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Autore: hanabi    07/11/2007    1 recensioni

Naruto e Sasuke stanno per colpirsi a vicenda. Sakura corre verso di loro. Kakashi arriva per fermarli, ma... un istante troppo tardi.
E l'incubo comincia per tutti... e specialmente per Iruka che ha il compito più difficile di tutti.
Credere nel futuro.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Iruka Umino, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nell'addestramento dei ninja è compreso il trattamento del tempo.

Misurarlo, sospenderlo nell'attesa, usarlo per aumentare le risorse. Innumerevoli esercizi fisici e mentali per dominarlo, dilatarlo, restringerlo nella percezione. Insegno queste cose ai bambini, ma stanotte le devo insegnare anche a me stesso.

Non devo considerare il tempo un mio nemico...

Mi è così difficile abbandonarmi a questo principio, di fronte all'agonia di Naruto. Il mio tempo si aggancia al suo, inevitabilmente. E scorre con lentezza appiccicosa.

Sono le mie emozioni. Un ninja non dovrebbe esserne condizionato.

Così dice il credo degli shinobi.

Ma se le controllo, divento uguale a qualsiasi altro ninja. E invece il Quinto ha scelto me: quindi quel che provo deve avere una qualche utilità...

Quale? Non lo so. Non c'è nulla di positivo nelle emozioni in me. Ho paura, sono frustrato, nervoso, angosciato, immensamente triste.

Naruto sopporta tutto in quel suo silenzio duro, venato di baldanza. Se ne avesse la forza, direbbe le sue stupidaggini e impertinenze. Ogni tanto mi guarda e cerca di sorridere, per dimostrarmi di che pasta è fatto. Ma non mi inganna: mi basta concentrarmi un attimo sul flusso del chakra per sentire l'anomalia in lui, quella vibrazione metallica nel fianco, che hanno lasciato privo di fasciatura perché i tessuti possano riformarsi liberamente. E’ una ferita aperta e scoperta. E ogni respiro equivale a una coltellata. Per reazione il suo respiro è sottile, ma così è più frequente. Più di trenta piccole coltellate al minuto. Quasi duemila coltellate in un'ora.

E non basta. La minima contrazione di un muscolo qualsiasi infiamma i nervi scoperti. Basta un movimento, anche involontario, per provocare dolore. Ma anche l'immobilità è dolore, sicuramente la schiena protesta, le gambe e le braccia implorano un cambio di posizione. Non c'è trattamento del tempo che possa sostenere a lungo questa situazione senza droghe: i genin sono preparati ai basilari della Resistenza alla Tortura, ma per gestire mentalmente e fisicamente questo stress ci vorrebbe almeno un jounin della squadra Anbu...

Cosa posso fare?!

Penso di tentare un genjutsu su Naruto, ma questo lo sfinirebbe del tutto. Del resto Shizune me l’ha proibito. Cerco di massaggiare delicatamente i centri nervosi degli arti, ma non sento che un cumulo di tendini contratti. Le mie arti di ninja sono così limitate, così inutili... non mi restano che quelle puramente umane.

E così cerco di stemperare la tensione, raccontando a Naruto con voce serena la mia vita di istruttore, gli aneddoti più divertenti. Gli do da bere, gli asciugo e rinfresco la fronte, sorrido incoraggiante davanti a quegli occhi azzurri, anche quando mi guardano attraverso e li vedo vagare nel loro deserto di dolore.

Quanto resisterà? mi chiedo, angosciato.

Man mano che il tempo passa, posso infatti sentire l'energia di Naruto che si spegne, il suo cuore esausto che rallenta.

E mi trovo a sperare di sentirlo fermare...

No!

Chiudo gli occhi un istante.

Ti ho già voluto morto, Naruto. C’è stato un tempo in cui ti avrei ucciso...

 

 

 

 

Scomparsa la minaccia della Volpe a Nove Code, ogni abitante di Konoha che aveva avuto un lutto aveva pianto e gridato maledizioni a quell'entità mostruosa, sognando che avesse un corpo da trafiggere, del sangue da far scorrere, e dolore da sentire.

