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Autore: Josie5    29/04/2013    19 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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 (ringrazio _miaoo_ per questa immagine <3 )
23.Trattenermi


 

 

 

Il sole splendeva in un cielo fin troppo azzurro per essere ancora così presto; nemmeno una nuvola rovinava quel colore acceso e l'aria era ferma, calda, in un primo weekend d'Aprile che faceva sperare nel meglio per l'arrivo della bella stagione.

Era quindi una giornata bellissima e io, Evelyne Gray, alias la ragazzina del giornalino scolastico, alias la schiavetta/“amica” di Max Parker, stavo attaccando, con parecchia fatica, i cartelloni sulla casetta dei baci.

Una giornata bellissima e mi toccava spenderla rinchiusa in quel buco. Spenderla appendendo cartelloni con baci stampati - grazie al rossetto - di Dawn e le sue amiche.

Spenderla a baciare sconosciuti.

Spenderla a guardare Parker baciare sconosciute.

Sospirai dopo essere riuscita finalmente a sistemare tutte le decorazioni, chiusi la scala e, sempre con molta fatica, la sollevai riportandola al suo posto dentro la casetta.

A continuare a parlare di casette poi mi sentivo sempre più una sottospecie di Biancaneve; ci mancavano solo i sette nani!

E il principe.

Un po' stizzita sistemai meglio il barattolo di vetro, che avrebbe contenuto le monetine, sul bancone, di fianco al mio cellulare che rimaneva lì acceso, con lo schermo illuminato che continuava a mostrarmi l'assenza di messaggi.

Parker, come il principe azzurro di Biancaneve, non si faceva vedere né sentire e io ero lì da ben più di mezz'ora a sgobbare al suo posto, ovviamente.

Che poi, pensai meglio, Parker nella mia favola non sarebbe stato il principe. Forse il cacciatore: pronto ad uccidermi.

O la strega. Sì, probabilmente sarebbe stato la strega cattiva.

- Eve - mi sentii chiamare e alzai la testa trovando Ben. Sorrisi di riflesso, pur continuando mentalmente ad inveire contro Max. - Ti ho vista arrivare prima tutta di fretta e non sono riuscito a fermarti! - Sembrò quasi sgridarmi appoggiandosi al bancone davanti a me, e posandoci anche due caffè e un sacchetto di carta.

Lo guardai interrogativa. - E questo?

Continuò a sorridermi e con la testa mi fece segno di seguirlo.

Presi il cellulare, leggermente deliziata, uscendo dalla casetta per raggiungerlo. - Mi hai davvero preso la colazione? - Chiesi appena me lo ritrovai di nuovo davanti.

- Sai, dicono che gli uomini si conquistano prendendoli per la gola e credo valga anche il contrario - mi informò.

Risi andando a sedermi sulla panchina lì vicino. - Ma tu non vuoi conquistarmi!

Mi affiancò, continuando a sorridere sotto i baffi. - E perchè non dovrei?

- Perchè non lo vuoi - ribattei estraendo un'enorme ciambella dal sacchetto che mi stava porgendo.

- Teoria interessante senza basi solide - mi prese in giro e cominciò a mangiare, mettendo tra di noi i due caffè.

Risi, guardandolo e prendendo uno dei bicchieri bollenti. - E grazie mille per questo.

- Niente - rispose semplicemente, sorridendo.

Rimanemmo per un po' in silenzio, non sapendo che altro dire e limitandoci a goderci la bevanda, lo zucchero e il sole che ci scaldava.

- Lui dov'è? - Domandò di punto in bianco e non ci fu bisogno di chiedere delucidazioni su chi stesse parlando.

- Se lo sapessi lo sarei andata a prendere di peso - sibilai freddamente.

Ben fece una risata corta ma tornò presto serio. - Il vostro rapporto è cambiato da Sadie Hawkins - mi fece notare, sempre all'improvviso e questa volta il bicchiere mi traballò un attimo in mano.

Mi sentii quasi arrossire e indugiai il più possibile sul liquido scuro; continuai a non guardarlo. - In che senso? - E in realtà avrei voluto chiedere “davvero?” ma dovevo trattenermi.

- Quando vi vedo insieme ultimamente vi comportate in modo diverso - rispose solo.

Lo guardai e incrociai i suoi occhi scuri, quanto il caffè per cui avevo perso interesse. Boccheggiai e alla fine mi arresi, non sapendo cosa dire.

- E tu lo odiavi ancora durante Sadie Hawkins.

- Lo odio ancora - lo corressi, inumidendomi poi le labbra.

Rise ma non rispose a quello. - Sai comunque che ti prenderai qualche strana malattia, vero? - Mi chiese cambiando velocemente argomento di nuovo.

- Per questo faccio il turno con Parker: baceranno lui - spiegai sorridendo contro il bicchiere mentre tornavo a rilassarmi.

- Io se venissi a trovarvi di sicuro non bacerei lui!

Mi andò un po' di traverso il caffè e tossicchiando guardai Ben per poi scoppiare a ridere. - Non fingere ancora di volermi conquistare, eh!

Non fece caso alle mie parole e mimò una smorfia offesa. - Ma come, Evelyne?! Hai visto com'è stato carino dal veterinario, ormai accetta la nostra storia d'amore!

- Appassionante love story, la nostra - finii per assecondarlo e lanciandogli un finto sguardo provocante.

Ben rise ancora di più, facendomi scuotere la testa. -Ehy, mi piaci quando mi dai corda! - Disse alzandosi in piedi e finendo l'ultimo pezzo di ciambella.

- Non ti abituare, Ben.

- Che cattiveria! - Si lamentò, facendo un passo indietro e finendo per salutarmi frettolosamente: dei suoi compagni della banda scolastica lo stavano chiamando da lontano.

Gli feci un cenno in risposta e rimasi lì, con la colazione e il mio silenzio.

Silenzio, da sola.

Da sola. Come non avrei dovuto essere.

Dov'era quel maledetto?!

Continuai a mordere la ciambella, ma adesso con rabbia. Ripensavo agli sguardi di Max durante la festa, al suo ritardo. Era ovvio che fosse ancora a letto, magari continuava addirittura a dormire, scombussolato per l'essere stato fuori fino a tarda notte a bere e far festa, e forse adesso litigava con le coperte, col sonno e con la sveglia che continuava a suonare – sempre se si era ricordata di impostarla -. Pensai a tutto quello con una strana sensazione di fastidio che non avrei dovuto provare, per non farmi del male, e che non era giusto provassi.

