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Autore: dreamer93    07/04/2013    1 recensioni
Il mondo delle fate è in pericolo. Una strana minaccia sta distruggendo tutto ciò che incontra. Ninfe, per cercare aiuto, giunge sulla terra. Potranno due semplici ragazzi aiutarla? La fata è capitata in una famiglia piena di problemi e con i suoi pasticci i guai sono assicurati. Ma la sua magia e la sua allegria riporteranno il sorriso anche sulla terra.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cam e Sam camminavano veloci verso la scuola. Erano entrambi soprappensiero. Sam aveva paura che Ninfe potesse farsi male in qualche modo; quella fata era curiosa e sbadata e rischiava di ferirsi con un oggetto qualsiasi. Cam invece era convinto che al ritorno non avrebbe più ritrovato la casa, esplosa per colpa di chissà quale incantesimo.
- Come c’è saltato in mente di lasciarla a casa da sola!
- Oh Cam, sei preoccupato anche tu? Allora ce l’hai un cuore!
- Certo che sono preoccupato. Quella fata è imprevedibile.
- Hai ragione. Dobbiamo tornare da lei.
- Ma non possiamo saltare la scuola in due. Rischiamo di far insospettire i professori; e se poi chiamassero a casa e scoprissero la verità?
- Non possono risalire a Ninfe da una semplice assenza.
- Non parlo di Ninfe, parlo di papà. Quell’incosciente ci ha lasciati da soli un’altra volta.
- Già, e non sappiamo nemmeno quando tornerà.
I due smisero di camminare e si fermarono ad osservare la scuola che spuntava in lontananza. La Green-school era uno degli istituti più prestigiosi del paese, il preside e i professori prestavano sempre molta attenzione ai loro studenti; per questo motivo Cam e Sam si erano sempre comportati in modo più che diligente per non attirare troppo l’attenzione su di loro. Sarebbe stato un guaio se la scuola avesse scoperto che vivevano da soli per mesi e mesi e vedevano il padre così raramente. L’uomo è sempre in giro per il mondo a causa del suo lavoro nel campo degli affari e non è mai stato capace di badare alla famiglia. Tutto questo però era sempre andato bene a tutti fino al tragico giorno in cui la vita si Sam e Cam cambiò per sempre.
 
- I figli devono essere affidati a qualche famiglia, non possono restare con il padre.
- Ma rischiano di essere separati.
- Non c’è altra soluzione.
- Signore mi rifiuto di affidarli agli assistenti sociali, quei bambini hanno appena perso la madre, non possono superare questo shock restando soli.
- Mi prenderò io cura di loro.
- Non dica sciocchezze. E il suo lavoro? Vuole farmi credere che si occuperà dei suo figli continuando a girare il mondo.
- Ora è un problema mio.
- Papà ma cosa succede?
- Cam torna nell’altra stanza con tua sorella.
- Mi ascolti bene, se riceverò anche solo una segnalazione su questa famiglia i bambini verranno con me.
- Che cosa! Volete portarci via?
- Cam ti ho detto di andare via! In quanto  a lei, vedrà che non ci rivedremo più.
- Lo spero.
 
- Ho deciso, torno indietro.
- Ma fratellone…
- Non preoccuparti, se manco solo io non ci saranno problemi.
- Lo credi davvero?
- Tranquilla sorellina, vedrai che andrà tutto bene. L’unica di cui devi preoccuparti e Ninfe.
- Controlla che non si faccia male.
- Eh? Piuttosto speriamo che la casa sia ancora in piedi. Quel tornado rischia di spazzarla via.
- Però è simpatica - rispose la sorella sorridendo.
Cam ignorò la sorella e si diresse nuovamente verso casa.
 
Ninfe si era addentrata nel bosco e aveva già raccolto tantissime foglie. La stagione autunnale era davvero perfetta per compiere quell’incantesimo. In mezzo a quella foresta si sentiva come a casa sua; ogni volta che passava accanto a un albero sperava di trovarvi una fata che si stava riposando. Ciò, però, non accadeva mai. Ogni volta doveva ricordarsi che quello non era il suo mondo e iniziava a sentirsi sempre più sola. Mentre era soprappensiero inciampò in una radice e andò a sbattere contro un tronco. Alzò gli occhi al cielo e rimase a bocca aperta. Davanti a lei un albero enorme e maestoso si alzava per metri e metri sopra la sua testa. A differenza degli altri aveva ancora tutte le sue foglie nonostante la stagione autunnale. Rimase a contemplarlo affascinata. Ad un tratto delle lacrime le rigarono il volto. Senza volerlo iniziò a piangere; le lacrime le uscirono dagli occhi incontrastabili. In quel momento udì una voce famigliare.
