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Nick Fury poteva anche
non sopportare la boria di Stark, trovare irritante il suo comportamento,
considerare infantile il suo modus operandi, ma non aveva mai pensato veramente
che fosse pazzo.
Era giunto il momento di
ricredersi.
-Stark, ti assicuro che
se continuerai con queste idiozie sarò costretto a prendere provvedimenti in
merito. Provvedimenti immediati.
Dall’altra parte dello
schermo, un pallido Tony Stark contrasse il volto, esasperato; pressò le nocche
sulla fronte, strinse la radice del naso
fra le dita, scese a coprire la bocca e infine unì fra loro i palmi delle mani.
Il sopracciglio di Nick
Fury schizzò oltre la cinghia della benda.
Da dietro le spalle di
Iron Man l’Agente Romanoff rizzò gli occhi nella sua direzione ed egli capì
come sotto ci fosse molto di più di un semplice esaurimento nervoso.
-Molto bene, Harlock-
cominciò Stark e se il Direttore dello S.H.I.E.L.D. irrigidì la schiena per il
soprannome non richiesto, la parte più pragmatica della propria persona scattò
sul chi vive a quel tono conciliante -Prenotami pure un appuntamento dalla
signorina Leland, è da tempo che non ci vediamo e sono sicuro che senta la mia
mancanza, chi non la sentirebbe?, ma io troverò quelle persone, che ti
piaccia o meno.
Fury socchiuse l’occhio
buono, lo sguardo divenne tagliente.
Aveva discusso più volte
con Maria Hill circa la possibilità di costringere i Vendicatori e gli
altri Supereroi di New York a diventare parte integrante dello S.H.I.E.L.D.,
veri e propri Agenti stipendiati e tenuti sotto ferreo controllo, Per
evitare che facciano il bello ed il cattivo tempo, signore. Per evitare che la
loro totale mancanza di regole e discipline siano causa di mali ben peggiori di
Loki.
Non l’aveva mai
considerata una buona idea. Di nuovo, sembrava giunto il momento di tornare
sulle proprie decisioni e tutto perché Stark si era messo in testa di andare
nel Vecchio Continente a recuperare non si sa bene chi, non si sa bene come, non
si sa bene dove, solo perché la personificazione della Sorte gli era
apparsa e gli aveva ordinato di scendere nell’Ade, recuperare l’anima di Steve
Rogers e ripristinare l’Equilibrio del mondo -Nemmeno nelle peggiori visioni
mistiche succedevano cose del genere.
Il Capitano Rogers era
morto -Un infarto, secondo quanto riportavano i referti medici, e Tony Stark
aveva accusato il colpo nel peggiore dei modi: le assurdità su divinità
dell’Olimpo e viaggi nell’Ade erano un chiaro sintomo delle sue attuali
condizioni psichiche.
Dacché Thor era arrivato
in New Mexico, lo S.H.I.E.L.D. aveva fatto passi da gigante in materia di nuovi
mondi, complici anche gli appunti della dottoressa Foster riguardo al Ponte di
Einstein-Rosen; gli studi sui Nove Regni procedevano quanto più speditamente possibile,
sebbene limitati dalla materiale inattuabilità di un contatto più approfondito
con altri Asgardiani e popoli loro affini.
Per quelle rare volte che
si era prestato ad un informale interrogatorio, il Dio Norreno aveva
speso poche e incomprensibili parole sul il Bifrost, il Ponte dell’Arcobaleno, forse
il solo collegamento tra una dimensione e l’altra. Alla fine erano riusciti a
ricavare unicamente due verità ineluttabili: il Bifrost era caduto e Thor non
avrebbe mai portato nessun terrestre ad Asgard.
Nessuno tranne Jane
Foster, ma Fury dubitava che la donna si sarebbe detta disponibile a fare da
infiltrato. Nonostante alla conclusione della vicenda a Puerte Antiguo le
fossero state restituite tutte le attrezzature e gli appunti e gli studi e le
fosse stato offerto un tempestivo posto di lavoro all’Osservatorio per tenerla
in totale sicurezza durante l’emergenza “Loki”, la dottoressa aveva ancora il
dente avvelenato nei loro confronti.
Le condizioni per una
maggiore e più ampia conoscenza dei Mondi oltre la Terra erano sfavorevoli e
sebbene il Direttore non fosse tipo da escludere l’esistenza di qualcosa solo
perché non poteva vederla fisicamente, trovava quei discorsi privi di senso,
forse più per l’idea insita nei vagheggiamenti di Stark che per
l’ipotesi di un’ulteriore cultura extradimensionale.
-Non andrai da nessuna
parte, signorino.
La bocca di Tony fremette
di un ghigno storto.
-Non puoi impedirmelo, monocolo.
Fury torse il collo ad
incontrare lo sguardo dell’Agente Hill e da come lei assottigliò le labbra,
capì che l’argomento “Registrazione” sarebbe stato il punto successivo di una
giornata cominciata nel peggiore dei modi.
-Potrei sempre ordinare
un perimetro attorno alla Tower e circondarti di Agenti armati di taser. Mi
dicono che Supertata non sia ancora stato cancellato dal palinsesto-
-L’Agente Coulson sì,
però-
-Barton, sta’ al tuo
posto.
Tony, sorpreso dall’affermazione
all’apparenza priva di contesto, si voltò verso Clint; questi aveva sollevato
le spalle dal muro e stava fissando il figlio di Howard con espressione gelida,
un angolo della bocca sollevato a scoprire i denti digrignati. Gli ci vollero
alcuni secondi per recepire l’ordine e fu solo quando tornò ad appoggiarsi
contro la parete che Fury si concesse una minima distensione.
-Mi ascolti, Direttore,
so che le mie parole possono sembrare il delirio di un ubriaco e forse, forse
il tasso alcolico nel mio sangue è un tantino superiore al limite di lucidità
consentito, ma so cosa ho visto. So con chi ho parlato- Stark
aggrottò la fronte e fece spallucce -Bhè, più o meno, ma il punto è…che ho la
possibilità di andare a prendere Rogers e riportarlo qui. Posso farlo. E lo farò.
Con la coda dell’occhio,
il Direttore vide l’Agente Barton all’angolo dello schermo tentare di prendere
parola; sollevò allora una mano, ad impedirgli qualsiasi intromissione.
-Come?
Questa volta, le labbra
di Iron Man si arricciarono in un sorrisetto compiaciuto.