- Eccomi ...
Sobbalzai interrotta bruscamente dalla voce che mi era ronzata nei pensieri fino a quel momento. Mi girai e guardai Max mentre si stravaccava sulla panchina, di fianco a me, occhiali da sole, e una smorfia strana, quasi fosse stato indeciso se sbadigliare o lamentarsi.

- Alla buon'ora, eh.

- Cosa voleva il nanetto? - Provò a dire con la voce impastata e decidendo alla fine di sbadigliare con poco contegno. E cercai di non pensare a lui che vedeva me e Ben insieme, da lontano.

- Mi offriva la colazione - incominciai in modo quasi polemico ma lui si voltò all'improvviso, facendomi sobbalzare. Prima che potessi anche solo elaborare un nuovo pensiero lui aveva allungato la mano verso il mio caffè e lo stava bevendo. Avevo guardato l'intera azione incredula e dopo aver collegato mi alzai, tenendo la mezza ciambella che mi restava fuori dalla sua portata. -Parker! Era mio il caffè! Stronzo! Adesso me lo rivai a prendere!

Finì di bere. -No- rispose con un sorrisone, riporgendomi il bicchiere. Lo afferrai con rabbia constatando dal peso che era vuoto: nemmeno una goccia. Ben e Parker mi sembravano sempre di più agli antipodi e perchè ero innamorata del polo negativo?

Misi in bocca l'ultimo pezzo di ciambella, prima che potesse rubarmi anche quella – e lo avrebbe fatto -, sentendo i granelli di zucchero sotto i denti e poi gli diedi le spalle, marciando verso la casetta.

- No, dai, aspetta un attimo! Non sto molto bene! Un attimo! - Cominciò a urlarmi dietro, con un tono all'improvviso drammatico.

- Non me ne frega niente! Impari la prossima volta a bere meno - mi lamentai girandomi e fulminandolo con le mani sui fianchi e sembrando senza accorgermene solo una mammina.

Max mi osservò e fece un'altra smorfia, questa mi sembrò realistica, al contrario di quello che avevo pensato della voce, e la mia espressione si ammorbidì velocemente.

- Non è stato solo … E' stata una notte schifosa, Evelyne, dammi tregua un attimo che mi sento male e non so nemmeno come ce l'ho fatta a venire fin qua e ...

Alzai gli occhi al cielo sospirando e tornando davanti alla panchina. - Alcolizzato - lo apostrofai mentre a malincuore mi preoccupavo davvero, vedendolo passarsi stancamente una mano tra i capelli e guardare all'improvviso per terra.

E proprio preoccupata accennai un tocco ai suoi ciuffi, per farlo smettere di toccarseli. Lui sollevò la testa, guardandomi attraverso gli occhiali e non potendo vedere i suoi occhi non sapevo cosa pensasse.

- Hai bevuto davvero così tanto? - Chiesi cercando di sembrare divertita e cancellargli quell'espressione; gli rubai anche i Ray-Ban in un'iniziativa che normalmente non avrei avuto: ma volevo guardarlo negli occhi.

Lui li chiuse prima che incrociassero i miei, accecato dalla luce del mattino e si portò una mano sul viso. - Abbastanza … - brontolò.

- Beh ormai dovresti esserci abituato - constatai, inforcando, in uno strano impeto, i suoi occhiali e ridacchiando.

Parker mi guardò finalmente e per la prima volta trovai il verde, di uno strano colore attraverso le lenti scure. Si mordicchiò le labbra, come a disagio e non parlò.

- Che c'è? - Chiesi perplessa ricambiando l'occhiata. - Non posso mettermeli dopo tutte le libertà che ti prendi tu? - Rinfaccia fintamente acida e mettendo su il broncio.

Sospirò. - No, puoi tenerli. Andiamo alla casetta che sta arrivando gente - disse alzandosi finalmente.

Io mi guardai attorno notando un gruppo di genitori con bambini che arrivavano cominciando a riempire la piccola fiera della nostra città. - Darai un bacio a delle belle bimbe, contento? - Risi facendoglielo notare.

Max mi lanciò un altro strano sguardo e poi abbozzò un sorriso.

Pensai che non mi sarei mai ubriacata se il risultato era quello.


 


 

Ridevo come un'idiota guardando Parker che doveva lasciarsi dare un bacino dall'ennesima bambina; sulla guancia, ovviamente, perchè erano pur sempre bambine.

Il turno al mattino era davvero il migliore: non c'erano adolescenti in giro visto che tutti dormivano per recuperarsi dal venerdì sera, e solo bambini e genitori si erano mossi di casa. E solo le bambine si avvicinavano, tutte per Max.

- E' una giornata orrenda - commentò fulminandomi per la mia risata e incrociando le braccia.

Continuava ad avere un'aria stanca, sottolineata dalle occhiaie sotto gli occhi. Ma Max era comunque bello, con i suoi occhi chiari e assonati e con i capelli spettinati e alle bambine bastava.

Io invece continuavo solo a ridere, con gli occhiali di Parker a tenermi i capelli fermi, all'indietro, divertita dall'inizio relativamente positivo che stava avendo la giornata.

- E comunque visto che nemmeno i bambini ti vogliono baciare? - Mi fece notare all'improvviso, e a me sparì il sorriso e lo fulminai.

- Max! - Parker ed io ci girammo verso la voce e una ragazza magra, sorridente e biondissima entrò nella casetta da dietro: Dawn; seguita da Eyre e Flores. Bionda, rossa e mora, perfette davvero.

Sospirai abbastanza teatralmente appoggiandomi al bancone della casetta, guardando fuori e cercando con gli occhi qualcuno che potesse aiutarmi. O a scappare o a sopprimerla.

E avevo appena pensato che la giornata non stava andando male, vero?

- Come mai già qua? - Chiese Max ancora accigliato e di mal umore, evidentemente, per il dopo-sbornia.

- Non sei contento di vedermi di nuovo? - Dawn rise acutamente e sembrò di sentire una collana che si sgrana.

No, risposi mentalmente io facendole il verso.

Parker si limitò ad alzare gli occhi al cielo, sedendosi su una delle due sedie davanti al bancone. - Non rompere, che non mi va.

Finii di osservare la gente che passava solo per godermi la smorfia offesa di Dawn e non feci in tempo a smettere di trattenere le risate che i suoi occhi azzurri e grandi si conficcarono nei miei. I suoi occhi non mi piacevano.

Dawn sorrise ed era un sorriso da cheerleader, un sorriso cattivo.

- Peccato che tu ieri, Evelyne, te ne sia dovuta andare così presto - commentò leggera, canticchiando. Eyre e Flores dietro di lei, una da una parte, una dall'altra, in una perfetta coreografia, ridacchiarono guardandosi.

