come sei rancorosa, sorellina” trillò Nabiki, uscendo dalla camera di Akane “ti verranno le rughe prima del tempo! E a Ranma le cariatidi rugose non piacciono!”.
Schivò appena in tempo un cuscino lanciato da Akane, e chiuse la porta ridacchiando.
Akane sbuffò, ma lasciò perdere: aveva cose ben più importanti del sarcasmo di sua sorella di cui occuparsi. Tornò ad osservare il suo riflesso nello specchio, facendo una piroetta.
“Ok... ci siamo. Credo”.
Già, ci siamo. L'appuntamento.
Quei due pazzi furiosi di suo padre e Genma volevano organizzare il matrimonio quando loro due non erano neanche mai usciti assieme in modo serio? Che razza di persone erano? Un po' di sale in zucca, diamine.
Sbuffò. Da una parte era anche abituata a tutta quella foga da parte dei rispettivi genitori, che dopo i mille e più casini successi da quando si conoscevano non vedevano l'ora di vederli impalmati e sistemati per sempre. Dall'altra la fretta che non mancavano mai di mostrare la irritava oltremodo, e per fortuna Ranma era della stessa opinione.
Oh gente, insomma. Qua nessuno ha mai detto che io e lui non ci sposeremo mai. Anzi, a meno di litigi senza possibilità di ritorno sarà... sarà... una bella cosa quando succederà. Però cavolo, non abbiamo neanche ancora diciotto anni. Cosa vi morde la coda, un cane con la rabbia? Facciamo le cose con calma, e soprattutto quando saremo pronti.
E al momento io non mi sento pronta a prendere un simile impegno. Sposarsi significa stare insieme per tutta la vita, mica andare a funghi una volta e poi ciao. Abbiamo ancora un sacco di cose da chiarire, sistemare, concordare. Dobbiamo... ah... ah... per la miseria, se non riesco a dirlo neanche a me stessa vuol dire che i tempi non sono maturi. Ma proprio per niente.
A cuccia, su.
Stava per fare qualcosa, neanche lei sapeva cosa, per togliersi l'imbarazzante pensiero dalla testa quando Kasumi entrò senza bussare in camera sua.
"Uh?" disse, meravigliata di vederla lì "Qualcosa non va?".
La sorella le sorrise, come suo solito. "No. Ma non hai sentito suonare il telefono, scusa?".
"Ah. No, a dire il vero no. Ero pensierosa".
"È per te. Ukyo".
Ukyo? Cosa poteva volere?
Scese rapida le scale e raccolse il ricevitore.
"Pronto?".
"Akane, ciao".
"Ciao Ukyo. Tutto bene? Successo qualcosa?".
"Cos'è tutta 'sta apprensione? Tranquilla, è tutto ok. Una non può neanche telefonare ad un'amica?".
"Certo che può. Ma, a meno che tu non sia in vena di spendere soldi tanto per, avrai pur qualcosa da dirmi".
"Sì, in effetti sì".
"E cosa?".
"Ascolta, con Ryoga abbiamo parlato e... ecco... ci era venuta in mente una cosa...".
"... sarebbe?".
"Diglielo tu. Io mi vergogno troppo" disse la cuoca rivolta a qualcuno che non era Akane.
Si sentirono rumori di una lieve colluttazione dall'altra parte della cornetta. Akane rimasse imbambolata con la cornetta in mano, chiedendosi quale gas stesse avvelenando i due abitanti dell'Okonomiyaki Ucchan.
Finalmente qualcuno diede un segno di vita. Era ancora Ukyo. "Akane, perché... non facciamo quella famosa uscita a quattro?".
Akane sgranò gli occhi. Quei due si erano finiti le scorte di sakè del ristorante, per caso?
“Ukyo, starai scherzando spero!”.
“Perché? Quando te l’ho proposto la prima volta eri d’accordo, mi sembra...” piagnucolò Ukyo all’altro capo del telefono.
“Non sperare di impietosirmi con quel tono di voce da bambina offesa, Kuonji”.
“Umph”.
