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Autore: millyray    01/05/2013    4 recensioni
Per chi odia le morti ingiuste anche se eroiche dove a sopravvivere sono i malvagi, perché le eccezioni esistono, esistono sempre. Per chi ama il trionfo degli amori, gli amori veri, quelli un po' platonici e un po' terreni, a volte anche scontati. Per chi odia i misteri e i segreti che si celano dietro gli occhi di qualcuno, ma ama l'aria tormentata che essi hanno.
Be', credo che siate nel posto giusto.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE – CONFIDENZE

Ora, tu, giovane amore mio, stammi bene accanto
perché questo è solo il punto di partenza
tutto il resto poi verrà da sé.
(Quanto amore sei, E. Ramazzotti)

“Che diamine stai facendo?” urlò Jack con gli occhi fuori dalle orbite.

“Se non posso convincerti con le buone, allora uso le cattive”, rispose Ianto scrollando le spalle.

“Scendi immediatamente da lì”, gli ordinò l’altro, puntandogli un dito contro e guardandolo minacciosamente.

Ianto lo guardò dritto negli occhi, ma non si mosse.
Era in piedi, in bilico sopra la ringhiera della baia. Sotto di lui c’erano il vuoto e l’acqua e, se fosse caduto, oltre a un bel volo di qualche metro, si sarebbe trovato ad impattare con l’acqua e anche se fosse sopravvissuto a ciò, il che richiedeva una gran bella botta di culo, non sarebbe uscito del tutto illeso.
Insomma, faceva venire le vertigini soltanto a guardarlo stare lì sopra e, come facesse ad avere quel buon equilibrio, il Capitano non ne aveva idea.

“Ti prego, scendi”, ripeté Jack, questa volta con più calma. Iniziò ad avvicinarsi cautamente.

“Prima dimmi che mi ami”.

“Cosa?”

“Dimmi che mi ami”.

“Ma che diavolo ti salta in mente?!”

“Quando me lo hai detto l’altra volta stavo rischiando la vita. Perciò devo rischiarla di nuovo per fartelo ridire”.

Di tutte le cose strane e assurde che gli erano capitate questa… ok, forse non era la più strana e assurda, ma comunque poteva rientrare nella lista. Insomma, qualcuno che rischiava la vita per lui?

“Tu sei fuori di testa, Ianto”.

“Sì, lo sono ed è soltanto colpa tua”.

Jack prese un grosso respiro e cercò di calmarsi. D’altronde la calma era il suo forte, no? Calma e sangue freddo. Non aveva davanti un alieno, solo Ianto. Un attimo. E se Ianto fosse stato impossessato da un alieno?
Naaah, era troppo Ianto per essere un alieno.

“Dimmi che mi ami e scenderò”, ripeté il ragazzo senza smettere di guardare Jack.

Il Capitano abbassò lo sguardo.

“No”.

Ianto, allora, lanciò uno sguardo al cielo e si dondolò sul posto.

“D’accordo, come vuoi”.

Jack rialzò di nuovo gli occhi sull’altro chiedendosi che diamine avesse in mente adesso, quando sentì il suo cuore fare una capriola all’indietro e premere per uscirgli dal petto nel momento in cui vide Ianto staccare un piede dalla ringhiera.

“Ianto!” urlò, protendendosi in avanti e afferrando il ragazzo per i fianchi. “D’accordo, d’accordo! Ti amo! Però adesso scendi”.

Il gallese sorrise tra sé e sé gongolando. Infine, fece un salto giù dalla ringhiera con l’aiuto di Jack che ancora temeva di vederlo volare di sotto.
Non appena constatò che aveva i piedi ben saldi al terreno, il Capitano si voltò dall’altra parte, dandogli le spalle.

“Ma che cosa ti era saltato in mente?” sbraitò, girandosi di scatto di nuovo verso Ianto e portandosi i capelli indietro. “Suicidarti?”

Ianto rabbrividì un po’. Non aveva mai visto Jack così incazzato, che lui ricordasse. Forse aveva esagerato un pochino. Ma almeno aveva ottenuto ciò che voleva.