- E perchè mai? Il mio letto era più comodo dei divani strapieni di Kutcher - risposi a tono, tornando ai miei consolidati sorrisi acidi per ricambiare il suo.

Lei sgranò leggermente gli occhi in una posa che doveva essersi studiata allo specchio e si portò l'indice sul mento. - Oh, ma i suoi letti sono molto più comodi!

Non ci potevo credere. - Vantarti di essere andata a letto con qualcuno ieri sera? Molto interessante, Dawn, mi dispiace ma stavo meglio a casa. - Sbuffai e tornai a guardare oltre il bancone. Sgranai gli occhi sorpresa incontrando quelli di Kutcher. - Alex! - Salutai sorridendo fin troppo, più per far capire alla bionda che con lei avevo chiuso e non volevo parlarle.

- Via, Dawn, torna per le 3, quando facciamo il cambio - la cacciò anche Parker, con un tono davvero cupo e affiancandomi.

- La sua presenza ti fa sempre tanto bene eh! - Gli urlò seriamente offesa la bionda girando sui tacchi e andandosene alla fine.

Io mi morsi le labbra per non ridere mentre Parker sbuffava, guardando con sufficienza Kutcher invece della ragazza.

Alex rise. - Ti vedo di buon umore, Maxi, è per l'ora o per altro? - Indagò, chinandosi sul bancone per mettersi comodo coi gomiti.

- Sono le 11:30, ormai non si può più parlare di mattino - feci notare ma fui ignorata.

- E' una giornata di merda e vorrei solo tornare a ieri sera, durante la partita magari - rispose invece Max, facendo di proposito un finto sorriso cortese.

Io mi calai gli occhiali sul naso osservandoli mentre con la testa ritornavo al dopo partita e alla piccola conversazione che io e il castano avevamo avuto.

Kutcher parlò divertito, lanciandomi ogni tanto delle occhiate. - Potrei offendermi! La mia festa non ti è piaciuta?!

Parker in risposta fece una smorfia e si stravaccò di nuovo sulla sua sedia.

- Simpatia portami via - canticchiò Alex scuotendo la testa e cominciando a guardare definitivamente solo me che ero più che d'accordo con lui.

- E Maxi ti ha dato i suoi occhiali?! Che amore che è lui! - Commentò guardandomi e ridendo e facendomi sorridere.

- Senti, Kutcher, che cazzo ci fai qua a quest'ora?!

- Maxi, non usare questo tono con me! - Lo sgridò prendendolo in giro l'altro. - E comunque Francy - cominciò rivolgendosi poi a me. - Mi ha concesso un appuntamento qua, al mattino. Secondo me non credeva sul serio che avrei accettato: insomma, mattina, dopo una festa. - Gesticolò ad ogni parola. - Sto infatti morendo, ma questo e altro - si impuntò convinto e schiacciò la punta del dito sul bancone.

Lo guardai incredula, rinunciando a ricordare che le 11:30 non era mattina presto. - Francy ti ha chiesto di uscire prima delle 5 del pomeriggio?! - Là gatta ci covava, pensai.

Kutcher mi guardò speranzoso. - E' un buon segno? Pensavo fosse un tentativo di omicidio abbastanza intenzionale ma questo tono mi rassicura!

Risi. - Non so se è un buon segno ma che Francy dopo essere andata a letto tardi si svegli prima dell'1 non è un buon segno per lei. E' possibile che un alieno si sia impossessato del suo corpo - proposi lo scenario più che probabile.

- Così si spiegherebbe anche perchè ti ha proposto di uscire - aggiunse Parker sorridendo.

Kutcher gli rivolse una smorfia. - Simpatia portami via, ripeto.

- Non fare anche tu il monotono - lo ammonì, lanciandomi un'occhiata, leggermente divertito: stava accusando contemporaneamente anche me, di esserlo spesso.

- Parker, taci, sennò ti do 50 cent e ti obbligo a baciarmi - lo minacciò Alex puntandogli un dito contro.

Abbastanza preoccupata che qualcosa del genere potesse accadere sul serio mi sedetti. - No, vi prego, la ciambella che ho preso per colazione non vi ringrazierebbe.

- Ecco! Solo perchè voglio bene ad Evelyne! - E dopo aver sorriso Kutcher se ne andò allegro.

Rimanemmo quindi soli e mordicchiandomi l'interno della bocca tornai a guardare il mio compagno di lavoro.

Lui mi stava già osservando. - E la tua amichetta non ti aveva detto niente su questo appuntamento? - Mi chiese, provando a mettersi comodo su quello sgabello. Non capivo se stesse ritornando al suo solito umore o se dovessi aspettarmi di nuovo di vederlo oscurarsi da un momento all'altro e lo guardai per un po', cercando di intuirlo da qualcosa.

- No. E non so se sentirmi offesa di non essere stata avvisata o se prenderlo come un buon segno per Kutcher.

Max rise. - E come potrebbe essere un buon segno? Di solito non è quando se ne parla con le amiche che lo è?

Mi corrucciai. - Beh, forse si preoccupa troppo di vedere come potrebbe andare perchè un po' ci tiene e spera proprio che possa funzionare- tentai. -Ma nel caso vedesse che non finisce bene, la cosa le sembrerebbe meno reale, perchè appunto non ne ha parlato con nessuno.

Lui fece una smorfia, non d'accordo. - Credo sia troppo complicata come teoria.

- Le persone sono complicate - gli feci notare, osservandolo. Parker era complicato. Complicato e incomprensibile, in particolare, tra tutti.

Max mi fece un mezzo sorriso. - In effetti è vero, a volte facciamo coglionate, tanto per complicarci la vita - disse, guardando un gruppo di tre ragazzine che impalate poco lontano continuavano a bisbigliare guardandolo. - Anche spesso, forse.


 

- A quanto siamo?

- Non sto sul serio contando - risposi fredda. Ventiquattro a cinquantatre, però.

- Che bugiarda - mi accusò e mi sentii pizzicare un fianco, sotto il bancone. Sobbalzai e il ragazzo che stava lasciando cadere i 50 cent nel barattolo mi guardò stranito ma continuando a sorridere.

Odiavo quelle tradizioni e le casette dei baci: erano una stupidita. E okay che i soldi sarebbero andati alla scuola e potevano servire ma era comunque una stupidità crudele.

Venticinque, pensai mentalmente, dopo essermi allontanata dal ragazzino passati i pochi secondi necessari a far sembrare il tutto un bacio. - Grazie mille e a presto! - Salutai fingendomi allegra e scacciandolo.