- Eccoti finalmente! Ma dico, sei impazzita. Mi hai fatto preoccupare, come ti è saltato in mente di sparire senza dire niente. Quando sono tornato a casa non c’eri più. Ho pensato il peggio. Per fortuna mi sono ricordato della tua fissazione per gli alberi e ho pensato di venirti a cercare qui.
Cam la guardò severamente, ma si accorse subito degli occhi arrossati di Ninfe e si bloccò. La fata sentendosi aggredita scoppiò di nuovo in lacrime. Il ragazzo, stupito, si sentì in colpa.
- Dai non c’è bisogno di fare così, non è successo niente. L’importante è che tu stia bene.
Ninfe non accennava a smettere di piangere.
- Senti, ti prego scusami. So che a volte sono un po’ brusco; non volevo farti piangere, ma mi hai fatto preoccupare.
- Scusami tu, è solo che venendo qui mi sono sentita sola.
Cam si bloccò per un istante ripensando a sua madre.
- Per favore smetti di piangere. Se vuoi ne possiamo parlare con calma.
Ninfe non riusciva a fermare le sue lacrime. Nella sua mente erano dilagati il fuoco e la paura. Non riusciva a smettere di pensare alla sua casa bruciata, all’intera terra verde ricoperta dal fumo. Alle fate che gridavano disperate di fronte a quel massacro. D’un tratto Cam le posò una mano sulla guancia e con il pollice catturò una lacrima prima che scivolasse lungo il suo viso. Ninfe stupita rimase immobile sotto il suo tocco e il suo pianto cessò.
- Finalmente ti sei calmata.
Cam tolse la mano dal suo viso e torno a guardarla dolcemente.
- Ti va se torniamo a casa?
- Si.
Cam camminava lentamente dietro di lei senza perderla d’occhio. Aveva mille pensieri per la testa, ma non aveva il coraggio di parlare.
- Ti prego dimmi qualcosa, ho bisogno di distrarmi.
Il ragazzo stupito le porse la prima domanda che gli era balenata in mente nell’istante in cui aveva visto un piccolo livido sulla fronte della fata.
- Come ti sei fatta il bernoccolo che hai sulla fronte?
Ninfe si voltò di scatto preoccupata.
- Quale bernoccolo? Non può essere, non ho preso una botta così grande! Ma si vede molto?
La fata si portò le mani alla fronte tentando di nascondere la botta, ma lo fece con troppa forza facendosi ancora più male. Emise un piccolo grido e iniziò a saltellare da tutte le parti. Cam non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
- Non mi guardare, lo so è orribile! E non ridere, uffi!
- Scusa, non volevo, ma eri troppo buffa.
- Non guardarmi.
- Non è la tua fronte a farmi ridere, ma tu.
- Io?
- Si, tu.  Sembri una cavalletta impazzita. Basta mettere un po’ di ghiaccio sul livido e il gonfiore sparirà. Non c’è bisogno che ti agiti tanto.
Cam continuava a guardarla divertito mentre Ninfe si arrovellava per nascondere la ferita con una ciocca di capelli. Era incredibilmente riuscito a distrarla e ne era felice. La preferiva allegra e dinamica piuttosto che calma e disperata. Vederla piangere lo aveva reso tremendamente triste.
- Si vede ancora molto?
- No, tranquilla. Mi vuoi spiegare come te lo sei fatta.
- Mentre ero nel bosco sono inciampata e ho sbattuto contro il tronco di un albero.
Cam si immaginò la scena e si trattenne dal scoppiare a ridere un’altra volta. Poi pensò alle parole di sua sorella – assicurati che non si faccia male – cavoli, quella mi uccide!
- Torniamo a casa, forza.
- Cos’è questa fretta.
- Istinto di sopravvivenza.
 
Cam fece sedere Ninfe su una sedia e le appoggiò delicatamente del ghiaccio sulla fronte, facendo attenzione a non farle male.
- Va meglio così?