“Solo a convincerti a dirmi che mi ami”, rispose come se niente fosse.

“Diavolo, ma perché non potevi lasciar perdere? Perché ti ostini così tanto?”

“Perché sì, perché ti amo anch’io”.

Jack stava per aggiungere qualcos’altro ma ammutolì di colpo.
Spostò lo sguardo verso la strada dove in lontananza c’erano due ragazzi che passeggiavano con un cane. Non sembrava che li avessero notati.

“E questo adesso dovrebbe cambiare le cose?” chiese il Capitano con più calma, riportando di nuovo lo sguardo su Ianto.

“Be’, sì… o almeno lo vorrei”, rispose il ragazzo con un’espressione affranta.

“E che cosa vorresti che cambiasse? Quello che c’è tra noi?”

“Sono stufo di essere solo la tua macchina del sesso!” fece allora l’altro, alzando di nuovo la voce. Forse stava sbagliando tutto, forse si era spinto troppo oltre.

Jack spalancò i suoi occhi chiari. “Macchina del sesso? Tu non sei la mia macchina del sesso, Ianto, non lo sei mai stato”.

“Ah no?”

“No”.

“E allora che cosa sono per te?”

Quella era la domanda fondamentale e richiedeva una risposta semplice ma essenziale, Jack lo capì dallo sguardo del gallese, così rattristato, così pieno di una strana angoscia, così doloroso alla vista. E immediatamente sentì frantumarsi qualcosa nel proprio cuore. Perché quella domanda non voleva celare soltanto quelle sette parole, ma molto di più. Decisamente di più.

“Sei… sei… sei la cosa più importante che ho”, rispose infine, abbassando lo sguardo. Ed era vero. Aveva conosciuto tante persone e alcune di queste per lui erano state molto importanti. Ma Ianto lo era adesso, lì e in quel momento. Non importavano il passato o il futuro, importava il presente, soprattutto per un Agente del Tempo. Ianto era il presente e doveva concentrarsi solo su quello.

Carpe diem, no?

Si avvicinò con passo felpato al compagno e appoggiò le mani sulla ringhiera, restando a fissare il panorama di fronte a sé. Il sole ormai stava volgendo al tramonto, tingendo il cielo di tinte accese e brillanti.

“Sai perché non ti ho fatto venire con noi, oggi in missione?” disse poi e continuò senza aspettare la risposta dell’altro. “Perché avevo paura. Ho paura che tu ti faccia del male, ho paura che rimani ferito di nuovo e che rischi di nuovo di morire. E non c’è una terza possibilità, non c’è mai e se dovesse succedere la prossima volta potresti non tornare più indietro… potresti non tornare più da me. E io non voglio che questo accada perché non sopporterei di vederti morire, non per colpa mia. Ed è anche per questo che non volevo dirti che ti amo, per questo ti ho evitato. Perché so che anche tu mi ami e io non voglio che tu mi ami. Non me lo merito, non merito di stare con una persona speciale come te.
Ho paura ad affezionarmi alla gente perché so che tutti prima o poi moriranno, mentre io resto sempre qui, da solo. E anche tu prima o poi morirai e mi lascerai da solo”.

Era forse il discorso più sentimentale che avesse fatto e per poco non gli venne da vomitare per tutta quella sdolcinatezza. Però era vero, terribilmente vero. Per la prima volta si metteva veramente a nudo di fronte a qualcuno.

Ianto però non emise alcun suono. Era calato un silenzio piuttosto pesante tra loro e il vento iniziava ad alzarsi.
Jack si voltò verso il ragazzo, per assicurarsi che stesse bene, quando si trovò di fronte a ciò che non si era affatto aspettato. Delle gocce bagnate gli stavano rigando il volto e i suoi occhi azzurri erano velati di lacrime.

“Ianto?” lo chiamò sorpreso. “Che c’è che non va?” gli si mise di fronte prendendolo per i fianchi e guardandolo in volto.

“Mi… mi dispiace”, biascicò l’altro, cercando di mantenere la voce il più ferma possibile.

“E di cosa?”

“Io non voglio lasciarti solo”.

