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Autore: idrilcelebrindal    10/05/2013    5 recensioni
Durante la Battaglia dei Cinque Eserciti. Kili incontra qualcuno che cambierà il suo destino in modi che non avrebbe mai immaginato. Si trova così ad affrontare sfide inaspettate, ma avrà l'aiuto dei suoi compagni e di qualcuno del tutto imprevisto.
Ho scoperto da poco questo sito fantastico, ed è la mia primissima ff.. incrocio le dita...
Aggiunta: la storia ha preso una piega un po' diversa da quella prevista, forse è il caso di cambiare qualche indicazione...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Erede di Durin'
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9. Qualcosa di nuovo
N.d.A. Piccola annotazione per tutte quelle che, come me, non possono evitare di fare mente locale quando leggono una storia. Ebbene: le nane non hanno la barba. Almeno: le mie. Non hanno la barba, non  finchè i loro mariti non gliela fanno venire a furia di parlare solo di lavoro e di sport (… tiro dell’ascia…?). No.   

9. Qualcosa di nuovo

Erano passate tre settimane dalla cerimonia  funebre, e Kili si avviava ormai decisamente verso la guarigione. Dopo una lunga trattativa, non priva di momenti di tensione, con la guaritrice, avevano raggiunto un delicato equilibrio: durante la mattinata Kili si occupava con Balin di tutto quanto era necessario per l’andamento del Regno, a patto che nel pomeriggio riposasse. Miralys era rimasta con Irridis nel suo alloggio ad Erebor, ma durante il giorno si recava all’accampamento ad occuparsi dei feriti, dal momento che le condizioni del giovane re non richiedevano più la sua costante presenza: la ferita si stava cicatrizzando bene, e sebbene Miralys insistesse per fargli tenere il braccio al collo, quando lei non poteva vedere, Kili barava spudoratamente. Obbediva all’ordine di riposare, anche perché Dwalin non gli permetteva di fare diversamente… e con Dwalin non si poteva barare.
Kili era talmente impegnato a “fare il Re”, come diceva tra sé, che aveva rinchiuso in un angolino della sua anima il dolore e la disperazione; non riusciva a fare lo stesso per il desolante senso di perdita e di vuoto. C’erano momenti in cui si voltava pensando di riconoscere un passo familiare, un richiamo, una voce; altre  volte iniziava una frase convinto di rivolgersi a qualcuno che credeva accanto a sé, ed ogni volta era un colpo al cuore.
Vi erano volte in cui, ancora, sentiva il fratello maggiore così vicino che sapeva esattamente cosa avrebbe detto o fatto. Era  come se la voce di Fili, ora saggia, ora beffarda, sempre affettuosa, continuasse a parlare  alla sua mente.
Pensava molto anche a Dìs. Appena si era rimesso un poco le aveva scritto una lunga lettera, inviata tramite un messaggero, dopo il breve messaggio a mezzo corvo con cui l’aveva rassicurata sulla propria  salvezza; non riusciva a pensare al dolore che doveva provare sua madre. Si era messa in viaggio, con una numerosa colonna, subito dopo la morte del Drago, ma il viaggio sarebbe stato ancora lungo.

Ogni giorno invece arrivavano nani da sud, da tutte le zone lungo il fiume Anduin, da est e da nord, nani che, sentito  che il Regno sotto la Montagna era stato ristabilito, accorrevano per farne parte. Kili si faceva un dovere di incontrarli tutti.
I lavori di ristrutturazione continuavano; ogni giorno venivano ripulite e riaperte nuove zone, e la Montagna Solitaria a poco a poco ricominciava a vivere. Lunghe file di carri carichi di merci di ogni genere facevano la spola tra il Lago,  dove veniva costruita una nuova città, chiamata Esgatoth, i cantieri  di  Dale, l’accampamento, che a poco a poco si trasformava in un mercato, ed Erebor; le merci risalivano il fiume su innumerevoli chiatte, provenienti da Bosco Atro e dalle terre a sud. L’oro di Erebor tornava a circolare, producendo prosperità e ricchezza. L’oro chiama oro, diceva un vecchio adagio; ed il Re sotto la Montagna era al centro di tutta questa attività.
Miralys rientrava ad Erebor nel tardo pomeriggio, di solito con qualche carro, e Kili si ritrovò ad attendere quei momenti che trascorrevano insieme. Se per caso la guaritrice tardava, diventava ansioso, e rimaneva teso finchè la figuretta familiare non ricompariva, con quel sorriso allegro che gli scaldava il cuore.