-A quanti sei quindi?- Richiese Max tranquillo e osservandomi di sottecchi, all'apparenza già annoiato.

- Ti ho detto che non sto tenendo il conto!

Dopo la pausa pranzo alla mezza era partita una piccola gara, scaturita ovviamente da una provocazione di Parker: chi sarebbe stato richiesto di più? Il vincitore avrebbe ottenuto ben 50 cent – dal barattolo -! La provocazione era stata colta, pur sapendo che avrei perso, perchè alle sue provocazioni cedevo sempre e perchè il fatto che mi fosse stata fatta testimoniava quanto il suo umore fosse migliorato. Infatti Max sorrideva e io mi sentivo già meglio: tutte le paranoie per il giorno prima si stavano lentamente cancellando, ad ogni sorriso di più.

- Non sei leale allora; una gara è una gara - mi ricordò ridendo e ritornando al pianeta terra lo fulminai.

- Stai vincendo, okay? - Risposi freddamente.

I suoi occhi verdi erano la parte a mostrarsi più divertita. - Un attimo, stai tenendo il conto anche delle mie? Che possessiva gelosa, Evy! - Mi sgridò.

- Senti, idiota - lo richiamai soffiando tra i denti.

- Toc, toc !- Max ed io ci girammo di nuovo ma ci aspettavamo già di vedere Dawn: erano le 3.

Sospirai alzandomi svogliatamente, con poca voglia di parlare con la Barbie mancata; presi anche rapidamente una delle monetine del barattolo: quella della “scommessa”, il Mostro tanto non l'avrebbe mai scoperto.

- Vi diamo il cambio subito - dissi appena finii, girandomi.

Dawn ridacchiò mentre Eyre e Flores, che come sempre si limitavano a seguirla senza parlare, entravano dentro la casetta andandole dietro e guardandosi scocciate intorno. -Se Max rimane non mi lamento però!

Lui sorrise sistemandosi gli occhiali da sole, che gli avevo ridato da un paio di ore. - Ci vediamo massimo dopo in giro, mi devo aggiungere tra un po' a Billy e Clark e Rob e Charlie e gli altri.

Dawn sorrise allegra annuendo e andando a prendere posto sullo sgabello dove si era seduto Parker. Passandogli di fianco non poté ovviamente evitare di sfiorargli il braccio, col suo solito fare da gatta morta. - Venite a trovarci poi! Non vi facciamo pagare per il bacio!

Sospirai tappandomi le orecchie, senza usare le mani ma con solo della grande forza mentale, e salutai con un cenno uscendo dalla casetta.

Parker che immaginavo mi avrebbe, come al solito, lasciata lì senza nemmeno salutare, mi si affiancò invece sorridendo leggero, appena uscito dalla piccola porta come me. - Evy, non trovo più una cosa che c'era dentro il mio borsone. Mi fai vedere nel baule per vedere se è caduto lì? - Chiese col suo tono da finta richiesta che in realtà non usava più così solitamente.

Lo guardai un po' perplessa annuendo e porgendogli intanto la monetina. - Che cos'è? - Domandai subito per distogliere la sua attenzione dai 50 cent che testimoniavano la mia sconfitta.

E sembrò funzionare. - Cosa non trovo? Il polsino nero di Alex che mi aveva infilato nel borsone, durante l'ultimo allenamento, non so nemmeno perchè … - rispose sempre tranquillamente mentre cominciando a camminare verso il parcheggio lasciava scivolare la moneta nella tasca dei jeans.

- Ah - risposi dopo un attimo, seguendolo e raggiungendolo. - Quindi mi accompagni alla macchina?

Fece spallucce. - Evidentemente.

Alzai gli occhi al cielo. - Che risposta idiota.

- Evidentemente … - ripeté, solo per irritarmi e continuando a guardare annoiato davanti a sé.

Sbuffai e lo osservai circospetta camminando, pochi centimetri a dividerci, così pochi che arrivavamo spesso a sfiorarci, senza farlo a proposito.
Ci sfioravamo e allontanavamo di nuovo e poi ci scontravamo ancora, senza farlo apposta, in un modo casuale che con Francy mi avrebbe fatto ridere per poi definirci due “calamite”, ma che con Parker mi rendeva solo elettrica.

Cercavo quindi di distrarmi guardando intorno i vari banchi e i peluche appesi in ogni luogo come possibili premi e la gente con lo zucchero filato e addirittura degli autoscontri.

All'ennesimo contatto col suo braccio, proprio quando stavo per aprire bocca per smorzare il silenzio che lui odiava così tanto, Parker mi afferrò il polso.

- Stai cercando di prendermi per mano o cosa? - Mi chiese con le sopracciglia sollevate ma ridendo.

Arrossii lievemente sballottata un attimo di lato dalla sua presa, ma non ritirando la mano che dopo tutto in quel piccolo contatto con la sua pelle non stava male. - Me l'hai appena afferrata tu! - Cercai di fargli notare con un minimo di contegno, per compensare.

- Solo perchè continuavi ad attirare la mia attenzione - ribatté e la mano però continuava a non mollarmela.

- Scusa se muovo le braccia camminando!

- Nessuno le muove così tanto! - Continuò cercando quasi di convincermi della sua tesi con lo sguardo.

- Io sì. E me la stai tenendo tu, adesso, Parker.

Mi rivolse una smorfia e mi sentii andare ancora di più a fuoco, perchè passavano i secondi e le sue mani erano sempre lì, e noi eravamo in mezzo alla fiera che si riempiva sempre di più. Così visibili e così ambigui e …

- E tu non la stai allontanando - rispose e sentii le sue dita, leggermente ruvide, forse più del solito per la partita del giorno prima, scivolare non di molto dal polso, sfiorandomi sempre più impercettibilmente e arrivando quasi al palmo; ma lo fece nel suo solito modo, come se fosse stato casuale e nemmeno ci avesse fatto caso.

Ma io ci badavo fin troppo alle sue mani e pensavo che mi sarebbe bastato poco, probabilmente solo un piccolo movimento per incrociare le dita con le sue. Ma come sarebbe stato giustificabile quello da parte mia? Soprattutto dopo quello che stavamo dicendo.

- Solo per dimostrarti che sei tu a volermi stringere la mano - dissi a voce fin troppo bassa per essere normale e rendendomi conto di essermi imbambolata.

- Che balla - rispose e dal viso e dalla voce divertita sembrava come in ogni situazione padrone di se stesso. Ma perchè non allontanava quella maledetta mano? Era una fiera, c'era gente! E perchè non la allontanavo io?!

