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Autore: Melanyholland    01/09/2004    4 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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11. Two Different Investigations

"Al pari di tutte le altre arti, la Scienza della Deduzione e dell’Analisi si può acquisire unicamente attraverso lunghi e pazienti studi.[...] Incontrando un suo simile il lettore impari con una sola occhiata, a dedurre la storia ed il commercio o la professione che svolge.[...] Dalla manica della sua giacca, dai suoi stivali, dalle ginocchia dei pantaloni, dalle callosità del pollice e dell’indice, dalla sua espressione, dai polsini della camicia, da ciascuna di queste cose traspare chiaramente il mestiere che quella persona svolge. E che, da tutte queste cose insieme, un investigatore competente non possa risalire a un quadro d’insieme, è pressoché inconcepibile".
Sherlock Holmes
(Arthur Conan Doyle)

Conan spinse la pesante porta scura e si ritrovò in un piccolo ambiente polveroso e immerso nell’ombra. Pochissima luce trapelava dai vetri smerigliati delle finestre, mentre davanti a lui decine di sedie e sgabelli erano capovolti rispettivamente sui tavoli e sul lungo bancone. Nell’aria viziata c’era un odore di alcool stantio. I rumori del traffico esterno erano piuttosto attenuati e nel locale deserto c’era un silenzio irreale, che venne interrotto dalla voce burbera di un uomo:
"Siamo chiusi! Torna stasera alle nove!"
Conan si diresse verso il punto da cui proveniva la voce, facendo lo slalom fra i tavoli. Poco dopo vide un uomo alto, sulla quarantina, capelli brizzolati, con due baffi a spazzolino, che stava lucidando il bancone con uno straccio. La manica sporca era in netto contrasto con il costoso orologio che sfoggiava al polso. Si voltò verso Conan e sobbalzò, guardandolo con gli occhi spalancati; fu così che lui notò che aveva un’espressione stanca e due occhiaie scure:
"Ma tu...vattene subito, non è questo il posto per un moccioso come te!" Gli gridò, riprendendosi dalla sorpresa di trovarsi davanti un bambino e scacciandolo con la mano, quasi fosse una mosca fastidiosa. Conan osservò il palmo della sua mano, dopodiché sorrise in modo innocente.
"Mi scusi signore, avrei bisogno di chiederle una cosa: lei è il proprietario di questo posto, vero? E lo gestisce servendo spesso anche i clienti...perciò era qui al bancone anche ieri sera, non è così?" domandò con la sua vocetta infantile. L’uomo lo fissò con gli occhi sbarrati:
"E tu come fai a saperlo?" Il sorriso di Conan si allargò ancora di più. Se avesse avuto il suo corpo adulto, avrebbe risposto:
"Non è stato difficile. Il locale è molto piccolo, quindi è probabile che sia gestito da poche persone. Lei sfoggia un orologio costosissimo, e questo mi fa pensare che i maggiori profitti vadano a lei, e che quindi sia il proprietario, tuttavia sta pulendo il bancone. Non è la prima volta che lo fa: le sue mani sono troppo rovinate per aver lavorato una volta sola...quindi ne deduco che, per risparmiare, ogni tanto si cimenti in prima persona nel lavoro di barman. Infine, le borse sotto gli occhi e la sua faccia stanca mi fanno dedurre che abbia fatto le ore piccole stanotte." Sì, probabilmente Shinichi Kudo, famoso studente-detective, avrebbe risposto in quel modo. Ma Conan Edogawa, scolaro delle elementari, non poteva fare altrettanto purtroppo e adottò la tecnica di sempre: ignorare la domanda ponendone un’altra:
"Allora è come ho detto io signore? Era qui ieri sera?" L’uomo rimase a fissarlo per un po’, infine ricominciò a lucidare il bancone.
"Non sono affari tuoi, nanerottolo. Tornatene a casa dalla mamma." Brontolò, Conan si infilò le mani in tasca.