Jack sospirò. “Ma lo farai. Non puoi impedirlo”, appoggiò la fronte contro quella di Ianto.

“Ti amo”.

“Lo so”.

E si baciarono. Jack si fiondò sulle labbra di Ianto quasi come se fosse un bacio d’addio, con una fretta e una passione che non aveva mai usato. Ma Ianto ci stette, almeno finché riuscì a restare al posso. Poi cedette perché Jack era troppo forte e si lasciò dominare dalla lingua del Capitano, si lasciò stringere fra le sue braccia, si lasciò prendere.

“Torniamo a casa?” chiese Jack non appena si furono staccati, entrambi col fiatone.

A casa.
Era strano perché con quella parola si riferiva alla casa di Ianto, dato che lui non ce l’aveva. Ed era strano perché pareva già considerarla casa sua.
Ed era proprio questo il bello. Si partiva dalle piccole cose, dalle cose più semplici e quotidiane per costruire una relazione.
E loro avevano iniziato già da tempo senza nemmeno essersene resi conto.

Ianto annuì piano, sorridendo.

 

“Ma secondo voi ce la faranno quei due a chiarirsi?” chiese Gwen sbucando di colpo tra Tosh e Owen che se ne stavano di fronte al computer.

“Di chi stai parlando?” le chiese la giapponese, spegnendo uno dei primi schermi.

“Ma di Jack e Ianto, ovvio!”

“Aaah, secondo me non concluderanno niente. Si troveranno a scopare come conigli, come al solito”, commentò il dottore prendendo la sua giacca dall’attaccapanni.

“Potresti almeno essere un po’ solidale. Secondo me questa volta potrebbero farcela… a mettersi insieme, intendo”, lo contraddisse Gwen, appoggiandosi al tavolo.

“A me non interessa. Che facciano quello che vogliono”, fu il commentò indifferente di Tosh. Aveva spento tutti i computer e si era tolta gli occhiali da vista.
La sua giornata era conclusa e non vedeva l’ora di tornare a casa.

“Ma non sei curiosa nemmeno un po’?” le chiese Gwen con un sorrisetto malizioso.

“Assolutamente no! Io mi faccio solo gli affari miei”, le rispose l’amica con tono da saccente.

Gwen sbuffò.

“Ehi, Tosh!” chiamò ad un tratto Owen che aveva iniziato a dirigersi verso l’uscita. “Non ho voglia di andare a casa. Ti va se andiamo a mangiare da qualche parte?”

Toshiko per poco non si mise a saltare dalla gioia, gli occhi le brillavano e tutta la stanchezza, tutto d’un tratto, sembrò scemare via.

“Certo!” esclamò avvicinandosi al ragazzo. Lui le mise un braccio attorno alle spalle, ma prima di andare via si girò di nuovo, verso Gwen. “Tu vieni?”

“Oh no, Rhys mi aspetta a casa”.

“Certo, il buon vecchio Rhys. Salutalo da parte mia”.

 

Finalmente, non ne poteva più. Era stata una giornata piuttosto stancante, doveva ammetterlo. E per fortuna che quel giorno non aveva dovuto correre troppo.
Lavorare per Torchwood era emozionante, ma a volte terribilmente stancante.

Non appena varcò la porta di casa, sentì un buonissimo profumo invaderle il naso e le fece immediatamente venire l’acquolina in bocca.

Si tolse le scarpe e, più silenziosa di un gatto, entrò in cucina, trovandovi Rhys ai fornelli, con un grembiule a scacchi che canticchiava una canzoncina allegra, tutto intento a preparare chissà quale prelibatezza.

Sempre senza fare rumore e di soppiatto, gli si avvicinò da dietro le spalle e gli cinse i fianchi con le braccia appoggiando il viso sulla sua ampia schiena.

“Gwen!” esclamò lui, voltandosi e abbracciandola. “Non ti ho sentita entrare”.

“Lo so”, rispose la ragazza, questa volta affondando il viso nel suo petto.

“Ehi, che c’è?” le chiese Rhys con tono dolce.

“Niente, sono solo stanca”.

Lui ridacchiò vedendola fare un ampio sbadiglio.

