18 – Confronti (Lisette, Leopold, Isabeau)
Chiedo umilmente
perdono per il mostruoso ritardo.
Capitolo difficile
e ostico da sviluppare e scrivere, forse un po’ noioso, ma secondo me
necessario per chiarire alcune dinamiche della vicenda e di alcuni personaggi.
Spero che piaccia, ma non esitate a criticare ed esprimere dubbi, se ne avete. Grazie
sempre a tutti per la pazienza e la costanza con cui mi seguite in questa
avventura.
Buona lettura.
*****
Oscar seduta di fronte a
Lisette, era pronta ad ascoltare ciò che la donna aveva da dire. Accanto a
loro, nella stanza, la piccola Margot dormiva tranquilla, ignara di essere una delle
protagoniste principali del racconto, oltre che l’ispiratrice di decisioni
importanti e determinanti.
Il fatto che madame Marchard non
fosse la madre della bambina, poneva presupposti nuovi e imprevedibili e Oscar
non poteva immaginare tutti i risvolti complessi e drammatici di una vicenda
talmente intima; sperava solo che alla fine di tutto, lei avrebbe avuto le idee
più chiare su come agire per il meglio.
-
Come sapete madamigella Oscar, la nobiltà di
campagna vive delle sue terre, ma non ha grandi mezzi; mio padre morì lasciando
la famiglia piena di debiti, di conseguenza, senza una dote adeguata che
potesse garantire un futuro alle sue figlie. Io fui piuttosto fortunata perché
trovai un uomo buono che mi volle anche senza rendita, ma sono rimasta vedova
molto presto e mio marito non mi ha lasciato figli da crescere, né denaro. Così
sono tornata qui, nella casa di mio padre. Isabeau era la mia sorella minore e
nonostante la sua avvenenza e un numero impressionante di corteggiatori, a
vent’ anni non aveva ancora contratto matrimonio, un fatto che mi preoccupava
molto e mi metteva in ansia.
Non ho
ancora trovato quello giusto, quello che mi fa battere il
cuore più degli altri, - mi diceva quando la rimproveravo di rifiutare
tutte le proposte che riceveva, quando l’accusavo di essere troppo leggera.
Isabeau
era una ragazza bellissima, vitale e spensierata, che gioiva per ogni cosa
bella che le capitava e prendeva la vita a grandi morsi, come se ogni giorno
fosse l’ultimo, senza fare programmi per il futuro. Era un’ incosciente
spontanea dal cuore troppo grande e generoso e s’ innamorava di continuo di
uomini diversissimi, e loro, giovani o vecchi che fossero, impazzivano tutti
per lei, per il suo entusiasmo, il suo calore. In autunno poteva essere perdutamente
innamorata di un uomo, e in primavera perdeva la testa per un altro. Seguiva
solo le sue emozioni, senza fare calcoli, senza strategie. Era così diversa da
me. Anch’io amo la vita, madamigella, ma l’ho sempre presa a piccoli sorsi, un
po’ alla volta, per non ubriacarmi, muovendo ogni mio passo con cautela. Ma
Isabeau, no; lei non ha mai avuto paura di vivere. Qualche volta avrei voluto
essere un po’ come lei, sapete; avrei voluto avere il coraggio di prendere la
vita con maggior slancio e passione, ma io ero la sorella maggiore, quella più
saggia, più pacata e razionale, quella che doveva essere guida ed esempio.
Quando Isabeau conobbe Leopold successe quello che era già accaduto altre
volte, con altri uomini. Conoscevo già la storia e mi aspettavo che sarebbe
andata a finire nello stesso modo. Invece accadde qualcosa di diverso, d’
imprevedibile.
“Vostra sorella si innamorò
davvero di mio cognato?” domandò Oscar molto perplessa.
“Sì. Più di quanto possiate
credere.”
“E Leopold? Anche lui…”
“Sì, lui in qualche modo
ricambiò, ma vi prego lasciatemi finire; dovete sentire tutta la storia.”