-Si dà il Caso- e
calcò il termine con irritante enfasi -Che la gentile…- tentennò –Divinità? Sì,
facciamole un favore, la gentile Divinità con cui ho avuto un colloquio pocanzi
mi abbia dato tutte le informazioni necessarie a…-
-Il Cantore, il Viaggiatore
ed il Pio?- Fury non poté negarsi un moto di sarcasmo -Stark, queste non
sono informazioni valide-
-Secondo l’Agente
Romanoff potrebbero esserlo, invece. Agente Romanoff, vorrebbe venire avanti e
rendersi palese all’occhio del suo superiore?
Vedova Nera avanzò senza
dire una parola, il volto teso e duro, lo sguardo che mandava lampi in
direzione di Stark; gli si affiancò, in modo da essere visibile davanti allo
schermo, le braccia lungo i fianchi e le labbra rigidamente pressate l’una
contro l’altra.
-Agente Romanoff. Parli
pure- il Direttore si appoggiò allo schienale, le dita della mano destra a
pizzicare la curva del mento.
-Orfeo, Odisseo ed Enea-
spiegò lei, impassibile -Secondo la mitologia occidentale, essi sarebbero scesi
fin dentro gli abissi dell’Inferno. Ognuno per scopi e motivazioni diverse, ma
comunque la tradizione è concorde nell’affermare il loro viaggio nella Terra
dei Morti-
Il Direttore scosse il
capo.
No. Si era sfociati nel ridicolo.
Aveva perso anche fin troppo tempo.
-E tu, Stark, vorresti
trovare degli eroi mitologici appartenenti ad un ciclo di storie vecchio
di duemila anni, solo perché un’allucinazione ti ha detto…-
-Anche Point Break fa parte di un ciclo di storie vecchio di
duemila anni, ma non mi sembra che la cosa ti stia dando problemi, non finchè
ti permette di prendere a calci qualche supercattivo dai capelli unti- ribatté
Tony, la voce più alta, irritata, furiosa -Puoi anche non crederci, ma
quello che ho detto è...-
-Vero-
Tutti, da una parte e
dall’altra dello schermo, trasalirono all’improvviso intervento di Thor: Vedova
Nera si fece da parte appena se lo vide accanto e il figlio di Howard arcuò le
sopracciglia.
-Sul serio?- il fatto che
fosse stupito quanto il resto delle persone presenti non fu una buona
impressione per Fury.
-L’Uomo di Ferro ha
ragione- continuò la divinità e per quanto fosse stretto in una camicia a
scacchi blu e rossi di una taglia più piccola, per quanto indossasse un paio di
jeans scoloriti all’altezza del ginocchio e tenesse i capelli trattenuti alla
base della nuca, lo sguardo cupo e il portamento fiero lo rendevano a tutti gli
effetti un Principe di Asgard. Nick Fury non era tipo da impressionarsi facilmente,
ma chiunque si sarebbe sentito a disagio al cospetto del Tonante Thor –Anche se
vestito da mandriano.
-Spiegati meglio-
-Spesso Padre Odino ha
avuto occasione di incontrare gli Dei dell’Olimpo: dovreste conoscerli bene,
sono le divinità dei vostri avi-
-I miei avi erano Indiani
Iowa, per cui me ne tiro fuori- Clint rivolse allo schermo un ghigno tagliente,
che il Direttore fu veloce a spegnere grazie ad un’occhiata ammonitrice.
Thor corrugò la fronte e
Jane, che si era avvicinata in silenzio, gli mise una mano sulla spalla per
invitarlo a continuare; il Dio le coprì dolcemente le dita con le proprie,
sorrise e tornò a guardare nello schermo.
-Giove, Giunone, Minerva,
i loro figli, le loro mogli, i mariti e gli amanti vegliavano sull’Occidente quando
il mondo era ancora giovane. Ma come il mio popolo, alla fine decisero di
ritirarsi e arroccarsi nell’eternità dell’Olimpo, loro casa e loro sede.
“A differenza di noi
Asgardiani, però, alcuni ancora amano scendere su Midgard e mescolarsi ai
mortali: Venere è fra questi e da quello che ho potuto apprendere da mio padre
molti secoli orsono, gli Dei che stanno sotto la terra mai hanno cessato il
loro compito.
“Fra coloro che si
fregiano del titolo di Divinità, gli Olimpici sono gli unici a non aver abbandonato,
come essi sostengono, Midgard a se stessa. Si proclamano ancora suoi custodi,
guardiani del suo Equilibrio, pur non intervenendo che in minima parte nel suo
Destino.
-Se Nietzsche fosse qui
gli prenderebbe una sincope-
Fury contrasse la
mascella al commento a sproposito di Stark e Maria gli si fece più vicino, le
spalle piegate in avanti. Entrambi sapevano che considerarsi l’unico popolo
senziente nella vastità dell’Universo era peccare d’ orgoglio e demenza: non
erano soli, esistevano degli altri e lo S.W.O.R.D. era stato creato proprio
per tenere sotto controllo le mosse e le interferenze di altri nella
vita terrestre.
Che altri camminassero
indisturbati per Manhattan, mangiassero croissant a Parigi o passeggiassero lungo
la Muraglia Cinese era un’ipotesi che non poteva rimanere senza dimostrazione. Non
si trattava della trama di un romanzo o la sceneggiatura per un film
fantascientifico: se questi altri erano fra loro e nessuno ancora ne
aveva avuto notizia, Abigail Brand doveva esserne informata e le falle del
sistema sanate.
-Molti degli Eroi- stava
dicendo Thor, nel frattempo -Hanno deciso di rimanere a Midgard: alcuni, come Ercole,
che sono fiero di aver conosciuto di persona, si sono allontanati dai loro
luoghi d’origine per stabilirsi al di là del mare. Altri ancora hanno scelto di
non abbandonare la propria casa, per quanto cambiata essa fosse. Anche se
distrutta, anche se modificata fin nel profondo della loro essenza, si ergono a
loro difesa contro lo sfacelo del tempo e della memoria. Ma sono rimasti in
pochi, ormai, e senza l’aiuto della Giustizia, che è loro Dea Suprema secondo
quanto mi è stato narrato, non possono nulla e le loro fila sono destinate ad
assottigliarsi ogni giorno che passa. Sono stanchi e anelano il riposo eterno
che solo la dimora di Giove è in grado di offrire-
-E le persone che ha
citato Vedova Nera?- chiese Fury -Odisseo, Enea ed Orfeo? Loro dove sono?
