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Autore: Walpurgisnacht    05/04/2013    3 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Erano passati sette mesi dall'ultima grande avventura a Nerima. Già, da quando Ranma e compagnia si erano stabilizzati (e accoppiati fra di loro con ottimi risultati, va detto) il vento era cambiato da quelle parti.
Salvo l'occasionale incursione di Happosai in qualche spogliatoio femminile, difatti, le acque erano diventate davvero molto calme. Persin noiose.
Da un anno e mezzo Ranma Saotome e Akane Tendo facevano coppia fissa, anche se da meno nei confronti del mondo tutto. Altrettanto poteva essere detto di Mousse e Shan-Pu da una parte e Ryoga Hibiki e Ukyo Kuonji dall'altra, sebbene con tempi diversi.
Non passavano più tizi che usavano collant come cinture. Non c'erano più divinità della guerra che sputavano fuoco e fiamme per le vie della città. Non arrivavano più strane persone cinesi a seminare zizzania per un pezzo di spago.
Nulla. Sembrava che il trovato equilibrio interiore di quei sei ragazzi si fosse proiettato esternamente, portando pace e serenità per tutti.
E in un giorno quieto come tutti i precedenti...
"Ranma! Aspettami, maledizione! Non serve correre come un esagitato. Va bene che non ti piace la scuola, però..." ansimò Akane inseguendo quel buzzurro del suo ragazzo che, senza preoccuparsi di lei, si stava avviando verso casa.
"Uh. Scusa Akane, ero sovrappensiero" mugolò lui in tono distratto. Si vedeva bene che era distratto da qualcosa.
"Tutto bene?" chiese lei raggiungendolo "È tutto il giorno che sei svagato e osservi il soffitto".
"Non so, ho una brutta sensazione... l'aria è strana, oggi...".
"Ah davvero? Quando si raggiunge il tuo livello di maestria nelle arti marziali si diventa anche degli indovini? Quando sarà il mio turno, maestro?".
"Mpf. Non sei divertente. Cos'è, tu non ce l'hai un sesto senso?".
"Beh... sì".
"E io, solo perché sono acuto come un mattone, non ne ho diritto?".
"Ranma, guarda che scherzavo".
"Sarà meglio, perché non mi piace essere preso sottogamba in queste cose".
"Su su, non vendere la pelle del cinghiale prima di averlo ucciso. Sono mesi e mesi che qui non succede nulla, perché dovrebbe essere diverso ora?".
"Non lo so e spero di sbagliarmi, ma...".
Lei si accoccollò al suo braccio e lui le accarezzò dolcemente le mani, sperando che avesse ragione.
“Dai, via quel muso lungo” sorrise lei, trascinandolo per il braccio “a casa avrai modo di distrarti. Abbiamo parecchio da fare, io e te!”
“Oh già, gli i tuoi allenamenti! E la classe pomeridiana dei junior!”
“...si, anche.”
Roteò gli occhi, ridacchiando tra sé e sé, e si avviarono entrambi verso casa.
 
“Pensi di stare spaparanzato a leggere ancora per molto?”
Mousse sollevò di malavoglia lo sguardo dalla rivista che aveva in mano per posarlo sulla vecchia Obaba, che dall’alto del suo bastone gli lanciava un'occhiataccia delle sue. O almeno così credeva, era distante abbastanza da distinguere a fatica i tratti somatici anche con gli occhiali.
“Ho fatto la spesa, rigovernato la cucina, sistemato i tavoli in sala, spazzato il pavimento e chiamato tutti i fornitori. E inoltre è ancora presto perché il locale apra per la cena. C’è altro?”
“Non sfidare troppo la sorte usando quel tono screanzato con me, paperotto” gracchiò lei, in un tono che era una via di mezzo tra l’infastidito e il divertito “la tua... liaison con Shan-Pu non mi ha fatto cambiare idea su di te. Ora muovi quel tuo sedere da pennuto e vai a dare una mano alla tua dolce metà che sta pelando patate in cortile!”
Mentre il vecchio ghoul si allontanava Mousse le fece il verso.