"È questo il problema, signore. Mia mamma mi ha affidato allo zio Atsushi per un po’, perché doveva lavorare. Ma oggi devo tornare a casa e lui doveva accompagnarmi alla stazione per prendere il treno per Kyoto. Ma lo zio è scomparso! Ieri sera ha detto che veniva qui a bere un bicchiere e non è più tornato..." sfoggiò l’espressione più dolce e preoccupata che gli riusciva, anche se dato il soggetto, gli era davvero difficile sembrare in pensiero. L’uomo alzò gli occhi e chiese piano, meditabondo: "Atsushi...Mori?" Conan annuì e quello ridacchiò:
"Non mi stupisce che si sia dimenticato di te, marmocchio. Ieri sera era già su di giri, poi si è fatto fuori tutto quel Whisky!" Conan sorrise raggiante.
"Allora era qui? Sa dirmi se ha parlato con qualcuno?" Chiese con foga, l’uomo lo guardò in tralice diffidente, così si affrettò ad aggiungere con una vocetta infantile: "Beh, ecco, magari è andato a casa di qualche amico, posso rintracciarlo lì..." Ci fu quasi un minuto intero di silenzio. Conan sentiva il suo cuore battere forte: era vicino al traguardo, ma doveva andarci cauto. Non poteva permettere che lo cacciasse senza prima avergli dato informazioni utili sulla misteriosa interlocutrice di Mori. Aveva un brutto presentimento...e il fatto che Mori stesse andando al Tropical Land, e che lo stesso stesse facendo Ran, come gli aveva riferito Heiji poco prima, non gli piaceva affatto. Era improbabile che il giornalista avesse intenzione di rapirla di nuovo, quindi era disposto a credere che fosse una coincidenza. Tuttavia, si sentiva inquieto, come se stesse per succedere qualcosa di grave...e gli sembrava che scoprire l’identità della donna fosse di vitale importanza, utile a scongiurare quell’imminente pericolo. Alzò lo sguardo verso l’uomo, lui lo scrutava con i suoi occhi color nocciola, senza dire una parola. Finalmente, dopo averlo fatto sudare freddo, rispose:
"Ha parlato con una donna, ma non sono usciti insieme...lei se n’è andata molto prima. Quindi non posso aiutarti. Ora sparisci." Conan fece un passo avanti.
"Aspetti, non può dirmi che tipo era? Descrivermela, magari? Per Favoooooree!!" aggiunse, guardandolo con due occhioni da cerbiatto e disgustandosi di se stesso.
A mali estremi estremi rimedi spero solo che nessuno venga mai a sapere che mi sono reso ridicolo in questo modo Heiji non me la farebbe passare liscia sarebbe capace di prendermi in giro per il resto dei miei giorni…
L’uomo sembrava infastidito, probabilmente era troppo stanco per mettersi a discutere e non vedeva l’ora di togliersi di torno quella cimice, così disse, sperando vivamente che il bambino, soddisfatto, lo lasciasse in pace.
"Una donna bionda, capelli lunghi, molto attraente e abbastanza giovane, con uno strano accento...forse americano...era vestita tutta di nero. Se non sbaglio, ha detto a Mori di chiamarsi Christy. Non so nient’altro, perciò, o ti levi di torno o ti butto fuori a calci nel sedere." Conan sentì a stento le ultime parole; mentre l’uomo parlava aveva sentito un tuffo al cuore, cominciando ad impallidire con gli occhi sbarrati.
Bionda attraente accento americano vestita di nero di nome Christy oh mio dio non può essere no non è possibile eppure sì Christy ovvero Chris sì è questo il suo vero nome Chris Vineyard è un membro dell’Organizzazione ma allora ha parlato con Mori e gli ha dato appuntamento lui era ubriaco e si è lasciato sfuggire qualcosa su di me oh mio dio allora lei…
Il barista stava per ripetere le sue minacce ma fu inutile. Conan si voltò di scatto e corse fuori dal locale, più veloce che poté, ignorando le fitte dolorose che mandava la sua gamba, dove probabilmente di lì a poco si sarebbe riaperta la ferita, cominciando di nuovo a sanguinare.

