Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 18/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy,
altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash
Capitolo 18. Punti di Vista
Il tempo sembrava essersi fermato in quei brevi
istanti i cui i loro occhi rimasero incatenati, e sebbene Harry avrebbe fatto
di tutto per poter distogliere lo sguardo, non ci riuscì in nessun modo. Sul
volto di Tom si rincorrevano sorpresa, shock e
incredulità, ma non era quello ciò che stava distruggendo Harry, ciò che gli
stava togliendo l’aria dai polmoni. No, tutte quelle emozioni se le sarebbe
aspettate.
Era lo sguardo ferito
che gli stava rivolgendo.
Harry, con uno sforzo enorme, riuscì a strizzare
gli occhi. Poteva quasi tradurre in parole tutto ciò che quello sguardo gli
stava silenziosamente trasmettendo.
Come hai
potuto tenermelo nascosto?
Come hai
potuto non dirmelo?
E lui sapeva
che non aveva potuto fare altrimenti, che non ci sarebbe stato modo di far
sapere a Tom che era un Rettilofono senza dover
rispondere a domande scomode, ma questo non gli impediva di pensare che
qualunque reazione il Serpeverde avrebbe avuto, lui se la sarebbe meritata in
pieno.
Tom non si
fidava di nessuno, non lasciava nessuno avvicinarsi, poi sono arrivato io ad
offrirgli la mia amicizia, a spingerlo ad aprirsi, a dargli una speranza.
E ora ho
tradito la sua fiducia.
Riaprì gli occhi in quel momento e vide Tom ancora
lì, con lo sguardo fisso su di lui. Si accorse vagamente che la ferita alla sua
mano aveva cominciato a sanguinare, ma in quel momento non gliene sarebbe potuto fregare di meno perché, piano piano, una nuova emozione si stava facendo strada nello
sguardo del Prefetto, sovrastando tutte le altre.
Rabbia.
Harry si alzò in piedi di scatto, attirando
l’attenzione di molti dei presenti, Professore compreso.
“Professore, sono stato morso! Non è avvelenata, ma
vorrei far vedere la ferita in Infermeria.” Esclamò, e
quasi senza aspettare il consenso dell’insegnante, ignorando i mormorii
preoccupati di alcuni, si lanciò in una folle corsa in direzione del castello.
Mi odia, mi
odia, mi odia.
Continuavano a vorticargli in testa quelle
parole come un mantra, ed ogni volta che le ripeteva,
era come se qualcosa di appuntito e affilato gli si stesse conficcando nel
petto.
In men che non si dica si trovò davanti alle grandi porte della Sala
d’Ingresso, a salire i gradini che lo avrebbero portato nell’atrio della
scuola. Una volta entrato, si diresse istintivamente
verso i sotterranei, con l’assurda idea di chiudersi camera e rimanerci per
tutto il tempo necessario a formulare un piano.
Poi si ricordò che camera sua era prima di tutto camera di Tom.
Tom…
Cos’avrebbe fatto il Prefetto adesso?
Avrebbe preteso delle spiegazioni sicuramente. Harry si trovò sorpreso nel
trovarsi non tanto a pensare a come avrebbe potuto nascondere al meglio la
verità…
…ma a quanto fosse disposto a rivelargli.
Si lasciò cadere contro una parete dei
sotterranei, scivolando lentamente verso il terreno e chiudendo gli occhi. Dio,
era cambiato così tanto da quando era arrivato nel
passato…
La verità era che non voleva mentire a Tom, non voleva. Lì, dove nessuno lo additava
come Il-Bambino-Che-È-Sopravvissuto,
dove nessuno si aspettava che salvasse il mondo, dove nessuno faceva caso alla
cicatrice sulla sua fronte, almeno lì, voleva avere una possibilità di sapere
cosa volesse dire sentirsi libero dalle responsabilità.
Si, aveva una missione, ma per l’amor del
cielo, era solo cercare un libro! Nessuna battaglia, nessun Horcrux,
nessuna pressione: solo due mesi a disposizione per ricercare in biblioteca e
vivere la vita di un normale diciassettenne.
Confronto a ciò che doveva passare nel
presente era una favoletta. Senza dimenticarsi di
Tom.
Che tipo di legame aveva con il Serpeverde?
I contorni del loro rapporto erano diventati così sfuocati che Harry non
riusciva più a delinearli. Gli aveva offerto la sua amicizia e Tom l’aveva accettata… ma poteva dire che fosse la stessa cosa con Ron o Hermione? No, decisamente no. E non solo per gli ovvi motivi, quali il futuro di Tom
e il fatto che lo conoscesse da meno di un mese.
No, era qualcos’altro. Non era come con Ron, con cui poteva quasi palpare la profonda fiducia che
scorreva tra di loro, quel senso di sicurezza nel sapere che sarebbe sempre
stato al suo fianco, che si sarebbe sempre offerto come appoggio, qualunque
cosa accadesse. Non era nemmeno come con Hermione,
alla quale bastava uno sguardo per capire quando aveva
un problema e di cosa avesse esattamente bisogno, sempre disponibile a
risolvere qualunque situazione. E poi Ron aveva un
temperamento infiammabile, era diretto e sincero, in pieno stile Grifondoro, e Hermione, pur avendo un po’ più di tatto di Ron, era anche lei schietta, fermamente convinta che i
problemi dovessero essere affrontati di petto.