“E poi... come posso dire di sì a un’uscita a quattro se non ho ancora avuto il mio appuntamento?” sussurrò Akane, e fu il suo turno di piagnucolare.
“Oddio è vero...” disse Ukyo “era oggi, giusto? Che sbadata sono, mi dispiace!”.
“Non fa niente, non ricordavi...” disse, interrotta da altri suoni di baruffe e discussioni.
“Ehm, ragazzi...?”.
“Senti, ho un’idea” rispose nuovamente Ukyo, con il tono affaticato di chi ha appena vinto una battaglia “perché non venite qui stasera? Godetevi il vostro appuntamento tranquilli, poi ci raggiungete per cena! Che ne dici?”.
Akane ci pensò su. Non sembrava poi un’idea malvagia.
“... così poi mi racconti tutto!”.
Scoppiò a ridere. Ecco dove voleva andare a parare.
"Sei tremenda, Ukyo. Peggio della comare più attempata del vicinato" la accusò bonariamente Akane.
"Oh, senti. Il primo appuntamento è una cosa importante e, in quanto tua amica del cuore -spero- voglio essere tenuta aggiornata costantemente. Io ti ho ben detto tutto tutto tutto del mio primo appuntamento con il m... Ryoga. Cribbio, vuoi stare zitto un momento? Sono al telefono, se non te ne fossi accorto!".
Akane staccò il ricevitore dall'orecchio e lo guardò come si potrebbe guardare un omino verde che scende dalla sua astronave e chiede trenta chili di plutonio per fare il pieno.
Voglia di sentirli azzuffarsi per chissà quale motivo non ne aveva, pertanto la salutò sbrigativamente confermando comunque il piano da lei proposto. Per quanto la facesse ridere non vedeva nulla di male nel raccontarle i loro exploit.
Chiuse la conversazione, ridacchiando ancora per la faccia tosta di Ukyo.
Ritornò in camera sua. Mentre saliva le scale rifletté su cosa si sarebbe messa per l'occasione. Almeno lei, al contrario di Ranma, aveva un guardaroba sufficientemente fornito per occasioni del genere senza dover andare a fare appositamente compere.
E poi c'era l'esperienza recente con Ukyo, che senza falsa modestia le era uscita davvero fantastica. Poteva attingerne a piene mani. Magari solo meno scollata.
"... ammettendo che a me vanno benissimo così come sono".
Ok, e scollatura sia. Questa mercanzia ho e questa esporrò.
Sentì il cuore batterle più forte a pensare di sé in questi termini. Non era per nulla avvezza a mostrarsi... sensuale.
Contò di farci l'abitudine a breve.

"Forza bellezze, è tempo di uscire dalla naftalina" disse a mezza voce Ranma mentre tirava fuori dal rivestimento protettivo il suo completo chic.
E, incredibilmente, era davvero chic. O quantomeno non era la pacchianitudine fatta vestito. Alla fine aveva comprato il completo gilet cravatta e camicia. Una cosuccia molto sobria ma che gli stava decisamente bene.
A pensare che 'sti abiti mi hanno fatto finire dentro una gabbia nel bel mezzo della scuola...
Strinse un pugno, reprimendo a stento la voglia di entrare in camera di Nabiki e mettergliela a soqquadro per il puro gusto di vendicarsi.
Era pur vero che, da una parte, tutti gli abitanti di casa Tendo dovevano prostrarsi in ginocchio di fronte a lei se avevano tutti i giorni qualcosa da mangiare. Ma questo non le dava il diritto di trattarli come pezze da piedi o sub-umani.
Un giorno gliel'avrebbe fatta pagare in qualche modo. Un giorno.
Ma non quel giorno. Quel giorno era suo e di Akane e nessuno, nessuno si sarebbe messo in mezzo. Che lo volesse o no.

Akane fece un’ultima giravolta davanti allo specchio, osservando con occhio critico la mise che aveva scelto.
Si morse il labbro inferiore, pensando che aveva affrontato battaglie molto più semplici dell’organizzazione di questo appuntamento.