La sera spesso si riunivano in una sala, e Balin e Bofur raccontavano le vecchie leggende. A volte suonavano strumenti ritrovati in sale troppo piccole perché  il drago le devastasse, e delicatamente restaurati dai danni del tempo. Di solito Kili si distendeva su un basso divano, con Miralys seduta sul tappeto accanto a lui; il re ammirava il viso dai lineamenti delicati che spesso gli si rivolgeva, ed il sorriso della nana diventava tenero e segreto solo per lui.
Una sera la ragazza gli chiese se lui avesse mai suonato, visto che non partecipava ai “concerti”. Kili non rispose subito, e lei capì di aver toccato un tasto delicato.
“Mi dispiace, non volevo rattristarti,” disse prendendogli una mano, un gesto di tenera confidenza ormai diventato abituale tra loro. Kili alzò gli occhi.
“Suonavo il violino, ma non l’ho più fatto da quando… l’ultima volta abbiamo suonato proprio qui, Fili ed io, la sera prima della battaglia. Fili era sempre molto bravo, ma quella sera superò se stesso. Era come se sentisse che non l’avrebbe fatto mai più.”  Tacque per un momento.
“Era stato lui  ad insegnarmi a suonare” continuò poi, “quando eravamo bambini, come molte altre cose. Non poteva fare nulla senza che io pretendessi immediatamente di imitarlo, ma lui aveva una pazienza infinita, con me. Dovevo essere davvero un tedio tremendo, per lui!” Kili sorrise, un piccolo sorriso colmo di nostalgia.
Sai che non è vero, fratellino... ti ho adorato fin da quando mamma ti mise tra le mie braccia!
“Fili era sempre pronto ad imparare nuove canzoni, ed amava molto le antiche ballate dei Monti Azzurri. Dovrei ricominciare a suonare, per non dimenticarle.”
Bofur era seduto accanto a loro e sentì lo scambio di battute. Uscì un attimo e rientrò subito dopo con uno splendido violino intarsiato, con delicate decorazioni d’oro. Si inginocchiò davanti al divano e lo porse a Kili.
“Si sente solo,” disse. “Ha bisogno di qualcuno che gli dia voce.”

Il giovane re si alzò a sedere. Allungò  una mano ed accarezzò la cassa; prese lo strumento e se lo posò sulle ginocchia, sfiorando le corde con le dita. Poi lo alzò ed impugnò l’archetto, ed una cascata di note fluì dal violino.
Dopo alcuni esperimenti, Kili attaccò una semplice canzone di viaggio, che tutti conoscevano; gli altri si unirono a lui con gli strumenti e con la voce, e la stanza fu piena di allegria e di risate. Suonarono ballate e melodie, di quelle che si cantano in compagnia, attorno ad un fuoco, o di quelle che spingono a danzare, sotto le stelle, durante le notti d’estate. Fu Ori  il primo a cedere al richiamo, si alzò e cominciò a ballare semplici passi, tenendo il tempo con le mani; Bofur e Glòin lo imitarono subito, ridacchiando. I musicisti attaccarono una canzone dietro l’altra, senza smettere, con un ritmo sempre più coinvolgente; e Bofur ed Ori si fermarono davanti a Miralys, tendendole le mani.
“Dai, vieni!” Lei acconsentì ridendo, ed i due la trascinarono nel turbine della danza. Miralys seguì i loro passi, ma nelle giravolte il suo sguardo tornava sempre verso il divano, dove Kili continuava a suonare. Lui alzò la testa e rispose al suo sguardo, e per la prima volta Miralys vide sul suo viso un vero sorriso, che arrivava agli occhi, mentre Kili non riusciva a staccare lo sguardo dalla ballerina dai capelli d’oro. Alla fine però la resistenza dei danzatori giunse al termine, e la musica cessò.
Chiacchierando, riposero gli strumenti, mentre Dori e Nori raccoglievano dal pavimento il fratello minore, cosa non facile dal momento che tutti e tre stavano ridendo irrefrenabilmente.
“ Uffh! Basta, non ne posso più!” Miralys, ansante, si lasciò andare sul divano accanto a Kili.
Gli altri uscirono alla spicciolata, augurando la buona notte, ed i due giovani rimasero soli.  