- Non lo era - mi uscì. E non riuscendo a trattenermi le mie dita si piegarono, verso il palmo, verso le sue e arrivai a toccarle, in un modo che sembrava davvero un tentativo di stringergli la mano o un invito a venirmi incontro. E probabilmente non ero più giustificabile.

- E invece sì. Perchè si sa che io non prendo per mano nessuna.

E lo sapevo già quello, ma non riuscii a rispondere. Le parole mi arrivarono all'orecchio ma l'amaro mi sembrò di sentirlo in bocca.

- MAX!

L'urlo mi fece sobbalzare prima che potessi aprir bocca e dallo spavento strinsi i pugni, infilzando probabilmente Parker con le unghie; lui ebbe la stessa reazione, non reagendo però alle mie arpionate, e riprendendosi più rapidamente mi afferrò strattonandomi dietro l'angolo e facendo intanto uscire qualche mezza parola dalle labbra che non colsi.

Io ancora sconvolta per aver davvero provato a prendere per la “manina” Parker e già pentita dopo la sua frase, mi feci trascinare senza molte resistenze e senza nemmeno guardare da chi stesse scappando, finchè non notai che dietro l'angolo c'era una cabina di fototessere e lui stava davvero mirando a quella.

Non solo mirando, senza esitare molto mi spinse dentro. Quasi ruzzolai, rischiando per di più di cadere inciampando sullo sgabello all'interno. Lui mi seguì subito dopo, chiudendosi di scatto la tendina dietro.

- Ma stai male?! - Gli urlai, riprendendomi dopo tutto quel caos e cercando di schivarlo per uscire ma Max mi bloccò.

- Dawn - disse solo spingendomi indietro.

- Cosa?! - Esclamai accigliata e volendo davvero uscire da quel posto così stretto: ero troppo imbarazzata per quello che era appena successo ed eravamo troppo vicini.

- Era Dawn quella che urlava, mi stava venendo a cercare, non so perchè … - spiegò, sussurrando e guardando verso la tendina, come a poterla attraversare con l'occhiata.

Arretrai per non rischiare di toccarlo di nuovo. - E perchè qua dentro?!

Fece spallucce, lasciandosi sfuggire anche una risata. - E' il primo posto che ho visto dove poterci nascondere - continuò a bassa voce, seriamente convinto. Tornò a guardarmi e nonostante mi fossi spiaccicata contro la parete opposta continuavamo ad essere molto vicini, visto il poco spazio che c'era, tanto che il contorno grigio dei suoi occhi era ben visibile.

- Quindi - fece, sbuffando e lasciandosi cadere sullo sgabello al centro della macchinetta; ancora più vicino. - Stiamo un po' qua che non ne posso più di vederla - si lamentò puntando i gomiti sulle gambe e chinandosi in avanti per guardare annoiato i vari disegnini che indicavano i tipi di fototessere che potevano essere fatte.

Rimasi in silenzio, assorbendo pian piano le informazioni. - E non posso andarmene solo io? - Proposi quasi pigolando e sentendomi sempre più in difficoltà.

Continuò a guardare le scritte davanti a sé. - No, devo prendere il robo dal tuo baule.

- Te lo prendo io e te lo porto poi quando ci vediamo! - Ribattei.

- No.

Sospirai arrendendomi. - Solo un minuto e poi andiamo.

Lui ridacchiò e basta in risposta e dopo pochi secondi di silenzio, passati a guardare ancora le foto standard disegnate, tirò fuori il cellulare dalla tasca e si mise dritto con la schiena per scrivere; io mi ritrassi ancora di più quando inevitabilmente la sua spalla destra mi sfiorò la parte alta della pancia, quasi arrivando al seno; mi ritrassi anche se non c'era chiaramente spazio per riuscirsi e anche se quel tocco era evidentemente casuale e lui non ci stava nemmeno facendo caso, impegnato com'era a rispondere a non sapevo quale messaggio.

Si girò a guardarmi e dall'alto incrociai i suoi occhi. - Cosa c'è ancora? - La domanda gli uscì leggera e il verde vagò sul mio viso. Sorrideva ed era un sorriso da schiaffi che comunicava semplicemente quanto invece stesse capendo il mio imbarazzo: per essere lì dentro, da soli, così vicini, con lui. E all'improvviso non fui più tanto sicura che non stesse facendo caso al fatto di starmi toccando. E l'insistenza per rimanere lì mi sembrò solo una punizione intenzionale.

- Niente - risposi di getto. - Ma possiamo uscire?! Sarà tornata indietro, non sento né urlare il tuo nome né niente del genere! - Dissi e staccandomi dalla parete provai ad aggirare lui e quello sgabello ma c'era davvero troppo poco spazio.

- Non la conosci! - Si lamentò e mentre mettendomi di lato provavo a passargli davanti mi afferrò un braccio per fermarmi. Volli morire.

- Max, allora, senti: non ci stiamo qua dentro in due, è progettato per una sola persona questo robo - insistetti provando a fare forza per scivolare dalla sua presa, senza risultati ovviamente.

- Ci stiamo, ci entrano in dieci a volte per farsi foto insieme le ragazze!

- Invece ti sono praticamente in braccio! - Insistetti e con tutta la forza che avevo strattonavo il braccio all'indietro, lontano da lui, ma con scarsi risultati.

- Sei davanti a me e basta! - Ribatté, non mollandomi.

Non ne potei più. - Mi lasci?! - Ordinai ad alta voce e lui lo fece sul serio, all'improvviso.

E il braccio mi volò all'indietro, per la forza che ci avevo messo, contro la parete alle mie spalle. Probabilmente beccai una parte metallica o qualcosa del genere col gomito ma non stetti a controllare perché dopo uno strano verso mi accasciai col braccio dolorante. Mi accasciai per quanto lo spazio lo permettesse, appoggiandomi alle gambe di Parker e al muro dietro. - Sei un idiota! - Gli urlai appena mi ripresi un minimo.

Lui sembrò indeciso se ridere o preoccuparsi minimamente; sembrò scegliere il lato umano, in parte, e con un sorriso mal nascosto mi toccò il braccio. - Hai fatto tutto da sola! - Ebbe il coraggio di dire.

- Ti ammazzo, Parker! - Lo minacciai seriamente continuando a starmene lì, nella stessa posizione sofferente.

Max divertito mi diede un buffetto sulla fronte. - Quindi cosa farai la prossima volta, furba? - Cominciò con tono canzonatorio.