Il Dio Norreno scosse il
capo.
-Non so dirvi di Orfeo,
né di Enea, ma di Odisseo Ercole parlava spesso e so per certo che si trova ancora
ad Itaca-
-Bhè, è già qualcosa, no?
Significa che non sono pazzo. Forse un po’ su di giri per la Vodka, ma…-
-Taci, Stark, non ho
ancora deciso in merito alla tua sanità mentale. Thor, dobbiamo sapere il più
possibile riguardo a questi Dei. A quando risale l’ultimo contatto avuto con
loro?
Il Tonante, a quella
domanda, parve tentennare. Deglutì, a disagio, e rimase qualche minuto in
silenzio.
-Non molto dopo il mio
ritorno ad Asgard, con Loki- ammise -Padre si è ritirato a concilio con Giove,
ma non mi è stato permesso presiedere, né conoscere quanto è stato detto. So
solo che in seguito al loro deliberare...- abbassò il capo, gli occhi cupi -Di
mio fratello non si hanno avuto più notizie. Non è ad Asgard e Padre ha imposto
il divieto di partire alla sua ricerca, quale che sia l’effetto che mi lega a
lui. Era così stanco, così provato e addolorato da temere che il Sonno di Odino
lo cogliesse prima del tempo-
-Il Sonno di Odino?-
-Niente che abbia a che
vedere con questa storia.
E niente che abbia a che vedere
con noi, ma questo Fury si astenne dal dirlo. Intrecciò le
dita e posò il mento sulle nocche, sbiancate per la tensione.
-Stark, ora è il tuo
turno: raccontaci ancora una volta quanto è successo nel laboratorio, e senza
divagare, se ti riesce.
Il magnate roteò gli
occhi al cielo.
-Te l’ho già detto, Mace
Windu. Te l’ho detto e ripetuto. Mi è apparsa questa donna e ha detto di
essere Tyche, la Sorte che “governa” il destino dei mortali- mimò le virgolette
con le dita, a rendere chiaro a chiunque quanto trovasse ridicola quella parte
della storia -Ha detto che le Parche hanno tagliato il Filo della Vita del
Capitano, qualunque cosa sia, per un falso messaggio od una falsa messaggera,
nemmeno lei sapeva dirlo-
-Le Parche?- Thor rivolse
a Tony uno sguardo perplesso –Intendi le Norne?-
-Non lo so, non me ne
intendo di vecchiette rancide che si passano l’un l’altra l’occhio buono per
prevedere il futuro-
-Quelle sono le Graie-
intervenne l’Agente Romanoff, sedendosi accanto ad una ancora sconvolta
Virginia Potts e posando le mani in grembo.
-Sì, bhè, vedrò di
mandare una lettera di reclamo alla Disney, posso andare avanti?
Accanto al Direttore,
Maria Hill si schiarì la gola, ma Fury la ignorò: per quanto una dissertazione
sulle incongruenze nei film Disney fosse l’ultima cosa che volesse sentire in
quel momento, sperava ancora che il discorso di Stark portasse da qualche
parte.
-Parche, Norne, Nonne,
giovani o vecchie che siano, hanno tagliato questo filo perché
qualcuno ha ordinato loro di farlo. Qualcuno che a quanto sembra non dovrebbe
avere alcun potere decisionale a riguardo, qualcuno che per caso è
arrivato a sapere di questa piccola scappatoia nell’Ordine normale delle cose-
aggrottò la fronte, gli occhi scivolarono al Dio –Thor, voi Asgardiani ve ne
intendete di Ordine?
La domanda lo sorprese.
-Che intendi dire, Uomo
di Ferro?-
-Questo famigerato
Equilibrio, questo tanto decantato Ordine che fa molto videogioco anni novanta
o al limite sessione notturna di Dungeons&Dragons, e prima che lo
chiediate, sì, ho avuto l’occasione di partecipare ad alcune di esse e no, non
intendo parlarne, Pepper vedi di mantenere il segreto, insomma…E’ un
concetto che Asgardiani e Olimpici dividono con pane e companatico oppure
ognuno a casa propria?
Fury socchiuse la
palpebre e sciolse l’intreccio delle dita; appoggiò un gomito al ginocchio,
scambiandosi un’occhiata significativa con l’Agente Hill.
-Thor- prese la parola -Come
hanno reagito gli Olimpici all’attacco di Loki? Visto che, come hai detto, si
considerano i custodi della Terra, dubito abbiano apprezzato le azioni e le distruzioni
di tuo fratello.
***
-Padre non
sarebbe mai arrivato a compiere un’azione tanto deplorevole!
Clint fu l’unico, nella stanza, a non sobbalzare
allo scatto improvviso di Thor. Si sarebbe detto dotato di una tempra
invidiabile, ma la verità era un’altra.
-Mi spiace, Point
Break, ma voci di regia mi dicono che l’amore di un padre per i propri
figli sia imprevedibile: se veramente gli Olimpici hanno portato via Loki per
ristabilire quell’Ordine a voi tanto estraneo…
La verità è che tutta la situazione lo stava facendo
ribollire dalla rabbia. Sentiva il sangue ringhiare nelle vene, lo stomaco
torto da una furia gelida, era incapace di concentrarsi su qualsiasi cosa che
non fosse il bisogno di scaraventare Stark contro una parete, o conficcargli
una freccia nella giugulare.
-Padre non avrebbe mai ordito un piano tanto
meschino! Ordinare la morte del Capitano per…per cosa? Dimmelo, Uomo di Ferro!
Tu che sembri tanto saggio, dimmi per quale motivo lo avrebbe fatto!-
-Vendetta. Semplice, pura, paterna vendetta. Gli
Olimpici si sono immischiati negli affari di Asgard in nome dell’Equilibrio?
Quale presa di posizione migliore che interferire nell’Equilibrio stesso? Steve
doveva morire settant’anni fa, quando
l’aereo di Schmidt si è disintegrato a contatto con la calotta artica. Steve
era l’esempio vivente di un Ordine
che tornava bene solo quando lo volevano Giove e tutta la sua combriccola-
-Il Capitano era un mio un compagno…-
-Ma Loki era suo figlio, tuo fratello. Capisci la
logica dietro a tutto questo, fulminato amico
mio?
