Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 16/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy,
altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e
ancora Slash
Capitolo
16. In Camera
Harry era in camera, comodamente sdraiato sul suo
letto a leggere uno dei libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca,
quando una lancinante fitta di dolore alla cicatrice lo costrinse a rizzarsi
seduto, portandosi una mano alla fronte con un sibilo di dolore.
Che cosa stava poteva essere successo a Tom tale da
provocare tanta rabbia? Forse era meglio se fosse
andato a cercarlo…
Non fece in tempo a girare le gambe per scendere
dal letto, però, che con un sonoro slam! la
porta si spalancò, mostrando un irato Tom Riddle sull’uscio.
“Dove diavolo eri!” sibilò il Prefetto
indirizzando il compagno di Casa, un bagliore rosso rubino che gli danzava
negli occhi.
“Tom, ma cosa…?” biascicò Harry tirandosi su a
sedere, stringendo ancora con una mano il libro e con l’altra massaggiandosi la
fronte, cercando di calmare il bruciore alla cicatrice che, con il suo
travestimento, non era visibile a occhio nudo.
Il Serpeverde fece un passo avanti e sbatté
violentemente la porta alle proprie spalle, prima di avvicinarsi a grandi
falcate verso l’altro ragazzo e fermarsi a mezzo metro dal letto, troneggiando
sopra l’ex Grifondoro.
“Cosa? Cosa, chiedi? Ho passato l’intera fottutissima giornata a cercarti, ecco cosa! Sei scomparso
dopo Storia della Magia, a pranzo non c’eri, dopo pranzo eri introvabile e ora
non ti presenti neanche a cena! Ecco cosa!” sbraitò tutto d’un fiato il
Prefetto, gli occhi accesi che passavano dal nero al rosso, ed ogni volta che
brillavano mandavano una nuova scarica di dolore alla cicatrice dell’altro.
Harry cercò di ignorare il dolore e di concentrarsi
sulla conversazione. “Tom, ti scongiuro calmati.” Lo
pregò, guardando nel frattempo l’orologio: in effetti
la cena era iniziata da un pezzo e lui, completamente preso dal suo libro, non
si era minimamente accorto del tempo che scorreva. “Mi dispiace per la cena,
stavo leggendo e ho perso il senso dell’ora…” disse, ma a
quanto pare non era abbastanza per calmare il suo compagno di stanza.
“La cena è l’ultima cosa! Voglio sapere dove sei
stato tutto il giorno!” Ribatté Tom
Dolore alla cicatrice o no, con che diritto Riddle
pretendeva di sapere dove passava il tempo Harry? Lui non doveva certo render
conto a nessuno, meno che meno a Tom Riddle. Harry si alzò in piedi, lasciando
il libro sul letto, così da fronteggiare Tom (quasi) alla stessa altezza.
“E perché mai sarei tenuto a dirti cosa faccio nelle mie giornate?” chiese provocatorio.
Gli occhi di Tom arsero di nuova furia e il nero venne divorato dal rosso. “Non ci provare neanche Evans.”
Rispose in un basso e minaccioso sibilo. “Sono stato io a procurarti i
falsi documenti, sono stato io a cederti una stanza dove dormire e
sempre io ti ho presentato agli altri Serpeverde: se fai qualche cazzata sono io a doverne rispondere davanti a tutta
la Casa. Sei sotto la mia responsabilità!”
Harry lo guardò con occhi spalancati. “Ma che
diavolo…? Cosa sono io, il tuo animaletto domestico? Non sono sotto la
responsabilità di nessuno se non di me stesso, figuriamoci di te poi!
Non sono una tua proprietà!” gli urlò di risposta, ma l’ennesima ondata di
dolore alla testa lo costrinse a sedersi di nuovo sul letto tenendosi la fronte
con una mano, tanto che aggiunse: “Sono stato in biblioteca cazzo!
Solo in biblioteca, contento? Ora però, per l’amor del
cielo, calmati!” ‘O la testa mi esplode.’ Pensò
tra sé.
Tom non rispose e, purché non avesse per niente
l’aria di essersi calmato e stesse stringendo ancora i
pugni convulsamente, i suoi occhi erano tornati del loro color onice. Vide
Harry tirare un sospiro di sollievo, tenendosi la fronte con una mano.
“Che cos’hai?” chiese in tono piatto.
“Mal di testa.” Mentì prontamente Harry, “E tu che
urli non aiuta certo le cose.” Aggiunse massaggiandosi
il punto dove sarebbe stata in mostra la famosa saetta.
Tom strinse i pugni un’ultima volta, poi fece
dietro front verso il centro della stanza, facendo qualche passo nervoso verso
la finestra, prima di fermarsi e tornare indietro. Assomigliava vagamente ad un
animale in gabbia in quel momento. Harry lo osservò incuriosito abbassare la
testa e lasciare alcune ciocche di capelli a coprirgli gli occhi. Si era appena
voltato per poggiare il libro sul comodino quando
sentì l’altro parlare.
“Credevo te ne fossi andato.”