Quando il professor Hiroshi Agasa aprì la porta di casa sua quella mattina, non immaginava nemmeno lontanamente chi si sarebbe trovato davanti. La figlia del detective Kogoro Mouri era in piedi davanti a lui, i lunghi capelli bruni che come al solito le cadevano disordinatamente sulle spalle del giacchetto jeans, gli occhi di un blu intenso che lo guardavano dietro la frangetta. Le mani erano congiunte davanti alla minigonna, strette a pugno, un gesto timido e grazioso allo stesso tempo.
"Buongiorno professor Agasa." Gli sorrise cordiale, lui la ricambio.
"Ciao, piccola Ran. Come mai qui?" si sporse in avanti.
"Sono venuta a prendere il piccolo Conan, dobbiamo andare insieme al Luna Park. È qui, vero?" Chiese, Il professor Agasa notò che il collo del golf blu che indossava stava diventando esageratamente stretto:
"Ehm...Conan...ah sì, ha passato la notte qui..." balbettò, Ran gli lanciò uno strano sguardo.
"Posso entrare?" domandò, e al suo cenno di assenso avanzò e si chiuse la porta alle spalle, guardandosi attorno.
"Beh, Conan era qui proprio un momento fa, ma è uscito a fare una commissione per me..." Spiegò sorridendo a disagio. Ran gli lanciò di nuovo quella strana occhiata: "Ah, capisco...beh, allora aspetto. Non c’è fretta." Si sedette sul divano e cominciò a sfogliare una rivista femminile, chiedendosi vagamente sorpresa cosa ci facesse un settimanale del genere a casa di uno scienziato scapolo. Il dottor Agasa si passò un dito nel collo del golf, sudando:
"Vuoi qualcosa da bere? Tè, caffè, succo di frutta..?" Lei gli sorrise e disse dolcemente:
"Magari un po’ di caffè, la ringrazio, professore." Tornò alla sua rivista, mentre il suo interlocutore si allontanava e spariva dietro una porta di legno. Ran sbadigliò, leggiucchiando un articolo sui Two-Mix in concerto e sul loro presunto rapporto sentimentale. Le parole scorrevano sotto i suoi occhi, mentre dentro di sé sperava che Conan tornasse al più presto per poter scoprire cosa le stava nascondendo, cosa l’aveva spinto a mentirle e soprattutto perché il giorno prima si trovava in quello stabile e cosa lui e quel delinquente si erano detti. Il piccolo Conan kun, così innocente, così tenero...cosa celava nel suo cuore? Qual era la spiegazione per la trasformazione che aveva notato in lui guardandolo quando lui non se ne rendeva conto? Girò pagina, trovò un cruciverba ancora pulito e cominciò a lavorarci su per non dover pensare a quelle cose. Era sicura che Conan le avrebbe spiegato tutto quanto, e che la verità sarebbe stata plausibile e innocente. Si fidava di Conan, sapeva che lui non le avrebbe mai mentito di proposito per cattiveria, ma che probabilmente stava vivendo un brutto momento. Di certo le avrebbe confidato tutto, e lei lo avrebbe aiutato, da brava sorella maggiore. Sorrise tristemente, povero piccolo, doveva essere difficile per lui vivere lontano dai genitori, in fondo aveva solo sette anni...
"Ti dispiace smettere?" chiese una gelida voce femminile dietro di lei. Ran si voltò di scatto e si trovò davanti una bambina, di all’incirca l’età di Conan, con un caschetto di capelli biondo cenere, due occhi azzurri freddi come il ghiaccio, che indossava un camice bianco sopra una felpa rosso bordeaux dolcevita e un paio di pantaloncini beige. Ran sbatté più volte le palpebre: era la bambina più strana che avesse mai visto. Niente di lei faceva pensare ad una studentessa delle elementari ad eccezione dell’altezza. Il suo aspetto era tremendamente...adulto
"Tu sei..?" domandò con voce flebile, sforzandosi per trovare il nome nella sua testa. Aveva già visto quella bambina giocare insieme a Conan e ai suoi amici, ma in quel momento non riusciva a focalizzarla.