Con Tom era tutta un’altra cosa. C’era un’intensità in ogni loro azione nei
confronti l’uno dell’altro che non era paragonabile a niente che Harry avesse
mai sperimentato prima. Quel gioco pericoloso che stavano portando avanti,
fatto di dubbi, segreti e supposizioni era qualcosa di elettrizzante, di vivo, e li stava legando in modi che il
ragazzo non riusciva più a comprendere del tutto.
E proprio ora aveva dovuto rovinare tutto.
Il pensiero di doversi fronteggiare con Tom
gli faceva venire i brividi. Che cosa gli avrebbe detto?
E se gli
dicessi la verità, tutta la verità?
Il pensiero, seppur non del tutto nuovo, lo
colse comunque di sorpresa. No, non poteva farlo, avrebbe rischiato troppo.
Eppure…
Eppure aveva già deciso che avrebbe
cancellato i ricordi di Tom al momento in cui se ne sarebbe dovuto andare.
C’era… non esattamente un incantesimo, ma un modo per far sì che il Serpeverde non si ricordasse di lui, senza
dover subire gli effetti di un Oblivion. Era un trucchetto di Legilimanzia – pratica che Harry aveva scoperto riuscirgli
molto meglio dell’Occlumanzia, sebbene non amasse
nessuna delle due – che consisteva nell’entrare nella mente di qualcuno e scegliere
con cura i ricordi da cancellare, rimuovendone solo delle parti.
In questo modo la persona non avrebbe avuto
un intero vuoto di memoria del quale si sarebbe potuta insospettire, ma tanti
piccolissimi buchi che la mente avrebbe colmato da sola tralasciandoli come non
importanti, proprio come una persona normale non riesce a ricordare ogni
singola cosa fatta o avvenuta in un giorno.
Ma se questo era quello che aveva intenzione
di fare con Tom, che motivo aveva di continuare a nascondere la verità? Non
poteva raccontare tutto e vivere a pieno quell’amicizia
a cui inspiegabilmente teneva così tanto?
Inaspettatamente, la risposta gli arrivò al
ricordo di quel fiotto di calore che il giorno prima gli era esploso dalla
fronte, al leggero tocco di Tom. Era semplice come risposta, e con una risata
amara Harry si chiese perché non ci aveva pensato subito dall’inizio.
Perché
sarebbe diventato insopportabile doverlo lasciare, alla fine.
Si fece scappare una risatina isterica,
mentre chiudeva gli occhi e si chiedeva perché non poteva esserci una sola, fottutissima cosa semplice
nella sua vita. Era così stanco, che gli veniva quasi voglia di dormire…
Un piccolo allarme gli si accese in testa a
quella stanchezza improvvisa e gli fece spalancare gli occhi. Per la prima
volta da quando era rientrato riportò l’attenzione sulla sua ferita che – ora
vedeva – non aveva smesso di sanguinare e dalla quale, lentamente ma
costantemente, il sangue aveva continuato ad uscire, formando una piccola pozza
al suo fianco.
Maledicendosi sotto voce, Harry si alzò in
piedi, lottando contro il giramento di testa. Ci mancava solo che morisse
dissanguato perché perso nei suoi pensieri: si stava già sentendo più
affaticato e sapeva che quando le sue risorse fisiche si fossero esaurite, avrebbe
automaticamente cominciato a consumare quelle magiche, cosa
che avrebbe probabilmente portato alla scomparsa dell’illusione del suo
travestimento.
Osservò attentamente i quattro piccoli fori
provocati dal morso del serpente: aveva imparato un po’ di magia curativa
durante il suo addestramento, ma consisteva per lo più nel guarire ossa rotte o
lacerazioni, le ferite che era più probabile venissero
inflitte in un combattimento. Di morsi di creature magiche non ne sapeva
davvero niente. Sarebbe stato meglio recarsi seriamente in Infermeria per
farselo curare.
Si staccò dalla parete e risalì la scala che
usciva dai Sotterranei, stringendosi la mano al petto. Arrivato nella Sala
d’Ingresso, si stava dirigendo verso la rampa che lo avrebbe portato ai piani
superiori, quando con la coda dell’occhio vide qualcosa che lo fece bloccare
sul posto. Voltò la testa verso le porte dell’ingresso e quello che vide non
gli piacque affatto.
Caleb e Orion erano in piedi
sull’uscio, chiacchierando allegramente, quando avrebbero dovuto essere ancora
a Cura delle Creature Magiche. Harry spostò lo sguardo verso il grande orologio
a pendolo appoggiato alla parete sinistra ed imprecò sottovoce: l’ora era già
finita.
Con uno scatto si precipitò su per le scale,
salendo i gradini due a due. Diamine, dov’era Tom allora? Non era tornato al
dormitorio di Serpeverde, o lo avrebbe sicuramente visto passare, ma non era
neppure lì con Orion e Caleb. Che fosse rimasto a
parlare col Professore? Ne dubitava, non dopo quello
che aveva fatto Harry… la cosa più probabile era che lo stesse cercando.
Doveva trovare il modo di raggiungere
l’Infermeria senza farsi trovare. Sapeva che non avrebbe potuto evitare l’altro
ragazzo a lungo, ma per lo meno voleva rimandare il confronto finché non si fosse
fatto guarire la ferita alla mano.
C’era un passaggio segreto che lo avrebbe
portato in quei paraggi, ma si trovava in un corridoio per lo
più inutilizzato, nella parte est del secondo piano. Oltrepassò porte e arazzi,
cercando di evitare gli studenti che uscivano dalle aule per avviarsi verso
l’ora successiva. Pian piano che proseguiva, la strada si faceva sempre più deserta, segno che si stava avvicinando. Ecco, girato
l’angolo, era proprio dietro quell’armatu–
Una fitta alla cicatrice lo fece bloccare di
colpo, portandosi la mano sana alla fronte con un sibilo di dolore. Lentamente
alzò la testa, sapendo già che cosa – o meglio chi – avrebbe visto davanti a
sé.