- Si, grazie. Sei davvero gentile. E scusami tanto per prima, non volevo farti arrabbiare. Non faccio altro che combinare pasticci.
- Questo è vero; però non preoccuparti per prima. Non dovevo prendermela con te, ho sbagliato. In fondo tu sei qui tutta sola, è normale che ti voglia sentire a tuo agio e la foresta è il luogo che ti piace di più. Anche io mi sento come te a volte.
- Davvero? Ma tu hai tua sorella e i tuoi genitori. Sei nel tuo mondo, con i tuoi amici. Non riesco a credere che tu ti senta solo.
- Già, è incredibile.
Ninfe scrutò nello sguardo di Cam, ma non vide altro che tristezza, proprio come quella mattina. Non comprendendone il motivo decise di cambiare discorso.
- Come mai sei tornato così presto?
- Per badare a te. Ma non ti fare strane idee, ero solo preoccupato per i danni che potevi provocare.
Ninfe ripensò al sua espressione preoccupata di poco prima, quando l’aveva trovata nella foresta e a come l’aveva consolata. Per quanto tentasse di nasconderlo Cam era davvero una ragazzo  dal cuore d’oro. Non si era sbagliata a fidarsi di lui.
La fata gli sorrise allegra e lui distolse lo  sguardo imbarazzato. Improvvisamente Ninfe si ricordò delle foglie; le aveva lasciate tutte nella foresta, accanto a quel grande albero.
- Devo tornare nel bosco.
- Che cosa? Tu non vai da nessuna parte.
- Ma ho dimenticato ai piedi della grande quercia tutte le foglie che avevo raccolto.
- Ninfe cerca di ragionare, non è il caso di lasciare perdere. Sai, ci ho pensato e sono giunto alla conclusione che forse è meglio tenerti lontana dagli altri. Rischi di farti scoprire e se succedesse sarebbe un guaio tremendo. – Cam ripensò alla minaccia degli assistenti sociali di separare lui e sua sorella alla più piccola segnalazione di anomalia nella famiglia.  Poi guardò Ninfe e si ritenne ormai spacciato; sarebbe stato impossibile placare quell’uragano, ormai lo aveva capito.
- Io voglio rischiare!
- Non dire sciocchezze.
- Ma qual è il tuo problema? In fondo sono io che, nel peggiore dei casi, finirò nei guai, a te cosa importa. Sarebbe la buona occasione per disfarti di me, dovresti approfittarne.
Ninfe si pentì all’istante delle sue parole, le erano uscite come veleno dalla bocca; non era da lei. Però sembrava che con Cam non si potesse fare altro che litigare, iniziava a comprendere Sam dopotutto.
- Guarda fatina che non si tratta solo di te! Che tu ci creda o no anche io ho i miei problemi, e ci mancavi solo tu a rendere ancora più difficile la situazione.
- Quale situazione?
- Non puoi capire!
- Forse potrei se me la spiegassi.
- Lascia perdere!
- Va bene!
Cam, furibondo, le voltò le spalle, ma quando Ninfe tentò di raggiungere la porta per uscire il ragazzo le strinse una mano tanto forte da farle male.
- Dove credi di andare?
- Ovunque tranne che qui, vuoi impedirmelo per caso?
- Se ti do così fastidio me ne vado io.
- No, vado io.
- Piantala di fare la bambina.
- Chi sarebbe la bambina?!
- Non tornare nel bosco.
Detto questo Cam si fiondò in camera sua sbattendo la porta. Ninfe decise di restare in giardino, almeno fino al ritorno di Sam. Probabilmente le aveva proibito di tornare nel bosco per paura che sua sorella al ritorno lo avrebbe picchiato; non certo perché voleva proteggere lei.
Quando Sam tornò da scuola Ninfe andò subito a piagnucolare sulla sua spalla, lamentandosi di Cam e della sua scontrosità.
- Adesso ci parlo io con il cattivane.
- Si Sam, è stato davvero cattivo.
Quando la ragazza bussò alla porta del fratello non ricevette risposta così, senza troppi problemi decise di sfondarla. Cam, spaventato urlò.
- Mi hai fatto prendere un crepo, ma sei matta. Ti sembra questo il modo di entrare in una stanza; e poi chi ti ha dato il permesso di farlo.
- Piantala di blaterare; piuttosto dimmi perché continui a trattarla male.