Harry alzò nuovamente lo sguardo. “Come scusa?”
Tom voltò la testa in direzione della finestra,
evitando il suo sguardo. “Credevo fossi ritornato da dove sei venuto, qualunque
posto sia.”
Harry sgranò gli occhi, capendo almeno in parte
cosa fosse passato in testa al moretto. “Tom, no…
avevo detto che sarei andato via tra tre mesi, no? Perché hai pensato che fossi
partito?” chiese, e c’era qualcosa di non ben definito che gli scaldava il
petto al pensiero che l’altro ragazzo si fosse preoccupato tanto.
Il Serpeverde sospirò e si sedette sul proprio
letto. “Non lo so, ho visto che non c’eri e…” scosse la testa, “Non lo so, non
so niente: non so chi sei, non so da dove vieni, non so perché sei qui, non
so…” ‘non so perché sono andato in panico quando non
ti ho trovato.’ Pensò, ma non lo disse, alzando invece gli occhi e puntandoli
in quelli dell’altro. “Chi sei, Harry?”
La domanda fece mancare il respiro al ragazzo, che
non riusciva a staccare gli occhi da quelli nero inchiostro del Prefetto, che
mai come ora gli erano sembrati tanto espressivi. Ed era forse anche per questo
che gli stava facendo così male dovergli rispondere così:
“Tom, lo sai che non posso dirtelo…”
Ma il Serpeverde sbuffò. “No Harry, non lo so, non
lo so perché non mi puoi dirmelo.” Disse con una nota amara nella voce.
Rimasero in silenzio per quella che ad Harry sembrò un’eternità, ma che in realtà dovevano
essere stati solo un paio di minuti. Non aveva mai pensato che i suoi segreti
sarebbero stati un tale peso per l’altro ragazzo. Certo, era stato Tom stesso a
dirgli sin dall’inizio che voleva scoprire chi fosse, ma poi l’argomento non
era più saltato fuori e Harry non ci aveva dato più peso. Ormai era diventato
tanto normale recitare il ruolo che aveva costruito, che non trovava più strano
inventare particolari della sua presunta vita, ma…
Stava mentendo a tutti.
Questo pensiero colpì Harry come un fulmine a ciel sereno. Stava mentendo a tutti sul suo passato, sul
suo aspetto, sul suo futuro. Sapeva che avrebbe dovuto nascondere la sua
identità, sapeva che non avrebbe potuto raccontare a nessuno la sua storia, ma
non gli era mai pesata la cosa, perché non aveva mai pensato di farsi degli
amici.
Amici… si, in quei pochi giorni si era affezionato così
tanto ad Orion e alla sua giovialità, aveva trovato tanto divertenti le
chiacchiere inutili di Giselle, e anche Meredith, la
timida ragazzina di Corvonero che aveva subito trovato simpatica e sveglia e
poi… Tom
Tom, il ragazzo irraggiungibile, dalla personalità
tanto complessa ed oscura. Un’oscurità che terrorizzava ed ammaliava allo
stesso tempo, che ti chiamava, ti invitava ad avvicinarti solo per poterti
schiacciare dagli enormi muri di ghiaccio che il ragazzo aveva eretto intorno
alla sua anima.
Ma Harry sapeva cosa Tom sarebbe diventato e quell’oscurità era niente in confronto, quel ghiaccio
indissolubile era niente confronto al vuoto e alla distruzione che avrebbero
preso il suo posto. Per questo voleva vedere oltre quei muri, perché era
l’unico che avrebbe potuto vedere la differenza tra Voldemort e Tom Riddle, una
differenza in cui ormai credeva ciecamente. Avrebbe fatto di tutto per
salvarlo, se solo avesse potuto… ma non poteva.
E Tom, l’ultima persona al mondo che sarebbe dovuta
venire a conoscenza dei suoi segreti, era quella per la quale ad Harry pesava di più nascondere la verità. Perché?
Perché era così speciale?
Improvvisamente, Tom si alzò in piedi e,
apparentemente ripresa la sua facciata impenetrabile, disse:
“Se hai saltato il pranzo devi essere affamato, ma
ormai in Sala Grande sarà rimasto ben poco, meglio farti portare la cena qua da
un elfo.”
Ora che ci faceva pensare, Harry cominciava a
sentire i morsi della fame. “Si, grazie, mettere qualcosa sotto i denti non
sarebbe una cattiva idea. Ah, comunque non ho saltato il pranzo, in biblioteca
ho conosciuto una ragazza che era al tavolo con me e ha materializzato dei
sandwich da mangiare.”
Tom alzò un sopracciglio. “E chi sarebbe questa
ragazza?” chiese, con un’inclinazione nella voce che Harry non riuscì bene a
decifrare.
“Dovresti conoscerla anche tu: Minerva McGranitt, è una dei Prefetti di Grifondoro.” Rispose, vedendo un lampo di riconoscimento negli occhi
dell’altro.
