Film > The Phantom of the Opera
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Autore: StarFighter    14/04/2013    2 recensioni
In un momento così solenne non riusciva a far altro se non pensare a quell’uomo,a lui, a colui che l’aveva scottata con la fiamma della sua violenta passione, l’ombra che l’aveva amata fino a morire: Erik.
Cosa è accaduto dopo che Christine è scappata dall'opera con Raoul? Che fine ha fatto Erik? E Christine sarà proprio convinta della scelta che ha fatto? -Ecco quello che ha partorito la mia mente in risposta a queste domande!- Buona lettura ;)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Madame Giry, Raoul De Chagny, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 6: Lies and betrayals

-3 giorni al matrimonio

Christine, dopo una settimana di preparativi per la sua “visita fuori Parigi”, era pronta per andare. Aveva detto a madame De Chagny che andava di nuovo da madame Giry , e questa coma la volta precedente non aveva nemmeno accennato ad andare con lei. Poi aveva convinto Maurice, dietro lauto compenso, ad accompagnarla a Villemomlbe: il cocchiere s’era incuriosito e le aveva chiesto spiegazioni.

-“Madamoiselle cosa ha da fare a Villemomle di così importante,da non potere aspettare dopo le nozze?”- di solito non si impicciava dei fatti dei padroni, ma quella volta volle fare un’eccezione, si preoccupava per la giovane Daee.

-“Vado a trovare un amico di mio padre, voglio informarlo delle mie nozze. Gli farà sicuramente piacere sapermi accasata con un nobile!”- Christine aveva preparato una scusa, così se Maurice avesse chiesto spiegazioni, non avrebbe temporeggiato a rispondere e quindi non avrebbe insospettito il cocchiere.

Erano le dieci precise, quando la carrozza varcò i cancelli della tenuta De Chagny, diretta verso la provincia parigina.

Affacciata al finestrino della carrozza, la giovane soprano vedeva scorrere davanti ai suoi occhi la campagna che si estendeva per decine di chilometri in ogni direzione: i fiori coloravano di mille sfumature i campi, le rondini tracciavano infinite spirali nel cielo terso, i cani delle fattorie vicine latravano in amore. Il sole illuminava quella giornata primaverile, così importante per Christine, e le accarezzava la pelle diafana, facendola arrossare un po’. Respirò a pieni polmoni quell’aria pura, carica di profumi e promesse.

Maurice fischiettava come al solito, qualche ballata che aveva ascoltato qua e là nelle taverne che frequentava assiduamente. Tutto quel sole, quella vita, le fecero venir voglia di cantare : “We never said our love was evergreen,or as unchanging as the sea, but if you can still remember … stop and think of me!”- poche battute, di quell’aria che l’aveva consacrata alla fama. Maurice taceva e anche la campagna tutt’attorno era muta: tutto s’era fermato quando la prima nota era uscita dalle sue labbra.

-“ Madamoiselle lei è un angelo…”- Maurice era rimasto folgorato dalla voce soave della giovane, d’altronde non avendo mai goduto di una serata all’opera, era la prima volta che ascoltava qualcosa del genere.

-“Grazie Maurice, lei non è il primo a dirmelo …”- Christine ricordava quando il suo mentore l’aveva chiamata “mio angelo”. Quei tempi le sembrarono così lontani, quasi appartenenti ad un’altra vita. Ma fra poco l’avrebbe rincontrato: sentiva che il suo cuore saltava dalla gioia.

-“Secondo lei si può morire di gioia, Maurice?”- quella domanda esistenziale le era uscita dalla bocca senza pensare.

Il cocchiere non rispose, pensando ad una risposta da dare alla ragazza. Poi scoraggiato rispose : “ Non ne ho idea madamoiselle, ma so di un tizio che è morto quando la moglie gli ha detto di aspettare un figlio, quindi credo che si possa morire per la troppa felicità!”

Christine rise a quella risposta, Maurice le regalava quei pochi momenti di spensieratezza che le mancavano tanto. Oramai il vecchio cocchiere era quasi diventato l’alter ego di madame Giry.

Il resto del viaggio continuò così, tra una domanda ed un indovinello: Maurice la faceva ridere, le raccontava storielle e le poneva qualche enigma, non sempre semplice,da risolvere.

Verso mezzogiorno, quando il sole era allo zenit, il cocchiere disse: “Madamoiselle siamo quasi arrivati a Villemomble, dove la devo portare?”

-“Maurice non dobbiamo entrare nel paese, ma appena vede una cascina malandata, con un roseto nei pressi, mi avvisi. È lì che dobbiamo fermarci!”

-“Allora credo che siamo arrivati, lì guardi…”- Maurice indicò alla ragazza un punto alla loro sinistra: un enorme cespuglio carico di rose, era accostato al muro ovest di una vecchia cascina. Le rose rosse spiccavano sul bianco della pietra della casa.

-“Credo  sia proprio questo il posto. Maurice può fermarsi anche qui, proseguirò a piedi!”