Barton roteò gli occhi al cielo e contrasse la
mascella, ignorando lo sguardo di Natasha. Lei sapeva, oh, sapeva ogni cosa,
sapeva come si sentiva e quanto quei discorsi, quella situazione, quella possibilità lo stessero facendo uscire
di testa.
-L’unica logica che capisco io- intervenne, allora,
prima che Vedova Nera o il buon senso –Che poi, a conti fatti, erano la stessa
cosa, potessero impedirglielo -E’ quella del “Le relazioni tra colleghi non possono e non devono essere in alcun modo
incoraggiate”.
Vide Stark irrigidirsi e
Fury aggrottare la fronte dall’altra parte dello schermo. Rivolse ad entrambi un
ghigno malevolo.
-Non ho nulla contro il
Capitano. Era una persona come ne ho incontrate poche nella mia vita e lo
stimavo. Lo stimavo davvero. Ma perché lui? Per quale motivo solo a
Rogers è stata data la possibilità di tornare in vita? Perché tanti altri meritevoli
quanto lui devono essere costretti a rimanere cibo per i vermi?
Le spalle di Tony
cascarono con un sospiro e Clint quasi temette di aver lasciato trasparire troppo
dal tono nervoso dell’arringa.
-Non lo so, Barton.
L’unica ipotesi che ho a riguardo è questa: occhio per occhio, dente per dente,
la sempre valida legge del taglione. Tu porti via mio figlio nel sacrosanto
nome di un Ordine che solo voi potete capire? Ottimo, in nome di quel
sacrosanto Ordine che solo voi potete capire vengo a mettervi un po’ i bastoni
tra le ruote per farvi vedere che, no, con gli Asgardiani non si scherza-
allargò le braccia -Dei, valli a capire.
Ma Thor non sembrava convinto.
Nessuna in quella stanza sembrava convinto e Clint, nell’alzare gli occhi al
volto del Direttore sullo schermo, capì che oltre a non esserne convinto
nemmeno lui, stava pensando ad un modo per ottenere un contatto e dei
collegamenti degni di questo nome con il nuovo popolo extradimensionale.
-Andrò ad Asgard- il Dio
Norreno annuì a se stesso e ai presenti –Parlerò con Padre e lo convincerò a
farmi avere un incontro anche con Giove-
-Ottimo!- Stark sfregò
fra loro i palmi delle mani –Bene, si comincia la quest allora! Banner
la voglio alla ricerca di Orfeo, non accetto un no come risposta-
Barton torse il collo, le
sopracciglia corrugate: il dottore aveva l’aria parecchio perplessa e non era
l’unico nella stanza. Pepper richiamò l’attenzione alzandosi in piedi e
ricordando a tutti una questione fondamentale.
-Dovremmo pensare anche…-
chiuse gli occhi un istante, ingoiando un singhiozzo silenzioso. Era pallida,
esausta, sull’orlo delle lacrime -Alla camera…A Steve-
Barton avvertì
distintamente l’occhio di Fury posarsi sulla propria persona. Dannazione,
sapeva, sapeva di dover accettare la missione suicida in Latveria.
-Saranno un manipolo di
Agenti, Barton e il mio Agente più fidato ad occuparsi di tutto.
Eccolo lì. Ottimo. Tanto
valeva fare buon viso a cattivo gioco: sperava almeno che da uno, il mese di
congedo si trasformasse magicamente in due.
-Sarà un piacere lavorare
con l’Agente Hill- commentò, un sorriso parecchio tirato e parecchio falso sul
volto livido.
-Non mi pare di aver
menzionato l’Agente Hill, Barton.
***
All’angolo tra la Quinta e la Sesta c’era un
ristorante giapponese, Il Sakè del Tanuki.
Un locale piccolo, intimo, nastro trasportatore per
il sushi, buona varietà nel menù, stampe di geishe e samurai appese alle
pareti. Il proprietario era un vecchio arzillo dagli occhietti infossati e
baffetti bianchi a manubrio: Aritomo Watanabe, età indefinita tra i
settant’anni e i centocinque anni, faccia da Shogun, lineamenti cinesi e
perfetta parlata coreana –Dialetto del Nord o del Sud non aveva importanza, la
voce era priva anche della più piccola contaminazione di Osaka. Era amato da
tutti e da tutti un po’ odiato a causa di quella mescolanza etnico-culturale
che rendeva tanto eclettica la sua persona.
Erano le sei del pomeriggio quando l’Agente scese
dalla macchina nera ed entrò al Sakè del
Tanuki: Aritomo lo vide, centellinò un saluto cortese tra le labbra seriche
e gli si avvicinò a passetti strascicati.
-Konnichiwa,
konnichiwa…!- esclamò, profondendosi in un inchino e lanciandogli
un’occhiata divertita da sotto la bandana che copriva il cranio calvo -Tavolo
per uno, sì?-
-Esatto. Non mi piace condividere il sashimi.
Il sorriso del vecchio Watanabe assunse una piega
ferina, lo sguardo scintillò come freddo metallo.
-Prego, mi segua.
L’Agente e Aritomo superarono l’interno del locale
in religioso silenzioso. Gli avventori erano pochi, per di più operai od
impiegati che si godevano un pasto prima del turno di notte, qualche gruppetto
di ragazzini, una signora distinta e solitaria che frugava a punta di bacchetta
nella zuppa di miso. Ai camerieri che alzavano gli occhi su di lui, Watanabe
annuiva con un gran rollio del collo tremolante e faceva cenno di tornare alle
loro occupazioni; in cucina nessuno prestò loro attenzione, almeno finché non
arrivarono alla cella frigorifera.
Lì il vecchino chiamò due ragazzi intenti a far
nulla dinanzi al tavolo per preparare il sushi ed essi -Cui l’Agente avrebbe
affibbiato qualsiasi occupazione, anche malavitosa, che contemplasse l’uso di
un’arma da fuoco o al limite un taser, si piazzarono ai lati della poderosa
porta in metallo, le braccia rigidamente incrociate al petto, gli occhi sottili
e lo sguardo attento. Watanabe sorrise, aprì il portellone e fece cenno
all’Agente di entrare.
