Eccoci qui con il settimo
capitolo… No, non mi sono dimenticata della storia, tranquilli u.u
Non ho molto da dire, quindi
vi lascio alla lettura ;)
Settimo capitolo
Allenarsi
con il professor Piton era difficile, molto difficile. Raramente Draco riusciva
a bloccare i suoi tentativi di penetrare la sua mente – non quando il
professore si concentrava davvero. Ma stava migliorando, e Severus era fiero di
lui.
Durante
la prima gita ad Hogsmeade si allontanò dagli amici – che si erano abituati a
vederlo distante, dopo l’anno scorso – e si incamminò verso la Testa di Porco,
dove avrebbe potuto parlare con Aberforth Silente. Era buffo: fino a quel
momento non aveva mai pensato che Silente potesse avere fratelli o sorelle.
Chissà se ce n’erano altri…
I
suoi pensieri si interruppero bruscamente quando aprì la porta del locale.
Storse il naso: non era il suo posto, decisamente. Il bar era piccolo e sporco;
gli avventori sembravano soggetti pessimi. Lo guardarono tutti quando entrò,
così cercò di ignorare il nervosismo ed andò dritto verso il bancone.
Aberforth
assomigliava assurdamente al fratello, solo un po’ meno curato. Vederlo era un
colpo al cuore per Draco, perché gli ricordava quella terribile notte sulla
Torre di Astronomia… Chissà, forse anche l’omicidio di Silente era stato
programmato? Piton non gli aveva detto niente e lui non aveva chiesto.
Fece
un cenno al barista, che gli si avvicinò, guardandolo male. Mosse ancora le
dita per dirgli di avvicinarsi e lui, sbuffando, accostò l’orecchio alla sua
bocca.
“So che fa parte dell’Ordine della Fenice.”
sussurrò, pianissimo, così che gli altri non lo sentissero.
Aberforth
si rialzò e gli lanciò un’occhiataccia, poi si allontanò per prendere delle
bottiglie.
E
adesso, che doveva fare? Piton non gli aveva dato delle istruzioni precise, gli
aveva detto di parlare solo con Aberforth e di non dare nell’occhio.
Stava
meditando sul da farsi quando l’uomo gli mise davanti un boccale di Burrobirra.
Aggrottò per un momento le sopracciglia, sorpreso: lui non l’aveva ordinato.
Stava per aprire bocca e protestare quando colse un cenno dell’uomo: più
confuso che mai abbassò lo sguardo.
Sulla
schiuma della Burrobirra spiccavano queste parole: in bagno fra cinque minuti.
Il
tempo di leggerle ed erano sparite, tanto che Draco sbatté più volte la
palpebre, non capendo se era stata una sua fantasia o la realtà. In ogni caso,
dopo aver dato qualche sorso alla sua bibita, si decise ad alzarsi e ad andare
in bagno. Tentar non nuoce, si disse.
Il
bagno non era messo meglio del locale. Stette fermo a guardarsi alle spalle
attraverso il piccolo specchio scheggiato, nervoso, finché non sentì una
serratura scattare e vide Aberfoth fargli cenno dall’ultimo cubicolo, che aveva
sopra un cartello con scritto “guasto –
non utilizzare”. Draco lo seguì.
Non
c’era un water, ma un’altra porta. Aberfoth richiuse entrambe con la magia,
dopo che Draco iniziò a salire i gradini dietro alla seconda. Si ritrovarono
infine in un piccolo salottino circolare, dove l’unica cosa che attirava
l’attenzione era un quadro enorme in cui una ragazzina bionda sorrideva
affabile.
“Tu
sei Draco Malfoy.” disse Aberforth.
“Sì.”
rispose lui, spostando il peso da un piede all’altro.
“Avevi
l’ordine di assassinare mio fratello, l’anno scorso.”
“Ma
non l’ho fatto.”
Aberfoth
prese due sedie e gli fece un cenno, prima di sedersi.
“Già.
Non l’hai fatto.”
Seguì
un lungo silenzio. Alla fine, non sopportando più la tensione, Draco decise di
romperlo.
“Mi
hanno detto di venire da lei. Io… Voglio entrare nell’Ordine della Fenice.”
Aberforth
assottigliò lo sguardo.
“Chi
te l’ha detto?”
“Severus
Piton.”
“Lui
ha ucciso mio fratello.”
“Lo
so. E’ un punto che ancora non mi è chiaro. Ma so per certo che lui non ha mai
smesso di far parte dell’Ordine, anzi: non è un Mangiamorte da molto tempo,
ormai, e anche se ha per così dire ‘ripreso servizio’, non lo sarà mai.”