A sentir parlare le sue amiche era tutto bello ed incredibilmente emozionante: insomma, devi farti bella per il tuo lui, la scelta degli abiti viene da sé! E il figurone è assicurato, il tuo principe cadrà ai tuoi piedi!
Certo, perché nessuna di loro ha un fidanzato come Ranma, pensò.
Non che avesse più nulla di cui preoccuparsi, soprattutto dopo quelle scuse tanto sentite e... beh, quel simpatico commento sulle sue misure che le aveva risollevato il morale non poco.
Ma certe insicurezze sono difficili da mandar via, soprattutto quando sono tanto radicate nella tua testa.
Sarò abbastanza carina?
Gli piacerà il mio look o mi prenderà in giro?
Mi dirà che sono femminile come un camionista?
Scosse la testa prima di cadere di nuovo preda delle paranoie. No, stavolta sarebbe andato tutto bene. Niente bisticci -beh, magari qualcuno-, niente insulti, niente di niente. Solo lei e Ranma. Finalmente.
Si guardò un’ultima volta, e annuì con decisione verso il suo riflesso. Poi lasciò la sua stanza e scese di corsa le scale.
Al piano terra trovò Ranma ad aspettarla, e quasi il cuore saltò un battito.
“Ce ne hai messo di tempo, maschiaccio”.
Non diede nemmeno peso alla frase, troppo impegnata a squadrare Ranma dalla testa ai piedi.
“Allora?” chiese lui, quasi intuendo i pensieri della fidanzata; fece una piroetta davanti a lei, tanto per farsi ammirare. Non lo avrebbe mai ammesso, ma certe volte persino il suo ego stratosferico aveva bisogno di qualche rassicurazione. Soprattutto da Akane.
“Io... io non ho parole” balbettò quest’ultima “sembri... sembri un normale essere umano!”.
“Hmph, non hai altro da dire?!” borbottò Ranma, piccato.
“Scherzavo, scherzavo” trillò Akane, prendendolo a braccetto “sei proprio carino vestito così!”.
“Soltanto?” chiese lui, fingendosi ancora offeso; in realtà era impegnato a non morire d’imbarazzo osservando Akane e la sua mise decisamente... provocante? In realtà era un accostamento piuttosto semplice e per nulla audace, ma tra la gonnellina e la scollatura -che su Akane aveva visto davvero di rado- non sapeva su cosa svenire prima. E soprattutto stava cercando un modo per dirglielo senza sembrare goffo, o sdolcinato, o passare per pervertito, o finire per litigare.
Ecco, non avevano ancora messo piede fuori di casa e il suo neurone l’aveva già abbandonato a se stesso. Stupido ingrato.
"Oh porca eva! Aspetta, non ho chiuso il gas!" esclamò ad alta voce il suddetto neurone, che velocemente tornò indietro rientrando nel lobo temporale.
"Sei... sei meravigliosa" disse Ranma senza neanche averne l'intenzione cosciente. Le parole fluirono da sole e rispecchiavano i suoi più profondi sentimenti.
"R-Ranma... dici... dici sul serio?" fu la domanda che Akane, piantatasi come un palo per lo stupore, gli rivolse.
"Ci... ci puoi giurare".
"...".
"...".
I due si guardarono inebetiti. In quel minuto si erano detti più cose che nel primo anno della loro convivenza. Complimenti in maggior quantità e più sinceri.
Fu un attimo.
Le mani di Akane scivolarono sulle guance di Ranma, mentre le braccia di lui le avvolgevano la schiena.
Il bacio che ne seguì fu l'avvenimento più spinto che si erano mai concessi fino a quel momento. Lungo e alla francese.
Quando si staccarono stavano ansimando.
"Noi... noi l'abbiamo fatto davvero?" chiese lui, straniato in maniera molto piacevole.
"Direi di sì" confermò lei, altrettanto scombussolata ma soddisfatta.
"E se... lo rifacessimo?".
"Si può fare. Ma non adesso. Mica vorrai bruciarti subito le cose migliori, spero".
Ranma sbuffò. Quel contatto era stato così passionale... così... bello...