“Spero tu abbia almeno la voglia di mangiare. Sto cucinando da due ore”.

“Oh, per quello sempre”.

“Bene, perché io e te tra mezz’ora ci metteremo a tavola, di fronte a un bel piatto di spaghetti italiani, e tu mi racconterai di qualche strana creatura aliena che avete sconfitto”.

Gwen sorrise e diede un casto bacio sulle labbra del suo ragazzo. Ecco perché amava Rhys ed ecco perché le piaceva sempre tornare a casa da lui dopo una dura giornata di lavoro. Era qualcosa di così confortevole e sicuro, un nido dove tutte quelle cose strane, alieni, mostri, fantasmi e creature di ogni tipo non potevano entrare.
Casa sua e Rhys erano il suo porto sicuro.

“Certo! Prima però vado a cambiarmi”, e così dicendo, corse su per le scale già un po’ meno stanca.

 

Tosh si asciugò le lacrime agli angoli degli occhi, l’ultimo riflesso delle risate ancora impresso sul volto.
Lei e Owen erano seduti in un tavolino leggermente appartato di un piccolo locale e il dottore le aveva appena raccontato un aneddoto che l’aveva fatta morire dalle risate. O forse non era tanto quello, forse era stato il modo in cui l’aveva raccontato o il fatto che si trovava lì da sola con lui che la faceva sentire così allegra.

“Questa cosa l’avevo raccontata anche ad altri ma nessuno aveva mai riso così tanto come te”, fu il commento del ragazzo, quando l’amica riuscì a calmarsi.

Tosh inarcò le sopracciglia e si morse il labbro inferiore. “Ah sì?”
Temette di essere arrossita.

“Sì. E sai cosa? Dovresti ridere così più spesso”.

La ragazza sorrise dolcemente e abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzata.

“Be’, allora… allora cercherò di… farlo più spesso”.

Owen annuì e mise in bocca anche l’ultimo pezzo di crosta che era rimasto del suo hamburger.

Toshiko rialzò lo sguardo e lo portò sulla vetrata di fronte a lei, cercando di evitare gli occhi dell’amico.

“Oh, quelle decorazioni sono bellissime!” esclamò, notando dei disegni rappresentati sui vetri, per cambiare argomento.

Il dottore si girò nella direzione indicata dall’amica e osservò anche lui quelle decorazioni piuttosto particolari.

“Sì. Sapevo che ti sarebbe piaciuto questo posto”.

“Ah sì?”

“Be’, a me piace molto. È carino per passare una tranquilla serata con gli amici”.

Toshiko sorrise tra sé e sé. Sembrava essere la sua giornata fortunata quella, sperava che non finisse mai.

Toshiko, non farti illusioni. Owen ha detto che siete solo amici, si disse mentalmente.

Ad un tratto, però, vide una ragazza passare vicino al loro tavolo. Era alta, decisamente più alta di lei con quei tacchi, e portava dei jeans attillatissimi che addosso a lei sembravano disegnati, i capelli scuri raccolti in una coda alta che ondeggiava a ogni suo passo, insieme al suo didietro.
Anche Owen la seguì con lo sguardo, girò pure la testa per vederla sedersi ad un altro tavolo dove altre ragazze, probabilmente le amiche, la accolsero ridacchiando.

Toshiko era sicura che si sarebbe alzato per raggiungerle e flirtare con loro. E invece, il ragazzo, si girò di nuovo riportando l’attenzione su di lei.
E lei trangugiò l’ultimo sorso di birra, quando sentì partire dallo stereo una canzone un po’ lenta e romantica e non riuscì a trattenersi dall’esclamare: “Oh, mio Dio! Adoro questa canzone!”

“Davvero?” fece Owen.

“Sì, è stupenda!”

“Be’, allora… ti va di ballare un po’?”, le chiese lui, porgendole la mano.

La ragazza osservò prima la sua mano, poi lui, poi di nuovo la sua mano, sbigottita.

“Che cosa?”

“Ti ho chiesto se vuoi ballare. Se non vuoi pazienza”.

“Oh no!” rispose con un po’ troppa fretta. “Voglio dire… sì, certo che voglio ballare”.