E infatti a qualche
metro di distanza, appoggiato al muro del corridoio, vi era Tom, con le braccia
incrociate al petto e lo sguardo gelido puntato su di Harry.
“Tom…” sussurrò appena la fitta acuta fu
passata, lasciando solo un doloroso ma più debole pulsare.
Il ragazzo non disse nulla, ma assottigliò
lo sguardo. Quegli occhi… se c’era qualcosa che stava facendo male ad Harry, molto più della cicatrice e della ferita alla
mano, era vedere lo sguardo glaciale che gli stava rivolgendo, su un viso
totalmente privo di emozioni, inespressivo. E pensare che era appena riuscito
ad abbattere quei muri…
“Harry.”
Sibilò Tom, e questa volta l’ex Grifondoro riuscì immediatamente a distinguere
in che lingua avesse parlato.
Distolse lo sguardo e voltò la testa da un
lato, non volendo rispondere.
“Cos’è,
non dici niente ora?” continuò l’altro sempre in un basso e minaccioso
sussurro, “Eppure sappiamo benissimo
entrambi che mi puoi capire alla perfezione.”
Aggiunse avvicinandosi lentamente, come un grande felino che puntava la sua
preda.
“Tom, ascolta, non–”
Ma non finì nemmeno la frase, perché con appena
due falcate il Serpeverde gli era arrivato davanti e lo aveva afferrato per la
veste, spingendolo contro il muro del corridoio.
“No Harry! Forse non ci siamo capiti: io ti sto parlando in Serpentese e
tu mi rispondi in Serpentese, visto che è proprio quello il motivo per cui stiamo chiacchierando
in questo momento.” Gli sibilò ad un centimetro dal viso,
ma Harry strizzò gli occhi e non disse nulla, il dolore alla cicatrice e
un pizzico di paura a riempirgli i sensi.
“Rispondi!” gli urlò contro Tom schiacciandolo ancora di più contro
il muro.
“Va bene, va bene!” si arrese alla fine Harry, lottando contro il
panico che gli stava affiorando in gola, “Ti
rispondo.”
Un sorriso che di piacevole
non aveva assolutamente nulla si allargò sul volto del Serpeverde,
trasformandogli il viso in una smorfia cattiva.
“Ecco, ora va meglio. Adesso Harry, però, voglio che mi rispondi una
volta per tutte: perché sei qui?” gli sussurrò ad un orecchio, “Sei dalla parte di quella pazza e malata
famiglia? Sei venuto ad uccidermi, per caso?”
Harry spalancò gli occhi sorpreso. Ma che diavolo stava dicendo? Famiglia
malata? Ucciderlo?
“Rispondi!”
gli urlò contro Tom per la seconda volta.
Ma Harry non aveva la più pallida idea di
che cosa stesse parlando e soprattutto non voleva aprire gli occhi e vedere due
iridi rosso rubino contraccambiargli lo sguardo. Per cui stette fermo immobile,
cercando di ignorare il dolore lancinante alla cicatrice e la paura di vedere
Tom trasformato in quel modo, sentire la sua voce sibilare maligna, come aveva
già sentito innumerevoli volte negli scontri con Voldemort.
Quando però sentì i pugni che gli
stringevano i vestiti schiacciargli pericolosamente la gola, si decise a
balbettare:
“T-Tom…
ti prego… n-non so di che parli…”
“Non
mentirmi!” rispose irato Tom, “Esiste
solo una linea di discendenti di Salzar Serpeverde e io ne sono l’unico erede. O almeno così
credevo, prima di sentirti poco fa.”
Discendenti? Salazar
Serpeverde? Ma cosa c’entravano in quel momen… No,
non avrà davvero pensato che io fossi…?
“Quindi
dimmi cosa hai intenzione di fare: chi ti ha mandato? Sei venuto fin qui per
estirpare l’unica macchia mezzosangue nella linea dei Gaunt?
E dire che ci avevo anche creduto a tutte le idiozie babbanofile
che sparavi, mentre in tutto questo tempo stavi solo pensando a come uccidere
il lurido Mezzosangue che infanga il nome di Serpeverde. Non è forse così?”
“No!” urlò Harry, che raccogliendo le forze
riuscì a spingere via il Serpeverde, “No, Tom, non è così! Io non sono un
discendente di Serpeverde! Non abbiamo alcun legame di sangue noi due!” disse
con voce supplicante, cercando disperatamente di far capire l’altro ragazzo.
Ma Tom non sembrava voler sentire ragioni. “Sei un Rettilofono!
Come puoi continuare a mentire in questo modo anche in faccia alla realtà dei
fatti!” rispose tagliente in Serpentese, gli occhi rosso
ardente stretti in due fessure.
Harry scosse la testa
frenetico. No, Tom doveva credergli, non poteva pensare che fosse venuto
lì per ucciderlo, non poteva… non poteva odiarlo.
Ma cosa avrebbe detto?
“No Tom, non è vero! Cioè, io… io sono un Rettilofono è vero ma… ma non sono nato così! Cioè…”
cercava in tutti i modi di trovare le parole e non era importante se fosse
finito a rivelargli qualcosa, era essenziale solo che Tom gli credesse, “È
un’abilità che ho acquisito dopo che… dopo che…” dopo che mi hai dato un pezzo della tua anima, pensò, ma non lo
disse, limitandosi a scuotere nuovamente la testa.
