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Autore: LaMicheCoria    10/05/2013    3 recensioni
«Non so come funzioni il sistema di notizie nell’Ade, Capitano, ma si dà il caso che io mi sia spezzato la schiena pur di venire a tirarti fuori da questo piattume greco e tu…»
«Io sono morto, Tony. I morti devono rimanere coi morti. Noi non apparteniamo alla vita. Noi apparteniamo all’Ade. Non abbiamo più passato, non c’è concesso futuro. Possediamo solo il presente. E il presente è nell’Ade. Insieme ai morti. Noi non apparteniamo alla vita. I morti devono rimanere coi morti. Io sono morto, Tony.»

Per ordine di Giove, Atropo recide il Filo della Vita di Steve Rogers. Un sacrificio necessario per riportare l'Equilibrio nell'esistenza dei mortali, perchè è giunto il momento che il Destino di Capitan America finalmente si compia.
Ma forse non tutto è così semplice e se Temi, la Giustizia Divina, non interviene più nelle vicende degli uomini, sarà il Caso a far sì che l'inganno -Se esiste, venga svelato.
Per riportare indietro il loro compagno i Vendicatori si spingeranno fino alla bocca dell'Ade -E anche oltre.
[Steve/Tony] [Clint/Coulson] [Bruce/Natasha] [Thor/Jane - Amora/Thor] [ CONCLUSA ]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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.:  *** :.

 

 

 

 