“...guarda che ti ho visto. Anche se sono di spalle.”
Oh.
Poco male. Fece spallucce e raggiunse Shan-Pu in cortile. Ormai erano lontani i giorni in cui le due amazzoni lo maltrattavano, lo incatenavano e ingabbiavano per impedirgli di ficcare il suo becco da papera nei loro piani sgangherati per conquistare Ranma; ora, nelle giornate peggiori, rischiava al massimo di beccarsi un colpo di bastone dalla vecchia o qualche baruffa con Shan-Pu. Che per i suoi standard precedenti era lusso. Certo sgobbava ancora come uno schiavo, ma a quello si era arreso ed era ormai convinto che fosse il destino di qualunque cameriere del mondo.
“Quando la smetterai di fare arrabbiare la bisnonna, paperotto?”
“Non l’ho fatta arrabbiare, lei mi tratta sempre così” sbuffò lui, sedendosi sul gradino accanto alla giovane amazzone “ma sempre meglio di come mi trattavate entrambe più un anno fa.”
Shan-Pu si limitò a fargli una linguaccia e porgergli un pelapatate.
“Tieni, divertiti un po’ al posto mio!” miagolò, mentre si alzava e si preparava a portare in cucina un sacco pieno di patate sbucciate. Mousse stava per farle una battuta, quando qualcosa attirò la sua attenzione... e prima che Shan-Pu potesse dire “a” la afferrò e si gettò di lato tenendola stretta.
“M-Mu-si! Sei impazzito?”
Ma Mousse non stava ascoltando la ragazza: il suo udito finissimo, sviluppato più del normale per compensare la pessima vista, aveva captato qualcosa poco prima. Un suono appena udibile, quasi un fischio... il rumore acuto di qualcosa che viene lanciato.
Quando sollevò la testa verso lo stipite della porta, capì di aver avuto ragione.
Un coltello da combattimento, sottile, di quelli che lui stesso aveva nel suo arsenale di armi nascoste.
Lo stesso tipo usato dalle amazzoni.
Un brivido corse lungo la sua schiena.
Se aveva ragione, la tranquillità faticosamente ottenuta stava per essere spazzata via da un uragano proveniente da Joketsuzoku.
 
“Akane! C’è Ukyo al telefono!”
Kasumi attese qualche minuto, ma non ottenne risposta.
Strano, pensò. Akane non era il tipo di ragazza che ignorava volutamente qualcuno - a parte Ranma durante i loro litigi, s’intende. Sospirò, e chiese ad Ukyo di attendere un attimo che sarebbe andata a chiamarla.
“Akane, sei in camera?” chiese, bussando alla porta della stanza della sorella.
Sentì strani rumori, come di coperte che venivano spostate di fretta e furia, e passi concitati verso la porta.
Oh, magari era a letto a riposare e l’ho disturbata?
“A-arrivo!” balbettò Akane da dietro la porta. Quando la aprì Kasumi notò che la sorella aveva i capelli scombinati ed era rossa in viso.
“Oddio scusami, ti ho svegliata? Stavi riposando?”
Akane la guardò per un momento poi sorrise.
“Ah ehm... si! Ma tranquilla, mi ero appena appisolata...”
“Mi spiace tanto! Comunque c’è Ukyo al telefono, se vuoi le dico di richiamare...”
“N-no! Dille... dille che arrivo subito!”
Detto questo chiuse la porta di scatto, e Kasumi si chiese se forse non era meglio dire a Ukyo di chiamare un’altra volta... ma alla fine lasciò perdere, e si avviò al piano di sotto.
Intanto Akane era appoggiata contro la porta, con addosso solo la camicia e il cuore che le batteva a mille.
“Kami, ci è mancato poco...”
Una massa di capelli neri scompigliati legati in una treccia fece capolino da sotto le coperte del suo letto.
“Allora, è andata via?”
"Voglio sperare di sì. Santo cielo, ho perso quindici anni di vita" ansimò, non poco provata.