Tom non disse nulla, ma dallo sguardo in
quegli occhi rossi si vedeva benissimo che non si sarebbe accontentato di così
poco.
“Credimi Tom, ti prego, ti scongiuro…”
continuò Harry con voce supplichevole, alzando gli occhi sul volto dell’altro,
“Io, ucciderti? Come potrei…? Non potrei mai, credimi… credimi, ti prego…”
Il Serpeverde ancora restò fermo, ma Harry, attraverso occhi appannati – e che cos’era
che gli stava tanto offuscando la vista? – riuscì a scorgere piano piano le iridi tornare del loro colore naturale, nero pece.
Poi Tom tirò fuori la bacchetta, e Harry temette
il peggio.
“Medeor.” Sibilò il ragazzo.
Un intenso pizzicore alla mano sinistra gli
fece ritornare l’attenzione verso la ferita dimenticata che, sotto ai suoi
occhi, si cicatrizzò in pochi secondi. Voltò nuovamente la testa verso il
Prefetto, uno sguardo sorpreso e speranzoso insieme negli occhi.
Ma l’espressione di Tom era indecifrabile.
“Forse non stai mentendo, forse non sei qui per uccidermi. Ma non basta.” Disse
con voce piatta, “Ti credo, Harry, ma è tutto ciò che avrai da me, d’ora in
poi.”
E detto quello, si voltò e si incamminò
verso la fine del corridoio, sparendo dietro un angolo senza voltarsi nemmeno
una volta.
Harry rimase lì stringendosi la mano guarita
al petto, con la vista offuscata e le ultime parole dell’altro ragazzo a
rimbombargli in testa.
Sentì qualcosa di caldo e bagnato cadergli
sulla mano e quando abbassò la testa per guardare, vide una piccola goccia che
gli scivolava giù dal palmo.
Ma non poteva essere una lacrima.
Era da troppo tempo che non ne versava una.
Meredith si trovava in Biblioteca, seduta al suo
tavolo di studio preferito. Era una postazione che aveva scoperto all’inizio
dell’anno scorso, quando era stata ammessa ai corsi di due anni più avanti: un
grande scaffale la nascondeva dalla vista della bibliotecaria, ma lasciava
libera la visuale sulla porta d’entrata. Visto che la Biblioteca era il posto
dove passava più tempo – e lo sapevano benissimo anche i suoi compagni di Casa
– le era stato sempre molto utile poter vedere per tempo le persone che entravano,
così da poter evitare eventuali scocciatori.
Quando l’aveva scelto
però, non aveva mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe visto
Tom Riddle oltrepassare la soglia a grandi passi, con l’espressione più
terribile che gli avesse mai visto sul volto.
La ragazza lo vide dirigersi a passo spedito verso
l’area est della Biblioteca, quella contenente il reparto di Storia della Magia
e, senza pensarci troppo, raccolse i suoi libri e lo seguì silenziosamente. Il
Serpeverde era andato dritto verso gli scaffali di Storia delle Arti Oscure,
fermandosi per qualche secondo davanti al reparto di Genealogia.
La Corvonero osservò con un certo timore
l’espressione sul suo viso: non lo aveva mai visto con uno sguardo tanto
gelido, o meglio, forse solo qualche volta quando lo aveva incontrato per i
corridoi, ma non da un bel po’ di tempo, almeno non da quando Harry Evans aveva
fatto la sua comparsa ad Hogwarts.
Harry.
Meredith non era stupida – non per niente era a
Corvonero – e aveva notato, come molti altri nella scuola, il cambiamento
improvviso nel comportamento del Prefetto di Serpeverde. Forse sarebbe sembrato
strano visto che non ci aveva mai parlato, ma Tom Riddle era praticamente
famoso ad Hogwarts e in tanti non lo perdevano di
vista nemmeno un secondo, sapendo bene quale peso avesse nelle politiche della
scuola.
Meredith era brava ad osservare, e si era sempre
trovata affascinata dalla figura del Serpeverde: studente modello, bello e
affascinante, carismatico con i professori ma distante da tutti, apparentemente
senza amici se non si voleva contare Black e Principe che gli ronzavano intorno
continuamente, senza però suscitare un gran riguardo da parte del ragazzo.
Per cui quando Tom aveva iniziato a cambiare in
modo così drastico i suoi modi di fare, quasi tutti si erano messi
immediatamente all’erta, piuttosto confusi da quell’improvvisa
trasformazione. E qualcuno era anche riuscito a notare la persona intorno alla
quale sembrava essere incentrato tutto: Harry Evans.
Adesso, osservando Tom, Meredith era giunta
all’unica conclusione ovvia per una mente logica: qualunque cosa fosse successa
al Serpeverde, di sicuro centrava in qualche modo con Harry.
Intanto il Prefetto si era seduto ad un tavolo con
un paio di libri al seguito, dei quali stava voltando le pagine con movimenti
rigidi della mano. La ragazza prese coraggio – un coraggio dettato solo dal
fatto di averci già parlato quella mattina, prima di Erbologia
– e si avvicinò al tavolo.
Quando appoggiò i propri libri davanti al ragazzo,
quello alzò gli occhi e per un attimo, appena il suo sguardo incontrò il volto
di Meredith, un lampo di sorpresa gli attraversò le iridi nere, prima che
qualunque emozione tornasse ad essere chiusa a chiave dietro la sua maschera.