-“Madamoiselle, ma posso  accompagnarla fino alla porta se vuole…”- il cocchiere non riusciva a capire, perché fermarsi cento metri prima della meta?

-“No! Trovi un posto all’ombra per i cavalli e si risposi. Farò più in fretta possibile.”- si sbrigò a dire.

-“Come vuole madamoiselle.”- Maurice non protestò più e fece accostare i cavalli lungo il ciglio della strada che conduceva a Villemomble.

Christine scese senza aspettare che il vecchio cocchiere le aprisse lo sportello. Fissò lo sguardo sulla vecchia casa abbandonata e un brivido le percorse la schiena. Era così vicina alla sua meta che  non riusciva a crederci, era stato fin troppo facile trovarlo.

Si voltò verso Maurice e gli sorrise, come per dire “va tutto bene, torno tra poco”. Il cocchiere le restituì il sorriso e poi diresse la carrozza non molto lontano dalla cascina, all’ombra di una vecchia quercia nodosa.

Intanto Christine seguendo la strada era arrivata davanti alla porta: accostò l’orecchio al legno consunto dal tempo e dalle intemperie. Nessun rumore proveniva dall’interno, ma questo non la scoraggiò. Erik era sempre stato bravo ad occultare la sua presenza. Bussò, ma non appena le nocche toccarono la porta, quella si aprì come animata. Brutto segno. Entrò all’interno, con passo incerto e timoroso, non sapendo cosa aspettarsi.

Non un rumore spezzava la tranquillità della campagna. La casa era apparentemente vuota, nessuno viveva lì: la stanza al pian terreno era spoglia, ad eccezione di un vecchio tavolo traballante e di un divanetto rosso, che le ricordava l’arredamento della stanza della musica, della dimora sul lago. Tremò all’idea di aver fatto tanta strada per nulla. Attraversò a grandi passi la stanza e salì le scale che portavano al piano superiore. Niente nemmeno sopra, solo un letto sfatto e brandelli di spartiti sparsi ovunque. Almeno quello era il segno del suo passaggio in quella casa. Ridiscese le scale e si avviò verso la porta, scoraggiata da quella scoperta. Un particolare colpì la sua attenzione: abbandonata sul tavolo c’era una lettera. La prese e appena cominciò a leggere le mani cominciarono a tremarle … non era la scrittura elegante e curata di Erik, ma quella incerta di madame Giry.

Caro Erik,

spero tanto che questa mia lettera ti trovi bene ed in salute. Quello che sto per dirti potrebbe turbarti, ma sappi che non è mia intensione turbare la tua vita e il tuo cuore. Conoscendoti e sapendo che le sorprese non ti sono gradite ti annuncio una cosa:Christine sta tornando da te! Sa dove sei, verrà a cercarti. A te la scelta …

                                                                        Tua serva, Therese Giry”

 

Quando finì di leggere quelle poche ma significative righe, Christine accartocciò tra le mani tremanti la lettera. Un grido di frustrazione le uscì dalle labbra, mentre una lacrima solitaria le scivolava verso il mento.

-“Maledetta, maledetta … siate maledetta Madame!”- poi uscì sbattendo la porta.

Evidentemente Erik aveva fatto la sua scelta: sapendo che lei sarebbe arrivata da un giorno all’altro, aveva preferito andarsene che attendere il suo arrivo. Chiaramente non voleva vederla! Ma quello che le faceva più male era che la sua fidata madame Giry, l’aveva tradita!

Nel suo cuore, per la prima volta si fece strada un nuovo sentimento: l’odio.  A grandi passi, si avviò verso Maurice che stava riposando all’ombra e accarezzava distrattamente il manto di uno dei cavalli.

-“Maurice, la prego mi riporti a casa!”- stremata, con le guance in fiamme e  gli occhi lucidi era salita nella carrozza.

-“Madamoiselle, tutto bene? State male?”- si premurò di chiedere il cocchiere.

-“No, voglio solo tornare a casa!”- mugugnò  la ragazza.

Maurice salì in cassetta e partì alla volta di Parigi.

Christine aveva ripetuto che voleva tornare a casa, si ma dove? La sua casa non era villa De Chagny … la sua casa era l’operà, dove tutta quella storia aveva avuto inizio.

Un idea le balenò nella mente: se conosceva bene Erik quanto credeva, doveva essere tornato per forza lì, nel suo regno, dove poteva avere la situazione sotto controllo. Ora che la gendarmeria non lo cercava più, perché non tornare nella propria casa?

Ed era proprio lì che Christine sarebbe andata, non appena si fosse calmata: al teatro dell’Opera.

 

 

Angolino di Farah: che dire, oggi mi sentivo ispirata, sarà la primavera! Comunque qst capitolo è breve come il precedente, ma è importante per quello che verrà dopo. Christine è furiosa e medita vendetta contro quella volpe di madame Giry, che non sa proprio farsi i fatti suoi ! Spero tanto che anche questo capitolino vi piaccia XD a la prochaine fois ;)

 

   
 
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