"Quanta esagerazione. Ci siamo solo dovuti nascondere come due ladri".
"Hai detto poco!" esclamò lei avviandosi verso il letto "Sai che delirio se avesse sospettato qualcosa? Prova a immaginarti i nostri padri...".
"No grazie" fece Ranma perentorio sventolando una mano davanti alla propria faccia "Non ci tengo minimamente".
"In effetti neanch'io" chiosò rientrando sotto le coperte e avvinghiandosi a lui. "Ma basta cose brutte. Perché non riprendiamo da dove siamo stati interrotti?".
Ranma fece una smorfia. Ma non ti ha telefonato Ukyo? Va bene che non ero nella posizione più comoda, ma mi pare di aver capito così.
"Akane... non dovresti andare a rispondere?".
Orpo. Me n'ero già dimenticata completamente. Possibile che... abbia tutta questa voglia?
Si staccò sbuffando e prese i suoi vestiti, gettati sciattamente per terra. Si rese presentabile e si separò dal suo fusto con un bacio e la promessa che il loro esordio nel magico mondo dell'amore fisico era solo rimandato a un momento più adatto, in cui si sperava che nessuno sarebbe andato a ficcare il naso dove non doveva.
"E vedi di non farti trovare qui" sibilò mentre usciva "o saranno guai per tutti e due".
"Lascia fare" rispose lui con la sua Faccia Tosta Saotome™ "l'Umiseken non me lo sono mica scordato".
"Bravo bimbo" sorrise.
Chissà cosa può volere quella strampalata cuoca.
Arrivò in fretta di fronte all'apparecchio, che in quel momento le apparve come il peggior nemico. Come osava distrarla da cose tanto importanti, brutto bastardo?
"Pronto?".
"Akane, ciao. Disturbo?".
La più piccola delle Tendo ebbe il preponderante impulso di risponderle urlando, di sbatterle il telefono in faccia e di tornarsene a quello che stava per fare prima. Ma naturalmente non lo fece: "No no, figurati. Che c'è?".
"Ma no, niente di che. Volevo solo sapere se ti andava di andare a fare un giro per negozi".
"Ukyo, ancora? Ma sarà la quarta volta in quest'ultimo mese! Da quando sei diventata una drogata di shopping?".
"Da quando ho un maschio per casa, ecco da quando. Tu non senti il bisogno di sfoggiare ogni giorno un abito e un paio di scarpe diversi per strabiliare Ranchan?".
"Mi conosci e sai che non è il mio caso. E fino a pochi minuti fa non avevo bisogno di nessun abito...".
...
...
Cazzo. Stupida lingua lunga.
"Akane...".
"S-Sì?".
"Devi dirmi qualcosa?".
"Chi, io? Assolutissimissimamente nulla, ti pare. Che cosa dovrei dirti?".
"... adesso non solo voglio, pretendo quest'uscita".
"Kuonji, sei un'infame".
"Ho imparato dalla migliore nel campo".
"Nabiki, dunque".
"Esattamente. Fra dieci minuti di fronte al ristorante".
"Ma ma ma...". Quest'ultima frase venne rivolta al TU-TU che aveva sostituito la loro comunicazione.
Oh santo cielo, in che guaio mi sono cacciata.
I tuoi guai devono ancora iniziare, piccola.
Quasi a confermare questa innocente e per nulla motivata nota dell'autore la porta di casa Tendo si spalancò d'improvviso, facendola trasalire.
"Akane!" urlò Shan-Pu "sono arrivati".
La cinesina si trascinò dentro casa, accasciandosi contro una parete per riprendere fiato.
Akane le si avvicinò di corsa, allarmata: era raro vedere Shan-Pu così agitata, e se lo era significava che c’erano guai grossi in vista...
Il senso senso di Ranma non sbaglia mai, eh?
“Shan-Pu calmati” le disse “Cos’è successo? Chi è arrivato?”
“Le... le amazzoni...”
“Cosa?!”
Il cuore di Akane saltò un battito.