“Tom.” Lo salutò lei, maledicendo internamente la
sua goffaggine quando sentì la voce flebile con cui
gli era uscito il nome dell’altro. Ma non poteva farci nulla: nonostante Harry
li avesse avvicinati, per lei parlare con Tom Riddle era ancora come parlare
con una specie di Vip, qualcuno fatto per essere ammirato da lontano ma
impossibile da avvicinare.
Il ragazzo le lanciò uno sguardo calcolatore e in
qualche modo sospettoso. “Meredith.” Rispose infine, e la Corvonero ne
approfittò per sederglisi di fronte.
Tom alzò un sopracciglio. “Per caso i tutti gli
altri tavoli sono stati occupati? Non mi sembrava così affollata la Biblioteca.”
Meredith arrossì ed abbassò lo sguardo a disagio.
Ma cosa le era venuto in mente di piombare lì in quel modo? Ci aveva parlato
per appena dieci minuti quella mattina e già si stava rivolgendo a lui con così
tanta confidenza. E se non fosse stato per Harry non ne avrebbe mai avuto il
coraggio.
Ma era assolutamente certa che l’umore nero del
Serpeverde poteva essere ricollegato solo a Harry e se
gli era successo qualcosa, aveva il diritto di saperlo.
“No, io… volevo sapere… se era successo qualcosa a
Harry, tutto qua.” Rispose impacciata.
Avrebbe potuto giurare che la temperatura fosse
calata di almeno dieci gradi a seguito delle sue parole. Sicuramente lo sguardo
che le stava lanciando Tom le stava facendo venire i brividi, anche se non
erano brividi di freddo.
“E perché mai” sibilò il Prefetto, “dovrebbe
essergli successo qualcosa?”
Meredith deglutì. “Non-non
lo so, io…” balbettò un attimo. Poi, ricomponendosi,
riprese con più decisione, “Senti, io… sono solo brava ad osservare, ecco
tutto. Ti ho visto così e… voglio solo sapere se Harry sta bene, nient’altro.” Finì, cercando di sostenere lo sguardo dell’altro.
Tom la guardò per qualche altro secondo, poi la
sorprese con un verso di scherno. “Mpf, puoi stare
tranquilla allora, non è successo assolutamente niente a lui.”
L’enfasi sulle ultime due parole la lasciò un po’
spiazzata. Se Harry stava bene, cos’era che aveva tanto disturbato il Prefetto?
Da come ne aveva parlato sembrava quasi che avessero…
litigato. Ma su cosa? Meredith osservò i libri che il Serpeverde aveva sparso
sul tavolo: riuscì a leggere solo alcuni titoli, ma furono sufficienti per
farsi un’idea di ciò che stesse ricercando.
“Come mai stai facendo ricerche sul Serpentese?
Pensavo che proprio tu tra tutti… cioè, non è che tu
ne abbia bisogno…” chiese timidamente.
Lo sguardo sospettoso di Tom fu prevedibile:
giravano molte voci sul suo conto, prima tra tutte proprio quella che fosse
capace di parlare la lingua dei serpenti. Non era mai stato confermato, ma
Meredith aveva avuto la fortuna, un giorno, di assistere al Prefetto parlare
con una vipera ai margini della Foresta Proibita, mentre stava tornando da Cura
delle Creature Magiche.
“Parlavi seriamente,”
disse Tom, “quando dicevi che sei brava ad osservare.” Alzò un sopracciglio,
“Come fai a sapere che sono un Rettilofono?”
Meredith scrollò le spalle, cercando di mostrarsi
noncurante. “Lo dicono tutti in giro.” Rispose.
Il sopracciglio non si abbassò, “Non hai risposto
alla mia domanda.”
La ragazza abbassò lo sguardo e arrossì, “Io… ti ho
sentito, una volta. Non volevo spiare ma – cioè, non
sapevo che eri tu, ho sentito dei sibili ed ero curiosa…” spiegò, torcendosi
nervosamente le mani.
Per un po’ non sentì nulla, poi un fruscio di
pagine le fece alzare nuovamente la testa: Tom era tornato a volgere la sua
completa attenzione ai libri e sembrava essersi deciso ad ignorarla. Ma lei non aveva ancora saputo cosa era
successo tra lui e Harry.
“Quindi,” incominciò,
cercando un appiglio per cavargli fuori ciò che voleva sentire, “come mai sei
qui in Biblioteca, a fare ricerche sul Serpentese, tutto solo?”
Il Prefetto sollevò la testa dal tomo che aveva
davanti e alzò nuovamente un sopracciglio, guardandola come se avesse appena
detto qualcosa di estremamente stupido.
“E chi altri dovrei portarmi appresso? Sono l’unico
Rettilofono di tutta la Gran Bretagna.” Disse con tono irritato. Poi un’ombra gli oscurò il volto,
e con voce molto più bassa – tanto che Meredith quasi
non riuscì a sentirlo – mormorò tra se: “O almeno, così credevo.”
Qualcosa si accese nella mente della Corvonero a quell’ultimo sussurro, ma il collegamento che sentiva
essere tanto vicino ancora le sfuggiva.
“No, certo. Solo… di solito sei sempre con Black, Alden… o Harry.” Rispose lei con
leggerezza, osservando attentamente la reazione dell’altro.
E come previsto, all’ultimo nome le spalle del
Serpeverde si irrigidirono e Meredith trattenne un sorriso soddisfatto: come
pensava, in quella storia Harry c’era dentro fino al collo.
“No, Black e Evans non li vedo da Cura delle
Creature Magiche.” Rispose Tom con voce gelida.