"Ai Haibara." rispose la bambina, senza aspettare che lei ricordasse. "Quella rivista è mia. Vorrei che smettessi di fare il cruciverba, è quasi l’unico motivo che mi ha spinto a comprarla." Parlò con voce molto fredda, Ran si sentì rabbrividire; e lei che pensava fosse Conan il bambino meno infantile del mondo!
"S-scusa" balbettò, sentendosi per la prima volta a disagio davanti ad una persona di una decina d’anni più piccola. Ai si strinse nelle spalle e andò verso il tavolo del salotto, dove era poggiata una piccola ampolla polverosa. La prese con delicatezza fra le dita e fece per andarsene.
"Aspetta!" Si bloccò al richiamo di Ran: "Tu sei un’amica di Conan kun, vero?" Chiese, Ai la guardò diritta negli occhi e di nuovo la ragazza sentì un brivido:
"Più o meno." Rispose in tono etereo.
"Hai passato la notte qui anche tu?" Le sorrise, Ai non ricambiò e sottolineò: "Io abito qui."
Ran stette per un attimo a bocca aperta, guardando la piccola figura altera che le stava davanti. La bambina la stava fissando con i suoi occhi gelidi e di nuovo Ran notò quanto fosse strana. Quanti anni poteva avere, sette, otto, nove? Eppure, nulla di lei faceva pensare all’età infantile; era distaccata, imperscrutabile, seria e misteriosa; però, dalla sua espressione non molto dissimile da quella di una statua di ghiaccio, trapelava un certo fascino, un certo ascendente, che la mettevano a disagio. Di solito quando vedeva una bambina di quell’età Ran provava subito tenerezza e una specie di affetto materno. Guardando Ai sentiva una strana sensazione all’altezza del petto, la metteva in soggezione.
Credevo che Conan fosse un bambino davvero strano ma a quanto pare non può competere con questa bambina chissà chi è ha detto di abitare qui forse allora è
"Sei una parente del professor Agasa?" le domandò, dando voce ai suoi pensieri e sorridendole seppur consapevole del fatto che lei non l’avrebbe ricambiata. Ai scrollò le spalle mantenendo come previsto la sua espressione seria e aggiunse:
"E tu sei Ran Mouri." La ragazza ebbe un lieve sussulto di sorpresa, il suo sorriso scomparve mentre sbatteva le palpebre velocemente, ma subito ritornò "Oh, immagino che te l’abbia detto Conan. Sei stata molto carina a ricordarlo, non sei una smemorata come me!" Ran strizzò gli occhi e rise, sperando di riuscire a strapparle anche solo un mezzo sorriso, ma quando riaprì gli occhi vide che Ai la stava fissando con i suoi occhi freddi e, sebbene non fosse pronta a giurarlo, anche con un atteggiamento di superiorità che la fece sentire un po’ stupida.
Cavoli ma cos’ha questa bambina è decisamente strana e poi il modo in cui mi guarda e parla non so proprio perché si comporti così in fondo ha solo sette anni ma dove l’ha pescata il professor Agasa?
Ai infilò una mano in tasca: "Se sei venuta a prendere Conan hai fatto un viaggio a vuoto. Non è qui." Spiegò atona, Ran annuì: "Lo so, è andato a fare una commissione, me l’ha già detto il professore. Ma tornerà a momenti, no?" aveva parlato con naturalezza, ma quando la vide scuotere la testa assunse un’espressione perplessa, e per la prima volta le sembrò che Ai sorridesse, ma non era gioia o divertimento. Era quasi come...se si stesse prendendo gioco di lei:
"No, non tornerà Mouri. Non presto, comunque. E anche se passerà un po’ di tempo con te, forse proprio oggi, se ne andrà di nuovo. Sarà così per molto, molto tempo...io lo so." Ancora la stava guardando con quel sorriso di scherno e Ran si sentì allo stesso tempo confusa e irritata.