Credeva che la guerra con il consiglio di Joketsuzoku fosse roba vecchia, un pericolo ormai lontano nel tempo. Un brutto ricordo che nessuno di loro lasciava mai affiorare.
“Loro non hanno dimenticato... loro qui per vendicarsi” ansimò Shan-Pu, più per il terrore che per la stanchezza data dalla corsa “loro... loro volere nostre teste! La mia! Quella di Mousse! Loro vogliono noi morti perché vergogna per villaggio... e volere voi morti perché ci avete aiutati...”
Akane tremò.
Aveva temuto per quasi due anni che tornassero a farsi vive.
I primi mesi dopo il gran casino contro le amazzoni tutti avevano vissuto in un perenne stato di allarme, temendo che un emissario del Consiglio potesse spuntare da dietro l’angolo in ogni minuto. Col passare del tempo, senza segnali di minacce incombenti, quella tensione era andata scemando. E come nella più classica delle pellicole d’azione, quando i protagonisti si rilassano convinti che tutto ormai vada per il meglio...
“...oddio. Ukyo!”
“Aya...”
Le due ragazze si guardarono terrorizzate. Ukyo era stata vittima inconsapevole degli eventi all’epoca, ma non era da escludere che anche per lei potessero esserci ripercussioni.
“Shan-Pu, io corro da Ukyo ad avvisarla! Tu aggiorna Ranma, ok?” disse, e sfrecciò fuori dalla porta.
La cinesina rimase per un attimo la porta di casa Tendo, poi si avviò con passo tremante a cercare Ranma.
 
“Ma quanto ci mette ad arrivare?”
“Non le avevi detto dieci minuti?”
“Vorrà tenermi sulle spine, figurati” sbuffò Ukyo, facendo avanti e indietro davanti la porta del locale.
“Cosa avrete di così urgente da dirvi, poi...” borbottò incosciente Ryoga, mentre puliva il bancone “non vi siete viste anche a scuola?”
“Che c’entra, questo è successo dopo!”
“Ma cosa è successo, esattamente?”
“...non lo so. Ma credo sia roba che scotta!” trillò, tutta esaltata. Non osava dire a Ryoga cosa stava immaginando, ma se aveva ragione... oh oh oh, che scoop sarebbe stato!
“Dev’essere un non lo so davvero interessante per costringerla a venire qui e farle il terzo grado...”
Ukyo stava per rispondere a tono all’uomomaialino, quando un rumore fuori dal locale la distolse dalle sue intenzioni.
"Ukyo! Ukyo! Ci sei?" strepitò una voce appena al di là della porta. Non la riconobbe.
"Chi è che fa tutto 'sto casino, si può sapere?" disse scocciata mentre apriva l'ingresso. Vide un Mousse sudato come un maiale che si reggeva contro il muro per rifiatare.
"Anatroccolo? Che ci fai tu qui? Cos'è tutta 'sta agitazione?".
"Ukyo... meno male, ho fatto in tempo".
"A far cosa? Che sta succedendo, diamine?".
"Non c'è tempo per spiegare. Fai uscire Ryoga e andiamocene di qui, siamo un bersaglio esposto".
Che. Diavolo. Sta. Succedendo.
Di fronte a una tale concitazione trovò saggio fare come le era stato suggerito, pertanto fece uscire Hibiki e tutti e tre si allontanarono da quel posto.
E qui abbiamo un primo problema.
Shan-Pu era un tipo stoico e tosto, ma ogni tanto soffriva di un leggerissimo difetto: se messa sotto pressione perdeva la bussola. Si era completamente dimenticata di aver mandato Mousse ad avvisare Ukyo (e anche Ryoga, per pura precauzione), quindi era troppo sconvolta per dire ad Akane che non serviva farlo una seconda volta.
Mousse, Ryoga e Ukyo erano tutti più veloci di lei. Forse Ukyo no, a onor del vero, ma comunque la loro velocità di crociera media era ben superiore alla sua.
Quindi accadde una cosa molto poco simpatica: uno di loro sei, per inciso quella che avrebbe avuto più difficoltà a difendersi se isolata dai compari, si era staccata dal gruppo principale. Diventando così una preda potenzialmente... oserei dire quasi banale.
