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Autore: shinya_00    03/04/2013    1 recensioni
Ti ho già perso una volta.. non voglio perderti di nuovo!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamo Eleonora Andersen. Ho sedici anni, tra poche settimane è il mio compleanno.

Nel mondo reale, quello sensato, sono stata adottata da Brigitte Hagen e Dimitrij Andersen quindici anni fa, avevo solo un anno allora. Mi presero in una casa per orfanelli a Oslo, ma non si sapeva chi fossero i miei genitori perché mi avevano lasciato davanti alla porta.

Era il 31 dicembre 1996, fu proprio quella sera che mi trovarono. Mirta era una delle donne che dirigeva la casa, un po' bassa e cicciottella, guance rosse come due pomodori, essendo già sulla via della vecchiaia aveva i capelli grigi sempre raccolti in uno chinion. Portava gli occhiali, sulla testa aveva sempre una cuffietta e non metteva mai i pantaloni come noi bambini o come Asa e Ursula, le sue sorelle. Mirta era la più grande delle tre, Ursula le somigliava molto preché anche lei si stava avvicinando all'anzianità mentre Asa era ancora giovane, nel fiore dei suoi anni. Io, da bambina, volevo essere come lei. Era tanto bella e io gli volevo tanto bene. Aveva i capelli più rossi del fuoco, occhi verde acceso come l'erba, alta, magra e metteva poco la gonna, solo nelle occasioni speciali.

Mi dissero che il nome che mi diedero, Eleonora, significa “luce”. Solo perché assomigliavo a un raggio di sole, i capelli rossi, gli occhi azzurri e il sorriso che mi accendeva il viso hanno contribuito tutti a darmi il mio nome.

Dimitrij e Brigitte facevano in volontariato per gli orfani della Norvegia e perciò giravano tutti gli orfanotrofi più poveri, ed essendo insegnanti andavano a insegnare, in quelli che non potevano dare un'istruzione ai bambini. Dov'ero io non era questo il problema, almeno credo, ma quel che so è che Asa era amica d'infanzia di Brigitte e così mentre erano di passaggio gli aveva invitati a venire da loro a prendere un caffè e, magari, fare la conoscenza dei bambini. I due furono molto gentili, mi dissero, ma rimasero particolarmente colpiti dalla bambina nella culla, la più piccola, cioè io. Mi dissero anche che Brigitte non poteva avere figli poiché aveva fatto una terapia da bambina. Restarono a lungo, circa tre ore, e si informarono riguardo me, chiesero se per caso potevo essere adottata e mi portarono via, all'istante. Io ho sempre saputo di essere adottata perché ero in buoni rapporti con Mirta, Ursula e Asa, mi piaceva andare a giocare con loro e con i miei coetanei perché anche dopo l'incidente loro rimasero miei amici. L'incidente. Se ancora ci penso, sto male. Successe tutto così in fretta, troppo. Ero tranquilla, tornavo a casa da scuola in prima media e ricordo che c'erano tre ragazze a cui non piacevo, Jasmine, Ingrid e Isolde. Mi avevano seguita, quando mi ero girata e le avevo viste lì, alle mie spalle, iniziai a correre. Corsero anche loro. Io non capii dove stavo andando perché ero presa dalla corsa e sbagliai strada. Ero veloce, troppo per loro che avevano appena la sufficienza in ginnastica. Arrivai ad un vicolo cieco ma pensavo di averle seminate. Mi sbagliavo. Non ebbi i riflessi pronti, non scappai ma restai ferma come pietrificata. Mi raggiunsero. Iniziarono a insultarmi, a tirarmi delle pietre. Una pietra mi ferì sulla fronte e quando vidi il sangue mi spaventai tantissimo. Iniziai a scottare. Vidi le mie mani avvolte da fuoco e poco dopo l'intero corpo. Urlarono contro i miei tentativi di richiesta di aiuto, mi chiamavano “mostro”, ma io avevo paura. Finché non vidi tanta luce e poi... il buio. Mi svegliai in ospedale, vicino avevo mia madre. La prima cosa che feci fu raccontare a mia madre dell'allucinazione che avevo avuto, mentre tornavo a casa, nel vicolo. Lei rispose che mi avevano trovato priva di sensi subito dopo una grossa esplosione avvenuta pochi minuti prima proprio in quel vicolo. Capii subito che quel' allucinazione non era stata una vera allucinazione ma qualcosa di reale. Avevo ucciso io Jasmine, Ingrid e Isolde. Prima di morire, mi avevano chiamato “mostro”, lo ero davvero?. Credo di sì. Le ho uccise io, sono morte a causa mia.

Ci vollero due anni di psicologo e psichiatra per rimettermi in riga. Le vedevo, vedevo i loro volti, sentivo le loro parole. Quando fui a posto cercai di rifarmi una vita. Nessuno sapeva che la causa dell'esplosione ero io ma, forse, era meglio così. I miei cambiarono casa perché i giornalisti non mi lasciavano in pace. Odiavo essere al centro dell'attenzione. Così ci trasferimmo in campagna. Adoravo casa mia, era tutta in legno, dentro c'era un'atmosfera serena e non mi importava se era a kilometri di distanza da qualsiasi posto animato o se non c'era campo per il cellulare, ero con mia madre e mio padre e questo mi bastava. Dietro casa c'era un boschetto e se andavi un po' più avanti trovavi una radura fantastica, in questa radura vi era un lago alimentato da una piccola cascata, io passavo lì il mio tempo libero a leggere o a disegnare...

 

Eleonora scriveva sul suo diario nella sua stanza. Era emozionata, non riusciva a dormire. Il giorno dopo la madre l'avrebbe fatta principessa delle Terre del Fuoco, avrebbe assunto il ruolo in modo fiero e avrebbe fatto felice la regina sua madre, l'avrebbe resa fiera di lei...

 

Ma prima di arrivare all'incoronazione dobbiamo tornare un po' indietro... all'inizio...

 

  
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