Cosa vuole dire e perché mi guarda in quel modo è così strana sembra quasi che mi stia prendendo in giro ma no come può essere non ha nemmeno dieci anni e io ne ho diciassette non potrebbe mai eppure mi chiama per cognome con quell’aria e poi quelle frasi enigmatiche e quel tono di voce come se sapesse qualcosa che io non so come se mi stesse sfidando a chiederle spiegazioni o stesse cercando di farmi capire qualcosa che sappia cosa è successo a Conan in fondo è una sua amica ma poi perché mai Conan dovrebbe andarsene?
"È successo qualcosa a Conan kun???" Si alzò di scatto dal divano e la fissò preoccupata, Ai scosse la testa con un atteggiamento che le sembrò quasi di commiserazione, ma subito dopo questa constatazione Ran si chiese se stesse diventando paranoica: "No, non è successo niente a Conan kun. Purtroppo per te comunque non sarà qui a momenti." Le voltò le spalle e di nuovo Ran la richiamò: "Aspetta! Ma il professore ha detto che..."
"Il professore non lo sa." La interruppe Ai senza voltarsi: "Conan gli ha detto che sarebbe andato a fare quella commissione, ma a me ha confidato che ne voleva approfittare per andare a giocare in un certo luogo segreto che conosce solo lui. Per te sarà impossibile rintracciarlo quindi." Si avviò a passi felpati verso una stanza con la porta accostata e vi sparì dentro. Ran rimase lì a fissare la porta di legno chiusa, sentendo i passi della bambina sulle scale che portavano al laboratorio, finché non sentì la voce squillante del professore e un gustoso aroma di caffè.
"Ran! Il caffè è pronto!" Le sorrise e posò il vassoio sul tavolino davanti al divano, Ran annuì, si sedette e cominciò a sorseggiare, poggiando con attenzione le labbra sulla tazzina e soffiando lievemente sulla superficie scura e bollente. Così Conan era praticamente irraggiungibile...dalla sua esperienza personale Ran aveva imparato che quel bambino sgattaiolava via piuttosto di frequente, senza dire mai dove andava, perciò il fatto che fosse sparito senza avvertire il professore era più che credibile. Se poi aggiungeva a questo la convinzione che stesse nascondendo qualcosa...tutto quadrava. Probabilmente Conan era andato a fare qualcosa che c’entrava con il suo segreto.
Cavoli se continuo così potrò aiutare anch’io l’ispettore Megure e diventare una studentessa-detective
Sorrise, in passato era già stata chiamata in quel modo, quando aveva risolto il caso al cottage montano. A dir la verità era stato Shinichi a risolverlo e a chiederle di rivelare le sue deduzioni al posto suo, ma nessuno lo sapeva, così un giornalista, un uomo viscido e antipatico, aveva addirittura scritto un articolo su di lei. Ricordando il volto di quel giornalista Ran sussultò, la tazzina tintinnò sul piattino di ceramica mentre quasi si gettava il caffè bollente addosso. Non sapeva il perché, ma quel ricordo le faceva venire una brutta sensazione alla bocca dello stomaco...