E senza attendere altro, Owen le prese la mano che lei gli porse e la condusse sulla pista da ballo dove già altre coppiette si stavano godendo la canzone stretti l’uno tra le braccia dell’altro.

 

Ianto mugolò a bassa voce, stringendo le mani sul lenzuolo.
Era steso sul letto con Jack che gli stava sopra a cavalcioni e gli lasciava una lunga scia di baci su tutto il petto, insieme a qualche morso attorno ai capezzoli.  
Erano entrambi senza camicia, ma molto probabilmente presto si sarebbero ritrovati completamente nudi.

Il ragazzo affondò le mani tra i capelli del Capitano quando questi prese a mordicchiarli il lobo dell’orecchio destro. I loro bacini erano finiti a cozzare l’uno contro l’altro e tutti e due sentivano l’eccitazione crescere sempre di più.
Ma sembrava che quella sera se la stessero prendendo con comoda, senza fretta, pure Jack ci stava mettendo tutta la calma possibile, senza saltare alcun preliminare. Forse perché non c’era nessuna catastrofe o fine del mondo da affrontare, nessun alieno minaccioso alla porta. O forse il motivo era un altro, che non c’entrava niente col loro lavoro, ma solo coi loro sentimenti.

Ianto chiuse gli occhi, lasciandosi andare tra le calde braccia del suo amante. Ad un tratto, però, sentì che aveva smesso di baciarlo e che si era scostato un po’.
Riaprì gli occhi trovandosi il suo volto sopra al proprio, gli occhi chiari che lo guardavano intensamente, come a volerlo sondare.

“Ianto?” lo chiamò a bassa voce.

“Sì?”

“Posso chiederti una cosa?”

“Sì”. Tutto, purché si rimettesse a fare quello che stava facendo.

“Perché ci tenevi così tanto che ti dicessi che ti amo?”

“Perché è vero”.

“No, non è solo per questo”.

“Perché…”, il ragazzo voltò lo sguardo dall’altra parte, in direzione della porta, per evitare di guardare l’altro negli occhi. Quello che stava per dirgli era troppo imbarazzante… e troppo profondo.

“Ehi”, lo chiamò di nuovo Jack, allora, molto dolcemente, facendogli voltare la testa verso di sé. “Puoi dirmelo”.

“E’ solo che…”, iniziò Ianto.

“Solo che?”

“Non ce la facevo più… a guardarti e… insomma, non lo so, Jack, è solo che ho… ho bisogno di qualcuno. Non riesco a stare da solo, non riesco a reprimere i miei sentimenti. E di notte… di notte mi piace avere qualcuno che dorma al mio fianco”.

Jack gli sorrise teneramente e gli diede un bacio sulle labbra, allungando le proprie mani su quelle di Ianto allungate sopra la sua testa e intrecciando le loro dita.

E quella notte, per la prima volta, fecero veramente l’amore.

 

Toshiko fece una giravolta su se stessa e poi tornò di nuovo tra le braccia di Owen, ritrovandosi a poggiargli una mano sul petto e l’altra intrecciata con la mano del ragazzo.
Stavano ancora ballando quella canzone, in silenzio ed evitando di guardarsi troppo negli occhi. Cercavano di mantenere comunque le distanze, per non farlo diventare troppo intimo. O almeno questa era l’impressione che aveva la ragazza, ma non aveva idea se Owen se ne fosse accorto o meno o se lo facesse apposta.

Comunque sia, non importava. Le bastava essere lì con lui.

 

“Rhys?”

“Sì?”

“Ti ho mai detto che ti amo?”

Rhys sorrise sentendosi sciogliere e portò una mano della sua ragazza sul proprio petto, all’altezza del cuore. “Dopo tutto questo tempo mi fai ancora battere il cuore così”.

Anche Gwen lasciò che le sue labbra si aprissero in un sorriso e, ridacchiando allegra, si abbassò verso Rhys, sotto di lei sul divano, e lo baciò appassionatamente, lasciando che i capelli le scivolassero giù, come per nascondere quello che stavano facendo perché era qualcosa che apparteneva soltanto a loro.  