E poi, incredibilmente, il sogno si era avverato. Il Terzo Hokage aveva portato nel villaggio un corpo umano, vulnerabile, dentro il quale un'arte magica del Quarto aveva sigillato il mostro.

Il Jinchuriiki dello Spirito della Volpe!

Era un bambino di neanche un anno, con i capelli gialli e i segni inequivocabili del demone sulle guance. Ma non faceva compassione a nessuno: tutti volevano distruggere il Kyuubi a costo di uccidere il suo guscio umano. Dopotutto tanti erano stati i bambini morti durante l'attacco, e quel moccioso non apparteneva a nessuno... un laccio, uno shuriken, una sassata; e tutto quel dolore sarebbe stato vendicato!

Ma Konoha è un villaggio di shinobi, nati e cresciuti per la guerra. E chi fa la guerra non butta via una potenziale arma finale. Così il Consiglio aveva deciso di far crescere Naruto nonostante l'odio del villaggio, e il Terzo Hokage aveva emanato ordini precisi e perentori: il segreto del bambino doveva essere mantenuto, e nessuno doveva osare toccarlo.

Il villaggio si era vendicato dell'ordine di Sarutobi obbedendo ben oltre la lettera delle sue istruzioni. Naruto era stato ignorato deliberatamente da tutti, isolato dagli altri bambini a cui i genitori vietavano anche solo di guardarlo. Per anni, a parte qualche persona a cui erano demandate professionalmente certe mansioni, nessuno si era occupato di lui.

Ed io compativo quei poveretti che avevano a che fare col bambino-volpe. Finché un giorno...

"Iruka, vedo che tra i chuunin sei uno dei migliori istruttori."

"Grazie, Hokage-sama."

"C'è un bambino di cui sono il tutore, ma non posso occuparmi della sua educazione. Voglio che te ne occupi tu."

"Sì, signore. Sarà un onore seguire il piccolo Konohamaru, anche se mi sembra un po' presto per..."

"Di mio nipote se ne occuperà Ebisu a suo tempo. A te affido Naruto Uzumaki. Domani entrerà in accademia, ne farai un genin nei tempi e nei modi che riterrai più opportuni."

"Hokage-sama..."

"Che vuol dire quella faccia, Iruka?!"

"Rispettosamente vorrei far notare che... non mi ritengo adatto al compito..."

"Lo so io, a cosa sei adatto. Naruto sarà un bambino difficile... come lo sei stato tu un tempo. Saprai come gestirlo."

"Perdonatemi, signore, ma è impossibile... i miei genitori..."

"Stai per caso discutendo i miei ordini?... Umino Iruka, tu-ti-occuperai-di-Naruto-Uzumaki. Così è deciso, e non c'è altro da dire. Puoi andare."

Mi era toccato dunque di occuparmi di Naruto. E non era facile: il bambino-volpe aveva un caratteraccio aggressivo, del tutto in linea col mostro che teneva dentro di sé. Era irrispettoso, maleducato e borioso: una vera peste. Non era mai stato punito in vita sua, protetto dall'ordine dell'Hokage; ma io come suo istruttore ero un'eccezione, e Naruto aveva imparato che certe impertinenze con me costavano care. Lo lasciavo in lacrime a urlarmi dietro le sue stupide minacce, di quando sarebbe stato Hokage e me l'avrebbe fatta pagare. Ci voleva tutto il mio autocontrollo per evitare di spezzargli la schiena e farla finita con lui...

Poi una sera particolarmente malinconica, tornando nella mia stanza solitaria dove sapevo che non avrei trovato nessuno ad aspettarmi, mi ero reso conto all'improvviso che Naruto stava facendo la mia stessa esperienza.

Il mio dolore era il suo. Eravamo uguali.

Così ero uscito di nuovo, e avevo cercato la sua casa - una stanzetta in un fabbricato marginale del villaggio, dove l’avevano mandato ad accamparsi da solo, non trovando nessuno che lo adottasse. Avevo aperto la sua porta, senza cerimonie, com'era mio diritto di istruttore. Sorprendendolo seduto per terra, occupato a divorare cibo scadente in mezzo alla sporcizia.