E dentro la cella nessun tipo di pesce o carne
congelata, né prodotti alimentari di vario tipo, ma pesanti lastroni in metallo
a limitare e contenere quello che era a tutti gli effetti il vano di un
ascensore; Aritomo sorrise ancora una volta e digitò alcune cifre su un
pannello posto lateralmente rispetto al portellone d’entrata. Un bip d’accettazione, lo schermo
rettangolare che si illuminava e poi un lieve scossone, che l’Agente ammortizzò
dondolandosi appena sui talloni.
-Sono contento che sia tornato al lavoro, Agente.
Sentivamo la sua mancanza- Watanabe soffocò una risatina sotto i baffetti
curati, mostrando denti piccoli e anneriti.
-La missione a Wakanda è stata più dura del
previsto, ma ci sono buone possibilità di riprendere i contatti nonostante le
conseguenze dell’affare “Ulysses Klaw”. Il figlio di T’Chaka è tornato in
patria per riprendersi il titolo di sovrano, speriamo di poter aprire con lui
trattative in merito alle esportazioni di vibranio.
Se anche Aritomo era sul punto di chiedere altro, un
trillo dell’ascensore li avvertì che la corsa era giunta al termine: le porte scorrevoli
si aprirono e il riverbero dei neon contro le pareti intonacate di bianco li
accecò entrambi per un istante.
Ritta in piedi accanto al vano una donna sulla
trentina, capelli biondi e tailleur nero, li salutò con un cenno del capo.
Dietro di lei si apriva un lungo corridoio, dove cinque porte incastonate nel
cemento inghiottivano e sputavano a più riprese persone vestite in completi di
camicia e pantaloni scuri –O tailleur nel caso di esponenti del sesso
femminile. Alcuni, come la donna dai capelli biondi, tenevano in mano una
cartelletta di pelle o fascicoli vari, altri si scambiavano opinioni a voce più
o meno alta circa la possibilità di un’intelaiatura osseo-metallica più solida,
c’era chi si scambiava bozze e schizzi anatomici o lodava le prospettive
offerte dalle nuove tipologie di colorazione tirate fuori dai laboratori inferiori.
Watanabe azzardò un’occhiata curiosa a dei fogli che
si intravedevano tra le mani di alcuni Agente più avanti, ma quando si accorse
di avere la vista troppo indebolita dall’età vi rinunciò e si sciolse in un
ultimo sorriso.
-La lascio in buone mani, allora.
L’Agente annuì e mosse un passo fuori
dall’ascensore; si voltò a salutare con un cenno della testa il vecchio Aritomo
e non appena i portelloni si furono richiusi, tornò a rivolgere la propria
attenzione alla donna, che gli sorrise e tamburellò contro la cartelletta le
unghie laccate di rosso.
-E’ un onore averla qui, signore. Io sono l’Agente
Joan Lee, le do il benvenuto al Dipartimento L.M.D.
***
Tony chiuse la chiamata col Baxter Building,
appallottolò lo schermo digitale, lo soppesò per qualche secondo sulla mano e
poi lo gettò rabbioso in una configurazione a cestino che J.A.R.V.I.S. aveva
fatto apparire appositamente per l’occasione.
Aveva riattivato l’illuminazione totale del
laboratorio e la cosa, doveva ammetterlo, riusciva ancora ad infastidirlo
parecchio. Avrebbe preferito continuare ad osservare il mondo dal chiarore
soffuso e funereo dei led, i cui sbuffi bluastri riuscivano a dare l’illusione
di un respiro nel corpo di Steve.
Si stropicciò il volto con una mano, per poi passare
entrambe fra i capelli e risalire con un movimento circolare fino alla bocca;
la nascose dietro i palmi, come ad impedirsi un qualsiasi commento a quella
situazione assurda.
Perché era tutto assurdo, era il primo a pensarlo.
Inutile girarci intorno, stava cominciando a convincersi che quanto era successo
fosse stato solo frutto di un pesante postumo da sbornia. Certo, il fatto che
Thor avesse sostenuto la causa era un passo in avanti e magari la si poteva
considerare una prova, ma, ehi, Point
Break era quello che per ricaricare il telecomando era ricorso ad una
scarica di fulmini e l’aveva ridotto in poltiglia. Non faceva troppo
affidamento sulle sue capacità mentali, per quanto fosse l’unico abbastanza impregnato
di mitologia e altre stronzate simili
da essere un annegato che cammina. Anche Natasha aveva trovato un senso alle
parole sconclusionate che quella donnaccia con la cornucopia gli aveva lasciato
e com’è che gli aveva detto lei una volta? Fallaces
sunt rerum species o qualcosa del genere.
Accidenti al latino, Pepper aveva detto che era una
lingua morta, no? E se nessuno, Agente Romanoff a parte, non la parlava più, allora
perché non lo lasciava in pace? Latino, greco, divinità dell’Olimpo, gente pia
e altra robaccia della stessa risma, perché, maledizione, non lo lasciavano ad affrontare il lutto nell’unico
modo che conosceva? Aveva ancora del rhum nella riserva, doveva solo cercare
con attenzione…
Afferrò un cacciavite posato lasciato di traverso
sulla scrivania e cominciò a farlo roteare tra i palmi, a passarlo da una mano
all’altra, a punzecchiarsi il dorso mentre si umettava le labbra e sospirava e
respirava piano e cercava di allontanarsi da se stesso una volta per tutte.
-Sai, dovresti essere qui a dirmi che Per l’amor del cielo, Tony, l’alcool non è
la soluzione- scrollò le spalle –Dovresti essere qui a sequestrarmi ogni
bicchiere e ogni bottiglia. Dovresti essere qui a ricordarmi ancora una volta
perché non posso buttarmi via.
Chiuse gli occhi. Deglutì.
Sbatté le palpebre un paio di volte, prima
raggiungere il corpo di Rogers: lo sovrastò e tese una mano a sistemare i
capelli biondi, di modo che non gli coprissero la fronte.
-Ti riporterò indietro, Steve. Non so se è una
follia, se sia vero o solo immaginazione come pensa Capitan Harlock lassù, ma ti riporterò indietro. Ah, nota per il
futuro: non credo affatto alla formula Finché
morte non ci separi.
Un trillo ed un singulto d’aria compressa lo
avvertirono che qualcuno era appena entrato, ovviamente non invitato, nel
laboratorio. Stark si voltò, trovandosi faccia a faccia col grugno ben poco
promettente dell’Agente Barton.
Clint socchiuse gli occhi, ma non disse una parola.
