Lincoln
si diresse
trafelato verso la stanza del TARDIS in cui stava sua moglie.
Era
preoccupato sia
per Olivia, che per il bambino; rischiava di perderli entrambi da un
momento
all'altro a causa della VPE. Nonostante le rassicurazioni della donna,
aveva comunque
paura.
Entrò
nella stanza
di corsa, fermandosi vicino al letto su cui era stesa la moglie.
"Tesoro...
Olivia mi ha detto tutto. Come ti senti?" domandò,
preoccupato.
Olivia
sembrava
tranquilla. Si carezzava la pancia, respirando profondamente; si
voltò verso il
compagno e gli sorrise.
"Sto
bene,
Tyrone... il bambino sta per nascere." sussurrò. Era
visibilmente
affaticata, ma non voleva che il marito si preoccupasse.
Lincoln
le carezzò
i capelli, posandole un bacio sulla fronte, quindi si sedette sul
letto,
facendola sistemare meglio per farla stare più comoda.
"Andrà
tutto
bene." la rassicurò "Olivia è andata a cercare
Walter. Tra poco
saranno qui, tieni duro."
La donna
annuì,
guardandolo in volto. Le tornarono alla mente le immagini di un ricordo
lontano,
mai realmente avvenuto, ma che era parte della sua vita.
"L'altra
volta
c'eri anche tu." sussurrò.
"Quando?
Di
che parli?" chiese l'uomo, confuso.
"Quando
è nato
Henry. C'eri anche tu."
"Olivia...
non
è possibile..."
"In
realtà non
eri tu, ma l'altro Lincoln... lui mi ha detto..." si bloccò,
ripensando a
quei terribili momenti nel quartiere cinese. Era presente anche il suo
migliore
amico, la teneva tra le braccia mentre lei dava alla luce il suo
bambino; non
la mollava, e la incitava a tenere duro. Lei si aggrappava a lui, alle
sue
parole, cercando di mantenere un po' di lucidità. Ad un
certo punto, però,
aveva perso i sensi, le parole di Lincoln parevano lontane, ma nella
poca
lucidità di quel momento le era sembrato di sentire tre
parole.
Tornò
a guardare il
marito, l'altro Lincoln, così simile, eppure così
diverso dal suo migliore
amico, morto per mano di un terrorista.
Il suo
migliore
amico la amava, glielo aveva detto quel giorno, ma lei non ricambiava,
era solo
un amico, nient'altro.
"Lui mi
amava...
me lo ha detto quel giorno..." confessò "Ma io non..." non
fece
in tempo a completare la frase che una contrazione le mozzò
il fiato.Lincoln la
strinse rassicurante, era l'unica cosa che poteva fare, almeno
finché non fosse
arrivato Walter.
Olivia
chiuse gli
occhi, respirando lentamente e cercando di rilassarsi. La sua mente
vagava,
libera da ogni vincolo, riportando a galla ricordi passati.
Erano
tutti momenti
passati col suo Lincoln, dal momento in cui si erano incontrati al
ponte quel
giorno di 25 anni prima, quando lui aveva quell'adorabile aria da pesce
fuor
d'acqua, fino alla chiusura del ponte stesso, quando lui aveva deciso
di
restare con lei, e poi i momenti passati insieme dopo.
Uno, in
particolare, era ancora nitido nella sua mente.
Era una
bella
giornata di marzo, e da qualche settimana non c'erano stati Eventi
Fringe; era
il loro giorno libero, così avevano deciso di uscire,
approfittando del
pomeriggio di sole, dopo tre giorni ininterrotti di pioggia.
Camminavano
mano
nella mano lungo Broadway, fermandosi a guardare vetrine e le locandine
degli
spettacoli dei vari teatri della via. Stavano insieme da un anno e
convivevano
da due, era una giornata come ne avevano passate tante.
Si
fermarono in un
bar, sedendosi su uno dei tavolini disposti all'aperto e ordinando due
bibite
fresche.
Mentre
aspettavano
le ordinazioni, Olivia ascoltava i racconti del compagno riguardanti la
vita
nell'altro universo. Le piaceva ascoltare i suoi racconti, e sapeva che
per lui
era un modo per non sentirne troppo la mancanza, quindi lo lasciava
parlare,
senza interromperlo.
Lincoln
le teneva
delicatamente la mano, guardandola negli occhi, quando una coppia con
un
bambino di circa un anno passò accanto a loro. Il piccolo
camminava da solo, di
fronte ai suoi genitori, traballò e cadde proprio accanto a
Olivia; la donna fu
pronta subito a prenderlo al volo e lo restituì alla madre,
prima di tornare a
sedersi al suo posto. Si accorse subito che lo sguardo dell'uomo era
cambiato,
come avesse avuto una rivelazione improvvisa.
"Tutto
bene,
Tyrone?" domandò, usando il suo secondo nome, come ormai era
abituata a
chiamarlo quando erano soli.