"C’è qualcosa che non va, piccola Ran?" Udì la voce calda e premurosa del professor Agasa, alzò gli occhi e si ritrovò davanti il suo faccione paffuto, che la guardava preoccupato attraverso le tonde lenti degli occhiali;
"No, niente professore..." sorrise "È solo che...chi è quella bambina che abita qui? Una sua parente?" domandò, cercando di distogliere i propri pensieri da quell’uomo, anche se ancora ignorava il perché pensare a lui le provocasse quasi la nausea. Il dottor Agasa lanciò uno sguardo alla porta dietro la quale era scomparsa Ai, poi rispose, un po’ impacciato: "Sì, cioè, no..." Ran lo guardò perplessa: "Voglio dire...è la figlia di un mio caro amico, e siccome loro hanno da fare, mi hanno chiesto se posso occuparmi di lei per un po’." Si accorse troppo tardi che quella storia era fin troppo simile a quella che aveva inventato per giustificare la comparsa di Conan, infatti Ran commentò proprio come temeva: "Caspita, sembra che tutti i suoi amici le chiedano di stare appresso ai loro figli..." Agasa scoppiò in una sonora risata forzata:
"Beh, è vero...ma sai com’è, sanno che vivo qui tutto solo e che mi fa piacere avere un po’ di compagnia..." Ran annuì sorridendo, finì di bere il suo caffè e si alzò:
"È stato un piacere professore. Ora devo andare."
"Non resti ad aspettare Conan?"
Ran scosse la testa: "No, non importa...gli dica comunque che sono passata. Se vuole, appena torna, potete raggiungerci al Tropical Land...potreste portare anche la piccola Ai." Rispose gentilmente, il dottor Agasa assentì e la salutò con voce squillante. Poco dopo, Ran si ritrovò nella fresca aria di una domenica mattina, i capelli lunghi scompigliati dal vento. Chissà se Sonoko era già arrivata all’agenzia, e se lei e Kazuha stavano andando al luna park...magari avrebbe fatto meglio a chiamarle, per fissare un luogo d’incontro. Avrebbe dovuto aspettare per parlare con Conan, ma fra qualche ora avrebbe salutato le sue amiche e avrebbe incontrato Shinichi...quel pensiero bastò a farle battere forte il cuore e accelerare l’andatura. Se davvero Shinichi stava passando un guaio serio, lei lo avrebbe costretto a confidarsi con lei. Voleva aiutarlo, qualsiasi cosa fosse, perché avrebbe preferito affrontare qualsiasi pericolo insieme a lui, piuttosto che essere sana e salva senza di lui. Era stanca di sentirsi sempre sola...
Immersa nei suoi pensieri, Ran non si rese conto che due persone stavano camminando sul suo stesso marciapiede, ma nella direzione opposta, e inevitabilmente finì contro una di loro. Data la sua veloce andatura e la stazza dell’uomo in cui si era scontrata, cadde seduta per terra con un tonfo. Chiuse gli occhi, massaggiandosi il fondoschiena con una smorfia di dolore sulla faccia.
"Ehi, guarda dove metti i piedi ragazzina!" brontolò uno dei due, con una voce burbera e tagliente, così fredda che la fece rabbrividire. Ran aprì gli occhi e alzò lo sguardo, intenzionata a scusarsi con l’uomo che aveva travolto, sebbene questo non fosse stato per niente gentile con lei. Ma quando lo guardò, la voce le morì in gola e il sangue si gelò nelle vene.

Note dell’Autrice: Ciao a tutti!! Ho concluso un altro capitolo...è piuttosto corto, ma importante dal punto di vista degli avvenimenti. Tra l’altro ho avuto problemi col pc nuovo e quindi non ho potuto usare Frontpage per l’html...ho dovuto fare tutto a mano!! +__+ Sono sfinita!! Non so nemmeno come verrà fuori, se ho ricordato tutti i corsivi ecc. Speriamo bene! Comunque ho fatto del mio meglio sia nella stesura del capitolo che nell’aggiungere i tag, perciò, come direbbe -anzi canterebbe- Robbie Williams: No Regrets! Ma passiamo a rispondere come al solito a quegli angeli che hanno commentato il capitolo 10:
Fredyck: un nuovo arrivato!! Mi fa piacere che trovi bella la mia fanfic ^__^. Da quanto ho capito ti piacciono i gialli, e dato che è la prima volta che mi cimento in questo genere -anche se lo adoro- puoi immaginare cosa ho provato leggendo la tua recensione...*Thanks*!! ^//^ Come ti è sembrata la deduzione di Conan all’inizio di questo capitolo? Verosimile? Fammi sapere cosa ne pensi, mi raccomando!!