Mi erano cadute le braccia, davanti a quello spettacolo. Il bambino che tanto odiavo non era che un cucciolo malnutrito nella sua tana, che passava il suo tempo libero senza una sola voce umana a fargli compagnia, a dirigere un minimo la sua vita. Come potevo pretendere che fosse uno studente modello, che fosse uguale agli altri bambini che vivevano in famiglia? Non lo sapevo, io, cosa significasse quella solitudine?

Con la differenza che io avevo potuto essere felice, per un poco, con i miei genitori. E il mio dolore a ricordarli era forse migliore di quel nulla stupito che vedevo negli occhi del bambino-volpe, che non sapeva neanche cosa fossero, un padre e una madre...

Mi erano salite le lacrime agli occhi, ma le avevo nascoste tuonando:

"Naruto!"

Il bambino era quasi saltato dallo spavento.

"E' così che vive un futuro Hokage? Tutto questo è inaccettabile per un ninja della Foglia. Prenderemo provvedimenti immediatamente!"

Forse si era aspettato un castigo. E invece avevo riordinato la stanza, pulito il pavimento, rifatto il letto, spiegando pazientemente e con gentilezza il perché di ogni cosa, come in una lezione in classe. E lui mi aveva incredibilmente ascoltato, levando su di me quella sua faccetta tonda e felina. Avevo scoperto che il suo sorriso aveva qualcosa di contagioso...

"E adesso l'igiene personale. Prendi un cambio di abiti e vieni con me!"

Al bagno pubblico mi avevano ringraziato della delicatezza di aspettare l'ora tarda per entrare con quel bambino. Mi ero occupato personalmente di strigliarlo a dovere, mentre lui protestava, e guardava stupefatto il mio corpo nudo, il primo che vedesse in vita sua... io guardavo il suo, vedendo che era più piccolo della sua età; ma la forma delle sue ossa mi diceva che, con un po' di cibo buono, quello scricciolo sgraziato avrebbe potuto un giorno diventare un uomo alto e forte.

"Bene, da pulito sembri già un essere umano!... Ora mettiamo qualcosa di decente in questo stomaco."

Ma non era facile. Nessuno sembrava disposto a far toccare il proprio cibo dal bambino-volpe: una cosa che mi era sempre sembrata naturale, e che adesso che vivevo dall’altra parte trovavo sconvolgente. Naruto incassava i rifiuti con faccetta da duro, abituato a questo genere di cose. Ma io avevo finalmente capito perché avesse quell’ossessione di diventare Hokage per imporsi a tutto il villaggio...

Alla fine l'avevo portato nell'unico chiosco dove potevo sperare che gli avrebbero dato da mangiare: quello di Ichiraku, un brav'uomo che conoscevo da tutta la vita. Anche lui aveva esitato un bel po' a trovarsi quel bambino seduto al banco, ma la buffa espressione famelica di Naruto aveva vinto la sua diffidenza. Gli aveva servito una gran porzione di ramen, e mi era bastato vedere la sua faccia sorridente davanti all’entusiasmo rumoroso del piccolo, per sapere che almeno un problema l’avevamo risolto...

 

 

 

 

"Iruka-sensei..."

Trasalisco a quella voce. Naruto mi guarda, con un'espressione quasi terrorizzata.

"Lui... brucia."

La sua mano si artiglia l'addome. Dapprima credo che la mia sia un'illusione, ma poi è evidente, la spirale del sigillo sta riemergendo...

"Sto... morendo, vero? Lui... ha paura..."

Lo prendo per le spalle. "Resta tranquillo, sono qui con te."

"Non vuole... il buio... il buio... il buio..."

Lo abbraccio, facendolo gemere di dolore. Lui affonda la faccia contro la mia spalla, con un lamento pietoso.

"Non... ci riesco... Iruka-sensei... lui... lui..."

Cos'è questa cosa che sento nel suo corpo?

Chakra. Una quantità mostruosa di energia che si sta concentrando nel suo ventre.

Lo spirito della Volpe a Nove Code sta cercando di prendere il sopravvento!

"Mantieni il controllo!" esclamo, spaventato.

Il respiro di Naruto esce a singhiozzi, come se stesse combattendo una battaglia che sa già che perderà. Lo sento tremare tra le mie braccia...