"Dai, non fare i capricci. Dopo replicheremo. Te lo prometto" miagolò lei, con un tono che assomigliava pericolosamente a quello che ai tempi era stato di Shan-Pu.
Lui si sciolse come un panetto di burro a sentirla parlare così. Trovò giusto la forza di stringerle la mano e di cominciare a camminare verso...
Verso dove? Dove sarebbero andati?
"Akane...".
"Mh?".
"Dove stiamo andando?".
"Oh. Sai che non ne ho idea? Che dici, hai qualche proposta?".
Mentre passeggiavano Ranma cercò una risposta soddisfacente. E si accorse che non è il tipo a cui piace studiare tutto nei minimi dettagli. Era sempre stato quel tipo di persona che prima agisce e poi riflette.
Pertanto, per non smentirsi, disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Cinema?". Sembrava che a parlare fosse stato un pulcino.
"Ma sai cosa danno?".
"No. Non... non vuoi?".
Akane sorrise fra sé e sé. Vederlo in panni a cui era così poco abituato ne esasperava la tenerezza. Decise che, almeno per quella volta, non avrebbe posto ridicoli paletti.
"No no, va benissimo il cinema".
Non importava, davvero. Per quel che la riguardava potevano sedersi in mezzo a un prato a contare i ciuffi d'erba. Non contava nulla cosa avrebbero fatto, né dove. Contava solo che fossero loro due. Vicini. Innamorati.
-
"Incredibile. C'era un film di Jackie Chan!" disse contentissimo Ranma mentre usciva trotterellando dal cinema. Akane, due passi più indietro, lo guardava come una mamma guarda suo figlio mentre sta giocando ai robottoni invisibili. Meno male che di solito le mamme non si sentono attratte fisicamente dalla propria prole.
"Sì, siamo stati fortunati. Ed era pure un bel film".
"Beh, immagino che tu abbia preferito le scene romantiche a quelle di azione...".
"Non particolarmente. Devo dire che c'è stato un buon equilibrio, e comunque la coreografia era eccellente. Insomma, sono pur sempre la figlia di Soun Tendo e ho ereditato la sua passione".
"Ho un'idea!" trillò Ranma girandosi verso di lei.
"E sarebbe?".
"Facciamo di questo Miracles il nostro film".
Akane inarcò un sopracciglio. “Intendi come... avere una nostra canzone?”.
“Si beh, qualcosa del genere...” ammise lui, arrossendo “Non sono così ferrato in musica, quindi credo che la canzone la lascerò scegliere a te. Però... insomma, è il nostro primo appuntamento -serio, specifichiamolo- e... beh, questo film è un ricordo di questa giornata! Non... non credi?”.
Ranma guardò la fidanzata con occhi sgranati, temendo di aver sparato una cavolata.
Akane lo osservò, riflettendo. Voleva davvero che un film di Jackie Chan diventasse il LORO film?
Davvero le sembrava opportuno rispondere Miracles quando Ukyo, le sue amiche -e le sue sorelle, e zia Nodoka, e quegli impiccioni di Genma e suo padre, persino i suoi figli in un futuro prossimo!- le avessero chiesto qual era il film che suggellava la loro storia d’amore?
“Si, si può fare!” sorrise, annuendo con convinzione. D’altronde, come aveva detto prima, era un film di arti marziali, per di più di Jackie Chan. Cosa c’era di più appropriato per due come loro?
Il sorrisone da bambino stampato sul volto di Ranma non fece che rafforzare la sua convinzione. Trotterellò accanto a lui e lo prese per mano, trascinandolo chissà dove.
“Comunque, per tua informazione” proseguì “una coppia non sceglie la propria canzone!”.
“Ah no?”.
“Certo che no, ma ti devo spiegare tutto?” rise “La canzone è casuale, di solito è quella che piace a entrambi, o si sta ascoltando mentre si balla, o ci si bacia per la prima volta o...”.
“Quindi se mentre ci baciamo passa il carretto dei gelati ci facciamo andar bene il jingle?”.
“... idiota”.

“A che ora hanno detto che sarebbero arrivati?”.