Elly-chan: grazie! Sei veramente una persona dolcissima!! ^//^ Ehm...ma sei proprio sicura che IO sia così esperta? O __ O Cioè, io direi più che me la cavo...e poi, tu non sei certo una principiante, no? ^ __ -
mareviola ne sono felice!^^ Le descrizioni sono importanti, essenziali, a dir la verità, e mi fa piacere riuscire a non annoiarti. Comunque non dovrò tirare troppo la corda, questo chap ha pochissima descrizione e molti più dialoghi, come avrai visto! ^__^ Spero ti sia piaciuto tanto quanto gli altri. Oh, non ringraziarmi per i chiarimenti, è stato divertente! Chiedimi pure tutto quello che vuoi su Detective Conan, non farti problemi! E grazie ancora per il sostegno!
Akane Tendoo: anche tu una nuova arrivata!! ^^ Ti ringrazio tantissimo per la recensione, sei stata molto gentile...giuro, sono rimasta in estasi!! ^//^ Grazie anche per i complimenti sullo stile...riguardo ai pensieri dei personaggi, non c’è punteggiatura perché uso la tecnica del flusso di coscienza; avrai notato che non bado nemmeno alle ripetizioni delle congiunzioni o delle altre parti del discorso...in fondo mentre rifletti non fai delle pause, il pensiero è continuo...per questo evito di mettere punti, virgole ecc. Comunque capisco che può essere fastidioso e poi non voglio fare la figura di quella cocciuta chiusa ai suggerimenti, perciò diciamo che, almeno quando un pensiero è importante e bisogna soffermarcisi un po’ di più, mi ‘concederò’ i puntini di sospensione! Ti va bene? ^ _ - Riguardo alla tua domanda...(cavoli, qui sarà un tantino complesso...un respiro profondo...via!) partiamo dal presupposto che né Shinichi & Ran né Heiji & Kazuha sono ufficialmente ‘una coppia’...sì, si piacciono e tutto il resto, ma non si sono mai messi insieme. (Mooolto differente da Akane e Ranma, che oltre a piacersi sono fidanzati!) Le due situazioni sono simili, ma presentano una differenza essenziale: Shinichi sa con certezza quanto Ran gli voglia bene, poiché può approfittare dei panni di Conan per chiederle tranquillamente cosa provi per lui; a Heiji questa possibilità è negata. Comunque, è normale che nessuno di loro ammetta in pubblico di essere innamorato del partner, visto che tecnicamente sono solo amici d’infanzia! Tuttavia il loro comportamento rende palese i loro sentimenti, perciò alla fin fine si rendono conto che negare l’evidenza è inutile...e questo succede soprattutto se la situazione non è delle più distese...tipo nel cap.9, quando Heiji rivela a Conan di aver perso tempo per colpa ‘della sua ragazza’. A quel punto lui è troppo preda della gelosia e della curiosità di scoprire cosa abbiano fatto per pensare a negare una cosa che sa essere ovvia, nonostante tutto. Immagina un po’ cosa faresti tu nella stessa situazione! ^^" invece, nel cap.6, quando Kazuha e Ran fanno a cuscinate nella camera da letto di quest’ultima, Ran non si fa scrupoli a negare tutto!! Ehm...non so se ho reso l’idea...spero che tu abbia capito cosa intendo. Se hai ancora bisogno di qualche chiarimento dimmelo, okay? Cercherò di fare il possibile! È che a forza di non andare a scuola ho perso l’abitudine di spiegare i concetti in modo chiaro e preciso...uno degli insignificanti svantaggi delle vacanze! ^^
Credo che sia tutto...ah, la citazione di Sherlock Holmes l’ho presa da "Uno Studio in Rosso"; è l’articolo che Watson legge e definisce ridicolo, ancora ignaro che l’autore è proprio il suo coinquilino! (Una delle tante figuracce del dottore ^^")
Al prossimo chap...
bye
-Melany

  
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