Nick Fury poteva anche non sopportare la boria di Stark, trovare irritante il suo comportamento, considerare infantile il suo modus operandi, ma non aveva mai pensato veramente che fosse pazzo.
Era giunto il momento di ricredersi.
-Stark, ti assicuro che se continuerai con queste idiozie sarò costretto a prendere provvedimenti in merito. Provvedimenti immediati.
Dall’altra parte dello schermo, un pallido Tony Stark contrasse il volto, esasperato; pressò le nocche sulla fronte,  strinse la radice del naso fra le dita, scese a coprire la bocca e infine unì fra loro i palmi delle mani.
Il sopracciglio di Nick Fury schizzò oltre la cinghia della benda.
Da dietro le spalle di Iron Man l’Agente Romanoff rizzò gli occhi nella sua direzione ed egli capì come sotto ci fosse molto di più di un semplice esaurimento nervoso.
-Molto bene, Harlock- cominciò Stark e se il Direttore dello S.H.I.E.L.D. irrigidì la schiena per il soprannome non richiesto, la parte più pragmatica della propria persona scattò sul chi vive a quel tono conciliante -Prenotami pure un appuntamento dalla signorina Leland, è da tempo che non ci vediamo e sono sicuro che senta la mia mancanza, chi non la sentirebbe?, ma io troverò quelle persone, che ti piaccia o meno.
Fury socchiuse l’occhio buono, lo sguardo divenne tagliente.
Aveva discusso più volte con Maria Hill circa la possibilità di costringere i Vendicatori e gli altri Supereroi di New York a diventare parte integrante dello S.H.I.E.L.D., veri e propri Agenti stipendiati e tenuti sotto ferreo controllo, Per evitare che facciano il bello ed il cattivo tempo, signore. Per evitare che la loro totale mancanza di regole e discipline siano causa di mali ben peggiori di Loki.
Non l’aveva mai considerata una buona idea. Di nuovo, sembrava giunto il momento di tornare sulle proprie decisioni e tutto perché Stark si era messo in testa di andare nel Vecchio Continente a recuperare non si sa bene chi, non si sa bene come, non si sa bene dove, solo perché la personificazione della Sorte gli era apparsa e gli aveva ordinato di scendere nell’Ade, recuperare l’anima di Steve Rogers e ripristinare l’Equilibrio del mondo -Nemmeno nelle peggiori visioni mistiche succedevano cose del genere.
Il Capitano Rogers era morto -Un infarto, secondo quanto riportavano i referti medici, e Tony Stark aveva accusato il colpo nel peggiore dei modi: le assurdità su divinità dell’Olimpo e viaggi nell’Ade erano un chiaro sintomo delle sue attuali condizioni psichiche.
Dacché Thor era arrivato in New Mexico, lo S.H.I.E.L.D. aveva fatto passi da gigante in materia di nuovi mondi, complici anche gli appunti della dottoressa Foster riguardo al Ponte di Einstein-Rosen; gli studi sui Nove Regni procedevano quanto più speditamente possibile, sebbene limitati dalla materiale inattuabilità di un contatto più approfondito con altri Asgardiani e popoli loro affini.
Per quelle rare volte che si era prestato ad un informale interrogatorio, il Dio Norreno aveva speso poche e incomprensibili parole sul il Bifrost, il Ponte dell’Arcobaleno, forse il solo collegamento tra una dimensione e l’altra. Alla fine erano riusciti a ricavare unicamente due verità ineluttabili: il Bifrost era caduto e Thor non avrebbe mai portato nessun terrestre ad Asgard.
Nessuno tranne Jane Foster, ma Fury dubitava che la donna si sarebbe detta disponibile a fare da infiltrato. Nonostante alla conclusione della vicenda a Puerte Antiguo le fossero state restituite tutte le attrezzature e gli appunti e gli studi e le fosse stato offerto un tempestivo posto di lavoro all’Osservatorio per tenerla in totale sicurezza durante l’emergenza “Loki”, la dottoressa aveva ancora il dente avvelenato nei loro confronti.