Oscar ascoltava il racconto di
Lisette e le pareva di vedere Isabeau coi suoi occhi; la immaginava come se l’avesse davanti, col sorriso luminoso, lo sguardo felice e innamorato, le
guance rosa e una coroncina di fiori tra i capelli lasciati sciolti sulle
spalle nude. La vedeva correre come una bambina tra il verde della campagna. La
immaginava abbandonarsi all’amore senza freni o esitazioni, cedere alla passione
tra le braccia forti di un uomo in un fienile, su un campo pieno di fiori, col
profumo intenso dell’estate che accende i sensi e risveglia le voglie del
cuore. Quell’immagine nella testa riusciva a commuoverla, procurandole uno
strano languore allo stomaco, e si sorprese di sentire simpatia per una persona
che non aveva mai conosciuto e si chiese se non fosse il quadro idilliaco che
stava dipingendo Lisette a trarla in inganno. In fondo, quella era l’apparente
descrizione di una fanciulla frivola e un po’ sciocca.
-
Quella che sembrava solo un’ avventura passeggera,
diventò un’ autentica storia d’amore. All’inizio pensai che Leopold si fosse
semplicemente infatuato di lei, della sua giovane età, della sua freschezza.
Voi siete una donna, ma non so se sapete come sono gli uomini, madamigella
Oscar; per educazione forse siete abituata a vederli in un altro modo, rispetto
a una donna normale.
Alle parole di Lisette, Oscar
provò un subitaneo imbarazzo. Era abituata a comandare gli uomini, ne conosceva
la forza, il coraggio e la viltà, ma il loro cuore restava un mistero;
nonostante la tempra e l’esperienza che aveva, non era sicura di conoscerli per
davvero.
Pensò a Fersen, all’illusione
costruita attorno alla sua figura, miraggio che non aveva retto al confronto
con la realtà. Aveva creduto di essere innamorata di lui, come una stupida
aveva sofferto per un sentimento non ricambiato che era sfumato in fretta come
vapore impalpabile tra le braccia di chi credeva solo un amico.
Pensò ad André, alle emozioni
anche violente che lui le faceva provare quando facevano l’amore, al desiderio
irresistibile che le faceva sentire, a come si era svelato a lei, a come aveva
giocato anche in modo sporco per insinuarsi nel suo cuore, nella sua mente e
perfino nella sua anima.
Sì, nella sua anima; era certa
che fosse così. André era nella sua anima, e niente, neppure lei stessa avrebbe
potuto allontanarlo da lì.
Era come un inquilino silenzioso
e discreto, ma insinuante che aveva occupate le stanze più segrete del suo cuore
e vi si era chiuso dentro a doppia mandata. E lei si era scoperta gelosa e
possessiva, e se avesse potuto legarlo a sé con un laccio sul fianco, lo
avrebbe fatto.
-
Come soldato dovreste saperlo: ci sono uomini che
hanno costantemente bisogno di misurare le loro potenzialità, e forse la cosa
vi sorprenderà, ma vostro cognato è uno di questi; sedurre una ragazza come
Isabeau sarebbe motivo d’orgoglio per molti, una gratificazione della loro
virilità. Credo che all’inizio sia stata questa la molla che lo ha fatto
avvicinare a lei. Penso che mia sorella abbia soddisfatto certi bisogni che
Leopold non trovava, o non ha mai trovato nell’unione con vostra sorella
Danielle: l’esigenza di calore umano, affetto, dolcezza, vera comprensione.
Essere amato da una donna come lei lo ha ringiovanito, lo ha fatto sentire
importante. Non è forse qualcosa di cui tutti noi abbiamo bisogno? Sentirci
importanti per qualcuno, intendo? Isabeau sapeva essere piena di slancio intimo
e sincero. Nei sentimenti non si risparmiava mai con nessuno, dava tutta sé
stessa perché era qualcosa che la faceva sentire felice. Quando compresi che la
storia non sarebbe finita, ma che anzi, rischiava di complicarsi in maniera
seria, mi allarmai. Isabeau si convinse che Leopold avrebbe divorziato dalla
moglie, ne era assolutamente convinta; immaginava il futuro più roseo insieme a
lui, si vedeva già a corte tra i veri privilegiati, sognava di diventare
contessa, acquisire una posizione migliore. Io credevo che passata
l’infatuazione, lui l’avrebbe abbandonata per tornare alla sua vita. Non ne fui
contenta e lo dissi a Isabeau: litigammo in modo drammatico e acceso.