E poi sento un dolore acuto, violento alla spalla. Trasalisco, stringendo i denti.

Un morso?!

Sì. E' proprio un morso. Penso a un parossismo di sofferenza e mi dico Sì, Naruto, mordi pure, se questo può servire a sfogare il tuo dolore, povero ragazzo...

Ma sento quelle mascelle stringersi ancora di più, quei denti allungarsi come zanne, penetrare nella mia carne quasi per strapparla.

“Ahi!... Ora basta, Naruto..”

Cerco di liberarmi da lui ma non mi lascia, anzi: ruggisce.

I miei occhi si spalancano di orrore.

Il Kyuubi?!

Il corpo di Naruto scotta sotto le mie mani, ben oltre qualsiasi febbre immaginabile. La sua testa si scuote e il dolore alla spalla mi strappa un urlo. Le sue mani mi artigliano la schiena e sento altre lame di dolore, sono le sue unghie, affilate ora come pugnali, mi stanno lacerando con una forza sovrumana...

Annaspo e lo imploro: "Naruto, no!..."

Quel suono terribile emesso da lui mi riempie le orecchie. E' un misto tra un lamento di dolore umano e il ruggito roco di una belva. Cerco di raddizzarmi, lottando con tutte le mie forze contro quelle mani contratte, quella bocca attaccata alla mia carne. Finalmente Naruto ripiomba sulle lenzuola, il respiro gorgogliante. Poi volta la testa e si mette a vomitare sangue...

"Shizune!" grido, in preda al panico. Mi volto verso la porta chiusa. "Shizune!..."

Non ho neanche il tempo di pensare.

Naruto viene preso dalle convulsioni.

 

 

 

 

E' inutile che Gai finga di incontrarmi per caso, sa cos'è successo, come lo sanno ormai tutti i jounin.

Mi trova seduto sul ramo di un albero, dove mi sono rifugiato dopo il confronto con Sasuke, in cerca di un momento di riflessione. Atterra su quel ramo davanti a me, senza neanche scuotere le foglie: il solito perfetto controllo del corpo dell'adepto del taijutsu. Si rannicchia, come per guardarmi nell'unico occhio che tengo scoperto.

“Brutta faccenda, Kakashi.”

Evito il suo sguardo.

“Naruto?”

Sospiro, ed è tutta la risposta che abbia.

“Mi dispiacerebbe perderlo... a me quel tuo ragazzo è sempe piaciuto.”

“Lo so.”

“Cosa pensi di fare, a proposito di Sasuke Uchiha?"

E’ la domanda che mi sto facendo da quando l’ho lasciato...

"Niente.”

“Kakashi!”

“Devo essere pragmatico.”

“E cosa significa?”

“Sasuke non è una minaccia alla sicurezza di Konoha, il segno maledetto di Orochimaru è ancora sotto controllo, e il male che ha fatto... ormai è irrimediabile. Andrebbe punito, sì, ma così lo perderemmo, e non possiamo permettercelo... specialmente se dovessimo perdere anche Naruto.”

Intravedo l’espressione cupa di Gai a quella spiegazione.

“Nessuna punizione, dunque?”

“Si punirà da se stesso.”

“Quindi dirai che quel che è accaduto è un tragico errore durante un allenamento.”

“Ufficialmente.”

"E non ufficialmente? Come ti spieghi quel che è accaduto?"

"Rivalità."

"Come quella tra te e me?"

Sorrido, tristemente. Povero Gai! Continua a illudersi che ci sia veramente una rivalità tra noi due, quando è chiaro che questo non è possibile. Ma non ho intenzione di smentirlo, glielo lascio credere. E’ un piccolo prezzo in cambio dell’amicizia di un uomo che non condivido in niente, ma al quale affiderei tranquillamente la mia stessa vita.

Si gratta il mento. “Forse c’entra la ragazza,” borbotta. “A questa età si è nella primavera della...”