“Si, l’ho vista alle
riunioni dei Prefetti.” Disse l’altro. Poi, con un sopracciglio alzato, aggiunse “Ma guarda, è solo il primo giorno e già fai
conquiste: stamattina quella Corvonero, poi la McGranitt…”
Harry arrossì fino alla punta dei capelli. “Ma no
Tom, che dici! Meredith non… Io… ohuf.” Fu tutto ciò che riuscì a cavar fuori in
risposta a quella provocazione.
Il Serpeverde ghignò, ma non diede altro segno di
voler continuare l’argomento, tornando alla cena. “Conosci per caso il nome di
qualche Elfo Domestico?” chiese all’altro, “Non ne ho mai chiamato uno.”
Harry ci pensò un attimo su. Gli era immediatamente
venuto spontaneo di chiamare Dobby, o al limite Kreacher, ma dubitava che fossero anche solo nati in quel
tempo. Si ricordò però, improvvisamente, dell’elfa che il Preside aveva chiamato durante il colloquio nel
suo ufficio, il primo giorno.
“Tibby!” chiamò ad alta
voce Harry, e due secondi dopo la piccola creatura apparve davanti in un
piccolo “Pof”, prostrandosi immediatamente in un
profondo inchino.
“I Signorini desiderano qualcosa? Tibby provvede subito.” Disse con
la tipica vocetta stridula.
Prima che Harry potesse aprir
bocca, Tom aveva già preso la parola. “Si elfa,
portaci un piatto –”
“Tom!” lo interruppe Harry, inorridito dal modo in
cui si stava rivolgendo a Tibby, la quale però sembrava non aver fatto una piega nel sentire le
dure parole del Prefetto. Tom si girò verso Harry e sembrava completamente
preso di sorpresa dall’occhiataccia di rimprovero che gli veniva
indirizzata.
Harry si voltò verso l’alfa, con un sorriso
incoraggiante. “Tibby, potresti, per favore, portarci
qualcosa da mangiare? Sbadato come sono, mi sono dimenticato di scendere per
cena.”
Tibby sgranò gli occhi e fece un
salto in aria. “Ma certo! Tibby torna subito col
cibo, Signore! Non si preoccupi Signore!” e sparì in un altro “Pof”.
Harry tornò a guardare male il compagno di stanza.
“Ti sembra quello il modo di rivolgersi a qualcuno? ‘Elfa’…
come se fosse un essere inferiore.”
Tom sgranò gli occhi e sollevò le sopracciglia. “È
un elfo domestico, è un essere inferiore!”
Harry si alzò in piedi, non riuscendosi
a spiegare del tutto la rabbia che stava provando. Dobby lo aveva aiutato innumerevoli volte, si era rivelato
un amico sempre fedele e disponibile. Sentire qualcuno che lo sminuiva solo per
idiotici pregiudizi lo stava facendo andare in
bestia.
“Anche gli elfi domestici hanno dei sentimenti e
non è giusto trattarli peggio di uno zerbino! Meritano come tutti di essere
rispettati!” ribatté stringendo i pugni ai lati del corpo.
Il Serpeverde alzò le mani al cielo con aria
esasperata. “Ma che –? Che diavolo ci fai tu a Serpeverde? Mi sembra di
parlare con un Tassorosso! ‘Hanno
anche loro dei sentimenti e non è giusto trattarli male’ ma per favore…” gli fece il verso
Tom, prima di puntare gli occhi neri direttamente in quelli nocciola di Harry.
“Non esiste nessun giusto o sbagliato, esiste –”
“Solo il potere e quelli troppo deboli per
ottenerlo?” ringhiò Harry interrompendolo.
Tom fece un passo indietro, spiazzato. “Come… come
fai a…?” cercò di formulare, lasciando trasparire la confusione, la sorpresa e
il sospetto sul suo volto.
Ma Harry scosse la testa
sconsolato. “Stai sbagliando tutto, Tom.” Disse, con una nota di
profonda tristezza nella voce. “Stai sbagliando davvero tutto.”
Perché un attimo prima fai
qualcosa che mai riuscirei a veder Voldemort fare, e un attimo dopo parli
esattamente come lui? Un secondo prima sei un normale ragazzo di sedici anni, e
quello dopo sei l’ombra di un mostro? Mi volto e i tuoi occhi sono pozze
d’inchiostro, mi volto e sono diventati rosso sangue?
Tu chiedi a me chi sono, Tom, ma…
Chi sei tu, invece?
Chi sei, Tom?
Vennero entrambi risvegliati dal “Pof” che annunciava il ritorno di Tibby.
La piccola elfa stava portando sulla testa un’enorme vassoio pieno di cibo, quello che Harry avrebbe
giurato fossero almeno tre portate. Se il ragazzo non si fosse affrettato ad
afferrarlo, era sicuro che avrebbe spiaccicato completamente Tibby quando
quella tentò di prostrarsi nell’ennesimo inchino, mentre ancora teneva il
piatto con le sue braccine esili.
“Desidera ancora qualcosa, Signore? Tibby sarà felicissima di servire!” squittì l’elfa euforica.
Harry sorrise, ma scosse la testa. “No, non ti
preoccupare Tibby, ma grazie mille per il cibo: sono sicuro che sarà ottimo.”