“Un uomo nella sua posizione, noto e influente a corte, non può compromettersi con una ragazza senza sostanze, che difetta del più comune buon senso e si comporta con una leggerezza inopportuna e pericolosa - le dissi dura – non lascerà la moglie e i figli legittimi per sposare te; si rovinerebbe con le sue stesse mani. Sei una stupida ingenua e alla tua età dovresti imparare a essere realistica.”
“Non è vero! Tu non puoi capire quello che ci unisce. Leopold mi ama davvero! Dice che lo rendo felice e vuole dividere la sua vita con me. Mi dà una gioia mai provata con nessuno; mi fa sentire come una regina. Io lo amo e lo sposerò e questo nessuno potrà impedirlo! E tu parli così, perché sei soltanto gelosa, costretta dalla tua vedovanza a restare sola!”
Fu terribile e doloroso. Ci dicemmo cose orribili e
cattive. Forse mia sorella aveva ragione di accusarmi. Non eravamo mai state
l’una contro l’altra; per quanto diverse, eravamo sempre andate d’accordo, ma
quella situazione così incerta e imprevedibile finì per metterci in tensione.
Molto presto, Isabeau rimase incinta. Non parlammo per mesi, ognuna di noi
arroccata nel suo orgoglioso silenzio, io soprattutto, ciascuna convinta che
l’altra avesse torto, una situazione sgradevole e triste che non fa certo bene
a una donna che attende un figlio.
E io pensai che fosse la fine: Leopold l’avrebbe
abbandonata al suo destino, e a quel punto cosa sarebbe stato del suo futuro,
quale uomo rispettabile e onesto avrebbe preso in moglie una ragazza incinta
del suo amante?
Mi vergogno quasi a dirvelo, ma le consigliai di
abortire e lei naturalmente non lo fece.
Vi potrà sembrare un’ idea mostruosa, e lo era in
effetti, ma in quel momento mi sembrò la sola via d’uscita, la sola maniera di
evitare il disastro di uno scandalo.
Non capivo che il vero dramma era un altro e che non
avevo più tempo.
Oh, se penso a com’ è finita, invece…
Madamigella pensate mai al tempo che sprechiamo a
combattere battaglie inutili, al dolore che diamo ai nostri cari, alle
meschinità che riversiamo su di loro, senza provare a capirli, a comprendere
quelle ragioni che dall’alto del nostro egoismo, riteniamo assurde, illogiche?
La vita è così breve… e la morte così lontana…
crediamo che il tempo a nostra disposizione sia infinito, ma non è così, e
quando lo scopriamo è troppo tardi. Se siamo fortunati non ce ne accorgiamo
affatto.
Madamigella Oscar, ho perso la possibilità di parlare
di nuovo con lei, ho perso l’occasione di chiedere perdono e di perdonare.
Leopold, contro ogni mia previsione, le restò accanto fino alla fine: ci furono
complicazioni durante il parto e Isabeau morì all’improvviso, subito dopo aver
dato alla luce la sua bambina, senza che ci fosse stata data la possibilità di
riappacificarci. Non posso descrivervi il dolore che porto e il rimorso che mi
accompagna da quel giorno.
Lisette aveva parlato con
pacatezza, lo sguardo asciutto, la commozione appena accennata nella vibrazione
leggera della voce, meno argentina del solito. Non era stata indulgente, né
retorica; Oscar avvertiva un nodo che le stingeva la gola e sentiva di avere
gli occhi lucidi. Nonostante un carattere temprato da emozioni forti, era
sconvolta e provata. La bambina emise un vagito e Lisette si alzò per
avvicinarsi alla culla, scostò le coperte e prese la piccola tra le braccia. La
cullò qualche istante, prima di rimetterla a dormire.