“No, Gai.” Troppo semplicistico, tirare in ballo Sakura. “C’entra il complesso di inferiorità di Naruto, e quello di superiorità di Sasuke, Tutto poteva andare bene se certi valori nel gruppo restavano immutati, ma così non è stato. Naruto è cresciuto notevolmente e rapidamente nelle sue capacità guerriere, e nello stesso tempo Sasuke ha perso fiducia nelle proprie... specialmente grazie a Itachi.”

“Non dovrebbe sentirsi così per aver perso con suo fratello. Itachi non è avversario facile per nessuno... nemmeno per noi jounin.”

E Gai, educatamente, volta la testa per non guardarmi in faccia.

Sì, ha ragione. Itachi ha sconfitto persino me, punendo duramente la mia superbia con settantadue ore nel suo Tsukuyomi, crocifisso e trafitto migliaia di volte...

Respiro profondamente e conto dieci battiti del cuore per calmarmi.

“Mi ha quasi ucciso,” mormoro.

E mi chiedo ancora perché non l’abbia fatto e si sia limitato a portarmi sull’orlo tra la vita e la morte. O forse voleva uccidermi, ma non immaginava da quanto tempo attendessi dentro di me un’occasione per espiare il mio senso di colpa... ho accettato il dolore che mi ha inferto, e questo mi ha salvato la vita.

“Se ha battuto te, a maggior ragione Sasuke deve accettare la sua sconfitta.” Gai scuote la testa. “E’ un genin, per quanto dotato...”

E genin rimarrà. E’ stato bocciato all’esame di chuunin, per aver mostrato impulsività ed egocentrismo, il primo passo falso della sua carriera. E dal suo fallimento è probabilmente dipeso anche quello di Naruto, che a sua volta si è visto bocciare pur avendo vinto contro il superfavorito Neji Hyuuga. In qualche modo, i giudici non potevano riconoscere un Naruto superiore a un erede degli Uchiha...

“ ... e non aveva nessuna possibilità contro Itachi,” continua Gai. “Doveva saperlo bene, eppure si è gettato a combattere ugualmente, e questa è una tattica di sacrificio per salvare qualcuno a cui si tiene...”

“Forse, chi lo sa? Io penso che le motivazioni di Sasuke fossero diverse. Dava la caccia a Itachi per la propria vendetta, non solo per salvare il compagno.”

Gai annuisce lentamente, sa la storia dello sterminio del clan Uchiha.

“Ma Itachi l’ha snobbato," concludo, "dichiarando invece il suo interesse in Naruto. Per Sasuke è stato troppo da sopportare: essere defraudato persino del proprio grande nemico... . non gli restava che una prova per constatare definitivamente i valori tra lui e questo nuovo Naruto: un duello.”

"Capisco... ma allora, perché Naruto ha accettato?”

“Perché dentro di sé anche lui non vedeva l’ora, di confrontarsi con Sasuke: era sempre stato il suo punto di riferimento, il ragazzo geniale da rincorrere, il compagno... da cui essere finalmente rispettato.”

E mi immagino quindi la sua faccia quando si è sentito dare del vigliacco, come Sakura ha raccontato... oh, non ha mai imparato a controllare i suoi impulsi!

E questo Sasuke lo sapeva bene.

Sospiro, chinando la testa.

“So cosa ha provato Naruto, allora,” mormora Gai. “Anch’io ho dovuto aspettare a lungo, prima di essere rispettato da te.”

Mi sembra che intorno a me il silenzio si sia fatto più pesante.

“Voi ninja geniali siete tutti così. Sembra che non ve ne facciate niente, di quelli che non hanno avuto in dono dalla natura il vostro talento. Ma in realtà di quelli come noi ne avete bisogno, perché senza di noi... non potreste essere quel che siete. Quando lo capite, è doloroso.”

Chiudo gli occhi per un istante.

“Sì, Gai, è doloroso, ma fa bene.”

Sento la sua mano sul mio braccio.

“Allora speriamo che questo dolore faccia bene anche al tuo Sasuke. Naruto, se sopravviverà, saprà perdonare.” Le dita si stringono appena. “Come ti ho perdonato anch’io.”

Quel tocco svanisce. Le foglie stormiscono a un breve soffio di vento. Riapro gli occhi e contemplo il nulla davanti a me.

“Grazie, Gai,” mormoro lo stesso.

  
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