Lo sguardo scivolò oltre, soffermandosi sulla salma del Capitano; un accenno di
pentimento, di commozione, di qualcosa
gli macchiò le iridi e gli contrasse la bocca.
-Tu va’ a fare quello che va fatto nell’Oltretomba,
della terra dei vivi se ne occuperà lo S.H.I.E.L.D.-
-Fantastico- commentò Tony, sarcastico -A proposito,
Barton- indurì la mascella e chiuse una mano a pugno -Cos’era quella battuta
sulle relazioni tra colleghi?
Barton sogghignò, ma non c’era divertimento, né cattiveria
ad avvelenargli la bocca: sembrava piuttosto un modo come un’altra per dare una
parvenza di vita ad un volto che non conosceva più espressioni da troppo tempo.
-Io vedo tutto, Stark, quello che è reale e quello che
non lo è. La cosa potrà anche risultarti parecchio indigesta, ma sei
prevedibile. Più prevedibile di quanto tu sia disposto ad ammettere.
***
Il Dipartimento L.M.D. era un ricettacolo di
stranezze e inusitato folklorismo, a partire da colei che lo dirigeva con pugno
ferro: l’Agente Salmace Attis -All’anagrafe di Cipro, Stéphanos Agdistis.
L’Agente non aveva mai compreso il perché del
soprannome “Gran Madre Cibele” che circolava all’interno dell’Helicar o del
Quartier Generale quando si toccava l’argomento Life Model Decoy, ma nel
vedersela arrivare davanti a grandi falcate, le labbra premute tra loro, la
mascella serrata e prominente, la carnagione olivastra illividita e le narici
dilatate per l’irritazione, allora…Bhè, allora capì esattamente perché gli Agenti che dovevano presentarsi al suo
cospetto senza preavviso temevano di finire sbranati da un leone.
-Agente Attis…-
-Vedo che il modello ha funzionato a dovere- tagliò
corto, squadrandolo accigliata da capo a piedi.
-Si può dire che mi abbia salvato la vita, sì-
-Cosa vuole Fury?-
A disagio, l’Agente si schiarì la voce.
L’atrio si era svuotato in men che non si dica ed era
ovvio che in caso di assalto nessuno gli sarebbe corso in aiuto. Poteva ricorrere
al taser, è vero, ma dubitava avrebbe funzionato: si vociferava che durante le
cure ormonali per la transizione, Gran Madre Cibele si fosse iniettata in vena anche
dei micro rinforzi cellulari al vibranio.
Cosa fossero i micro rinforzi cellulari al vibranio
non era dato saperlo, ma secondo le comari della mensa –Tutti diventavano delle comari alla mensa, forse era colpa della
zuppa di pomodoro, il nome era parecchio scientifico e quindi indiscutibilmente
plausibile.
-Abbiamo bisogno di un Life Model Decoy. Per domani
mattina.
Silenzio. Il mento di Attis tremolava e i denti, stretti
stretti tra loro, scricchiolavano in maniera poco piacevole. Quello poteva
essere classificato senza ombra di dubbio come pessimo segno di livello cinque.
Salmace Attis era a capo del Dipartimento L.M.D. per
un motivo ben preciso: i suoi Life Model Decoy erano i migliori sul mercato
Era ancora un ragazzetto che girava scalzo per le
vie di Cipro quando aveva scoperto l’amore per i modellini, o almeno così
mormoravano le leggende a riguardo: di Attis si sapeva solo quanto Attis voleva
si sapesse, e ciò includeva disastrosi tentativi da parte dei suoi genitori di
tenerlo sulla via degli aeroplanini e trenini,
salvo poi arrendersi alla creta, das, fimo, qualunque cosa gli permettesse di
creare riproduzione di corpi umani al limite della perfezione.
Ma erano immobili, inutili e nella sua testa
pesavano le ombre dei racconti di Asimov, i cervelli positronici e gli androidi
di Dick, che sognassero pecore e elettriche o meno.
Divorato dall’idea sempre più fissa e ossessiva di
dare vita al suo Moderno Prometeo, Stéphanos aveva fatto proprie più nozioni
scientifiche e fisiche possibili, raggiungendo risultati inaspettati e tanto
all’avanguardia da essere sottoposti immediatamente all’attenzione dello
S.H.I.E.L.D.
Entrata quindi a far parte dell’Organizzazione col
nome di Salmace Attis, dotata delle più avanzate tecnologie e affiancata dai
migliori scienziati allora in circolazione, non era passato molto tempo che già
i suoi modelli avevano cominciato ad essere parte integrante della vita di ogni
Agente.
A cinquant’anni, seppur supposti e mai verificati,
Attis dirigeva il distaccamento e gli uffici satellite, teneva sotto controllo
i laboratori, collaudava i nuovi sistemi di persona e sempre di persona studiava,
teorizzava, elaborava costantemente ulteriori migliorie.
Pur con tutto questo alle spalle, con tutta la
bravura e la tecnica e i mezzi a disposizione, però, l’Agente sapeva quanto
lungo fosse un processo completo di costruzione e quanto fosse impensabile
richiedere un L.M.D. per il giorno seguente. Ma gli ordini erano ordini e
persino una persona col caratteraccio di Salmace “Gran Madre Cibele” Attis
doveva chinare la testa.
-Agente, sa che è impossibile-
-Ne sono consapevole, ma il Direttore ha ordinato
priorità assoluta-
Attis incassò la testa tra le spalle ampie,
storcendo la bocca per il fastidio; scostò un ricciolo nero cascatole sulla
fronte e dall’espressione seria l’Agente potè constatare compiaciuto che si era
messa mentalmente al lavoro.
-Se può esserle di aiuto, si tratterà di lavorare
solo con un po’ di fimo, come ai vecchi tempi.
Un sorriso perplesso, ma pur sempre un sorriso, le
sorvolò le labbra; portò due dita alla trasmittente che teneva nell’orecchio e
premette i polpastrelli sul sensore per attivarla.
-Sono Attis. Voglio gli Agenti Simon, Kirby, Ryal e
Rough Stone nel Laboratorio T.C. in non più di tre minuti, strumenti alla mano
e bozza del L.M.D. Sentinel of Liberty pronto per essere messo in opera- lanciò
un’occhiata all’Agente e questi non si lasciò sfuggire l’occasione di chiedere
ancora una cosa.