Tibby cominciò a saltellare di
qua e di là. “Oh, il Signorino non deve ringraziare, Tibby
ha fatto solo il suo dovere! Il Signorino non esiti a chiamare se ha bisogno di
qualcosa!” e detto questo sparì con il solito ‘Pof’.
Harry portò il vassoio sul letto senza preoccuparsi
minimamente delle macchie che avrebbe potuto lasciare sul copriletto, si
sistemò comodamente contro la spalliera e, piatto sulle gambe, cominciò a
mangiare. Uno strano formicolio alla cicatrice gli fece nuovamente portare una
mano alla fronte, girandosi curioso verso il suo compagno di stanza, che lo
stava osservando attentamente, un’espressione indecifrabile sul volto. La
vecchia ferita non gli stava facendo male, ma avrebbe dato qualsiasi
cosa per sapere cosa stesse pensando il moretto in quel momento.
“Puoi tornare com’eri prima?” arrivò la domanda
inaspettata.
Harry corrugò le sopracciglia, non del tutto sicuro
di averlo capito. “Come scusa?” chiese, e fu curioso di vedere l’altro mordersi
un labbro nell’unico sintomo di indecisione che gli aveva mai visto avere.
Stranamente, il suo sguardo non riusciva a distogliersi dai denti banchi che
torturavano quel labbro perfetto.
“Si, senza questa… questa
maschera.” Continuò Tom, indicando vagamente nella sua direzione. Vedendo Harry
adocchiare la porta preoccupato, aggiunse “Stai
tranquillo che non verrà nessuno, nemmeno Orion osa entrare nella camera,
fortunatamente si limita al salottino.”
Harry lo osservò un attimo, non riuscendo a capire
il motivo di quella strana richiesta. Ma se quello che aveva detto era vero,
che male c’era infondo? Chiuse gli occhi e si concentrò nel rimuovere
l’illusione. Come se qualcuno gli avesse rotto un uovo in testa, Harry sentì la
magia scivolargli di dosso, partendo dalla testa fino a scorrere giù alla punta
delle scarpe.
Quando il ragazzo seduto sul letto aprì gli occhi,
Tom si scontrò nuovamente con le brillanti pozze color
Avada Kedavra che lo
avevano incantato dalla prima volta che le aveva viste. Erano la sfumatura di
verde più vivida che avesse mai visto, erano verde
speranza e insieme il verde della maledizione mortale, erano il verde della
natura, della vita ed insieme il verde che ci si sarebbe potuti aspettare dal
veleno più letale.
“Ti ho già detto, vero, quanto mi piacciono i tuoi
occhi?” disse senza pensare, avvicinandosi, “I tuoi veri occhi intendo.”
Harry trattenne il respiro. Non riusciva a
decifrare quello sguardo negli occhi di Tom – nemmeno ora che si stava facendo
così vicino – ma, per quanto a disagio, non riusciva
nemmeno a sentirsi minacciato.
Gli sarebbe solo piaciuto sapere che cosa diavolo
stava succedendo, e perché ad ogni passo che l’altro faceva, la cicatrice gli
formicolava così insistentemente.
Quando il Serpeverde fu davanti al letto, si
abbassò al livello dell’altro ragazzo ed Harry non riuscì a fare nulla se non
guardare con occhi spalancati una delle pallide dita affusolate scostargli una
ciocca nera dagli occhi, in un gesto lento, quasi guidato da qualche forza
esterna. Inspirò sorpreso, invece, quando le dita sfiorarono accidentalmente la
famosa saetta, ed un improvviso fiotto di calore esplose dalla sua fronte e gli percorse tutto il corpo, lasciandolo boccheggiante per
la sensazione piacevolmente sublime.
Era come se ogni nervo del corpo gli si fosse
improvvisamente acceso, e in un’onda di piacere partita dalla cicatrice, un’avvolgente calore gli invase il resto del corpo,
facendogli mancare il respiro. Nella sua mente annebbiata riuscì solo a
chiedersi furtivamente che cosa stesse succedendo e a
sperare che Tom non si fosse accorto di nulla.
La reazione di Harry però, per quanto minima in
confronto alle sensazioni che stava provando, sembrò risvegliare il Prefetto da
quella strana trance in cui era caduto e ritirò la mano di scatto, voltandosi
poi leggermente confuso. Mentre Harry riprendeva fiato, Tom percorse i pochi
passi che lo separavano dal suo letto e vi si sedette, osservandosi la mano in
questione come se potesse contenere tutte le risposte ai mille dubbi che gli
affollavano la mente, tanti quanti non ne aveva mai avuti.
Harry abbassò gli occhi sul vassoio di cibo ormai
dimenticato, un turbinio di pensieri ed emozioni che gli vorticavano dentro,
mentre quel piacevole calore ancora gli pizzicava alla punta delle dita. Dio,
non ci stava capendo più niente…
Si portò per l’ennesima volta una mano alla fronte,
massaggiandosi la vecchia ferita che continuava tutt’ora
a sorprenderlo. Quando però sentì lo sguardo dell’altro ragazzo puntato su di
sé e si voltò per fronteggiarlo, capì immediatamente l’errore che aveva
commesso: vide gli occhi neri seguire il suo braccio e puntarsi sulla cicatrice
in mezzo alla fronte, prima di assottigliarsi curiosi.
