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Autore: lillyre    09/11/2007    10 recensioni
Che cosa lega cinque rari libri a Yusaku Kudo? e perchè su un ritratto antico compare il viso di Ran? su tutto questo dovrà mettersi ad indagare uno Shinichi Kudo tornato momentaneamente nei panni di adulto, mentre altre storie si intrecciano a questa strana vicenda oscura, memorie di un passato lontano e triste...
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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22.

Nella vecchia Volfswagen Eri Kisaki si mosse nel sonno.

Il dottor Hiroshi Agasa la fissò un attimo, i baffoni bianchi tremuli, impauriti, un po’ dalla reazione che la donna avrebbe avuto al suo risveglio, un po’ per quello che stava succedendo.

Ai aveva deciso di tornare adulta e combattere a viso aperto contro quei demoni che avevano distrutto la sua felicità.

L’ometto non poteva fare a meno di essere preoccupato. Sorrise di se stesso. Avrebbe dovuto sposarsi se voleva dei figli…ed ora una figlia gli era piovuta dal cielo con tanti di quei guai da far impallidire un padre normale.

Il dottore lasciò che per un attimo la sua attenzione cadesse su un paio di foto. Non sapeva perché le aveva portate con se, tuttavia gli davano conforto.

E non solo a lui.

Si appoggiò stancamente sul volante della macchina che Shinichi, da bambino, amava chiamare ‘caffettiera ‘ per il tremendo frastuono che la marmitta , quasi in stato di decomposizione da anni ormai, produceva ad ogni minimo spostamento. Non era mai stata una macchina per fare dei pedinamenti come quelli dei film, e pur tuttavia aveva fatto il suo lavoro. Sempre. Quella macchina non lo aveva mai abbandonato.

Pregò che nemmeno Shinichi Kudo lo facesse.

E pregò ancor più intensamente per una bimba dai capelli dorati che non sorrideva mai in quelle foto.

Né con gli altri suoi tre compagni di scuola.

Né con quella ragazza alta dai capelli castani che le stringeva le spalle.

L’uomo sorrise.

‘ Sono fiero di te, Ai Haibara ’

Akemi Miyano, dalla foto, ricambiò il suo sorriso.

E fu allora che udì quel rumore.

- Credi davvero che sia una buona idea, tesoro?- per la prima volta nella sua vita Yukiko Fujimine fissava il marito preoccupata. Si era sempre fidata del suo giudizio, ma adesso ci andava di mezzo il loro unico figlio e la situazione non pareva fosse delle migliori. Benché la neve volteggiava in maniera delicata intorno a loro, comunque non aveva cessato di infuriare da quando avevano parcheggiato l’auto a qualche metro di distanza dalla villa che ora si trovava di fronte a loro.

La villa di Shinji Imai.

Yusaku Kudo fece un sorriso tirato, mentre una cristallina goccia di gelido sudore gli solcava la guancia arsa dal gelo. Tutti ormai si trovavano lì. E lo spettacolo sarebbe iniziato a breve.

Le luci nella casa danzavano in maniera particolare contro il riverbero dei vetri vecchi quanto il libro che da tanto tempo custodiva, guardiano di una maledizione che cento anni dopo aveva colpito di nuovo la sua famiglia.

L’uomo si voltò verso la moglie ad incontrare quelle iridi azzurre che aveva amato dalla prima volta, dal giorno in cui alzando il volto quel sorriso gli aveva catturato il cuore. Poi, per quanto fossero due personaggi piuttosto famosi, la loro vita era scorsa, fino a quel punto senza intoppi…fino a quando Shinichi era uscito dalla loro custodia…

- Pensi anche tu che nostro figlio sia effettivamente perseguitato dalla jella?- sorrise perplesso l’autore del Barone della Notte a quegli occhi che avevano un brillio preoccupato, veramente insolito sul bel volto di Yukiko.

La donna gli rivolse solo uno sguardo interrogativo per poi rispondere al sorriso, lasciando indietro quell’aria malinconica che non si addiceva ai suoi splendidi capelli ramati.

-Ma che dici, tesoro? È solo un ignobile ficcanaso! Se la saprà cavare! In fondo è sempre nostro figlio, no? –

- Appunto – rispose l’uomo, inquieto – proprio perché è nostro figlio che mi preoccupo. In più non voglio sapere come farai a calmare quella tigre scatenata di Eri non appena si risveglierà –

- Sei stato tu a suggerirmi di addormentarla o sbaglio? – la donna lo fissò di sottecchi, il nasino alla francese delicatamente arricciato.