Cam si irrigidì; non aveva voglia di spiegare a Sam quello che era successo. La verità è che aveva paura, paura di perdere tutto quello che sua madre gli aveva lasciato.
 
- Papà, ma sei davvero sicuro che è tutto a posto?
- Certo Cam, vedrai che ce la caveremo benissimo.
Erano state queste le ultime parole di suo padre. Dopo un paio di giorni la casa era già un macello e, come se non bastasse, il padre accettò di intraprendere un lungo viaggio per visitare una Multinazionale che poteva rivelarsi una miniera d’oro. Come ogni progetto, anche questo si rivelò un fallimento e, dopo mesi, il padre fece ritorno a casa. La sua permanenza, però, fu breve perché poco dopo era già pronto ad intraprendere un altro viaggio per chissà quale affare, anch’esso fallimentare come tutti gli altri. Per i primi tempi fu dura mandare avanti la casa, Cam aveva solo dodici anni e la sorella appena dieci; avevano perso la madre da poco e l’unica cosa che avrebbero voluto fare era elaborare il suo lutto in santa pace. Purtroppo però, Cam non si poteva permettere questo lusso. Doveva badare alla sorellina, alla casa e inoltre non rendere noto agli altri che due minorenni come loro vivevano da soli a volte anche per un anno intero, altrimenti gli assistenti sociali non ci avrebbero pensato due volte ad affidarli a famiglie diverse e loro avrebbero dovuto separarsi. Col tempo diventò un’abitudine prendersi cura di tutto; la sorella non dava particolari problemi, anche se Cam non era per niente contento di come stesse affrontando la vita. Sam viveva per il karatè e si impegnava negli studi solo per non dargli problemi. Inoltre si rifugiava nei suoi libri dove la fantasia superava di gran lunga la realtà. Aveva poche amiche e comunque non ci usciva spesso; preferiva stare a casa a leggere perdendosi nelle sue fantasie. Lui non era certo migliore però; passava le giornate ad allenarsi a calcio, l’unica cosa che lo appassionava davvero  e nel tempo libero dallo studio e dallo sport si occupava della casa. Dopo tanti anni però questa era diventata la normalità. Cam sognava di diventare famoso nel calcio e dedicava ogni goal alla sua mamma che, prima di morire, andava ogni domenica a vederlo giocare le partite. Sam invece si sfogava lottando contro compagni che non sarebbero mai arrivati al suo livello, nonostante fossero più maturi di lei per età. Entrambi avevano un solo scopo in comune: finire la scuola senza creare problemi. Dopo sarebbero stati finalmente liberi.
 
- Cam, è da questa mattina che sei strano, mi dici cos’è che non va.
Cam sentiva che avrebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro; era nervoso e aveva bisogno di restare solo.
- Questa notte ho sognato la mamma.
- Capisco.
Sam uscì dalla stanza senza dire una parola. Ninfe rimase spiacevolmente stupita che Cam non le avesse prese di santa ragione questa volta.
- Allora cosa ti ha detto? Potrò venire a scuola?
- Certo che potrai Ninfe. Questo problema è risolto; anzi forse non c’è mai stato.
- Non capisco.
- Credo che tu debba sapere delle cose.
Le due si avviarono nella stanza di Sam e la ragazza raccontò tutto d’un fiato il suo passato e quello del fratello. Comprendeva benissimo i sentimenti di Cam; per anni si era dovuto prendere cura di lei, mettendo da parte la sofferenza e non poteva di certo biasimarlo se alla fine era diventato scontroso e scorbutico con gli altri. Ninfe, sentendo la storia, si commosse a tal punto che si sentì tremendamente in colpa per aver trattato Cam in quel modo.
- È davvero una storia strappa lacrime.
- Adesso capisci perché mio fratello era così preoccupato. So che ha delle ansie inutili però lo posso capire, ha paura che i servizi sociali ci scoprano e quindi prende precauzioni eccessive.
- Mi sento tremendamente in colpa per come l’ho trattato, se lo avessi saputo non avrei mai detto quelle cose. Io non avevo idea...
- Ninfe ora calmati; primo, mio fratello si merita tutto quello che gli hai detto. È un insensibile e per questo non ha scuse. A volte vorrei prendere quella testolina che si ritrova tra le mie mani e...
- Sam!