“Come ti sei procurato quella ferita?” arrivò la
scontata domanda.
Harry sospirò e spostò il vassoio che aveva sulle
ginocchia sul tavolino di fianco al letto, prima di stendersi tra le coperte,
voltando la testa verso Tom, ben conscio della cicatrice che spiccava
fieramente sulla sua fronte.
“La notte che i miei genitori sono morti, quando
avevo un anno. È lì che me la sono fatta.” Rispose, sentendosi estremamente
stanco d’improvviso. Vide Tom irrigidirsi, ma in fondo alla mente sapeva che
non gli sarebbe bastata come risposta.
“Avevi detto che i tuoi genitori erano morti in un
incidente d’auto, ma quella è una cicatrice da maledizione, ne sono certo. Se
così non fosse, sarebbe già guarita.” Continuò il
Serpeverde e, sebbene Harry non amasse per niente la piega che stava prendendo
la discussione, sapeva che prima o poi si sarebbe ritrovato di fronte a domande
del genere. Stranamente, non trovava più così terribile il pensiero di parlare
dei suoi genitori a Tom, forse perché infondo se c’era qualcuno che avrebbe
potuto capirlo, sarebbe potuto essere solo un orfano
come lui.
“Non… loro non sono morti in un incidente d’auto.” Sospirò infine strizzando gli occhi, rivivendo per un
attimo le grida di sua madre e il fascio di luce verde che tante volte aveva
rivisto nei suoi incubi. “Sono stati assassinati.”
Avendo gli occhi chiusi, non vide l’altro ragazzo
spalancare i propri, per poi abbassare la testa guardandosi le mani.
“Tom, io non voglio mentirti,”
il Prefetto sentì Harry continuare dalla sua posizione, sdraiato sul letto, “ma
se voglio rimanere sincero, ci sono delle risposte che non posso darti.”
Il Serpeverde tornò ad osservare quegli occhi
impossibilmente verdi, che in quel momento sembrava che lo stessero pregando di
capire, semplicemente capire, qualunque cosa ci fosse da comprendere.
Era uno sguardo che gli stava chiedendo qualcosa che nessuno prima d’ora aveva
osato chiedergli: fiducia.
Sospirò, non rassegnato – quello non lo sarebbe
stato mai – ma disposto a lasciare le spiegazioni ad un altro momento. Un unico
cenno di assenso con la testa bastò per far rilassare visibilmente la figura
del ragazzo sdraiato. Tom lo vide sospirare piano e massaggiarsi nuovamente il
punto dove era in bella mostra la sua cicatrice. ‘Aspetterò
per le risposte che cerco, ma non pensare che abbia rinunciato anche solo per
un attimo.’
“Che cosssa ti turba
tanto, Tom?” arrivò un sibilo dall’altro lato della stanza.
Mentre Tom sorrideva appena, riconoscendo la voce
del suo fidato famiglio, Harry spalancò gli occhi di scatto tirandosi su
seduto. Voltando la testa verso dove gli sembrava fosse provenuto il sibilo –
cercando di non farsi notare troppo visto che non sarebbe
dovuto essere capace di comprenderlo – vide appoggiato contro la parete opposta
un grande terraio che non aveva ancora mai notato, ma
nel quale, ora che ci faceva caso, riusciva a vedere benissimo il grosso pitone
arrotolato ad un ramo, con la testa che usciva fuori dal vetro privo di
coperchio, la lingua biforcuta che serpeggiava tra le fauci chiuse.
“Nulla di cui preoccuparsi, Nagini,” rispose in Serpentese Tom, “ma non ti ho ancora
presentato il mio nuovo compagno di stanza.” Si voltò verso Harry,
attribuendo lo shock dipinto sul suo volto al fatto di averlo sentito parlare
Serpentese.
“Harry, ti ho mai detto che sono un Rettilofono?” ghignò leggermente, mentre si alzava e
raggiungeva il terraio dove risiedeva Nagini. Allungò
un braccio verso il serpente, che non perse tempo ad attorcigliare le sue spire
intorno al suo padrone. Con pitone appresso, attraversò la stanza dirigendosi
verso Harry e, una volta arrivatogli davanti, disse con tono divertito “Nagini,
questo è Harry. Harry, lei è Nagini.”
L’ex Grifondoro era ammutolito, non solo per lo
shock di ritrovarsi davanti al serpente che in più di una battaglia aveva
tentato di ucciderlo, ma anche perché non era sicuro di saper mantenere le sue
parole in inglese, con un serpente davanti.
“Non preoccuparti Harry, non è velenosa e non ti
farà nulla.” Cercò di rassicurarlo Tom, non conoscendo
i veri motivi della riluttanza dell’altro. Poi si rivolse nuovamente al
serpente: “Allora Nagini, cosa ne pensi?”