- Incontrare il dottor Agasa è stata una benedizione …-

- Anche il fatto che conservasse un sostituto dell’orologio di tuo figlio è stato un vero e puro miracolo…-

- Adesso è mio figlio? –

- Quando si caccia in guai di tipo ‘giallo ‘ è sempre tuo figlio! – sbuffò la donna incrociando le braccia sul petto con un invidiabile cipiglio – piuttosto – aggiunse poi perdendo quella sua particolare connotazione artistica che suo marito conosceva ormai benissimo – credi che sia prudente lasciare tutto nelle mani di Shinichi? –

- Ma non eri tu quella sicura del fatto che se la sarebbe cavata? – sussurrò Yusaku Kudo circondando delicatamente la vita della moglie con un braccio e accostandole le labbra alla fronte.

- Si, ma rimane pur sempre un bambino…- mugolò la donna accoccolandosi meglio fra le spalle ampie del marito.

- Per noi sarà sempre un bambino, ma ora ha quasi diciannove anni…-

- Io avevo diciannove anni quando ci siamo sposati…-

- Già – rispose solo lo scrittore Yusaku Kudo mentre stringeva il corpo insolitamente tremante della moglie fra le braccia.

E poi…

Nel silenzio della neve che scendeva.

Piano.

Sul luogo dove tutto era accaduto.

E dove tutto, di nuovo…

accade.

Hiroshi Agasa alzò il volto sconvolto.

Lo sentì.

Yusaku Kudo fissò uno sguardo serio oltre il vetro ambrato di una finestra.

Chiaro e distinto.

La donna dai capelli dorati lasciò che la sigaretta le cadesse dalle dita affusolate.

Risonante.

Lo sparò ferì i timpani dei quattro ragazzi fuori dalla porta di servizio.

E per un attimo i loro cuori furono gelati da un sentimento che solo poche, rarissime volte il giovane detective del Kansai aveva provato in vita sua. Contro la paura lottava, sempre, ma in quella situazione erano tutti al limite, e per la prima volta in tutta la sua vita Heiji Hattori si ritrovò a pensare come sarebbe stata la sua vita senza quel nugolo di avventure dal tono noir che la caratterizzavano ogni giorno. Per sua volontà.

E quando incontrava Kudo.

Sul serio il suo amico aveva qualcosa che non andava da questo punto di vista.

Il detective dalla pelle scura rivolse uno sguardo allarmato a Kudo.

Quello sparo, dal suono e dal calibro sembrava provenire da un’arma di ordinanza…

-…polizia?- sussurrò Shinichi Kudo mentre lanciava uno sguardo interrogativo ad Haibara. Vederla nei suoi panni da adulta era così…insolito. Ormai era abituato alla calma apparizione di quella bambina adulta, ed ora quel suo temperamento gli risultava quanto mai anomalo sul vero aspetto della scienziata.

- Ran…- la voce di Kazuha lo riportò sulla terra.

Heiji Hattori spalancò le palpebre fino a farsi male, ma prima che potesse solo articolare un suono qualcosa di gracchiante rimbombò dentro il suo colletto.

-….MA QUANTE VOLTE DOVRO’ CHIAMARTI PRIMA DI RICEVERE UN PO’ D’ATTENZIONE?!-

La voce roca dell’ultimo mago del secolo irruppe nel piccolo spazio dove si trovavano i ragazzi riempiendolo fino a far crepitare la neve sugli alberi.

Heiji Hattori scosse la testa e abbassò il volume del badge prima che un’altra scarica sonora di quella risonanza gli riservasse la preziosa esperienza di girare con un apparecchio acustico per sempre.

- Che c’è?- sbuffò prima irritato il ragazzo armeggiando con il suo abito ottocentesco.

- C’è che le danze sono iniziate senza gli invitati…-

- Il piano è andato a farsi benedire?- sogghignò lentamente Shinichi Kudo avvicinandosi al collo del suo collega del Kansai.

- E tu che diavolo ci fa qui? – chiese incredula la voce del voce dell’illusionista Kaito Kuroba, gracchiante oltre il microfono dell’apparecchio.

- Sono stato svegliato dal bacio della strega – sbuffò Kudo rivolgendo uno sguardo gelido ad Haibara che sorrise scrollando le spalle e alzando le mani – e sono venuto a rimettere a posto le cose -

Inutile riportare lo sconvolgimento leggibile sul volto di Heiji Hattori e Kazuha Toyama, rimasti per un attimo boccheggianti, semi-congelati dal freddo in una pozione ebete.

- Alza le chiappe, allora signor cavaliere, la principessa ha messo su uno spettacolo davvero insolito per i suoi modi…-

Il mago che nascondeva la sua vera identità sotto baffi d’argento non aveva ancora finito di parlare.

La porta di fronte Heiji Hattori si muoveva al vento leggero e del nevischio bagnava le mattonelle dell’ingresso.