- Sì, scusa, è l’abitudine. Come ti dicevo, di questo non devi assolutamente preoccuparti. Secondo, credo che lui sia il primo a non volere che tu lo tratti con riguardo per via del suo passato. Non gli andrebbe sicuramente giù il fatto che gli altri si accorgano di quanto sia fragile; si è costruito quest’immagine da duro anche a scuola e non vuole assolutamente che gli altri provino pena per lui.
- Ma io...
- Ninfe credimi, dimentica tutto e cerca di sopportarlo, come faccio io. Domani sarà tutto come prima, mio fratello non è il tipo che porta rancore.
- Non sono abituata a lasciare le cose in sospeso!
Detto questo la fata si alzò diretta verso la stanza di Cam. Sam, soddisfatta, si compiacque di essere riuscita a convincerla a scusarsi con una mossa così astuta. Intanto meditava già alla ricompensa che avrebbe preteso da suo fratello quando la questione fosse stata chiarita. Con questo pensiero si addormentò distrutta.
- Cam posso entrare?
Ninfe era decisa a chiarire tutto e al più presto così non attese risposta ed entrò nella stanza. Fortunatamente le bastò spingere la porta che questa cadde con un tonfo a terra. Per un attimo sorrise pensando a Sam che l’aveva sfondata poco prima, poi tornò di nuovo seria. La camera era sottosopra, l’unica cosa che si distingueva era il pallone autografato di Cam che serviva nello sport per dare i calci. Ninfe lo osservò incuriosita, gli umani avevano un modo bizzarro per divertirsi. Poi tornò a guardarsi intorno, ma Cam non c’era da nessuna parte.
- Dove può essere andato?
Ninfe non si voleva arrendere così iniziò a gironzolare per la casa alla sua ricerca ma l’unica cosa che trovò fu un foglietto accartocciato per terra. Non poté fare a meno di pensare al povero albero che era stato abbattuto per fare quel misero foglietto e d’un lampo ripensò al suo compito.
- Dovevo riprodurre dei fogli, così sono andata nel bosco per raccogliere le foglie, ma le ho dimenticate là e quando ho provato a tornare nella foresta Cam me lo ha impedito. Vuoi vedere che...
 
Cam tentò di coprirsi dal freddo come meglio poteva.
- Perché diavolo non mi sono infilato la giacca prima di uscire. E poi perché diavolo sono uscito! Tutta colpa di quell’isterica fata. Ci mancava solo che ritornasse nel bosco e che mi toccasse tornare a riprenderla. Meglio che mi sbrighi ora o congelerò.
Il ragazzo si affrettò a raccogliere le ultime manciate di foglie che erano cadute dagli alberi, ma nella fretta inciampò accidentalmente in una radice facendo cadere il prezioso bottino per terra. Come se non bastasse una forte folata di vento le sparpagliò in tutte le direzioni.
Stava per mandare tutto al diavolo quando sentì qualcuno dietro di lui ridere. Voltandosi vide il volto sorridente di Ninfe che portava in una mano il suo giaccone e nell’altra un cestino.
- Cosa ci fai qui? Ti avevo detto di non tornarci, può essere per...
- Per una volta non puoi dire semplicemente grazie.
- Grazie.
Ninfe sorrise felice, poi gli porse il giaccone.
- Ho pensato che avresti potuto avere freddo.
- Grazie. Ancora.
- Wow, due grazie in una volta, sono lusingata.
- Si, ma non ti ci abituare. Piuttosto vedi di renderti utile e aiutami a raccogliere le foglie.
- Già, sei davvero un imbranato, guarda che macello.
- Parli proprio tu che sei inciampata proprio questa mattina.
Ninfe fece finta di nulla e posizionò per terra il cestino.
- Adesso stai a guardare tonto Cam.
Insieme a semplici gesti delle mani Ninfe pronunciò un paio di incomprensibili parole e le foglie si radunarono sospinte da un leggero vortice all’intero del cestino. Poi la fata vi posizionò sopra un fazzoletto.
- Così non voleranno più via.
Cam era ancora a bocca aperta.
- Tonto Cam chiudi quella bocca, mi sembri un pesce lesso.
- Vorrei vedere te se avessi appena visto qualcuno fare quello che hai fatto.
- Vedo fare magie tutti i giorni, ma non faccio di certo quella faccia.
- Quindi è questa la magia.