Una delle pupille verticali del rettile si voltò
verso il ragazzo sul letto. “Mi piacciono i ssuoi occhi, cosssì verdi…”
Tom ridacchiò. “Ho pensato la stessa cosa. È
davvero bello, non è vero?”
Harry sgranò gli occhi e voltò la testa da un lato
per nascondere il furioso rossore che gli era salito alle gote nel sentire quell’inaspettato complimento. Doveva far di tutto per non
far capire che stava comprendendo le loro parole, ma non riusciva ad ignorare
quel qualcosa simile al calore dell’incidente di poco prima che gli si era creato nello stomaco a quelle parole.
“È vero, ma c’è qualcosss’altro…
sssento il tuo sstessso
odore ssu di lui, come mai?”
Tom osservò nuovamente il ragazzo di fronte a sé
pensieroso, con un’improvvisa scintilla calcolatrice negli occhi. “Non
saprei dirti, Nagini.”
Harry si irrigidì ulteriormente. Cosa voleva dire
che aveva il suo stesso odore? Che…? No, non era possibile… Che Nagini
riuscisse a fiutare il legame che c’era tra loro due, il frammento dell’anima
di Tom che risiedeva dentro di lui? In effetti sapeva
benissimo che Nagini non era un serpente qualunque, ma che potesse arrivare a
tanto…
“Ma il tuo amico non ssa
sssalutare?” chiese improvvisamente Nagini,
facendo saettare la lingua biforcuta dalle fauci chiuse, in segno di
irritazione. Harry a quelle parole – o sibili – impallidì.
‘No, no, no! Non farmi
parlare, ti prego, non farmi aprir bocca!’ pensò nel panico.
Tom aggrottò le sopracciglia e lanciò un’occhiata
inquisitrice al ragazzo. “Nagini ha ragione Harry, è maleducazione non
salutare.” Disse, ma vedendo la reticenza dell’altro
aggiunse, “Ti ho detto che non è pericolosa, o per lo
meno, non per te.”
Ma Harry non sapeva cosa fare: non poteva rischiare
di parlare in Serpentese di fronte a Tom, ma se non avesse fatto qualcosa
subito, il Serpeverde si sarebbe di sicuro insospettito e avrebbe potuto capire
tutto comunque…
Prese un profondo respiro e si volse verso il
grosso serpente, evitando di guardarlo negli occhi e tenendo lo sguardo fisso
appena sopra il muso dell’animale, sperando che sarebbe bastato per mantenere
le sue parole in Inglese e che Tom non si accorgesse di nulla.
“P-piacere di conossc-scerti, Nagini.” Riuscì a balbettare, con appena appena una nota sibilante nella voce.
Tom annuì soddisfatto. “Visto? Non era poi così
difficile.” Disse, senza essersi apparentemente
accorto di nulla. Poi, vedendo il colorito pallido dell’altro aggiunse, “Non mi
dirai che hai paura dei serpenti?”
Harry, che aveva appena tirato un sospiro di
sollievo per averla fatta franca, scosse la testa in segno di diniego. Si
ritrovò però a deglutire piuttosto rumorosamente quando notò, tornando a
guardare per un attimo il pitone davanti a sé, che gli occhi del rettile erano
puntati su di lui in quello che, Harry avrebbe potuto giurare, era uno sguardo
di curioso interesse.
Come mai aveva l’impressione che Nagini sapesse?
“Ssai Tom,” sibilò lentamente il serpente, “pensso
che ssia proprio un tipo interesssante,
il ssignor Verde…”
Tom lanciò un’altra occhiata ad
Harry, il quale non aveva staccato gli occhi dal pitone. “E per quale
motivo?”
Nagini fece uno strano verso, che Harry interpretò
come il corrispondente rettile di una risatina, continuando a fissare il
ragazzo con le sue pupille sottili. “Oh, nesssun
motivo particolare.”
Prima che il Prefetto potesse
stare troppo a riflettere sulle parole del suo famiglio, Harry si era alzato in
piedi passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Sotto lo sguardo
inquisitore di Tom, biascicò in fretta uno “Scusa un attimo…” prima di fondarsi
in bagno con passo affrettato e chiudersi dentro a chiave, lasciando un Tom
decisamente confuso a guardare la porta dietro alla quale era appena sparito il
suo compagno di stanza.
Harry, dentro il bagno, appoggiò con un sospiro la
fronte alla porta, tenendo ancora una mano aggrappata alla maniglia. Era andato
così vicino a farsi scoprire… A dividere una camera con Tom si sarebbe
dovuto aspettare situazioni del genere, ma ciò non diminuiva il senso di panico
che aveva provato per un attimo davanti a Nagini.
Si guardò la mano sinistra, quella che non era
chiusa intorno alla maniglia, e si lasciò andare ad una piccola risatina isterica quando la vide tremare contro il legno della porta.