- Vogliamo entrare, signori – disse Shiho Miyano togliendo la sicura alla sua pistola.

Shinichi Kudo era già scomparso nel buio.

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- Cazzo!- esclamò il mago del cielo d’argento perdendo il suo proverbiale self-control. Ma che diavolo stava succedendo?

Per la prima volta nella sua vita non sapeva assolutamente che pesci pigliare. Non c’era assolutamente niente da fare se non quello che aveva già fatto e anche il suo piano sembrava dovesse andare a farsi benedire. Digrignò i denti così forte da sentire le gengive dolergli più di quanto non gli era mai accaduto nella sua vita. Fra tutte le cose a cui pensava quella era la meno probabile…

Come aveva potuto la dolce Ran Mouri cacciare la pistola e trasformarsi in colei che aveva dato inizio alle danze senza rispettare i suoi piani? C’erano quasi! C’erano quasi! Il manoscritto era a portata di mano, quel manoscritto di “ The Raven” firmato dalla penna dello stesso Imai, il fulcro al quale portavano gli enigmi dei libri, la chiave che poteva svelare un mistero che si dipanava lungo cento anni, se non addirittura millenni, un segreto che inghiottiva le più antiche famiglie della gilda, il mistero che aveva causato la morte di suo padre.

Ed ora, ora stava andando tutto all’aria.

Se solo Mouri non avesse avuto quello sguardo le sarebbe saltato al collo dimenticandosi che era una ragazza.

Ma quegli occhi non appartenevano alla fidanzatina di Shinichi Kudo.

Quello sguardo era di qualcun altro.

Ed era meglio che il principe fosse venuto presto a svegliare la sua bell’addormentata.

Ora c’era un’unica cosa da fare.

Fece svolazzare qualche gonnella per coprire il suo cambio d’abiti. Quella sera era stato Jun Miyashiro, il fattorino, era stato un facoltoso appartenete ad una multinazionale tedesca, era stato l’ultimo mago del secolo.

Ma ora, pure negli abiti di 1412, il ladro fantasma, era semplicemente Kaito Kuroba.

Perché aveva aspettato quel momento da quindici anni.

Da quando aveva promesso sulla tomba di suo padre che avrebbe conservato quel libro come fosse stata parte della sua anima.

Ma poi quel libro bianco era scomparso.

E il piccolo Kaito Kuroba con esso.

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Non era possibile.

Quello che stava succedendo non era proprio possibile. Non era concepibile semplicemente perché non era stato contemplato nei suoi piani.

Eppure, ora ,per la prima volta nella sua vita il killer che amava farsi chiamare Gin stringeva i denti come un comune mortale.

Perché quello che gli scendeva dietro la schiena era qualcosa che non aveva mai conosciuto in nessun momento della sua vita. Neanche da bambino. Neanche al buio.

Nemmeno di fronte a lui.

Spezzò il filtro della Philip Morris fra i denti, di quella sigaretta il cui sapore era diventato terribilmente acre.

Così era questa, era questa la paura?

E quello che lo faceva maggiormente incazzare era il fatto che tremasse come una foglia di fronte ad una ragazzina.

Il problema era che qualcosa dentro di lui gli diceva che quella non era la principessina che stava ricattando.

C’era qualcos’altro, qualcosa che non riusciva ad identificare, qualcosa che assomigliava terribilmente alla sua voglia di uccidere.

E la canna lucente di quella rivoltella d’ordinanza, vecchia ma perfettamente lucidata, tenuta come una sorta di reliquia antidemone, un talismano contro il male gli sussurrava con una violenza da spaccargli il cervello.

Che fosse davvero la giustizia divina venuta a punirlo?

Il Killer rise di se stesso e sputò quella sigaretta che aveva tinto del sangue delle sue labbra.

Sentire, percepire, assaporare l’odore del sangue lo riportava sempre alla vita.

Perché lui si nutriva di quel sangue.

Non avvertiva più alcun suono, né urla di gente spaventata, né strattoni, né suppellettili che di frantumavano in proiettili intorno a lui.

Non c’era nessun altro oltre a loro.

A lui.

E a quell’Angelo Vendicatore.

- Vediamo che sai fare – disse solo mentre anche lui alzava la canna della sua Desert Eagle.

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Quando la donna che aveva la maledizione di chiamarsi Vermouth notò il movimento improvviso dell’Angelo capì che avrebbe utilizzato la pistola che lei aveva fatto finta di non vedere. Ci aveva riflettuto, quanto ci aveva riflettuto…

Era tutto fuori dalla logica eppure non poteva…

Per quanto il fatto che quella ragazza ammazzasse Gin le tornava di vantaggio…

Ma perché non riusciva a sopportare l’idea che si sporcasse le mani? Perché non era riuscita a fermarsi, perché non aveva ritirato la mano quando quel colpo era partito alla volta del Killer dai capelli lunghi come serpi, perché voleva salvarla?