- Questo era solo un incantesimo base di raccoglimento. Si crea un vortice facendo attenzione a dargli la giusta potenza per sollevare ciò che ci serve e poi lo si dirige nel luogo che si preferisce. – Ninfe ripensò per un istante alla prima volta che aveva tentato di raggruppare un paio di cavoli e invece aveva spazzato via tutte le verdure che sua mamma aveva raccolto dal loro orticello.
- Cam ti devo dire una cosa.
- Non ce n’è bisogno.
- E invece si, quindi vedi di ascoltarmi.
Cam ammutolì di colpo e si ritrovò a fissarla sorpreso.
- Scusa! Scusa per come mi sono comportata. Scusa per quello che ti ho detto e per come ti ho trattato. Scusa per essere piombata all’improvviso nella tua vita sconvolgendola più di quanto non lo fosse già. E scusa per aver pensato che tu sia un egoista, stavi solo cercando di proteggere te e tua sorella dagli assistenti solari perché non vi separassero. Prima non lo sapevo e ti ho giudicato male, ma ora ho capito.
- E invece non hai capito niente come al solito, guarda che non sono il santo che hai appena descritto, anzi. E inoltre si dice assistenti sociali e non solari, non siamo in un centro per l’abbronzatura. E infine io non ho per niente paura di loro e non ho bisogno della compassione di nessuno...comunque grazie.
La fata vide il ragazzo sotto una luce diversa per la prima volta da quando l’aveva conosciuto. Sua sorella aveva ragione quando diceva che il fratello tentava di farsi vedere sempre forte e insensibile, ma era solo una maschera che gli permetteva di andare a vanti e prendersi cura della casa e di Sam. Probabilmente il giorno in cui si sarebbe deciso a svelare il suo vero essere sarebbe stato più felice e sarebbe riuscito a farsi molti amici.
Ninfe spalancò la sua bocca in un immenso sorriso e non si trattenne dal saltargli al collo.
- Ma che fai!
- Sono molto felice!
- E perché mai se si può sapere. Siamo in mezzo a un bosco al gelo e probabilmente ci prenderemo una broncopolmonite. Io non ci vedo niente di bello.
- Come sei negativo, sei davvero tonto! Una cosa da festeggiare c’è.
- E cioè?
- Oggi per la prima volta da molto tempo tonto Cam si è mostrato di nuovo fragile e sensibile con qualcuno, e non con una persona qualsiasi, ma con me.
Cam arrossì e si staccò dall’abbraccio imbarazzato.
- Che diavolo dici!
- Che carino, sei anche arrossito.
- Non è vero!
Ninfe rise allegra, felice di aver finalmente chiarito la situazione con Cam. Ora che lui aveva trovato il coraggio di confidarsi con lei, anche se a modo suo, si sentiva legata a Cam. Forse anche lei un giorno avrebbe trovato il coraggio di rivelargli tutta la verità. Senza che se ne accorgessero il vento era cessato e intorno a loro il clima era quasi tiepido-
- Cam guarda!
- Cosa c’è?
Il ragazzo si volto e vide una coppia di lucciole gironzolare intorno alla grande quercia che avevano visto quella mattina.
- Cosa ci fanno qui? Siamo quasi in inverno.
- E chi lo sa. Sono i misteri della vita tonto Cam.
- Come sei filosofica.
- Anche io penso molto proprio come te, siamo uguali noi due.
- Non paragonarmi a te!
- Perché? Sei davvero cattivo!
- Quando ti pare sono cattivo, quando invece ti fa comodo divento buono.
- Sei proprio polemico.
- Etchù.
- E pure raffreddato.
- E di chi è la colpa secondo te.
- Non starai alludendo a me.
- Certo che no fatina, lei è una santa.
- He he.
I due si riavviarono verso casa ridendo e scherzando come due amici che si conoscevano da sempre. Cam si sentiva stranamente sereno e felice. Non avrebbe permesso a nessun altro di vedere quello che aveva mostrato a Ninfe, nemmeno lui sapeva di preciso perché lo aveva fatto, ma ne era contento. Loro due erano un po’ come quelle due lucciole, perse nel gelo, ma ugualmente insieme. Sentiva che da quel  momento la sua vita sarebbe cambiata un’altra volta; non sapeva dire se in meglio o in peggio, ma di sicuro sarebbe stata meno noiosa.
  
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