Ukyo guardò l’orologio. Erano ormai le venti passate.
“Non ci siamo date un orario” rispose, pulendo il bancone “ha detto solo che sarebbero passati per cena...”.
“Secondo me l’hanno dimenticato” commentò Ryoga, stiracchiandosi.
“Dici che il loro appuntamento è andato così bene?”.
“O questo, o Akane ha ucciso Ranma per qualche stupidaggine delle sue e ha abbandonato il cadavere lungo il fiume”.
"Sei divertente come un annuncio mortuario" lo fulminò lei, pur sorridendo. La battuta era sin troppo pesante. E poi, da come l'aveva sentita prima, Akane era davvero vogliosa di questa uscita. Doveva essere successa l'apocalisse per rovinare tutto.
Ryoga stava per rispondere quando...
VRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAM.
"Miracoli per tutti, gentili clienti dell'Ucchan!" gridò con voce stridula Ranma spalancando la porta del ristorante.
Ukyo e Ryoga, non appena lo sentirono, si voltarono nella sua direzione. E gli occhi abbandonarono le loro cavità andando a farsi un giro.
Innanzitutto era vestito come una persona con un minimo di senso estetico. In secondo luogo era iper-eccitato come un bambino di sei anni che riceve la macchinina tanto desiderata, al punto di saltellare mentre si avvicinava al bancone. In terzo luogo, e di questo se ne accorse solo Ukyo, aveva la faccia impiastricciata di rossetto.
Oh. Prevedo un resoconto succulento, miss Tendo.
La quale Tendo giunse pochi istanti dopo. Si appoggiò un secondo al muro, non appena fu dentro, per rifiatare. Ad occhio lo aveva inseguito invano.
"Anf... scusa Ukyo, non volevo... anf..." si giustificò.
"No, tranquilla".
"Il carretto passava e quell'uomo gridava «Gelatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!»" disse il codinato una volta giunto di fronte alla cuoca. La quale, comprensibilmente, lo guardò chiedendosi quale varietà di slime radioattivo gli fosse caduta in testa.
"Che cos'ha? Sta bene? Cos'è che blatera sui gelati?" chiese allungando lo sguardo verso Akane, cercando di scostarlo dal proprio campo visivo.
"Non badare a quello. Una stupida cosa sulla nostra canzone. Lascia perdere" fece lei, sconsolata.
"Avete fame?" chiese la padrona di casa per cambiare argomento.
"Mangerei un intero cinghiale senza neanche spellarlo" fu l'elegantissima risposta di Ranma.
"Chi credi di essere, Obelix?" rise Akane dietro di lui, mettendogli una mano sulla spalla.
"Obesix?".
"... non parlare più. Due okonomiyaki, Ukyo. Grazie".
"Certamente. Ma prima...". Dicendo questo si fece sotto ai due e prese Akane per un braccio trascinandola nel retro.
"Che cavolo fai, Kuonji?" protestò quella.
"Tu hai da raccontare, cara mia".
Quando giunsero a destinazione la lasciò andare. Poi prese a fissarla.
"Parla".
"Che ti devo dire?".
"No, nulla. Ad esempio perché il tuo rossetto si è magicamente spostato dalle tue labbra alle guance di Ranma".
"... oh".
Ukyo la fissava con lo sguardo da predatore in attesa della sua preda.
“Beh...” iniziò Akane, giocando con una ciocca di capelli “sai, prima di uscire di casa c’era stato quel bacio... così appassionato, non era mai successo!”.
“Uuuh! Ha fatto miracoli il cambio di look!”.
“Non solo quello eh... anche i suoi complimenti hanno avuto un ruolo considerevole nella faccenda...”.
“Che ti ha detto?” trillò Ukyo trattenendo l’emozione a fatica. Akane sorrise maliziosa, pregustandosi la reazione dell’amica.
“Ha... detto che... sono meravigliosa” sussurrò, avvampando. Tanto bastò ad Ukyo per lanciare un urlo talmente acuto da far abbaiare i cani di tutto l’isolato e far borbottare qualcosa a Ryoga riguardo i vetri che rischiavano di rompersi.