Dio, stava addirittura tremando…
Decise che sarebbe stato meglio darsi una bella
rinfrescata e, voltandosi, diede per la prima volta uno sguardo all’interno del
bagno. Era un po’ come se lo sarebbe immaginato, vista
la grandezza del resto dei quartieri del Prefetto: il colore predominante era
il bianco, mentre ogni guarnizione in metallo luccicava dell’argento lucidato.
Le piastrelle del pavimento erano ornate di ricche decorazioni in verde giada,
mentre sulle mattonelle delle pareti si alternavano serpeggianti
arabeschi smeraldo e raffinate rifiniture argentate.
Guardandosi intorno, il ragazzo lasciò scivolare lo
sguardo dalla spaziosa vasca da bagno posta sotto la finestra al vano doccia che occupava l’angolo opposto alla porta, poi
al grande specchio sopra il lavandino e alla toilette di porcellana bianca.
Harry si avvicinò al lavandino ed osservò
leggermente divertito i due serpentelli dipinti sulle manopole dell’acqua calda
e dell’acqua fredda, per non parlare dello stemma di Serpeverde cucito sugli
asciugamani appesi agli appositi ganci sulla parete: certo che l’orgoglio della
Casa verde-argento sconfinava nell’ossessione.
Aprì il rubinetto dell’acqua fredda e si gettò sul
viso una spruzzata d’acqua gelida, guardando attraverso lo specchio i rivoli
che gli scendevano sul collo e le goccioline che cadevano dai ciuffi neri
bagnati.
Lo colpì improvvisamente un’onda di stanchezza, di
un torpore che non aveva mai provato: si sentiva le membra pesanti e il respiro
fiacco, come se qualcosa lo stesse d’un tratto opprimendo dall’interno. Non
avrebbe voluto altro che cedere al sonno, sprofondare in quell’oscurità
tanto amata e avvolgente, quella che teneva lontana tutti gli incubi che altrimenti
lo avrebbero tormentato senza dargli pace.
Gli sarebbe bastato stappare una piccola boccetta,
lasciare il liquido denso scendergli in gola e poi arrendersi al buio del
sonno…
Harry spalancò gli occhi di scatto. Con una punta
di angoscia sollevò la mano sinistra all’altezza degli occhi, osservando il
tremito delle dita con tutto un nuovo significato. Non era stato lo shock di
vedere Nagini, non era stata la paura di essere scoperto…
Era la dipendenza dalla pozione soporifera che
cominciava a fare effetto.
“Merda.” Sussurrò Harry
stringendo il bordo del lavandino finché le nocche non gli furono diventate
bianche. Aveva un’improvvisa voglia di tirare un pugno allo specchio, tutto per
non dover più vedere i piccoli spasmi che gli stavano percorrendo le mani.
Dannazione, sapeva che il Distillato della Morte
Vivente dava assuefazione, sapeva che con l’uso quotidiano che ne faceva
sarebbe sicuramente finito a sentirne gli effetti. Ed erano appena cosa, le
dieci e mezza? Le undici? E già lui era in astinenza…
Chiuse rabbiosamente il rubinetto, strattonando
violentemente uno degli asciugamani dai ganci.
Era l’ennesimo problema in più che si aggiungeva
alla sua lunghissima lista. Ma cosa poteva fare? L’alternativa era… no, non
voleva nemmeno pensarci. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non doversi
confrontare con i propri incubi. Scenari raccapriccianti della devastazione
delle battaglie, le grida dei suoi amici che invocavano aiuto e Anna Habbot che urlava sotto gli effetti della maledizione Cruciatus, Micheal Corner a cui veniva risucchiata l’anima da un Dissennatore, Lavanda
Brown che veniva fatta a pezzi da Greyback,
e poi Cedric che si accasciava a terra in un lampo di
luce verde e Sirius che cadeva oltre il Velo…
Scosse la testa cercando di allontanare quelle
immagini che, più gli si affollavano nella mente, più richiamavano dentro di
lui quel desiderio di oblio e oscurità contro cui
invece avrebbe dovuto combattere più che poteva, sapendo che alla fine sarebbe
dovuto in ogni caso soccombere.
Dopo essersi passato l’asciugamano sul viso, lo
riagganciò al suo posto prima di dirigersi di nuovo
verso la porta. Strinse la mano tremante alla maniglia facendo un profondo
respiro, poi aprì.
Tornando nella camera da letto, fu sorpreso di
vedere che Tom era tornato sul suo letto, sdraiato con le spalle contro la
spalliera a leggere un libro in tutta tranquillità. Nagini era di nuovo dentro
il suo terraio, la testa nascosta tra le spire
attorcigliate al suo ramo e nessun segno di attività.
Il ragazzo si richiuse la porta dl bagno alle
spalle, attirando l’attenzione di Tom con il click della maniglia. Il Prefetto
lo osservò per qualche secondo con i suoi occhi neri, poi semplicemente chiese:
“Tutto bene, Harry?”
L’indirizzato deglutì una volta, prima di esibire
un sorriso teso. “Io? Benissimo, perché non dovrei?”
rispose con una risatina, mentre torturava nervosamente la manica della divisa
con le dita. Quando abbassò lo sguardo e vide le sue mani tremanti bene in
vista, si affrettò a nasconderle nelle tasche.