L'uomo
scoppiò
improvvisamente a ridere. Rideva di gusto, come non lo aveva mai
sentito.
"Tyrone?
Che
succede? Che hai?" domandò la donna, stranita.
Lee fece
un respiro
profondo, cercando di riprendere il controllo delle proprie azioni.
"Quanto
dura
la luna di miele da questo lato, Liv?" domandò, incuriosito,
scrutandola
da dietro i suoi occhiali, con il sorriso sulle labbra. La Rossa lo
fissò
allibita, senza rispondere, quindi Lincoln si affrettò a
specificare "È
per curiosità... volevo sapere quanto tempo saremmo stati
via per il viaggio di
nozze."
Olivia
arrossì,
sorridendo e abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate sopra il
tavolo.
"Mi... mi
stai
chiedendo quello che penso?" domandò.
"Livvy,
una
volta una persona mi disse che la propria casa è dove si
trova il cuore, ed è
in giornate come queste, in cui passo il tempo libero con te, che mi
rendo
conto di quanto avesse avuto ragione. Per questo io ti chiedo, vuoi..."
Non
riuscì a
completare la frase: il bambino che poco prima Olivia aveva aiutato a
rimettersi in piedi fece un urlò.
Senza
pensarci due
volte, entrambi si alzarono, pronti a reagire. Si voltarono nella
direzione in
cui avevano sentito il bambino e restarono stupiti dallo spettacolo che
avevano
davanti: un luminoso arcobaleno era comparso in direzione dell'Empire
State
Building, tra i dirigibili attraccati.
Olivia
rimase a
guardarlo per lunghi minuti: erano anni che non vedeva un arcobaleno
nel suo
mondo.
Lincoln
sorrise,
passandole dolcemente un braccio attorno ai fianchi e le
posò un bacio sulla
tempia.
"Sposami,
Rossa" le sussurrò, dolcemente, all'orecchio. La donna
restò in silenzio e
si strinse al compagno, continuando a guardare l'arcobaleno.
Una
contrazione la
riportò alla realtà.
"Questa
era
più vicina..."sussurrò, appena il suo respiro
tornò ad essere regolare.
Lincoln la strinse, preoccupato, senza dire nulla.
In quel
momento
l'altra Olivia rientrò, accompagnata da suo nipote Eddie e
da Astrid, che
reggevano Walter, il quale sembrava tutto fuori che lucido.
"Okay, lo
abbiamo trovato." disse la bionda, avvicinandosi al letto
"c'è solo
un problema: ha assunto qualche stupefacente trovato in giro per
l'edificio,
per cui non è in grado di fare nulla ora."
La
partoriente
ascoltò in silenzio,quindi il suo sguardo passò
dal suo doppio, a Walter, al
marito, per poi tornare su Olivia. Annuì.
"Mi fido
di
te, Olivia." disse.
Nel
frattempo,
all'esterno la voce dell'imminente parto della Rossa era girata, ed
erano tutti
in trepidante attesa, nonostante cercassero di mantenere un certo
controllo e
continuassero ad eseguire i loro compiti.
Rose
camminava per
la stanza, cullando il suo bambino, il quale si guardava intorno
incuriosito;aveva capito anche lui che stava per succedere qualcosa.
River si
avvicinò e
fece una carezza al bambino, il quale le afferrò la mano e
la esaminò con cura
e curiosità. Rose sospirò e la guardò
negli occhi.
"John
dice che
vi siete già incontrati una volta." esordì la
bionda.
"Se il
Dottore
lo ha detto, allora devi credergli." rispose l'altra, sorridendo e
continuando a guardare il piccolo Peter.
"Starà
bene
Olivia? Lo so che non vuoi rispondere alle domande sul futuro, ma
Olivia è una
mia amica..."
"Staranno
bene
sia lei, sia il piccolo Lincoln Oliver." la rassicurò, prima
di guardarsi
intorno, cercando qualcuno "Per caso sai dov'è tuo fratello?"
"Credo
sia in
giro con Etta. Passano molto tempo insieme, ultimamente.
Perché?"
"Semplice
curiosità... tuo fratello sarà un uomo importante
nella mia vita, quindi se gli
succedesse qualcosa sarebbe un disastro."
"Un uomo
importante? In che senso?"
"Spoiler!"
esclamò la riccia, prima di allontanarsi nuovamente.
I due
ragazzi, nel
frattempo, erano usciti nel cortile dell'università. Erano i
primi giorni di
gennaio del 2037, e l'aria era fredda e pungente.
Henrietta
camminava, stretta nel suo cappotto, mentre Tony le stava accanto, in
silenzio.
La giovane era pensierosa e preoccupata.
"Qualcosa
ti
preoccupa, biondina?" chiese il giovane, passandole un braccio attorno
ai
fianchi.