Quando il bruciore del colpo di pistola trafisse i centri nervosi del suo braccio sentì defluire tutte le sue energie e prima di cadere a terra lanciò uno sguardo alla ragazza dal viso di corvo.

Che fine aveva fatto il suo angelo?

Dov’era?

Di chi erano quegli occhi di ghiaccio?

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La folla scemava come un alveare rumoroso intorno a lui e gli impediva di muoversi disinvoltamente lì dove il suo cuore lo portava. Non aveva importanza quello che avevano programmato, non aveva importanza quello che era stato, non aveva importanza più nulla. Qualcosa più forte dei suoi stessi sentimenti lo spingeva avanti, senza curarsi di ferire, graffiare, scrollarsi di dosso qualsiasi ostacolo potesse impedirgli di avanzare tra quel muro di folla che lo attanagliava, gli squassava l’anima, mentre quello che voleva era raggiungerla. Raggiungere la persona che per prima avrebbe dovuto proteggere e che in realtà aveva sempre relegato in secondo piano.

Perché era sempre stato un idiota, un codardo, uno stupido, eccentrico studentello che non sapeva assolutamente nulla della vita, non sapeva un cazzo di quello che andava fatto per chi si amava, per chi si desiderava così tanto da fare male, per chi si voleva affianco per la vita e che si poteva guardare solo attraverso degli occhi poco innocenti di un bambino che era un uomo…

Corse così veloce che i polmoni presero a dolergli e i colpi di tosse divennero delle lance infuocate che gli perforavano la gola.

Ma non era proprio l’ora di fermarsi.

Adesso per la prima volta stava lottando per una vita.

E non avrebbe permesso che questa gli venisse strappata.

Strinse i denti e caricò la pistola mentre con uno strattone faceva cadere una serie di persone al suo fianco.

E non chiese nemmeno scusa.

Shinichi Kudo non aveva bisogno di essere educato.

Aveva solo bisogno di essere un uomo.

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Non riusciva a capire.

Non riusciva a vedere bene quello che stava succedendo eppure…

Eppure….

C’era tanta, tanta gente di fronte a lei, donne meravigliose i cui abiti sgargianti vorticavano in un caleidoscopio di colori che le ferivano le iridi chiare, uomini dal portamento elegante che rivolgevano il loro volto sconvolto verso di lei, vestiti in un modo che le ricordava disperatamente qualcuno…qualcuno…

Chi dovevano ricordarle?

Il suo sguardo vagò poco più in là, oltre i vetri della finestra, oltre il pallido biancore della neve che vorticava come quella sera, quella sera che bussava così imperiosamente al suo cervello tanto da stordirla, tanto da farle male, tanto da ridurla in fin di vita.

Perché lei era in fin di vita.

Perché si dibatteva.

Chi era? Chi c’era dentro di lei?

Perché il suo braccio era steso?

E ai suoi piedi una macchia d’oro brillava più intensa di quanto i suoi occhi mascherati dal volto di corvo potessero sopportare.

Era tornata.

Sussurrò una voce alla sua mente.

I corvi che l’avevano presa ora avevano permesso che tornasse.

Ran Mouri avrebbe voluto muoversi.

Quando aveva deciso di cacciare la pistola e di sparare aveva avvertito uno strano fremito.

Mentre il suo mondo andava in frantumi, riuscì solo a vedere da lontano l’immagine di un pallido Shinichi che la guardava.

Mentre una lacrima solcava il suo volto.

Era rinata.

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Note dell’Autrice: E così è arrivato anche il 22esimo capitolo…non avrei mai creduto di scrivere tanto. E sono andata avanti grazie soprattutto all’aiuto di tutte le persone che amano questa storia! Non so nemmeno quante volte ve l’ho detto ormai! XD scusate la ripetizione, ma è davvero così! Vi sono molto, molto grata per questo!

Grazie a ginni85! Sentire che i miei personaggi risultano vivi mi fa molto felice ( a dire il vero ogni volta cerco di calarmi nei panni e nel carattere di ognuno, anche se ormai quell’età l’ho passata da un po’ :P ), ad Akemichan,a Filly, ad Ayumi, Kazuha-chan e tutti gli altri che mi seguono!!! Spero di riuscire ad aggiornare al più presto ^_____^ .E comunque scusate il terribile inguacchio con il codice html...purtroppo sembra che in qualche modo si sia messo contro di me e abbia intenzione di non farmi penetrare i suoi misteri -_____- pazientate per la resa grafica...cercherò di aggiustarla al più presto

  
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