-Il Life
Model Decoy di Tony Stark è compreso nell’offerta o è a parte?-
Nick Fury aveva preventivato molte cose: tra queste,
la sicurezza che la mancata presenza di Stark alla cerimonia funebre del
Capitano avrebbe sollevato più di una domanda, portato a più di un’inchiesta.
L’Agente non recriminava al Direttore la poca fiducia nei confronti della
missione. Aveva giocato con la morte una volta, in fondo, ma non si era
trattato di uno scontro ad armi pari.
Attis scosse il capo con finta rassegnazione e non
ci fu bisogno di altre risposte: aveva capito fin nel minimo dettaglio quale
fosse il compito richiestole.
-Agenti Lee, Lieber, Heck, Elric e Formigine al
Laboratorio M.C. Due minuti, niente pausa per il caffè, ci sarà da lavorare
parecchio: progetto L.M.D. Tales of Suspense.
Sebbene la situazione fosse tutt’altro che conclusa,
l’Agente si permise un sospiro di sollievo: Salmace Attis aveva formalmente
accettato l’incarico.
Restava solo un’ultima questione da affrontare.
***
Natasha si chinò sulla mappa digitale e le bastò
toccare un punto perché esso venisse evidenziato con un palpitare cremisi.
Raddrizzò la schiena, le braccia incrociate al seno e la testa piegata di lato;
la bocca si inclinò pericolosamente verso il basso mentre toccava la superficie
azzurra della cartina in corrispondenza di Dion-Olympos, nella pianura della
Pieria.
-Hai già trovato i luoghi che ci interessano?
Vedova Nera annuì, girandosi quel tanto che bastava
per mostrare il profilo al Dottor Banner; questi emerse cauto nella penombra
della stanza vuota e sistemò gli occhiali sul naso.
-Vathy, capoluogo dell’isola di Itaca- la donna
sfiorò uno dei segnacoli luminosi ed esso emerse direttamente dalla mappa, creando
in una visione tridimensionale della zona –Cuma, in Campania- altra
riproduzione in elevato –Dion, in Grecia. Rispettivamente i luoghi in cui dovremmo trovare Odisseo, Enea e Orfeo-
-Non ne sembri molto sicura.
Bruce la guardò con un quieto sorriso da dietro le
lenti rettangolari e Natasha preferì non ribattere: diede invece una lunga,
pensosa occhiata alla cartina, chiedendosi ancora una volta per quale assurdo
motivo avesse accondisceso alla follia di Stark e si fosse proposta volontaria
per la missione.
-Neanche io lo sono.
Alzò gli occhi su di lui e Banner si schiarì la
voce, togliendosi gli occhiali e facendoli oscillare tra il pollice e l’indice
della mano destra.
-Non staremo inseguendo una chimera?-
-Hai sentito anche tu le parole di Thor: gli Dei
dell’Olimpo sono veri come veri sono gli abitanti di Asgard- replicò lei
passando il palmo sulla mappa e appiattendo Vathy, Cuma e Dion –Forse dobbiamo
solo abituarci all’idea-
-O forse dovremmo lasciar perdere. Stiamo parlando
di scendere nell’Ade, Natasha, di riportare in vita i morti.
Ancora una volta, l’Agente Romanoff si rifugiò nel
silenzio.
Avevano avuto a che fare con divinità in grado di
controllare il cuore di un uomo col solo ausilio di uno scettro, con portali ed
eserciti di mostri, Ponti dell’Arcobaleno e Distruttori –Clint aveva passato
ore a narrarle quella storia al limite dell’incredibile, gli occhi sbarrati e
le fiamme ad avvolgergli le iridi congelate dal panico.
E Bruce, poi…L’immagine di lui che si portava una
pistola alla bocca e sputava la pallottola perché l’Altro non era dell’idea di porre fine alla vita di entrambi, certo
non l’avrebbe lasciata sola tanto presto. L’Altro
che la inseguiva lungo l’intrico di tubature dell’Helicar non interrompeva
la sua corsa nemmeno nel sonno.
-Stark andrà ad Itaca per cercare Odisseo. Io e lei
partiremo subito dopo alla volta di Dion-Olympos: in caso non Orfeo non sia
lì, Tony è convinto che sarà lo stesso
Odisseo a darci informazioni in merito e allora agiremo di conseguenza.
“Salvo inconvenienti, il punto di ritrovo è a Cuma. Dopodomani.
***
L’Agente uscì con in mano un cartone del ristorante
giapponese.
Il vecchio Watanabe non era solito confezionare cibo
da asporto, ma c’erano situazioni e situazioni: quella, in particolare, aveva
un grado di urgenza tale che un po’ di sashimi e dei gamberi in pastella erano
un strappo alla regola sopportabile.
La notizia della morte di Capitan America gli era
arrivata mentre cercava di passare incolume tra due guardie del sovrano di
Wakanda e così, quando Fury lo aveva chiamato, sapeva già quale sarebbe stato
il suo destino. In Africa lasciava i propri sottoposti nelle ottime mani
dell’Agente Carter, perciò non era per loro che si preoccupava: ritornare a
Manhattan dopo un anno che ne era mancato
era un evento che non si sentiva pronto ad affrontare. Oltretutto, sapeva che
il Direttore aveva taciuto ogni cosa riguardo la propria, connivente “scappatella”, il che rendeva le cose ancora più
difficili.
Se la tragedia al Madison Square Garden non fosse
mai avvenuta, forse ci sarebbe stata la possibilità di avvicinarsi pian piano
al momento della riconciliazione, forse si sarebbe potuto sperare ad un ritorno
in grande stile che non presupponesse una più che mai meritata freccia
conficcata nella giugulare. Ma i “forse” allo S.H.I.E.L.D. non esistevano,
esistevano le missioni e gli ordini e le motivazioni
e i facilmente sacrificabili L.M.D.
L’aggiunta di un finto apparato sanguigno, dotato
di arterie, vene e capillari era stato un accorgimento per cui l’Agente non
avrebbe mai ringraziato Attis abbastanza.
L’unica cosa, non
diciamo sciocchezze, una delle tante cose per cui provava rancore e rimorso
era sapere che a livello puramente economico, la collezione aveva subito un
calo incredibile –E sì che aveva fin chiesto a Fury di non esagerare, ma
tant’è. Se si doveva essere credibili, bisognava esserlo fino in fondo, valore
affettivo e valore vintage non erano variabili contemplate nell’equazione.
