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Autore: Diana Klein    25/04/2013    3 recensioni
La storia è ambientata in un 'mondo parallelo', dove ogni persona ha un filo rosso intangibile intorno al polso, che la lega alla propria anima gemella. Diana, una ragazza studiosa e intelligente dell' alta borghesia. Rin, un ragazzo immaturo e scansafatiche, con un tragico passato alle spalle. Due ragazzi, completamente diversi, legati dal destino. Cosa succederà, quando si incontreranno? Riusciranno ad accettare la loro diversità e a comprendersi a vicenda?
"...ogni persona, dal momento della sua nascita fino alla sua morte, è legata da un filo rosso, invisibile, alla sua anima gemella..." "...Esso ti guiderà inevitabilmente dalla tua anima gemella, e indipendentemente dalla distanza e dal tempo che ci impiegherà."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diana guardò l’ orologio. Era tardissimo, eppure non riusciva a prendere sonno. Pensava e ripensava a ciò che le era successo. Continuava a rigirarsi nel letto, e quell’ immagine continuava a tornarle in mente. Il suo viso così vicino a quello dello sconosciuto… Come aveva osato!?  Le vennero i brividi di disgusto. Non era la prima volta che veniva molestata. Era una bella ragazza, aveva un bel fisico e i capelli lunghi e mossi, attirava molto i maschi. Questo non lo poteva proprio accettare, si era sempre considerata una ragazza fortunata, e con talento, non riusciva a sopportare l’idea che qualcuno la potesse usare come puro divertimento. 
“Non tornerò più così tardi la sera” Si promise, e si tranquillizzò. Ma poi un altro pensiero le scivolò nella mente. Il giorno dopo sarebbe stata domenica.
“Oh no… E’ domani” Pensò.
“Tornerò ancora in quella casa. Perché?  Io non voglio…” Rabbrividì solo al pensiero.
“Di nuovo quella stanza. Di nuovo quello stupido sorriso… Perchè?” 
Una lacrima le scese sulla guancia destra. E poi una sulla guancia sinistra. Pian piano, molte lacrime iniziarono a rigarle il volto. Diana si strinse nel lenzuolo.