“Guarda che non c’è bisogno di urlare così!” disse Akane con le mani ancora sulle orecchie.
“Scusami, è solo che... oddio, è così romantico!” squittì, e Akane non riuscì a non imitarla.
“Certo che quel bacio dev’essere stato proprio focoso” commentò Ukyo, dopo essersi calmata “tutto quel rossetto...”.
“Oh no, quello è stato dopo” ammise Akane “al cinema, sai...”.
“... Akane Tendo. Sono sconvolta da tale affermazione! Vi siete nascosti al cinema per pomiciare?”.
“N-no!” si affrettò a correggere il tiro Akane “Cioè, non solo... insomma, il film l’abbiamo visto! Sul serio!”.
“Ah si? E che film era, sentiamo?”.
“... un film di Jackie Chan”.
“... stai scherzando?”.
“Non era brutto, a me è piaciuto...”.
“Perché la cosa non mi sorprende?” disse Ukyo, alzando gli occhi al cielo “D’altronde in qualche modo dovete pur farvi riconoscere...”.
Akane mise il broncio, fingendosi offesa.
“Su su, scherzo” la rassicurò la cuoca, prendendole le mani “dicevi quindi del cinema? A quanto pare è davvero il luogo migliore per... certe cose”.
“In effetti...” ridacchiò la più piccola delle Tendo “ma molti di quei baci glieli ho dati dopo il film...”.
“Ma come siamo audaci!”.
“Disse quella che aveva proposto a Ryoga di spiarlo mentre si cambiava”.
Stavolta toccò ad Ukyo arrossire come un peperone. “Era... era stata un’idea estemporanea, dettata da fattori esterni e...”.
“Ah ora si chiamano fattori esterni? Pensavo volessi solo sbirciare il suo fondoschiena...”.
“Akane!” urlò Ukyo, imbarazzatissima. Anche se, lo sapeva, l’amica non aveva torto per nulla.
“Piuttosto” continuò “questa cosa dei gelati di cui blaterava Ranma, me la spieghi?”.
-
Mentre le ragazze erano impegnate a spettegolare, Ryoga assisteva impotente al decadimento cerebrale di quello che era stato il suo degno avversario e storico nemico-amico.
Aveva chiacchierato di gelati e Jackie Chan per almeno venti minuti, senza che Ryoga riuscisse a trovarci un filo conduttore che gli sembrasse sensato.
Si chiese se questo era il destino riservato a tutti i ragazzi che si innamoravano o se Ranma Saotome era un caso a parte che meritava studi sociologici approfonditi.
Si trovò anche a chiamare Ukyo più di una volta pur di farlo smettere. Ma non servì, visto che la sua... uhm, ragazza? Fiamma? Più-che-amica-ma-meno-che-qualcos'altro?... insomma, lei... ecco, lei era occupata a fare il carico di gossip con la sua compare.
L'uomomaialino si risolse a sopportare stoicamente le farneticazioni di quello che una volta era stato Ranma Saotome e che in quel momento, a giudicare da come si stava comportando, era un bimbo di due anni imprigionato nel corpo di un diciassettenne.
No, sul serio. Ripeteva ossessivamente di un certo jingle dei gelati, di Jackie Chan che scappava sul risciò e di miracoli sulla Trentaquattresima.
Poi, così com'era venuta, la follia parve andarsene.
Ranma lo guardò, la faccia stravolta. Sbatté le palpebre un paio di volte, come se si fosse appena svegliato. "Ryoga, dove... dove siamo? L'Ucchan?".
Fu lì che il disperso si accorse lucidamente delle macchie di rossetto sul suo viso.
"Ranma, stai bene? Hai passato l'ultima mezz'ora a delirare".
"Io... deliravo?".
"Più o meno. Io non vado al cinema, ma dubito che nell'ultimo film di Jackie Chan l'omino dei gelati sia poi così importante".
"O kami. Ero così sovreccitato da parlare a vanvera...".
"Non che ti serva la sovreccitazione, eh. Ma quindi devo dedurre che il tuo appuntamento è andato a buon fine?".