 

 

MILLY’S SPACE

Non credevo che sarei riuscita ad aggiornare così presto… ma le recensioni molto belle che ho ricevuto mi hanno stimolata a scrivere questo capitolo abbastanza in fretta.
Spero che non sia venuto male anche se temo di aver fatto i personaggi un po’ OOC, specialmente Jack.
Il fatto è che Jack io in realtà lo vedo pieno di sentimenti, anche se non li mostra apertamente
proprio per mantenere quella corazza impenetrabile che lo caratterizza. Ma credo che sia tutt’altro che insensibile e immune all’amore e sono convinta che lui sia veramente innamorato di Ianto.
Jack mi affascina soprattutto per questo, perché è un personaggio che va interpretato. In lui è incentrata un’ampia gamma di sentimenti ed emozioni, è un animo che va sondato, insomma, con un bel po’ di esperienza psicologica, anche.
Ma ok, non siamo qui per parlare della mia passione per Jack Harkness e la psicologia, bensì di questa storia.

Allora, è un capitolo un po’ di transizione perché ho pensato che fosse giusto far fare una pausa ai nostri eroi e farli godere qualche attimo di calma. Ne succederanno delle belle, col proseguo, pertanto facciamoli divertire finché possono : )

Ianto ha escogitato un buon sistema per convincere il nostro Jack a dichiararsi, anche se forse un pochino esagerato (la melodrammaticità dell’autrice, che ci potete fare? ^^), ma il desiderio di Ianto di avere una persona accanto non è solo un capriccio dell’autrice (o meglio, sì visto che sono io che scrivo la storia e tutto quello che c’è scritto nella serie non succede), ma c’è una motivazione di fondo che scoprirete più avanti e che secondo me c’è anche nel telefilm.

E, ultima nota, la canzona sulla quale ballano Tosh e Owen è I can’t fight this feeling di Reo Speedwagon (l’ha trovate qui à http://www.youtube.com/watch?v=zpOULjyy-n8). In realtà non sono una grande fan di questa coppia, ma mi è sembrato giusto dedicarle comunque un po’ di spazio. E ne troverete un po’ anche più avanti, forse già dal prossimo capitolo.

Bene, penso di aver detto tutto. Anzi, no. Ho un’ultima cosa, o meglio, una domanda: qualcuno di voi sa per caso il nome della sorella di Ianto? Non ricordo se lo abbiano detto nel telefilm, comunque sia in ogni caso non lo so.

Adesso sì che è tutto ^^

Grazie della cortese attenzione e non scordatevi le recensioni.

Baci,

Millyray.

GLINDA: hola, cara : ) grazie mille per la recensione, mi fanno sempre un sacco di piacere. Sì, Jack è un personaggio piuttosto particolare, ma è anche per questo che lo amiamo, no? Grazie ancora, spero di risentirti. : )

SWEETLADIE98: sono molto contenta di essere riuscita a mantenere i personaggi così come sono perché è una cosa piuttosto difficile e capita a molti autori di stravolgerli. Qui, però, come ho già detto sopra, credo di essere andata un po’ fuori, ma va be’ ^^ licenza d’autore… sono anche contenta di essere stata esauriente con le descrizioni. Secondo me è importante che siano brevi ed efficaci e non una lunga sfilza di azioni e aggettivi che dopo un po’ iniziano ad annoiare.
Bene, ti ringrazio ancora per il link che mi hai passato, mi sono già vista tutti gli episodi della 3 stagione. Inutile dire che aspettavo con ansia la scena della morte di Ianto su cui poi ho pianto come una fontana.
Dimmi che ne pensi di questo capitolo, se ti va : ) Baci.
P.S. il nick è millyray, ma puoi chiamarmi solo milly o ray, come preferisci : )
P.P.S. il tuo avatar è stupendo : )

BIMBA3: sì, Jack lo amiamo sia con i suoi difetti che coi suoi pregi : ) a Ianto non è successo niente, sta’ tranquilla ^^ è solo Jack che ha avuto un leggero infarto. Grazie mille della recensione, spero di risentirti.
Bacioni,
M.

  
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