Era vero, si era dimenticata che avevano avuto Cura
delle Creature Magiche loro, e dire che l’avevano anche accompagnata ad Erbologia sulla strada. Qualunque litigio avesse avuto luogo, doveva essere successo tra il momento in
cui l’avevano lasciata e la fine della lezione, perché quando erano con lei di
sicuro erano ancora in ottimi rapporti.
Diamine, sentiva la risposta alla distanza di un
soffio. Che cosa era potuto succedere in quell’ora?
Cura delle Creature Magiche… mmh, lei l’aveva avuta
proprio due giorni prima: cos’è che avevano trattato? Ippogrifi? No, quelli erano stati la settimana scorsa. Runespoor? Si! Era stata la lezione sui Runespoor.
Ma questo come l’aiutava?
E improvvisamente, come un grande pezzo di puzzle
senza il quale la figura non avrebbe preso alcun significato, anche l’ultimo
tassello trovò posto.
Serpentese. Genealogie. Harry. Runespoor.
O almeno,
così credevo.
Trattenne un respiro scioccata.
“Harry è un Rettilofono?!”
esclamò senza sapersi trattenere.
L’espressione di puro sgomento sul volto di Tom fu
impagabile, probabilmente un momento unico nella storia.
“Cos…? Ma come…? Come diavolo fai a saperlo?!” le chiese scioccato.
Meredith scrollò le spalle. “Ho fatto due più due.” Rispose semplicemente, ma in realtà stava internamente
gioendo per la conclusione raggiunta. Se c’era una sola cosa al mondo su cui
sapeva di poter contare, era il suo intelletto.
Rimanevano comunque più domande che risposte. “Ma
com’è possibile? L’ultima linea di Rettilofoni
esistenti nel Regno Unito è risalibile solo a Salazar
Serpeverde!”
Il Prefetto non rispose, si limitò ad osservarla
con uno sguardo calcolatore. Dopo qualche secondo – nel quale Meredith si trovò
ad arrossire sotto quello sguardo penetrante – il volto di Tom si distese in
un’espressione più rilassata e la ragazza seppe di aver appena passato una
qualche sorta di test.
“Immagino sia questo il motivo per
cui sei a Corvonero.” Asserì. Poi indicò i libri aperti sul tavolo, “E
per risponderti, era proprio quello su cui stavo ricercando.”
Meredith annuì in direzione dei libri, poi,
mordendosi leggermente un labbro, si tuffò nella questione più spinosa di tutta
la faccenda, sapendo che parlare di questo con Tom Riddle era come camminare
sopra un lago ghiacciato quando ormai il caldo della primavera era già alle
porte.
“Immagino che tu l’abbia scoperto per sbaglio e che
non sia stato Harry a dirtelo di sua spontanea volontà.”
L’espressione di Tom a quelle parole si tramutò
nuovamente in quella che aveva avuto quando aveva
varcato le soglie della Biblioteca. Meredith lo vide serrare la mascella e
stringere il pugno che teneva su uno dei volumi aperti, lo sguardo glaciale
puntato su un punto imprecisato del tavolo, evidentemente ricordando un qualche
accaduto.
“Avrebbe dovuto dirmelo,”
sibilò con rabbia, e la Corvonero non era nemmeno più sicura che stesse
parlando a lei, “avevo il diritto di saperlo.”
La ragazza tornò a torturarsi il labbro, ponderando
bene le parole da dire. “Io… sono sicura che Harry abbia sbagliato a tacerti
una cosa simile, ma –” rabbrividì allo sguardo che le lanciò Tom a quel ‘ma’, “– ma ho osservato Harry in quel poco tempo che ho
passato con lui e sono sicura che tu hai avuto molte più occasioni di me di
averlo vicino… beh, non si può certo dire che sia un ragazzo normale, no?”
Tom rimase zitto per qualche secondo e Meredith gli
fu grata che stesse davvero soppesando la domanda e non liquidandola nella
rabbia del momento. Non ci volle molto, comunque, perché rispondesse:
“No, non è un ragazzo normale. Ma questo non lo
autorizza a mentirmi o a lasciarmi all’oscuro di cose che sarebbero un mio diritto sapere.”
Disse, sempre nel suo basso e irato sibilo. Anche se non l’avesse sentito con
le proprie orecchie quel giorno, non le ci sarebbe voluto molto per crederlo un
Rettilofono.
“Forse hai ragione, ma hai pensato al motivo per cui non te lo ha detto?” ribatté lei con voce calma.
Il Prefetto le lanciò un’occhiata irritata. “Che
domanda idiota, certo che ci ho pensato.”
“Allora dovrai ammettere che forse… forse non dipende da lui.” Finì Meredith tornando a mordersi il labbro
inferiore, sperando che il ragazzo riuscisse a vedere il suo punto di vista.
Tom aggrottò per un secondo le sopracciglia. “Che
cosa intendi dire?”
La Corvonero cominciò a sentire un po’ di
impazienza: possibile che Riddle, uno degli studenti più brillanti della
scuola, non ci fosse arrivato?
“Andiamo, l’hai visto! È sempre gentile con tutti e
sembra tanto piccolo e indifeso, ma tanti hanno già capito che mettersi contro
di lui sarebbe una pessima mossa. Sa evocare un Patronus!
Mi ha detto che la sua materia preferita era Difesa, ma non basta a spiegare il
suo potere. Cosa può mai aver suscitato il bisogno
di imparare l’Expecto Patronum?