- Non avrò niente a che fare con te! - Risposi e al dolore acuto si sostituì pian piano un certo formicolio, ma continuavo a starmene raggomitolata davanti a lui; Max invece aveva di nuovo puntato i gomiti sulle gambe, per avvicinarsi a me.

- No. Starai ferma e buona come ti dicevo io! - Seguitò nello stesso tono e mi prese un ciuffo di capelli per giocarci.

- Non voglio fare come dici te! - Ribattei ancora irritata e forse per quello non notavo quanto fossimo ora vicini: molta meno distanza di prima ci divideva mentre lui guardava le punte scure dei miei capelli, facendole rotolare tra i polpastrelli e io col gomito sano mi reggevo sul suo ginocchio.

- Dovresti ogni tanto - disse e sorrise, continuando a osservare i capelli che stringeva tra le mani.

- E perchè mai?! - Lo rimbeccai, e intanto non sentivo praticamente più il male, ma non mi alzai.

Max sbuffò e finalmente mi guardò negli occhi, solo in quel momento mi resi conto della vicinanza ma non arrossii né niente, ricambiai solo lo sguardo. Aprì la bocca: - Mi stai facendo male col gomito.

- Trattieni il dolore - risposi, forse meno acida di quanto avrei voluto.

- Come avresti dovuto fare tu, intendi? - Mi prese in giro con uno sbuffo divertito ed era così vicino che il soffio mi solleticò la fronte. Mi arrivò il suo odore a frutto.

- Io trattengo già il mio istinto omicida nei tuoi confronti, non pretendiamo troppo.

Lui rise. - Addirittura? E mi dispiace ma io in quanto a trattenersi ti batto.

Alzai le sopracciglia, sfoggiando uno sguardo di superiorità e mi avvicinai a lui, facendo leva sul suo ginocchio, senza nemmeno rendermene particolarmente conto. - Invece non ti trattieni mai visto che fai di continuo l'idiota.

Sembrò avvicinarsi anche lui all'offesa e ricambiò allo stesso modo il mio sguardo. - Io mi trattengo sempre.

- In intelligenza? - Lo provocai. Ed eravamo davvero molto vicini, lo sguardo mi scivolò sulle sue labbra, piegate in una smorfia, per poi tornare velocemente su.

- No - rispose secco e i suoi occhi mi squadrarono velocemente, in un modo che sembrò simile al mio.

- In idiozia allora? Non credo sia umanamente possibile dato come ti comporti.

- Non giocare col fuoco, Gray - mi minacciò e se il verde non fosse stato così rassicurante avrei quasi rischiato di prenderlo sul serio; mi sentii tirare la ciocca di capelli e di riflesso mi avvicinai, seppur di millimetri.

- E se lo facessi, Parker? - Continuai e percepivo come una strana stretta allo stomaco.

- Smetterei di trattenermi - rispose solo e la voce calda sembrò chiudersi in una sentenza definitiva, e i suoi occhi mi bruciavano addosso, come anticipandomi quello che le sue parole avevano minacciato.

O forse la sentenza la diede la mia di frase: - Fallo allora.

E lo fece.

Scoprii di essermelo aspettato, di aver saputo che stava per succedere, che la morsa allo stomaco era stata semplicemente aspettativa mista ad eccitazione, quando l'ultimo suono della frase appena pronunciata mi morì contro le sue labbra. Le labbra di Max che con forza avevano trovato le mie, facendomi arretrare e rischiare di colpire la parete dietro con la nuca; ma non me ne sarei accorta anche se fosse successo perchè la sua mano dietro il collo, quasi tra i capelli, il morso che mi diede subito per farmi schiudere la bocca, quelli avevano tutta la mia attenzione.

E scoprii anche che tutto il mio corpo se l'era aspettato, prima della mente, quando anche solo prima di formulare un pensiero mi ero allungata verso di lui, aggrappandomi alla sua maglietta, ricambiando il bacio con la stessa forza che stava usando lui e ansimando al primo attimo di tregua, mentre lui si tirava indietro, seguendo il mio movimento, per poi tornarmi subito addosso.

Le labbra di Max erano fatte apposta per essere baciate, apposta per baciarti: morbide, fruttate e calde; sembravano create apposta per farti promettere, ad ogni respiro e ad ogni sospiro contro di loro, che eri e saresti stata per sempre solo sua e per farti illudere, mentre il bacio tornava ad essere più profondo, mentre la mano dietro il collo cercava di avvicinarti sempre più, mentre quella libera percorreva il tuo braccio, che lui era solo tuo. E non mi ricordavo nemmeno più come eravamo arrivati a quel punto. Ma l'importante era esserci.

Poi sentii le sue dita calde - quelle che mi avevano sfiorato la manica della maglietta scendendo - sulla pelle, arrivando al polso, le sentii raggiungermi il palmo, e poi incastrarsi tra le mie dita, nel modo più naturale del mondo; e in quel momento non potei che ringraziare di starlo baciando perchè se le sue labbra non fossero state sulle mie sapevo quali parole mi sarebbero uscite. Quelle due parole sarebbero rotolate con naturalezza fuori, perchè non potevano evitare di farlo, non adesso che la sua mano era sulla mia, non dopo che lui aveva cercato quel contatto, e mi sembrava impossibile che lui non ne sentisse il sapore sulla lingua, chiaramente come io sentivo quel suo gusto fruttato.

Volevo che quel bacio durasse, volevo che le sue dita continuassero a essere tra le mie. Per sempre.

Ma tutto finisce, prima o poi.

E Max si allontanò, di pochi millimetri, solo dalla mia bocca, non seguii il suo viso, troppo scombussolata, troppo destabilizzata anche solo per respirare e rimasi ferma. Non aprii gli occhi perchè non volevo la realtà.

Ma quello che disse non era quello che mi aspettavo e fu un sussurro, anche meno: - Ma se non fosse così, stringerei la tua.

Spalancai gli occhi e quella piccola bolla si ruppe: Max si tirò velocemente indietro alzandosi in piedi e colsi solo di poco i suoi occhi da vicino. Mi ritrovai con la bocca aperta, con la mano vuota, e mi sembrò per un attimo di essermi immaginata tutto. Ma era possibile? - Eh? - Chiesi.

Parker rise andando verso la tendina e afferrandola, veloce quanto io mi sentivo paralizzata, ma mi feci forza e mi alzai, anche se la testa mi girava. - Dicevo che questo era per i 50 cent che mi hai dato prima, era ingiusto che fossi stata l'unica tra tutte ad avermi dato dei soldi senza ricevere un bacio, no?