Tom alzò un sopracciglio adocchiando per un attimo
quel gesto inconsueto, ma non disse nulla. “Stai andando a dormire?” chiese
vedendo l’altro tirar fuori dal suo baule il pigiama.
“Sono solo le undici.”
“Ehm… è stata una giornata pesante.” Farfugliò mentre si cambiava velocemente con gesti nervosi,
cercando di tenere le mani occupate per nascondere il tremito e di avere un
pretesto per non guardare in faccia il Serpeverde.
Una volta che fu vestito per la notte, con la scusa
di riporre la divisa nel baule, rovistò un attimo per prendere il Distillato,
che fece scivolare nella tasca del pigiama con nonchalance. Aprì poi le tende
del letto a baldacchino e, senza voltarsi, diede la buonanotte al suo compagno
di stanza, prima di sparire dietro la pesante tela verde scuro, ben conscio
dello sguardo degli occhi d’onice che sentiva puntato sulla sua nuca.
Appena le tende del letto di fianco si furono
chiuse, Tom posò il libro che stava tenendo in mano sul comodino: i suoi
pensieri non potevano essere più lontani dalla lettura in quel momento.
Che cosa voleva dire l’improvvisa dipartita del
ragazzo? Se pensava di comportarsi in quella maniera e non destare sospetti,
era davvero un ingenuo. Ma per quanto si sforzasse,
Tom non riusciva ad inquadrare bene la causa dello strano e improvviso
comportamento. Centrava qualcosa Nagini forse? Era spaventato dai serpenti?
Scioccato dal fatto che lui fosse un Rettilofono? No,
in qualche modo non sembrava quella la risposta giusta…
Nel far vagare gli occhi verso il letto che
nascondeva il motivo delle sue elucubrazioni, un piccolo particolare catturò
l’attenzione del Prefetto: sul comodino di fianco al baldacchino, era
appoggiato il libro che Harry era intento a leggere quando
lui era entrato in camera.
Incuriosito, si alzò dal letto e si avvicinò al
basso tavolino cercando di fare il meno rumore possibile, ma dal letto
dell’altro non giunse alcun segno di averlo sentito. Con cautela raccolse in
mano il libro rilegato, leggendo il titolo sul dorso.
Magie dell’Anima e il Loro Uso Attraverso i Secoli.
Tom assottigliò gli occhi, riponendo il libro al
suo posto e fissando le pesanti tende di velluto.
‘Scoprirò tutto, Harry.’ Pensò,
‘Prima o poi, scoprirò tutto quanto.’
A.N.: Siete arrivati tutti interi alla fine? Merlino quant’era lungo! 5.300 sudatissime
parole (scusate, ma passando le mie giornate su FanFiction.net
sono stata contagiata dalla fissa per il conteggio parole ^^”) e anche il
prossimo è più o meno della stessa lunghezza.
Povero
Harry comunque, gliene invento una dopo l’altra, ma è tutto necessario. E
finalmente si è vista qualche scena interessante per quanto riguarda un po’ di
Tom/Harry, anche se sembrano incapaci di non litigare come cane e gatto! ;)
D’altro,
posso solo chiedervi di commentare, che sia un “che palle ‘sta storia, quando
arriva lo slash?!” o un
semplice “aggiorna presto!”
Ringrazio
tutti quelli che recensiscono, tutti quelli che leggono e tutti quelli che
hanno aggiunto la storia ai preferiti, a venerdì prossimo!
RISPOSTE:
GinnyW: in effetti Harry non è mai passato
inosservato, checché lui desideri XD. Spero davvero che questo capitolo di solo
Harry e Tom abbia riscattato quelli precedenti e posso dirti che nei prossimi
daranno meno spazio a personaggi secondari!
StellaMars: avevi ragione, la storia tra i due è andata
avanti! Sono felice che ti sia piaciuta l’entrata della McGranitt,
hai capito l’idea che volevo dare di lei e anche se non coprirà un gran ruolo
in questa storia era un personaggio che non potevo fare a meno di introdurre. Ora
però sarà bene che mi focalizzi sui due protagonisti, o prima o poi voi lettori
mi falcerete XD.
KIA:
grazie per aver aggiunto la fic ai tuoi preferiti! E
per risponderti: le emozioni di Tom non sono facili da leggere (e le descrivo
apposta così sibilline), ma ti posso dire che era
sicuramente preoccupato che Harry ce l’avesse con lui!
Kagchan: ti posso assicurare che la lunghezza di questa fic sta spaventando la sua stessa autrice! E le Lemon? Diciamo solo che ne avevo già un paio in mente quando non avevo ancora cominciato nemmeno il primo
capitolo ;)
Zafirya: ma figurati, non voglio pensare io a tutte le fic a cui non recensisco x
pigrizia XD. Comunque si, Alden è fatto apposta per
essere odiato e ricoprirà il ruolo adatto a tempo debito. Tom geloso? Noooo, ma dove! XD È una persona possessiva, si sa. :P