Ci fu silenzio per qualche minuto,
ma il racconto non poteva essere finito.
“Mi dispiace per il vostro lutto,
madame. Però…”
Lisette riprese a parlare di
nuovo.
“Vi chiederete perché vi ho
raccontato tutto questo; non voglio la vostra commiserazione, né riscattarmi ai
vostri occhi in modo tanto patetico, ma prima di un qualsiasi vostro giudizio
su me o su Leopold, vorrei che voi capiste.”
“Temete il mio giudizio, madame?”
chiese Oscar controllando la voce.
“Forse dovrei, ma non è questo,
madamigella; temo solo che la vostra opinione possa essere falsata dalle
apparenze. Ci tengo a cancellare almeno quelle.”
“Di solito, non mi preoccupo di
simili formalismi; a questo punto immagino ci siano altri retroscena a questa vicenda triste che non mi avete ancora detto.”
“Sì. Io e vostro cognato ci siamo
avvicinati con difficoltà, subito dopo la morte di Isabeau, ma non per il
motivo bieco che potreste credere. È stato il medesimo dolore ad accostare le
nostre anime: la sofferenza può unire in maniera impensabile due persone, che magari
si sono guardate con sospetto fino al giorno prima.”
Oscar solo per un attimo sgranò
gli occhi.
“Mi state dicendo che voi e
Leopold vi odiavate, per caso? Dovrei credere questo?” chiese Oscar
sinceramente perplessa.
“Non parlerei di odio, no… sarebbe
un po’ eccessivo, ma certo, non ci piacevamo molto. Ai miei occhi, lui era un
uomo sposato, un mascalzone libertino a caccia di avventure che si approfittava
di una ragazza ingenua; io per lui ero una fastidiosa sorella maggiore che si
metteva in mezzo e ostacolava la relazione con Isabeau.”
Per la stima che Oscar portava al
suo diletto cognato, le sarebbe stato facile
pensare che morta Isabeau, Leopold si era consolato facilmente con madame
Marchard, ma viste le circostanze, fu un pensiero che decise di non esprimere,
conscia dell’indelicatezza stessa dell’ idea.
Nonostante questo scrupolo, l’
espressione del suo viso tradiva una traccia vaga di quel pensiero meschino.
Lisette pareva non curarsene,
forse comprendendo lo scetticismo della sua ospite.
“Al funerale evitammo il più
banale contatto, quasi ignorandoci. Devo ammettere che in quella circostanza mi
comportai davvero molto male: fui odiosa. Quando venne da me per porgermi le
condoglianze, invece di accettare con gratitudine il suo sostegno, feci di tutto
per farlo sentire in colpa.”
-
Voi siete responsabile
della morte di Isabeau. Le avete riempito la testa di bei sogni e
fantasticherie. Se lei non si fosse lasciata incantare da voi, a quest’ora
sarebbe ancora viva, e magari moglie di un brav’uomo che le avrebbe garantito
un futuro dignitoso e rispettabile. Invece, ne avete fatto la vostra amante; è
morta per colpa vostra. Dovevate andarvene e tornare dalla vostra famiglia!
-
Madame, vi prego;
capisco che il dolore e la rabbia vi fanno parlare così. Io amavo dal profondo
del cuore vostra sorella, nutrivo un sentimento intenso e sincero come non
l’avevo mai provato prima, ed ero pronto a un impegno serio con lei.
-
Impegno serio? Oh,
suvvia, ora mi direte che volevate sposarla! La storia si ripete sempre uguale,
o quasi. Qualsiasi uomo travolto dalla lussuria dei sensi parlerebbe
esattamente come voi; quando la passione si fosse estinta, avreste ragionato
diversamente.
-
Siete molto ingiusta e
amara. Dite quello che volete, ma sono un uomo d’onore e avrei dato un nome
alla bambina e intendo ancora farlo.