"Sono
solo
preoccupata per Olivia. È stata una seconda madre per me,
dopo che la mamma ha
deciso di rinchiudersi nell'Ambra..." confessò la giovane.
Tony la
strinse
rassicurante, baciandole la tempia.
"Andrà
bene,vedrai. Se la caveranno entrambi."
Etta
sorrise,
stringendosi al compagno. Il ragazzo la abbracciò meglio, e
restarono in quella
posizione per qualche minuto, finché non sentirono qualcuno
avvicinarsi alle
loro spalle; si voltarono e si trovarono di fronte il vecchio Charlie.
"Signore?
Tutto bene? Hai bisogno di me?" chiese Tony, allontanandosi leggermente
da
Etta.
"Tranquillo,
Tony, tutto bene. Solo fossi in te non mi farei vedere così
vicino a Henrietta
in presenza di Jack. Sai quanto è geloso." rispose l'altro
"Comunque
sono venuto ad avvisarvi che è appena nato il bambino di
Olivia. Se volete
potete andare a vederlo."
I due
ragazzi si
fissarono, poi Henrietta annuì e tornò nel
vecchio laboratorio, seguita dai due
uomini.
Entrarono
insieme
nel TARDIS. C'era silenzio; entrarono nella stanza della Rossa e si
guardarono
intorno.
Walter
era seduto
in un angolo, Henrietta dedusse che doveva essere completamente fatto,
visto il
modo in cui fissava il palmare di Eddie, collegato via wireless alla
rete della
Cabina Blu. Astrid e la madre di Etta erano indaffarate a rimettere in
ordine
attorno al letto, dove c'erano i coniugi Lee.
Olivia
era stesa
sul letto, tra le braccia stringeva un fagottino azzurro, e lo fissava
attenta,
ignorando tutto ciò che le succedeva intorno. Lincoln le
carezzava i capelli,
fissando anche lui il fagottino e sorridendo.
Henrietta
si
avvicinò ai due, in silenzio. Non voleva disturbare quel
momento di intimità,
ma nello stesso tempo voleva conoscere il nuovo membro della sua
famiglia
allargata. La neomamma alzò gli occhi e le fece cenno di
avvicinarsi ancora;
quando la giovane fu vicina, i due neogenitori si fissarono
intensamente,
quindi Lincoln prese il fagottino con delicatezza, si alzò
dal letto e si
avvicinò a Henrietta.
"È
un
maschio?" domandò la giovane, guardando il piccolo,
addormentato tra le
braccia del padre.
"Sì.
Lincoln
Oliver Lee. Vuoi prenderlo? In un certo senso è tuo
fratello, è giusto che vi
conosciate."
La
giovane sorrise,
guardando il bambino. Il piccolo aprì gli occhi, assonnato,
fissandola
corrucciato per qualche secondo. Aveva gli occhi chiari, non si capiva
bene se
erano quelli del padre o della madre. Gli diede un bacio sulla fronte.
"Benvenuto
al
mondo, fratellino." disse, prima di restituirlo a Lincoln e
allontanarsi,
affiancando Tony.
In quel
momento
entrarono nella stanza anche il Dottore e Peter. Quest'ultimo, appena
entrò,
lanciò un'occhiata al padre, ancora seduto nell'angolo,
perso nei suoi
pensieri, quindi si voltò verso la compagna.
"Ha
passato il
tempo a parlare di cibo." spiegò la bionda "E non era
affatto
concentrato. Per lo meno è stato tranquillo."
peter
annuì e si
voltò verso il letto. Il Dottore si era già fatto
avanti e teneva in braccio il
piccolo; sorrideva, e in quel momento sembrava più vecchio
di quanto apparisse
di solito. Forse erano tornati alla sua mente vecchi ricordi di 900
anni prima,
quando aveva tenuto per la prima volta in braccio Olivia e Rachel;
forse aveva
appena realizzato di essere diventato nonno, e il peso degli anni che
aveva
sulle spalle si era fatto sentire.
Bishop li
guardò a
lungo. Era concentrato su di loro quando una voce gli
sussurrò nella sua mente.
-Peter...- sussurrava -È
quasi giunto il momento. Tieniti pronto.-
Alzò
gli occhi, in
trance, guardandosi intorno alla ricerca della fonte della voce, e il
suo
sguardo fu nuovamente catturato dall'orologio da taschino di Lincoln,
che
quest'ultimo, in quel momento, teneva tra le mani.
Tutti si
accorsero
del repentino cambio di espressione dell'uomo. Olivia e Etta gli si
avvicinarono, guardandolo preoccupate, mentre il Dottore scambiava uno
sguardo
eloquente a Lincoln e, dopo aver restituito il bambino alla madre, si
avvicinò
al genero, facendolo sedere su una sedia vicino al letto.
"Credo
che
dobbiamo parlare." esordì "tutti quanti."