Le condizioni per una maggiore e più ampia conoscenza dei Mondi oltre la Terra erano sfavorevoli e sebbene il Direttore non fosse tipo da escludere l’esistenza di qualcosa solo perché non poteva vederla fisicamente, trovava quei discorsi privi di senso, forse più per l’idea insita nei vagheggiamenti di Stark che per l’ipotesi di un’ulteriore cultura extradimensionale.
-Non andrai da nessuna parte, signorino.
La bocca di Tony fremette di un ghigno storto.
-Non puoi impedirmelo, monocolo.
Fury torse il collo ad incontrare lo sguardo dell’Agente Hill e da come lei assottigliò le labbra, capì che l’argomento “Registrazione” sarebbe stato il punto successivo di una giornata cominciata nel peggiore dei modi.
-Potrei sempre ordinare un perimetro attorno alla Tower e circondarti di Agenti armati di taser. Mi dicono che Supertata non sia ancora stato cancellato dal palinsesto-
-L’Agente Coulson sì, però-
-Barton, sta’ al tuo posto.
Tony, sorpreso dall’affermazione all’apparenza priva di contesto, si voltò verso Clint; questi aveva sollevato le spalle dal muro e stava fissando il figlio di Howard con espressione gelida, un angolo della bocca sollevato a scoprire i denti digrignati. Gli ci vollero alcuni secondi per recepire l’ordine e fu solo quando tornò ad appoggiarsi contro la parete che Fury si concesse una minima distensione.
-Mi ascolti, Direttore, so che le mie parole possono sembrare il delirio di un ubriaco e forse, forse il tasso alcolico nel mio sangue è un tantino superiore al limite di lucidità consentito, ma so cosa ho visto. So con chi ho parlato- Stark aggrottò la fronte e fece spallucce -Bhè, più o meno, ma il punto è…che ho la possibilità di andare a prendere Rogers e riportarlo qui. Posso farlo. E lo farò.
Con la coda dell’occhio, il Direttore vide l’Agente Barton all’angolo dello schermo tentare di prendere parola; sollevò allora una mano, ad impedirgli qualsiasi intromissione.
-Come?
Questa volta, le labbra di Iron Man si arricciarono in un sorrisetto compiaciuto.
-Si dà il Caso- e calcò il termine con irritante enfasi -Che la gentile…- tentennò –Divinità? Sì, facciamole un favore, la gentile Divinità con cui ho avuto un colloquio pocanzi mi abbia dato tutte le informazioni necessarie a…-
-Il Cantore, il Viaggiatore ed il Pio?- Fury non poté negarsi un moto di sarcasmo -Stark, queste non sono informazioni valide-
-Secondo l’Agente Romanoff potrebbero esserlo, invece. Agente Romanoff, vorrebbe venire avanti e rendersi palese all’occhio del suo superiore?
Vedova Nera avanzò senza dire una parola, il volto teso e duro, lo sguardo che mandava lampi in direzione di Stark; gli si affiancò, in modo da essere visibile davanti allo schermo, le braccia lungo i fianchi e le labbra rigidamente pressate l’una contro l’altra.
-Agente Romanoff. Parli pure- il Direttore si appoggiò allo schienale, le dita della mano destra a pizzicare la curva del mento.
-Orfeo, Odisseo ed Enea- spiegò lei, impassibile -Secondo la mitologia occidentale, essi sarebbero scesi fin dentro gli abissi dell’Inferno. Ognuno per scopi e motivazioni diverse, ma comunque la tradizione è concorde nell’affermare il loro viaggio nella Terra dei Morti-
Il Direttore scosse il capo.
No. Si era sfociati nel ridicolo. Aveva perso anche fin troppo tempo.
-E tu, Stark, vorresti trovare degli eroi mitologici appartenenti ad un ciclo di storie vecchio di duemila anni, solo perché un’allucinazione ti ha detto…-
-Anche Point Break  fa parte di un ciclo di storie vecchio di duemila anni, ma non mi sembra che la cosa ti stia dando problemi, non finchè ti permette di prendere a calci qualche supercattivo dai capelli unti- ribatté Tony, la voce più alta, irritata, furiosa -Puoi anche non crederci, ma quello che ho detto è...-
-Vero-
Tutti, da una parte e dall’altra dello schermo, trasalirono all’improvviso intervento di Thor: Vedova Nera si fece da parte appena se lo vide accanto e il figlio di Howard arcuò le sopracciglia.