Una disdetta, davvero.
Un taxi lo superò scatarrando e l’Agente alzò la
testa al tramonto che bagnava Manhattan: da qualche parte, sopra i tetti,
l’Helicar ronzava silenzioso e i mille occhi dello S.H.I.E.L.D. erano puntati
ognuno su un punto diverso del globo. Ma c’era un unico sguardo che gli interessava
davvero, e l’Agente si chiese per quale motivo stesse tardando tanto a
palesarsi.
Molto probabilmente stava ancora cercando di
digerire la notizia, oppure di calmarsi e non ficcare una cuspide esplosiva
nell’occhio ancora buono di Fury. L’ipotesi che non volesse più avere alcun
contatto con lui l’aveva scartata a priori, non tanto per orgoglio o
supponenza, piuttosto perché conosceva bene il carattere dell’altro e ancora
meglio la sua testardaggine: in anni di missioni insieme aveva imparato su di
lui molto più della posizione preferita per riposare o il motivetto mormorato a
mezza bocca mentre puliva gli inserti dell’arco.
Il pigolio del telefono cellulare fu un’ulteriore
conferma e una sorta di piccola vittoria.
-Mi hanno detto che lavoreremo di nuovo insieme, signore- la voce dell’Agente Barton
fremeva di rabbia e più tentava di mantenerla sotto controllo, più l’ira
pizzicava ogni singola sillaba –Sarà l’occasione perfetta per parlare di alcune
questioni lasciate in sospeso un anno fa, non crede?
Phil Coulson sorrise.
Cor
Mortem Ducens
#03. Il Sakè del Tanuki
Note
-
Lo S.W.O.R.D. (Sentient World Observation and Response Department)
è l’agenzia di intelligence il cui scopo è affrontare le minacce
extraterrestri in funzione della sicurezza mondiale. A tenerne le fila è
l’Agente Abigail Brand.
-
Mace Windu: riferimento al
ruolo interpretato da Samuel L. Jackson nella trilogia recente di Star Wars.
-
Il fatto che il Dipartimento L.M.D. (Life
Model Decoy) si trovi nei sotterranei di un ristorante giapponese
è una doppia citazione: a Captain America – Il Primo Vendicatore (dove
il laboratorio in cui Steve si sottopone all’esperimento del Supersoldato si
trova in un negozio di antiquariato) e allo S.H.I.E.L.D. vero e proprio,
la cui entrata (nel Comicverse o comunque come si vede in The Avengers:
Earth’s Mightiest Heroes ) è camuffata
per sembrare la semplice bottega di un barbiere.
-
Il Tanuki sono creature della mitologia
giapponese, maestri del travestimento e mutaforma. Che simbolo migliore per il
Dipartimento L.M.D.? ;D (Ho creato lo Aritomo Watanabe, col suo crogiuolo
eclettico e indefinito, perché ricordasse in tutto e per tutto un Tanuki
E’ pazza. Spero di esserci riuscita!) -
Ulysses Klaw – T’Chaka: riferimenti al personaggio di T’Challa, alias Pantera Nera.
Wakanda è l’immaginaria regione dell’Africa Settentrionale in cui si estrae e si lavora il vibranio; Latveria è lo Stato su cui il Dottor Destino governa quale monarca. - “Vedo quel che è reale e quello che non lo è”,
Clint Barton Ultimate.
-
L’Agente Leland è ormai comparsa in più
di una mia storia ed è l’Agente della sezione di Sostegno/Supporto dello
S.H.I.E.L.D. che si occupa del recupero psicologico di Steve Rogers. L’Agente Elric, l’Agente Rough Stone e l’Agente Formigine sono invece una
piccola citazione a delle splendide signorine con cui si ruola allegramente su
Faccialibro.
Joan Lee, invece, è il nome della moglie di Stan Lee. -
L’Agente Salmace Attis è un OC che è nato
da solo mentre stavo scrivendo questo capitolo
E io la amo profondamente. MtF, il nome Stéphanos deriva dal sostantivo greco stéphanos, 'corona', che per la sua forma circolare aveva il significato religioso di perfezione della natura divina. Nell'antica Grecia lo stephanéforos, 'colui che porta la corona', era il sacerdote intermediario tra gli uomini e gli dei, addetto al culto delle divinità e 'portatore di regalità'. (Da QUI), Agdistis è il nome di un ermafrodito della mitologia greca.
Salmace è il nome della ninfa che rifiutò l’obbligo di verginità impostole da Diana per unirsi al dio Ermafrodito (Da QUI), Attis è il giovane che, preso dall’euforia, si evirò per partecipare al culto della Gran Madre Cibele (Catullo, Carme 63. Ad esso fa riferimento anche la figura del leone, che Cibele ha mandato contro Attis quando questi, risvegliatosi dall’estasi, ha reso palese il proprio pentimento per l’essersi evirato)
Note
di Fine Capitolo
E’ tornato, è tornato!! *La
sedano* Orbene, questo capitolo non riuscivo proprio a scriverlo. E infattiè
uscito fuori di nove pagine FUUUUUUUUUUUUUUUUUUU. D’AAAAACCCCOOOOOORDO.
Ormai non mi stupisco nemmeno più. Liberatevi di me, prima che sia troppo
tardi.
…
…
…
PERO’ E’ TORNATO, E’ TORNATO! E’
TORNATO! Va bene la smetto
L’ipotesi di Tony sarà giusta o c’è
qualcosa di ben più losco sotto? MUWAHAHAHAHAHA A voi l’ardua sentenza e
i lambiccamenti mentali! *Si sente una brutta persona*
Ho lasciato qua e là citazioni varie
e variegate perché sono una persona orribile, tipo a Civil War, vecchi
titoli, citazioni ad altri film di Iron Man (come la citazione di Natasha, a
sua volta da una sententia di
Seneca), etc etc.
Con questo capitolo si conclude la
parte introduttiva della storia: dal prossimo si viaggia, gente!
Ringrazio quella mia santa moglissima
(?) della Alley e Hikari_ (Grazie per avermi fatto notare
l’errore dei puntini! Maledetti stronzi affarini, spero che questa volta
non me ne sia sfuggito nessuno!) per aver recensito!
Ringrazio inoltre Shi_Tsu_Geass per averla inserita tra
le preferite e Black Air e Sharel per
averla messa tra le seguite!
Alla prossima!