Quella stessa sera, dall’ altra parte della città, Rin stava tornando lentamente a casa. Si era intrattenuto fuori con Gabriele, anche se aveva promesso alla madre che non sarebbe tornato tardi. Erano andati in giro per il centro, senza preoccuparsi dell’ orario.
“Solo per oggi” si era detto Rin “E’ per festeggiare il mio nuovo lavoro”.
La stradina dove si trovava la sua casa era deserta e buia, ma lui ci era abituato. Aprì lentamente la porta con le sue chiavi, senza bussare, per non svegliare la madre e la sorella. Camminò a tentoni fino all’ interruttore del lampadario più piccolo e meno luminoso. Lo accese, e si accorse subito che c’era qualcosa di sbagliato. 
“Ma che diavolo…?” Pensò allarmato. Nel minuscolo salotto, le tre sedie erano rovesciate. La finestra aperta, un vetro rotto. I panni, che di solito erano piegati ordinatamente sull’ asse da stiro, erano sparpagliati per tutta la stanza. La credenza era spalancata, e i suoi pochi libri scolastici rimasti, quelli che nonerano ancora stati venduti, erano tutti a terra. Era come se fosse passato un uragano, e in più si sentiva una strano odore. Rin conosceva bene l’ odore di casa sua: e c’era qualcosa che non andava. A un tratto sentì un rumore, provenire dalla sua stanza. Corse a vedere; sua sorella, Valeria, era rannicchiata vicino il suo letto, con le mani appoggiate sulle orecchie. 
-Vale! Cosa è successo? Che ti prende? Valeria…?- Ma la sorellina non rispose. 
Il ragazzo provò a scuoterla un po’, ma niente. Continuò a chiamarla.
-En- ri- co….- Riuscì a un tratto a mugolare Valeria.
-Valeria?- Rin cercò di avere un tono di voce più calmo possibile.
-Sono venuti. Sono venuti… brutti...- 
-Chi?-  Valeria non rispose. 
-Valeria? Cosa cazzo è successo?- La sorella scoppiò in lacrime. Rin si sentì una stretta allo stomaco. 
-L’avevano detto… io- io lo sapevo…- Singhiozzò la piccola. Rin iniziò a sudare freddo. Si alzò lentamente, si guardò attorno. I cassetti erano tutti aperti, come se qualcuno avesse cercato frettolosamente qualcosa.
-Dov’è …mamma?- Chiese il ragazzo col cuore in gola. Sapeva che la sorella non avrebbe risposto.
Camminò lentamente, come se avesse avuto paura - o l’aveva davvero? - nella camera della madre. 
Cercò con la mano l’ interruttore. Lo trovò. Accese la luce.
La finestra aperta. I cassetti aperti. Il letto sfatto. I vestiti a terra. Sua madre, a terra. 
Era raggomitolata su se stessa, in posizione fetale, sembrava quasi una bambina. Era minuta, si, ma mai come in quel momento Rin si accorse di quanto poteva essere debole e indifesa. Aveva i capelli scompigliati, buttati all’ indietro. Gli occhi chiusi, e sul viso un espressione di tensione.  Rin chiuse gli occhi, come se non avesse creduto a ciò che aveva visto. Poi li riaprì. Lo scenario era lo stesso. In quel momento fu come se qualcuno gli avesse pugnalato lo stomaco. Silenziosamente, si avvicinò a sua madre. Si chinò, e si poggiò sulle ginocchia. I suoi movimenti sembravano quelli di un robot, non erano naturali. E a lui sembrava di muoversi come in un brutto sogno, un incubo.
-Mamma?-
Sussurrò. 
Nessuna risposta.
-Mamma?-
Ancora nessuna risposta. 
Le prese il polso delicatamente, come se fosse stata una bambola di porcellana.
Era il silenzio piu’ assoluto. Si potevano udire solo i battiti di Rin. Solo i suoi.
Nient’ altro.
Rin era paralizzato. Tutto il mondo sembrò cadergli addosso. Tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento fu spazzato via in quei pochi attimi. Avrebbe voluto gridare, urlare, ma non riusciva. Avrebbe voluto alzarsi e correre via, lontano, ma non riusciva. Avrebbe voluto piangere, piangere e sfogarsi come un bambino; ma non riusciva. Mai come in quel momento, si accorse di quanto lui fosse ancora piccolo e inesperto. Mai come in quel momento, si accorse che non aveva mai avuto un dialogo sereno, tranquillo con sua madre. Mai come in quel momento si pentì di non aver mai abbracciato sua madre. E dentro di lui iniziò a crescere tanta rabbia, una tale rabbia che offuscò perfino il dolore. Se solo fosse tornato più presto, se solo non avesse disobbedito ancora una volta, avrebbe potuto difenderla. Avrebbe potuto vedere in faccia quei luridi bastardi. Iniziò a odiarsi, iniziò a odiare quel suo essere irresponsabile, quel suo voler fare sempre di testa sua. Iniziò a odiare il mondo.
Si alzò lentamente, tenendo la testa china. Non una lacrima, non un singhiozzo, quella notte.
Solamente un triste, e amaro senso di vuoto dentro Rin, come non l’ aveva mai provato.
Come se se ne fosse andato via un pezzo di lui.

E avrebbe voluto poter tornare indietro, solo per poterle dire quel “Ti voglio bene” che non le aveva mai detto. 
Solo per poterle dire quel “Grazie” che non le aveva mai fatto sentire.
Solo per abbracciarla, per l’ ultima volta.



Angolino dell' autrice ♥

Ciao gente!! ^-^
Scusate se questo capitolo è un po' corto, e se ho trascurato un po' Diana, mi farò perdonare u.u
Ovviamente, se avete letto questa storia, siete i miei idoli e vi amerò per il resto della mia vita (:
Spero di aggiornare al più presto...
A presto!! ♥

Noos ♥ 

 

  
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