-Sul serio?- il fatto che fosse stupito quanto il resto delle persone presenti non fu una buona impressione per Fury.
-L’Uomo di Ferro ha ragione- continuò la divinità e per quanto fosse stretto in una camicia a scacchi blu e rossi di una taglia più piccola, per quanto indossasse un paio di jeans scoloriti all’altezza del ginocchio e tenesse i capelli trattenuti alla base della nuca, lo sguardo cupo e il portamento fiero lo rendevano a tutti gli effetti un Principe di Asgard. Nick Fury non era tipo da impressionarsi facilmente, ma chiunque si sarebbe sentito a disagio al cospetto del Tonante Thor –Anche se vestito da mandriano.
-Spiegati meglio-
-Spesso Padre Odino ha avuto occasione di incontrare gli Dei dell’Olimpo: dovreste conoscerli bene, sono le divinità dei vostri avi-
-I miei avi erano Indiani Iowa, per cui me ne tiro fuori- Clint rivolse allo schermo un ghigno tagliente, che il Direttore fu veloce a spegnere grazie ad un’occhiata ammonitrice.
Thor corrugò la fronte e Jane, che si era avvicinata in silenzio, gli mise una mano sulla spalla per invitarlo a continuare; il Dio le coprì dolcemente le dita con le proprie, sorrise e tornò a guardare nello schermo.
-Giove, Giunone, Minerva, i loro figli, le loro mogli, i mariti e gli amanti vegliavano sull’Occidente quando il mondo era ancora giovane. Ma come il mio popolo, alla fine decisero di ritirarsi e arroccarsi nell’eternità dell’Olimpo, loro casa e loro sede.
“A differenza di noi Asgardiani, però, alcuni ancora amano scendere su Midgard e mescolarsi ai mortali: Venere è fra questi e da quello che ho potuto apprendere da mio padre molti secoli orsono, gli Dei che stanno sotto la terra mai hanno cessato il loro compito.
“Fra coloro che si fregiano del titolo di Divinità, gli Olimpici sono gli unici a non aver abbandonato, come essi sostengono, Midgard a se stessa. Si proclamano ancora suoi custodi, guardiani del suo Equilibrio, pur non intervenendo che in minima parte nel suo Destino.
-Se Nietzsche fosse qui gli prenderebbe una sincope-
Fury contrasse la mascella al commento a sproposito di Stark e Maria gli si fece più vicino, le spalle piegate in avanti. Entrambi sapevano che considerarsi l’unico popolo senziente nella vastità dell’Universo era peccare d’ orgoglio e demenza: non erano soli, esistevano degli altri e lo S.W.O.R.D. era stato creato proprio per tenere sotto controllo le mosse e le interferenze di altri nella vita terrestre.
Che altri camminassero indisturbati per Manhattan, mangiassero croissant a Parigi o passeggiassero lungo la Muraglia Cinese era un’ipotesi che non poteva rimanere senza dimostrazione. Non si trattava della trama di un romanzo o la sceneggiatura per un film fantascientifico: se questi altri erano fra loro e nessuno ancora ne aveva avuto notizia, Abigail Brand doveva esserne informata e le falle del sistema sanate.
-Molti degli Eroi- stava dicendo Thor, nel frattempo -Hanno deciso di rimanere a Midgard: alcuni, come Ercole, che sono fiero di aver conosciuto di persona, si sono allontanati dai loro luoghi d’origine per stabilirsi al di là del mare. Altri ancora hanno scelto di non abbandonare la propria casa, per quanto cambiata essa fosse. Anche se distrutta, anche se modificata fin nel profondo della loro essenza, si ergono a loro difesa contro lo sfacelo del tempo e della memoria. Ma sono rimasti in pochi, ormai, e senza l’aiuto della Giustizia, che è loro Dea Suprema secondo quanto mi è stato narrato, non possono nulla e le loro fila sono destinate ad assottigliarsi ogni giorno che passa. Sono stanchi e anelano il riposo eterno che solo la dimora di Giove è in grado di offrire-
-E le persone che ha citato Vedova Nera?- chiese Fury -Odisseo, Enea ed Orfeo? Loro dove sono?