E quello che ha fatto ad Alden il primo giorno? Non
l’ha dimenticato nessuno, me compresa: non sono nemmeno riuscita a vederlo muoversi
quando lo ha atterrato. Dimmi, quale normale ragazzo di sedici anni sa
fare cose del genere?” Esclamò tutto d’un fiato.
Tom aveva un’aria pensierosa sul volto, ma ancora
un’espressione perplessa. “E dove vorresti andare a parare con questo?”
“Sto cercando di dire” rispose Meredith con un
sospiro, “che Harry è stato evidentemente addestrato per combattere.”
Il Prefetto sgranò gli occhi, ma l’espressione
sorpresa fu presto sostituita dalla calma tipica di qualcuno che aveva appena
realizzato qualcosa di molto ovvio. Aprì bocca per parlare e stava per rispondere quando il suono della campanella risuonò tra i
muri.
Meredith, che aveva Incantesimi, cominciò a
raccattare i libri dal tavolo, senza però abbandonare il discorso. “Non è
piacevole da pensare, ma sono sicura che il Serpentese sia solo uno di tanti
segreti che quel ragazzo sta nascondendo.” Disse
alzandosi, mentre si sistemava la borsa su una spalla. “E stando così le cose,” aggiunse guardando il Serpeverde negli occhi,
“personalmente non sono sicura di volerli sapere.”
E detto quello, si voltò e si incamminò verso
l’uscita, felice di aver avuto l’occasione di parlare faccia a faccia con Tom
Riddle e sperando di aver lasciato il Prefetto più bendisposto nei confronti di
Harry.
Almeno un pochino.
Orion stava scendendo una rampa di scale,
grattandosi la testa con una mano con aria perplessa. Non aveva ben capito cosa
fosse successo, solo che Harry era stato morso ed era corso in Infermeria. Ma
lui era appena passato dall’Infermeria proprio per sapere se stava bene e l’Infermiera
lo aveva cortesemente informato che nessun Harry Evans si era mai presentato.
Che avesse voluto passare dai
Sotterranei prima di farsi curare la mano? Ma a quest’ora
sarebbe dovuto essere già arrivato. O magari aveva
incontrato Tom per strada e ci aveva pensato lui; quel ragazzo ne sapeva una
più del diavolo, sicuramente guarire un piccolo morso non sarebbe stato un
problema.
Eppure anche Tom si era comportato in un modo
strano a lezione. L’espressione che aveva avuto sul viso… era come se avesse visto
un fantasma. All’inizio Orion aveva pensato che si fosse solo preoccupato per
Harry, ma qualcosa non quadrava.
Stava oltrepassando l’ennesima armatura, quando
un’ombra attirò la sua attenzione. C’era l’entrata ad un angusto corridoio
proprio alla sua sinistra e avrebbe giurato di aver visto qualcosa muoversi tra
la penombra delle torce. Curioso, decise di avvicinarsi.
Più avanzava, più in effetti
una figura si delineava nel cono di luce che una delle fiaccole appese al muro
rifletteva sulla pietra del corridoio: era sicuramente uno studente vista la
divisa e, benché ne vedesse solo il profilo, riuscì a distinguere una chioma
disordinata di capelli nero inchiostro e la strana posa che teneva, con una
mano stretta al petto.
Arrivato ad un paio di metri di distanza, cominciò
a pensare che ci dovesse essere qualcosa che non andava, perché il ragazzo non
solo non lo aveva sentito, ma era rimasto tutto il tempo immobile, con anche la
testa voltata sempre nella stessa direzione.
“Ehi ragazzo, tutto bene?” chiese leggermente
preoccupato, cercando di attirare l’attenzione dell’altro.
Quando il ragazzo si voltò, però, Orion non riuscì
a credere ai propri occhi: era Harry.
Ma non era l’Harry che aveva conosciuto in quei
giorni, con capelli castano chiaro e occhi nocciola, ma l’Harry di quando non
sapeva ancora che si chiamasse Harry, quello che aveva visto per la prima volta
correre intorno al lago all’alba, quello del disegno di Tom.
Questo Harry aveva i capelli più neri del carbone e
due occhi… Dio, Tom aveva avuto ragione a dire che il bianco e il nero non gli
rendevano giustizia. Un verde del genere non aveva parole per poter essere
descritto.
Ma c’era qualcosa di estremamente storto, perché
quegli occhi impossibilmente verdi, in quel momento, erano ricolmi di lacrime
non ancora versate e solo un’unica, solitaria scia bagnata si era fatta strada
sulla guancia sinistra.
“Orion…” sentì la voce spezzata del ragazzo
sussurrare, ma il suo sguardo era rimasto vacante, tanto che il Serpeverde
avrebbe pensato di non essere nemmeno stato visto, se non lo avesse sentito
pronunciare il suo nome.
“Oh mio Dio, Harry!” gli si precipitò di fianco,
“Che ti è successo?”
Ma il moretto non rispose, restando a fissare
invece la mano che si stringeva al petto. Orion gli si piazzò davanti,
prendendolo per le spalle.
“Ehi, Harry, mi senti?” gli chiese con una nota di
panico nella voce, aspettando finché l’altro non ebbe alzato il viso, “Voglio
che tu mi dica cosa ti è successo. Per caso il morso era velenoso? Non siamo
lontani dall’Infermeria…”
Harry però scosse la testa. “No… Tom…” mormorò, ma
sembrò incapace di continuare.
Un’ondata di panico investì Orion. “Tom? Che
c’entra Tom? Gli è forse successo qualcosa?” cominciò a chiedere spaventato.