E la stessa Akane, quando giunse di fronte all'Okonomiyaki Ucchan, vide la porta spalancata e si accorse che non c'era nessuno... beh, diciamo che la sensazione che la pervase non fu delle più rassicuranti.
"C'è nessuno? Ukyo? Ryoga?" si sbracciò a voce nel tentativo di trovarli. Naturalmente non ebbe risposta.
O meglio, non ebbe la risposta che cercava.
"Akane Tendo, ti condanno a morte".

“Mousse, si può sapere cos’è successo?”
Mentre rivolgeva quella domanda al miope cinese, Ryoga si lasciò andare sul divano del salotto di casa Tendo, che come in ogni gran casino di Nerima che si rispetti si apprestava a diventare quartier generale dei ribelli.
“Perché ci hai fatti scappare di corsa come avessimo Satana alle costole?”
“Diciamo che non sei lontano dalla verità” li interruppe Ranma, precedentemente informato da Shan-Pu, che fece la sua entrata in scena nella stanza.
Ryoga li guardò tutti in un crescendo di nervosismo. Non aveva idea di cosa diavolo stesse accadendo e nessuno sembrava essere intenzionato a dargli una spiegazione.
Alla fine sbottò.
“Scusate se interrompo i vostri segretucci” ringhiò “ma qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi perché sono dovuto scappare come un ladro dalla mia attuale casa?!”
“Ryoga ha ragione” disse infine Ukyo, che era rimasta in silenzio da quando erano fuggiti dal ristorante “lui non c’entra neanche nulla in questo casino...”
“A loro non importerà” rispose Mousse in tono funereo.
“Loro... chi?” chiese l’eterno disperso, esasperato.
“Le amazzoni.”
Tutti si voltarono verso la voce gracchiante che proveniva dal corridoio: Obaba, ferma sulla soglia, li osservava tutti.
“Le... amazzoni?” balbettò Ryoga “Cosa possono volere da noi, non...”
“Tu sai cos’è successo qui un anno e mezzo fa circa, vero giovanotto?”
Il ragazzo improvvisamente capì.
Quand’era tornato a Nerima, dopo un anno di assenza, si era ritrovato quel piccolo universo tutto capovolto: vecchi amori, nuove fiamme e racconti di guerra. Sapeva che tutto era nato a causa di un colpo di testa di Mousse, che stanco delle angherie subite dalla vecchia e da Shan-Pu, aveva deciso di sfidare a duello quest’ultima. Vincendo. E la cosa non era andata giù al Gran Consiglio delle amazzoni.
“Ma... ma non era tutto finito? Avete vinto... no?” chiese, incerto. Sapeva dai racconti di Ukyo che era stata uno scontro all’ultimo sangue, e che ne erano usciti vivi per pura fortuna.
“Abbiamo vinto la battaglia ma non la guerra” rispose Obaba, pensierosa. “Non hanno mai dimenticato ciò che successe in quei giorni. Soprattutto l’aver... messo fuori gioco un membro del Consiglio e un suo emissario è per loro un’onta da lavare col sangue.”
I ragazzi rimasero in silenzio ad osservare la vecchia amazzone, assimilando quelle informazioni. Ukyo si volse a guardare Ryoga, vittima inconsapevole di un gioco al massacro a cui non aveva neanche preso parte. Per la prima volta da quando si frequentavano, ebbe davvero il timore che potesse succedergli qualcosa di brutto per il semplice fatto che era il suo... ragazzo.
“E comunque la prossima volta fate attenzione a chi vi lasciate dietro” proseguì la vecchia amazzone, avanzando verso il divano con un enorme fagotto - che riusciva a tenere con facilità con un braccio solo nonostante la mole, e facendo cenno ai ragazzi di farle spazio “o rischierete di non trovarlo più intero.”
Così facendo lasciò cadere il fagotto sul sofà e aprì i lembi della stoffa, rivelando al suo interno un’ Akane priva di sensi.
   
 
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