Il Dio Norreno scosse il capo.
-Non so dirvi di Orfeo, né di Enea, ma di Odisseo Ercole parlava spesso e so per certo che si trova ancora ad Itaca-
-Bhè, è già qualcosa, no? Significa che non sono pazzo. Forse un po’ su di giri per la Vodka, ma…-
-Taci, Stark, non ho ancora deciso in merito alla tua sanità mentale. Thor, dobbiamo sapere il più possibile riguardo a questi Dei. A quando risale l’ultimo contatto avuto con loro?
Il Tonante, a quella domanda, parve tentennare. Deglutì, a disagio, e rimase qualche minuto in silenzio.
-Non molto dopo il mio ritorno ad Asgard, con Loki- ammise -Padre si è ritirato a concilio con Giove, ma non mi è stato permesso presiedere, né conoscere quanto è stato detto. So solo che in seguito al loro deliberare...- abbassò il capo, gli occhi cupi -Di mio fratello non si hanno avuto più notizie. Non è ad Asgard e Padre ha imposto il divieto di partire alla sua ricerca, quale che sia l’effetto che mi lega a lui. Era così stanco, così provato e addolorato da temere che il Sonno di Odino lo cogliesse prima del tempo-
-Il Sonno di Odino?-
-Niente che abbia a che vedere con questa storia.
E niente che abbia a che vedere con noi, ma questo Fury si astenne dal dirlo. Intrecciò le dita e posò il mento sulle nocche, sbiancate per la tensione.
-Stark, ora è il tuo turno: raccontaci ancora una volta quanto è successo nel laboratorio, e senza divagare, se ti riesce.
Il magnate roteò gli occhi al cielo.
-Te l’ho già detto, Mace Windu. Te l’ho detto e ripetuto. Mi è apparsa questa donna e ha detto di essere Tyche, la Sorte che “governa” il destino dei mortali- mimò le virgolette con le dita, a rendere chiaro a chiunque quanto trovasse ridicola quella parte della storia -Ha detto che le Parche hanno tagliato il Filo della Vita del Capitano, qualunque cosa sia, per un falso messaggio od una falsa messaggera, nemmeno lei sapeva dirlo-
-Le Parche?- Thor rivolse a Tony uno sguardo perplesso –Intendi le Norne?-
-Non lo so, non me ne intendo di vecchiette rancide che si passano l’un l’altra l’occhio buono per prevedere il futuro-
-Quelle sono le Graie- intervenne l’Agente Romanoff, sedendosi accanto ad una ancora sconvolta Virginia Potts e posando le mani in grembo.
-Sì, bhè, vedrò di mandare una lettera di reclamo alla Disney, posso andare avanti?
Accanto al Direttore, Maria Hill si schiarì la gola, ma Fury la ignorò: per quanto una dissertazione sulle incongruenze nei film Disney fosse l’ultima cosa che volesse sentire in quel momento, sperava ancora che il discorso di Stark portasse da qualche parte.
-Parche, Norne, Nonne, giovani o vecchie che siano, hanno tagliato questo filo perché qualcuno ha ordinato loro di farlo. Qualcuno che a quanto sembra non dovrebbe avere alcun potere decisionale a riguardo, qualcuno che per caso è arrivato a sapere di questa piccola scappatoia nell’Ordine normale delle cose- aggrottò la fronte, gli occhi scivolarono al Dio –Thor, voi Asgardiani ve ne intendete di Ordine?
La domanda lo sorprese.
-Che intendi dire, Uomo di Ferro?-
-Questo famigerato Equilibrio, questo tanto decantato Ordine che fa molto videogioco anni novanta o al limite sessione notturna di Dungeons&Dragons, e prima che lo chiediate, sì, ho avuto l’occasione di partecipare ad alcune di esse e no, non intendo parlarne, Pepper vedi di mantenere il segreto, insomma…E’ un concetto che Asgardiani e Olimpici dividono con pane e companatico oppure ognuno a casa propria?
Fury socchiuse la palpebre e sciolse l’intreccio delle dita; appoggiò un gomito al ginocchio, scambiandosi un’occhiata significativa con l’Agente Hill.
-Thor- prese la parola -Come hanno reagito gli Olimpici all’attacco di Loki? Visto che, come hai detto, si considerano i custodi della Terra, dubito abbiano apprezzato le azioni e le distruzioni di tuo fratello.