Senza dire una parola, Kili ricominciò a suonare.
La musica si levò, ampia e bella e maestosa, e parlava di grandezza e nobiltà, di arte, grandi opere e una bellezza ineguagliabile; poi lentamente cambiò, ed il violino divenne la voce del dolore, dell’esilio e di una nostalgia di cose perdute talmente struggente che gli occhi di Miralys si riempirono di lacrime.
Infine Kili depose lo strumento e la guardò: alla luce delle candele gli apparve bellissima.
“Oh!...” sussurrò la nana. “Cos’era?..
“Un’antichissima canzone dei Monti Azzurri. Non conosco le parole, ma Fili diceva che racconta delle grandi città cadute durante un enorme cataclisma molti millenni fa.”
Non seppero mai come fosse accaduto, ma si ritrovarono vicini. Il cuore di Kili batteva forte, nella sua mente il vuoto, solo lei, quegli occhi spalancati ed un po’ smarriti, le labbra incurvate in un leggero sorriso…
Nella testa di Miralys suonarono mille campanelli d’allarme, ma lei li ignorò tutti: sapeva cosa stava per accadere, e, dèi, quanto lo voleva…
L’ultimo spazio fu colmato. Kili baciò la bocca morbida, un bacio delicato, esitante; poi un altro, più intenso… sentì che lei rispondeva, che lo baciava a sua volta… con la punta della lingua le sfiorò l’interno del labbro, strappandole un piccolo mugolio, che gli andò dritto alla testa.. e altrove. Kili si accorse che il suo respiro accelerava, e che la bocca delle sua compagna lo  invitava, che voleva di più, mentre lui non chiedeva di meglio che darle tutto se stesso…
Qualcuno bussò alla porta, e l’incanto di spezzò. Si staccarono, storditi, faticando a tornare alla realtà.
“Kili! Sei ancora qui? C’è un messaggero da Collecorvo!” era la voce di Balin.
Miralys si alzò, ancora ansimante, le guance in fiamme.
“Devo andare…”

Quando Kili si svegliò, la mattina seguente, per la prima volta da molto tempo la sua prima impressione non fu un pugno nello stomaco e la consapevolezza della perdita; fu una capriola al cuore ed il sapore di un bacio.
Sapeva che lei era già scesa all’accampamento, e improvvisamente gli parve che mancasse un’eternità al momento in cui l’avrebbe rivista.
Durante la  mattinata sbrigò con Balin le questioni più urgenti, ma non riusciva a concentrarsi; il suo pensiero vagava su occhi verdi, mani delicate, e alcuni particolari decisamente interessanti della figura di una certa nana. Balin dovette richiamarlo più volte, ottenendo solo occhi spalancati e commenti non pertinenti, e questo ricordò  fin troppo bene, al vecchio nano, le lezioni di molto tempo prima, quando cercava di catturare l’attenzione di uno studente che pensava ad importantissime questioni di tutt’altro genere.
“A cosa stai pensando?” sbottò infine. “Arco, pesca, ragazze…?”
“Cosa?” Kili fissò Balin, ancora una volta, con aria perplessa. Poi rise. Aveva capito perfettamente il riferimento.
“Hai ragione, vecchio mio, mi sono distratto. Cosa stavi dicendo?”
“Uhm!” bofonchiò Balin con espressione diffidente. “Stavo cercando di dirti che la colonna in arrivo, avvistata dalla guardia di Collecorvo, dovrebbe venire dai Monti di Cenere, vista la direzione da cui proviene. Un gruppo dei nostri si era diretto là, dopo Azanulbizar,  guidati da un lontano cugino, Nar. Lo conoscevo bene, era stato anche nel Consiglio di Thròr. Era troppo lontano da noi perché Thorin lo chiamasse a partecipare all’impresa, e del resto ora sarà ormai molto vecchio. Dovrebbero arrivare entro questa sera.”
“Se sono loro, saranno i benvenuti alle solite condizioni.”
“Ed ora, mio signore, perché non te ne vai a prendere una boccata d’aria? Dubito di poter ottenere altro, da te, oggi!”
“Hai ragione, Balin, scusami, ma oggi…” si alzò e uscì.