Lo guardai incredula, provando lentamente a ricollegare i neuroni. - Parker, erano di una scommessa, nemmeno miei - gli feci notare e la voce mi tremava ancora terribilmente mentre lui sembrava così normale.

Aprì la tendina, col suo solito sorriso. - Ah sì? Non me lo ricordavo - borbottò in uno strano modo e con una strana smorfia, abbastanza comici entrambi.

Cedetti sedendomi sulla sedie e c'era qualcosa che non andava. Quel suo discorso non aveva senso e in qualche modo mi spuntò un sorriso. -Non ci crede nessuno, Parker- lo citai e standomene in piedi probabilmente non avrei trovato la forza di dire quelle parole, troppo concentrata a mantenere salde le gambe. - Volevi baciarmi e ti stavi trattenendo da quello. - Ebbi addirittura il coraggio di accusarlo.

Mi lanciò uno sguardo di sfida, sorridendo e uscendo fuori di un passo dalla macchinetta; che non avesse riso di quella frase mi spingeva poi nell'idea di continuare in quel modo. - A me è sembrato solo che tu volessi baciarmi - ribatté.

- L'abitudine di rispondere ai baci dopo un'intera giornata - mi uscì prontamente e forse per la prima volta fui io a prenderlo in contropiede. E sorridevo intanto, sempre di più e fin troppo, così sospetta, così troppo sospetta per sembrare normale, più contenta di quel bacio di quanto fosse lecito a chiunque.

Ma forse non ci fece caso e con un mezzo sorriso rispose anche lui: - Non ci crede nessuno. - E mi fece un cenno con la testa, per poi andarsene.

E rimasi lì, col cuore che batteva così forte da sentirlo in gola, sulle tempie. Mi guardai la mano, quella che aveva incrociato le dita con le sue.

“Stringerei la tua”, aveva detto.

Intendeva lei? Perchè mi sembrava così tanto che intendesse lei?

Mi morsi le labbra, per cercare di smettere di sorridere ma non ci riuscivo.

Era da stupide iniziare a sperare? Iniziare a sperare che forse potessi piacere davvero a Parker?


 

E un attimo. Il polsino nel mio baule?


 


 

- Ah! Questa faccia mi dice che sono stata beccata! - Fu l'esclamazione di Francy appena mi vide davanti alla porta di casa sua.

- Beccatissima. Adesso mi spieghi: uno, perchè non me l'hai detto prima; due, com'è stato l'appuntamento; tre, al mattino sul serio, Francy?! - Risi entrando in casa mentre lei mi chiudeva la porta dietro.

Era tardo pomeriggio; dopo la fiera ero tornata a casa - per vedere cos'aveva combinato Maxyne durante la mia assenza, soprattutto - e poi avevo passato il resto del tempo a rotolarmi sul letto, guardandomi la mano così tanto da sembrare penosa a livelli estremi persino a me; alla fine mi ero decisa ad andare da Francy, perchè avevo bisogno di parlare.

Lei mi guardò imbarazzata. - Mi vergognavo con me stessa di averglielo chiesto, dirlo anche ad altri in quel momento non ce la facevo.

Scossi la testa con fare esasperato, ma continuando a sorridere, fin troppo. - Poveraccio, ti vergogni troppo di lui. - Entrai in cucina e vedendo su un piatto un mare di biscotti ne presi uno ancora più contenta.

- Non mi vergogno, ma mi vergogno di cominciare a cedere dopo averlo rifiutato così tanto … - borbottò senza guardarmi.

Sgranai gli occhi. - Cedere?! E' un'ammissione?! Ti piace?!

Continuò a non guardarmi ed arrossì leggermente. Scoppiai a ridere andando ad abbracciarla. - Un ragazzo che ti fa dimenticare Jack! Si meriterebbe qualche premio speciale solo per quello!

Francy sorrise finalmente e le uscì anche uno sbuffo divertito. - Non ho smesso di pensare che Jack sia un grandissimo figo, però Alex è … Boh, è strano, ma un giorno mi sono resa conto di stare più che bene con lui e non è normale. Non per me, insomme e ...

Le schioccai un bacio sulla guancia interrompendola fin troppo divertita. - E com'è andato l'appuntamento? - Mi allontanai dando un morso al biscotto.

Gesticolando cercò di affievolire il concetto. - Appuntamento è esagerato. Siamo usciti insieme ma non è successo niente. Riso e scherzato come al solito, niente di che.

Feci finta di intenerirmi esageratamente. - Oh, è uno di quei timidoni che non fanno il primo passo!

Francy rise ma annuì leggermente.

- Anche se poi è comprensibile, dopo i mesi in cui è stato smerdato brutalmente ...

- Esagerata!- Alzò gli occhi con un'espressione però colpevole.

- Mica tanto.

Mi fece cenno di stare zitta, sbuffando. - Comunque, la casetta con Parker com'è andata? - Chiese lei facendomi cenno di seguirla.

Mi guardai attorno prima di parlare e camminando per i corridoi fin troppo silenziosi. - Ma tua madre non c'è?

Fece spallucce. - E' andata con papà alla fiera.

Mi mordicchiai le labbra mentre salivamo le scale per andare in camera. Eravamo sole e avrei dovuto fare quello che rimandavo da fin troppo tempo: le avrei detto tutto, pur sapendo che avrebbe potuto benissimo arrabbiarsi per essere stata informata così tardi e avrebbe avuto solo ragione.

- La casetta è andata bene. Mi hanno baciato solo 4 bimbi al mattino, insieme a un vecchietto molto inquietante e poi venticinque ragazzi nel primo pomeriggio. - Ventisei, pensai un attimo. - E' andata bene.

- Parker? - Chiese aprendo la porta di camera sua.

- Lui è arrivato sulla sessantina di persone, distrugge ogni volta la mia autostima.

Lei rise. - E Ben non è venuto a stressarti?

- Alla casetta no - risposi sedendomi davanti alla sua scrivania mentre lei si buttava sul letto.

Sorrise. - Strano!

Annuii e la osservai, giocando con la tastiera del suo computer per perdere tempo, pur sapendo che avrei dovuto parlare. Ma come cominciare?

- Ah … - Iniziai, lanciando il prima possibile la patata bollente. - Poi diciamo meglio che ventisei ragazzi mi hanno baciata … - tentai, smettendo di guardarla e osservando la sua molto interessante spillatrice viola.

Forse sospettò qualcosa. - Anche quest'ultimo di cui ti stavi casualmente dimenticando ti ha dato 50 cent?

Mi girai, mordendomi le labbra e trovai il suo sguardo divertito. - In effetti no.