A questa domanda Ryoga si sentì afferrato per le braccia. Il suo istinto combattivo lo portò ad irrigidire i muscoli, ma a parte questo non reagì.
"Non hai idea quanto".
"Sì che ce l'ho. Sei rosso in faccia".
"Che dici? Non mi sento imbarazzato".
"Parlo del rossetto".
"...".
"Tu e Akane dovreste fare più attenzione quando vi date alla pazza gioia".
"A proposito, dov'è? E Ukyo?".
"Sono nel retro. Penso stiano parlando in maniera approfondita della vostra uscita".
"Occavolo. La mia reputazione è spacciata!".
Ryoga non poté trattenersi dal ridere fino a sentire dolore alla pancia. Ranma... e la sua reputazione...
"Grunf. Non sei spiritoso" lo apostrofò acidamente prima di risolversi a raggiungerle e cercare di salvare il salvabile. Ma non fece in tempo a fare due passi che le vide tornare verso la sala, intente a ridacchiare e parlottare.
Quando lo vide, Ukyo non riuscì a trattenere una risata, che andò ad unirsi a quella di Ryoga.
“Akane, che le hai detto?” ringhiò Ranma in direzione della fidanzata, che per tutta risposta lo guardò col più innocente dei suoi sguardi.
“Io? Nulla, davvero... le ho solo fatto un riassunto del nostro appuntamento, tutto qui!”.
Ranma si sentì mancare la terra sotto i piedi. Tra questo e il suo stato delirante, aveva dato decisamente spettacolo.
“La mia reputazione...” piagnucolò, accasciandosi su una sedia.
“Reputazione? Quale?” chiese Ukyo, difficile dire se scherzasse o fosse una domanda seria.
“Ah ah. Simpatica Ucchan, davvero”.
“Lo so, Ranchan, lo so” rispose, mimando un inchino in direzione del suo migliore amico. Lo guardò per un attimo, sorridendo. Era bello poterlo definire ancora tale, senza dover più soffrire o provare gelosia. Erano ancora amici, forse più di quanto lo fossero mai stati in passato, e stavolta senza secondi fini o sotterfugi. E a giudicare dall’espressione di Ranma, il ragazzo la pensava allo stesso modo.
“Bene, visto che siamo tutti qui che ne dite di fare questa benedetta cena a quattro?” trillò Ukyo, allacciandosi il grembiule e tornando dietro al bancone.
La serata fu una di quelle difficili da dimenticare, quantomeno per un quartetto sui generis come loro: niente feste scatenate o alcol a fiumi -quello aveva fatto fin troppi danni, nei giorni passati-, solo quattro adolescenti che per una volta si comportavano davvero come tali, dimenticando rancori passati, gelosie e battaglie. Chiunque, passando davanti al locale in quel momento, avrebbe sentito solo risate.

“Ma Ucchan è assente?”.
Akane si guardò attorno: in effetti non c’era traccia dell’amica, in aula. La sera prima avevano fatto un po’ tardi in effetti, ma non tanto da giustificare un assenza.
“A quanto pare” rispose, stringendosi nelle spalle “magari era particolarmente stanca...”.
Ranma annuì, prendendo per buona quella risposta.
-
“Ohi, la mia povera schiena...”.
“Non ti facevo così di pastafrolla, Ryoga...”.
“Mica ci hai dormito tu sul pavimento!”.
“Ieri notte non ti lamentavi...”.
L’uomomaialino avvampò.
“L-lo fai sembrare tutt’altro, se lo dici così!”.
“E scommetto che non ti sarebbe dispiaciuto...”.
"UKYO! COSA TI SALTA IN TESTA?".
"Ryoga, maledizione! Cacchio urli come una bertuccia evirata?".
"E-E-Evirata?".
"Stai tranquillo, il tuo affare non te lo tocca nessuno. Nessuno che non sia io, almeno".
Ukyo Kuonji rise come una iena mentre Ryoga Hibiki sveniva, lasciando sotto di sé una macchia di sangue come se lo avessero crivellato di proiettili con un mitra.
   
 
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