-
Non sentitevi in
obbligo. Mi occuperò io della piccola Margot. Andatevene! Lasciatemi col mio
dolore. Tornate dalla vostra legittima moglie e dai vostri figli. Non avete
diritto di restare qui e io non gradisco più la vostra presenza in questa
dimora. Non l’ho mai gradita!
Oscar continuava ad ascoltare il
racconto con espressione sgomenta.
“Ma Leopold non se ne andò mai. E
ancora oggi mi chiedo perché; cosa lo fece restare accanto a me che gli ero
dichiaratamente ostile, che non volevo parlare con lui, né ascoltarlo,
comprendere lo stesso dolore che avevo io, forse lo stesso senso di colpa.
Leopold fu paziente, in un modo che mi sorprese.
Fu discreto: veniva a farmi visita
con la richiesta di poter vedere la figlia anche solo per pochi minuti e
restava a distanza, il più delle volte in silenzio, ad osservarmi con quella
sua aria un po’ greve. La piccola era l’unico sollievo che avessi in quel
momento e Leopold lo capì. Mi chiedeva di lei, se cresceva sana e forte.
Avrebbe potuto sottrarre Margot
alla mia tutela, ma non lo fece mai. Attese che fossi io ad aprirmi e potessi
vedere il suo dolore che non volevo considerare più grande o importante del
mio: Isabeau era mia sorella, era sangue del mio sangue, non aveva un vero
legame con lui, tranne quella bambina rimasta tra noi.
Così, lentamente iniziai a
sciogliermi, ad abbassare le mie difese. E lui le sue.
Fu il nostro reciproco dolore a
unirci e trovammo consolazione in noi stessi, quando capimmo che se fossimo andati
oltre il risentimento, saremmo potuti vivere serenamente condividendo il
ricordo di Isabeau.”
-
Per il bene della
piccola, io e voi dovremmo tentare almeno di essere amici, ed evitare di farci
la guerra. Se voleste darmi questa possibilità, trovereste in me un sicuro
sostegno, oltre che un onesto alleato.
-
È strano, sapete… avevo
una tale rabbia in corpo che mi stava divorando, e dovevo sfogarla su qualcuno:
mia nipote, oppure voi. Mia sorella ha dato la sua vita per mettere al mondo
quella creatura innocente. Così ho preferito odiare voi, almeno all’ inizio.
Potete biasimarmi per questo?
-
No, vi comprendo,
invece. Ma capite anche voi che il biasimo non ci porta da nessuna parte, ci fa
solo soffrire di più. Ci sarebbe un modo molto più semplice per lenire il dolore, se voleste.
“Così finiste per innamorarvi…”
concluse Oscar, senza troppa enfasi.
“Sì, ma vi giuro Oscar, tentai di
oppormi a quel sentimento, non volli ritenerlo reale; cercai di trattare Leopold
come un semplice amico discreto e premuroso che mi fu accanto nel momento
delicato del bisogno… Ma l’amore Oscar, oh…- Lisette emise un rapido sospiro,
prima di riprendere a parlare con più foga di prima - è qualcosa di più forte
di noi, di tutti i nostri propositi, le nostre remore. Non si cura di niente,
convenzioni o altro, avanza nel nostro cuore attraverso pensieri e parole
gentili, e siamo troppo fragili o feriti per resistere, troppo bisognosi di
calore, così si fa strada travolgendo ogni cosa e nulla regge al suo passaggio,
così arriva sempre dove vuole. E quasi sempre vince.”
“Quasi sempre?”
“Talvolta paura ed egoismo possono
ostacolarlo, ma voi più di chiunque dovreste sapere di cosa parlo.”
Lisette si interruppe mentre Oscar
continuava a fissarla con aria interrogativa. Ma quasi subito riprese a
parlare.
“Vedete Oscar, nonostante la
vostra educazione, voi siete una donna, oltretutto molto bella, e credo che non
vi manchi la sensibilità tipica dell’animo femminile; dovete esservi innamorata
almeno una volta nella vita, magari vi sta succedendo proprio in questo
momento… - Oscar impercettibilmente trattenne il fiato - e avete una sorella
gemella. Sapete cosa dicono dei gemelli? Che tendono ad innamorarsi delle
stesse persone…”
“Non capisco dove volete arrivare.