“Hai
delle prove, per sostenere quello che dici?”
“Certamente.
Ma non posso mostrargliele. Non posso mostrarle a nessuno. E’ questo il patto:
lui mi ha indirizzato da lei dietro mia richiesta, per far sì che io possa far
parte dell’Ordine… Per dire che lui ne fa sempre comunque parte… Ma non posso
rivelare le sue motivazioni. Ho le mie, però.”
Aberforth
si alzò e andò verso un piccolo tavolino. Prese il centrotavola e mormorò
qualcosa, poi questo sparì in una fiammata.
“Sta
arrivando Minerva McGranitt.” disse, prima che Draco potesse anche solo aprire
bocca “Parlerai con lei e sarà lei a decidere. Io devo tornare dai clienti.
Aspettala qui.”
L’uomo
sparì dietro una porta, lasciando Draco solo e determinato.
Voleva
entrare nell’Ordine, lo voleva a tutti i costi. Ormai la decisione era stata
presa. Si allenava quasi tutti i giorni con il professor Piton per rendere la
sua mente impenetrabile; non aveva detto a nessuno – eccetto lui – della sua
scelta, per non mettere in pericolo altre persone – i suoi genitori in primis
–… Doveva solo proseguire sulla sua strada.
La
sua prima opzione era stata quella di tirarsi fuori da una guerra e da uno
schifo che non lo riguardavano. Credeva che non ne sarebbe mai stato toccato e
invece Voldemort aveva scelto lui. Non solo lo aveva nominato Mangiamorte ad
appena sedici anni, ma gli aveva anche affidato un incarico pericolosissimo
solo per il gusto di vederlo fallire. Poi c’erano state le torture e
l’addestramento con sua zia Bellatrix. Casa sua non era più sicura. L’orrore la
faceva da padrona, lui doveva prendere una pozione calmante per poter dormire
senza avere incubi… In quella guerra ormai c’era dentro fino al collo, ma se
avrebbe combattuto, d’ora in avanti, lo avrebbe fatto per la parte giusta.
Perché quello che aveva visto nella sua breve carriera da Mangiamorte
prescindeva le differenze di sangue e altre ‘baggianate’ simili: loro erano
carnefici spietati, esseri senza sentimenti per poter fare quello che erano
costretti a fare… E lui non lo accettava più.
La
professoressa McGranitt si smaterializzò direttamente nel salottino dove stava
circa cinque minuti dopo che Aberforth se n’era andato.
Draco
si alzò in piedi di scatto, in parte spaventato dal rumore della materializzazione.
“Buongiorno,
professoressa.” disse.
“Signor
Malfoy. Mi è giunta voce che vorrebbe entrare a far parte dell’Ordine della
Fenice. Voglio che lei sappia che le sue motivazioni verranno valutate
attentamente e che, se non si rivelassero fondate, non solo l’Ordine non
accetterò la sua richiesta, ma saremo anche costretti ad Obliviarla.”
“Ne
sono consapevole. Tutto quello che volete, datemi anche del Veritaserum. Ho
solo una condizione da porre: non fatemi domande su Severus Piton e sulle sue, di motivazioni.”
“Che
intende dire?”
“Aberforth
non gliel’ha detto? Piton è sempre stato dalla vostra parte.”
Seguì
qualche istante di silenzio.
“Lui
ha ucciso Silente.” disse infine la McGranitt, e in quelle parole Draco sentì
tutto il disprezzo possibile.
“Non
so come mai l’abbia fatto, sospetto che sia stato un piano di Silente stesso.
Per fare in modo che il Signore Oscuro si fidasse del tutto, forse… O forse
l’ha fatto solo per proteggere me. Ma se accettate me dovrete accettare anche
lui… Garantisco io. Piton ha i suoi buoni motivi per detestare il Signore
Oscuro.”
“E
lei non ha intenzione di dirmeli, vero?”
Nello
sguardo di Draco passò un lampo di scherno.
“Oh,
no, l’ho promesso. Ma se ci ragiona scommetto che ci arriva da sola.”
Ora
la McGranitt era confusa.
“Lasciamo
perdere, ho parlato anche troppo. Allora, cosa devo fare per convincervi che
sono sincero? Bere del Veritaserum?”
“Questo
semplificherebbe le cose, sì.”
Draco
si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, stavolta più rilassato di prima. Dopotutto,
conosceva la McGranitt da un bel po’.
“E
allora, che stiamo aspettando?”