Non riusciva a capire cosa avesse potuto provocare una reazione del genere in
Harry: le lacrime, lo sguardo perso, l’espressione leggermente scioccata… che
fosse davvero successo qualcosa al Prefetto?
Finalmente, però, il moretto sembrò riprendersi
leggermente, perché sollevò le mani e le posò sulle braccia di Orion, ancora
tese a stringergli le spalle con le mani. Poi alzò nuovamente il viso e il
Serpeverde si trovò ad annegare in due pozze piangenti di giada.
“Tom… lui ha detto… ha detto…” incominciò con voce
spezzata, mentre nuove lacrime gli si formavano ai bordi delle palpebre e
scendevano in rivoli silenziosi sulle sue guance, “ha detto che non vuole avere più niente a che fare con me.”
Orion spalancò gli occhi, non potendo credere a
quelle parole. Ma al primo singhiozzo che scosse il
corpo del ragazzo davanti a sé, corse a stringerlo in un abbraccio
rassicurante, unica fonte di conforto che poteva fornire al momento, visto che
le parole lo avevano lasciato.
Tom aveva detto una cosa del genere? Quando? E
perché? A Harry poi… no, non poteva crederci. Cosa era successo? Aveva queste e
molte altre domande in testa, ma sapeva che non era quello il momento per
porle, non con un Harry scosso dai singhiozzi che piangeva tra le sue braccia.
“Sshh, Harry, non
piangere dai.” Gli ripeteva con tono rassicurante.
E mentre cercava di tranquillizzarlo, soltanto un
pensiero gli passò per la mente, oltre alle parole di conforto:
‘Tom, qualunque cosa tu abbia
fatto, hai combinato davvero un bel casino.’
A.N.: vi ringrazio sempre per le
tantissime recensioni che mi state lasciando, vi adoro! E per questo mi riesce
ancora più difficile annunciarvi una brutta notizia: venerdì prossimo non potrò
postare il capitolo 19.
Mi dispiace davvero, ma giuro che non è colpa mia!
Problemi con il computer che ho dovuto portare a riparare, tanto che il
capitolo di oggi è uscito solo perché ce l’avevo
miracolosamente salvato su una chiavetta. Da quel che mi dicono non dovrebbe venir perso nessuno dei miei dati, ma non potrò rivederlo
prima di lunedì prossimo =_=
Mi scuso ancora, tenete duro!
RISPOSTE:
GinnyW: diciamo che per ragioni
diverse nessuno dei due ha davvero torto, ma – e si vedrà bene nel prossimo
capitolo – hanno entrambi la loro parte di colpa nel modo di pensare.
cesarina89: grazie! ^^ Purtroppo come
avrai letto nell’AN, sono costretta a saltare una
settimana, mi dispiace un sacco T_T
nixy: se devo essere sincera un
po’ mi dispiace per loro: appena Harry era riuscito a farsi strada tra le
barriere di Tom, devo fargli succedere ‘ste cose qui.
Che cattiva che sono XD. Cmq, a proposito del
Distillato, è un particolare che avrà un certo peso soprattutto più avanti
nella storia. Ora immagino siano tutti concentrati sul litigio di quei due XD
Zia Voldy: forse non è
stata molto lunga, ma di sicuro di impatto! :P
MORFEa: XDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDD
Si, gliene faccio passare di tutti i colori XD Ma si
sa quel che si dice, anche dei rapporti: ciò che non uccide, rafforza!
Bisognerà solo vedere fino a che punto la testardaggine di certi due ragazzi
arriva ;)
kagchan: eh si, la reazione di Tom
non è stata piacevole. Per la Lemon posso solo dirvi:
abbiate pazienza! Ci sono ancora alcuni punti chiave da sbloccare (che non sono
lontani, ma non possono essere saltati). Tutto arriverà a tempo debito ^^. Mi
dispiace tantissimo per l’inconveniente di settimana prossima, davvero, spero
che non causi troppi problemi!
Bluking: si, Harry è davvero una
persona ingenua, in tutti gli aspetti! (Scarico su di
lui la colpa del fatto che non sia già con Toma darci
dentro come conigli XD)
KIA: come ho già detto nell’AN, mi dispiace un
sacco di non poter aggiornare settimana prossima! Spero che la lunghezza extra
di questo cap sia abbastanza per
tenere i lettori buoni fino al prossimo XD
tom13: oddio grazie! Mi fai
arrossire ^^”
StellaMars: e un bel po’ di problemi
li sta avendo infatti, ma vedremo come si risolverà la
cosa. Abbi pazienza per la prossima settimana, io intanto cercherò un modo per
farmi perdonare ^^
RowanMayFlower: sono contenta ti sia
piaciuto tanto! Per le fanfic guarda, la mancanza di
immagini di questa coppia sul web è una vera piaga, io stessa sono riuscita a
raccattarne appena una decina di decenti. Ho soltanto alcuni link a pagine di deviantart
salvati, le altre le ho solo sul computer:
http://karineko.deviantart.com/art/Harry-Potter-Harry-and-Tom-27331775
http://len-yan.deviantart.com/art/HP-Harry-and-Tom-17358959
http://jin-tonix.deviantart.com/art/Harry-vs-Tom-Riddle-32403925
http://loonylucifer.deviantart.com/art/HP-Death-Eater-Ball-51104249
(L’ultimo è ispirato alla fanfic “Chasing Shadows” di E. Larson, una fic moooolto complessa che si può
trovare solo in inglese su FF.net. In ogni caso nella
gallery dell’autore ce ne sono delle altre.)