Cosa c’entra questa storia dei gemelli? Non cercate paragoni inutili.”
“Avete ragione, scusate. Non era
mia intenzione. Voi e Danielle mi siete parse così unite, non sapete che pena
era, a volte, osservarvi. Io volevo solo dire che oggi vedo in voi qualcosa di
diverso che non notai quando ero ospite a casa di vostra sorella. Non mi
sembrate nemmeno più la stessa persona che incontrai a Villa Recamier. Vi
risulterà sorprendente quello che sto dicendo, ma ho questa precisa sensazione,
e non credo di sbagliarmi. Ma in realtà, neppure questo è importante. Che voi
siate innamorata o meno, io credo che possiate comprendere il conflitto che mi
sono trovata a vivere.”
“Mi pare che ne abbiate vissuto
più di uno, madame…”
“Sì, è vero, ma quello irrisolto è
senz’altro il più doloroso.”
Oscar si concesse una veloce
riflessione.
Per quanto fosse sottile, il
discorso di Lisette appariva molto chiaro. Quella donna voleva chiederle
qualcosa e lei sospettava quale fosse la natura della richiesta.
“Vi prego smettete di girare
attorno al problema: voi volete qualcosa da me e credo anche di sapere cosa.
Volete stabilire un contatto con mia sorella, forse addirittura un’ alleanza.
Volete che Danielle non ostacoli il riconoscimento. Volete che io la convinca
ad accettare questo strano compromesso che proponete, in virtù di qualcosa che
dovrebbe accomunarvi?”
Lisette era rimasta seduta accanto
alla culla fino a quel momento, ma all’improvviso decise di alzarsi e si pose
in piedi di fronte alla sua ospite.
“È inutile negarlo. Voglio il nome
dei Recamier per mia nipote, non voglio che passi per una bastarda. E per
questa concessione, credo di poter offrire qualcosa in cambio…”
Gli occhi di Lisette adesso
brillavano, ma Oscar alle sue parole non poté fare a meno di sorridere.
“Cosa mai potreste offrire voi?”
“Quello cui anela uno spirito
inquieto alla perenne ricerca di altro: la libertà. Io posso offrire alla
contessa di Recamier l’occasione e il pretesto per raggiungerla.”
Improvvisamente per Oscar quelle
parole parvero sconvolgenti e non fu sicura di comprenderle appieno.
“Libertà? Voi credete che mia
sorella voglia…?”
“Vostra sorella è uno spirito
inquieto, proprio come voi, Oscar, proprio com’era Isabeau… Vincoli, catene,
costrizioni, regole imposte da altri vi vanno stretti. Vivete secondo la vostra
natura. Inseguite la libertà a dispetto di tutto. Dalle catene tentate di
liberarvi. La catena di vostra sorella è il matrimonio. La vostra forse siete
voi stessa.”
“Strano filosofico discorso, il
vostro. Ma secondo me, stiamo andando fuori tema. O forse, cercate soltanto di
portarmi nella direzione che preferite.”
Obbiettò Oscar, ma con scarsa
convinzione.
“Voi dite? Provate a parlare con vostra
sorella di ciò che vi ho appena detto. Per fugare ogni dubbio, ditele anche che
non fa parte dei miei piani sposare Leopold, voglio solo un nome di rispetto
per mia nipote.”
Mentre Oscar si allontanava da
palazzo Marchard con André, un turbine di pensieri le si affollavano in testa.
Uno su tutti dominava sugli altri:
l’istinto le diceva che Lisette era molto diversa dalla donna ingenua e docile
che appariva a una prima frettolosa impressione. Che non avesse mire sul
cognato le sembrava poco probabile e la sua dichiarazione non era altro che un
astuto stratagemma. Aveva la netta sensazione che fosse una donna assai
intelligente, scaltra e disincantata, e soprattutto, sorprendentemente acuta.
Se non si fosse sbagliata, Danielle
si sarebbe confrontata con una rivale degna di lei.
Continua…