Balin lo seguì con lo sguardo, un po’ esasperato ma al contempo sollevato. L’ultimo mese era stato durissimo; aveva visto Kili combattere contro il dolore, fisico e morale, e nel contempo far fronte ad ogni genere di problema e difficoltà; il Kili di prima, vivace e sempre pronto al riso, era del tutto scomparso e Balin stava cominciando a preoccuparsi sul serio.
Il giovane re  aveva già pagato un prezzo altissimo di dolore e di sangue per Erebor; non voleva che il Regno lo privasse anche della sua vita e della sua anima. Thorin non lo avrebbe voluto;  e Dìs mi leverà la pelle se permetterò che l’ unico figlio rimastole  si rovini l’esistenza!  Ne aveva parlato anche con Dwalin, due giorni prima, ma suo fratello non sembrava minimamente  preoccupato. “Lascia fare al tempo!” aveva detto. “Ed in ogni caso né tu né io possiamo farci niente. Forse il ragazzo ha bisogno di qualcosa, ma certo  non da noi.” E si era rifiutato di dire altro.   Non era da lui essere così sibillino.
La sera precedente, però, per la prima volta, Balin aveva visto Kili sorridere davvero; ed oggi era distratto da qualcosa  di certo non spiacevole. Il vecchio nano si permise di sperare : forse suo fratello aveva ragione.

Kili si aggirò per la Montagna; andò a vedere i progressi dei lavori;  si fermò a parlare con gli artigiani muratori diretti da Glòin; passò da Ori e Dori, che catalogavano i tesori accumulati da Smaug; rise con Bofur e gli orafi che riparavano e lucidavano gli oggetti danneggiati, accolto ovunque con grande entusiasmo ed affetto sincero.  In poche settimane aveva conquistato il cuore di tutti quelli che erano accorsi ad Erebor, che si sarebbero gettati nel fuoco per lui.
Kili ricambiava questi sentimenti con pari entusiasmo: erano il “suo” popolo, la “sua” gente, e lui avrebbe dato loro la vita migliore possibile.
Poi salì al suo posto preferito, sulla balconata,  e lasciò che le emozioni prendessero il sopravvento. Miralys, la mia Mira, amore mio … sei entrata nella mia vita e l’hai riempita di te…  Poi il suo pensiero volò, come sempre, a suo fratello. Non ti ho dimenticato, Fili, sarai sempre nel mio cuore, niente e nessuno può cambiare questo.
Oh, dai, Kee! Lo so. Non voglio certo che tu viva perennemente intrappolato in un ricordo! Quello che voglio è che tu vada avanti, che sia felice, e se questa ragazza ti può dare amore e serenità, che siate benedetti, per Mahal!
Vorrei tanto che tu l’avessi conosciuta, Fee…
Solo, fratellino mio, ricordati chi sei. E che hai dei doveri. Cosa vuoi esattamente per te e per lei?
Kili sospirò. Era l’Erede di Durin, ne era perfettamente consapevole. L’ultimo della sua famiglia. Era sicuro che Balin avesse ben presente  l’argomento, e che non ne avesse ancora parlato per non aggiungere un altro problema a tutti quelli che già stava affrontando, ma prima o poi sarebbe saltato fuori.
Per Miralys non voglio nessuna ambiguità, nessun imbarazzo. Voglio amarla liberamente, davanti a tutti.
Sai cosa significa. Ne sei sicuro?
Oh, per Durin! So solo che non posso, non voglio fare a meno di lei! Voglio dormire con lei e svegliarmi con lei, voglio passare con lei i miei giorni e le mie notti, voglio ridere con lei e piangere con lei, voglio il suo corpo e il suo cuore, e voglio affidarle tutto me stesso… ma soprattutto voglio che sia felice. Non dovrà mai, mai soffrire per causa mia.
Non vedeva l’ora che calasse il sole.
  
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