Rise lasciandosi cadere sul letto e la raggiunsi gonfiando le guance, fintamente offesa da quella reazione. - Era da troppo che non vi baciavate in effetti!

- Non è vero! - Mi lamentai ridendo però a mia volta.

- Certo! E che scusa avete usato questa volta?

Mi finsi offesa ma parlai: - Eravamo in una … Beh insomma, per una scommessa che avevamo fatto a pranzo gli ho dovuto dare 50 cent e ...

Francy rise ancora di più. - E' inquietante! Ti rendi conto che probabilmente era dall'ora di pranzo che stava architettando di baciarti con quella scusa!

Le diedi un piccolo colpo sul braccio, per farla smettere. - Ma non è vero!

- Come non è vero che tu non volevi quel bacio.

Sbuffai roteando gli occhi ed evitando di risponderle e di guardarla.

- E poi?

Esitai un attimo, poi tornai ai suoi occhi grigi. Decisi di non passare a nessun giro di parole. Parlare e basta, perchè glielo dovevo, perchè era Francy. - Credo di essere fregata - spiegai, nel modo più sincero possibile.

Mi sorrise, all'improvviso delicata e leggera, come non l'avevo mai vista, se non raramente. - E perchè?

- Perchè Max mi piace, anche di più - dissi e con gli occhi cercai di farle capire quello che volevo dire e non avrei avuto la forza di esprimere più chiaramente.

Lei mi capì. - L'avevo capito, sai? Si nota. Ma volevo vedere quanto tempo ancora ci avresti messo per dirmelo.

- Scusa - blaterai, sinceramente dispiaciuta.

Rise, facendo spallucce leggera. - Siamo pari. Anch'io sull'argomento Kutcher ho avuto i miei segreti.

- D'ora in poi basta?

- Basta - fu d'accordo e sorrise sporgendosi per abbracciarmi malamente.

Mi venne da ridere mentre per colpa del suo peso cadevamo all'indietro sul materasso. - E si nota davvero così tanto?! - Chiesi tra una lotta e l'altra sulle coperte.

- Tantissimo - mi prese in giro smettendola di tenermi stretta e rotolandosi su un fianco.

- Francy, sinceramente!

Rise di nuovo ma non rispondendo alla domanda. - E se ti farà stare male ci penserò io a prenderlo a calci nel culo e negli attributi - si infiammò all'improvviso, nel suo solito modo.

La guardai circospetta, indecisa se dire davvero quello a cui stavo pensando, ma ripensai alla promessa appena fatta. - Allora preparati a farlo. Dopo il bacio di oggi mi sta frullando brutta roba per la testa - ammisi a mezza voce.

- Uhm, mi hai censurato qualcosa? - Indagò subito, reggendosi sui gomiti.

Mi inumidii le labbra e mi decisi a raccontarle anche i dettagli, di raccontarle del “stringerei”.

Alla fine mi guardò intenerita. - Capisco perchè ti girano certe cose per la testa. Insomma, non solo da questa volta, ma anche in generale sembrerebbe che lui ...

Mi tappai le orecchie ridendo per dissimulare il mio isterismo. - No, non dire niente! Peggiori la situazione!

- Tanto lo pensi già - mi accusò punzecchiandomi un fianco.

- Non quello che stai pensando tu. Ma che tipo, forse, gli piaccio un po' … No, okay, scherzavo, non l'ho detto!

- Ma è così!

- Francy!

Mi fece una faccia colpevole e mimò di chiudersi la bocca con una cerniera.

Sospirai sporgendomi questa volta io per abbracciarla di nuovo. - Insomma, preparati a prenderlo a calci nel culo, la vedo male.

- Insomma, Evelyne, e l'ottimismo?! - Mi chiese esasperata e mandando a cagare la zip che le avrebbe dovuto chiudere la bocca.

- L'ottimismo fa male, è da trattenere - risposi.

- Non sempre!

La guardai un attimo indecisa ma alla fine sospirai. - Ci proverò. Ma voglio averne proprio poco, poco poco, un briciolo, neanche.

- Basterà a portare fortuna, l'ottimismo porta bene - rispose allegra.

Ridacchiai alla fine e guardai il riflesso del lucernario della sua camera.

E in effetti forse aveva ragione, dell'ottimismo non mi avrebbe fatto del male dopo tutto.


 

Forse ...




*Angolo autrice: 

SCUSATE IL RITARDOOO . (non uccidetemi, per favore . ahahah) Purtroppo la scuola mi ha tenuto abbastanza occupata e quando avevo tempo libero non riuscivo a mettermi a scrivere:/ e senza che nemmeno me ne rendessi conto sono passate le settimane ...
Comunque spero di essermi fatta perdonare col capitolo:D

Come al solito non voglio dirvi io cosa sta succedendo, ma non voglio darvi l'idea della pazza o incoerente nello svolgimento della storia: lo scorso capitolo è finito in un modo che lasciava pensare a qualcosa di brutto e con questo capitolo la brutta sensazione non dovrebbe essersi cancellata. L'Evelyne che racconta ha anticipato i fatti, ha parlato delle "conseguenze" di quello che pensava Parker e ha detto che non ne sarebbe stata felice, ma Evelyne in questo capitolo non le sa ancora le conseguenze.
Siamo ancora nella "calma prima della tempesta", per dirla in modo drammatico:D
Il "Forse ..." alla fine purtroppo vi vuole suggerire questo.

Poi ci sono altre frasi e parole qua e là che possono suggerirvi qualcosa e le vostre teorie o pensieri o qualsiasi altra cosa le voglio sapere:D

A parte queste brutte cose c'è stato un baaaaciooo. (e anche qua ci tengo a dire che il "trattenermi" è per Parker, che non è strano come potrebbe sembrare per l'umore che gli cambia così tanto da mattino a primo pomeriggio, ha i suoi motivi, i suoi pensieri, cose che Evelyne non può sapere)
Spero vi sia piaciuto come spero vi sia piaciuto il capitolo. Sono un po' in ansia sinceramente al riguardo. Ahahahah

Beh alla prossima:) (le conseguenze sono prossime !)

Il prossimo ci sarà per il 12-13-14 maggio (dal 6 all'11 sono in gita in Spagna, il capitolo lo finisco prima del 6 così quando torno posso pensare ad aggiornare)
Do una data così mi sprono ad aggiornare! AHAHAH

Alla prossima e grazie mille di continuare ad essere qua:3

Gruppo spoiler per informazioni e robe varie: http://www.facebook.com/groups/326281187493467/

   
 
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