 

***

 

-Padre  non sarebbe mai arrivato a compiere un’azione tanto deplorevole!
Clint fu l’unico, nella stanza, a non sobbalzare allo scatto improvviso di Thor. Si sarebbe detto dotato di una tempra invidiabile, ma la verità era un’altra.
-Mi spiace, Point Break, ma voci di regia mi dicono che l’amore di un padre per i propri figli sia imprevedibile: se veramente gli Olimpici hanno portato via Loki per ristabilire quell’Ordine a voi tanto estraneo…
La verità è che tutta la situazione lo stava facendo ribollire dalla rabbia. Sentiva il sangue ringhiare nelle vene, lo stomaco torto da una furia gelida, era incapace di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse il bisogno di scaraventare Stark contro una parete, o conficcargli una freccia nella giugulare.
-Padre non avrebbe mai ordito un piano tanto meschino! Ordinare la morte del Capitano per…per cosa? Dimmelo, Uomo di Ferro! Tu che sembri tanto saggio, dimmi per quale motivo lo avrebbe fatto!-
-Vendetta. Semplice, pura, paterna vendetta. Gli Olimpici si sono immischiati negli affari di Asgard in nome dell’Equilibrio? Quale presa di posizione migliore che interferire nell’Equilibrio stesso? Steve doveva morire settant’anni fa, quando l’aereo di Schmidt si è disintegrato a contatto con la calotta artica. Steve era l’esempio vivente di un Ordine che tornava bene solo quando lo volevano Giove e tutta la sua combriccola-
-Il Capitano era un mio un compagno…-
-Ma Loki era suo figlio, tuo fratello. Capisci la logica dietro a tutto questo, fulminato amico mio?
Barton roteò gli occhi al cielo e contrasse la mascella, ignorando lo sguardo di Natasha. Lei sapeva, oh, sapeva ogni cosa, sapeva come si sentiva e quanto quei discorsi, quella situazione, quella possibilità lo stessero facendo uscire di testa.
-L’unica logica che capisco io- intervenne, allora, prima che Vedova Nera o il buon senso –Che poi, a conti fatti, erano la stessa cosa, potessero impedirglielo -E’ quella del “Le relazioni tra colleghi non possono e non devono essere in alcun modo incoraggiate”.
Vide Stark irrigidirsi e Fury aggrottare la fronte dall’altra parte dello schermo. Rivolse ad entrambi un ghigno malevolo.
-Non ho nulla contro il Capitano. Era una persona come ne ho incontrate poche nella mia vita e lo stimavo. Lo stimavo davvero. Ma perché lui? Per quale motivo solo a Rogers è stata data la possibilità di tornare in vita? Perché tanti altri meritevoli quanto lui devono essere costretti a rimanere cibo per i vermi?
Le spalle di Tony cascarono con un sospiro e Clint quasi temette di aver lasciato trasparire troppo dal tono nervoso dell’arringa.
-Non lo so, Barton. L’unica ipotesi che ho a riguardo è questa: occhio per occhio, dente per dente, la sempre valida legge del taglione. Tu porti via mio figlio nel sacrosanto nome di un Ordine che solo voi potete capire? Ottimo, in nome di quel sacrosanto Ordine che solo voi potete capire vengo a mettervi un po’ i bastoni tra le ruote per farvi vedere che, no, con gli Asgardiani non si scherza- allargò le braccia -Dei, valli a capire.
Ma Thor non sembrava convinto. Nessuna in quella stanza sembrava convinto e Clint, nell’alzare gli occhi al volto del Direttore sullo schermo, capì che oltre a non esserne convinto nemmeno lui, stava pensando ad un modo per ottenere un contatto e dei collegamenti degni di questo nome con il nuovo popolo extradimensionale.
-Andrò ad Asgard- il Dio Norreno annuì a se stesso e ai presenti –Parlerò con Padre e lo convincerò a farmi avere un incontro anche con Giove-
-Ottimo!- Stark sfregò fra loro i palmi delle mani –Bene, si comincia la quest allora! Banner la voglio alla ricerca di Orfeo, non accetto un no come risposta-
Barton torse il collo, le sopracciglia corrugate: il dottore aveva l’aria parecchio perplessa e non era l’unico nella stanza. Pepper richiamò l’attenzione alzandosi in piedi e ricordando a tutti una questione fondamentale.
-Dovremmo pensare anche…- chiuse gli occhi un istante, ingoiando un singhiozzo silenzioso. Era pallida, esausta, sull’orlo delle lacrime -Alla camera…A Steve-
Barton avvertì distintamente l’occhio di Fury posarsi sulla propria persona. Dannazione, sapeva, sapeva di dover accettare la missione suicida in Latveria.
-Saranno un manipolo di Agenti, Barton e il mio Agente più fidato ad occuparsi di tutto.
Eccolo lì. Ottimo. Tanto valeva fare buon viso a cattivo gioco: sperava almeno che da uno, il mese di congedo si trasformasse magicamente in due.
-Sarà un piacere lavorare con l’Agente Hill- commentò, un sorriso parecchio tirato e parecchio falso sul volto livido.
-Non mi pare di aver menzionato l’Agente Hill, Barton.

 

***

 

All’angolo tra la Quinta e la Sesta c’era un ristorante giapponese, Il Sakè del Tanuki.
Un locale piccolo, intimo, nastro trasportatore per il sushi, buona varietà nel menù, stampe di geishe e samurai appese alle pareti. Il proprietario era un vecchio arzillo dagli occhietti infossati e baffetti bianchi a manubrio: Aritomo Watanabe, età indefinita tra i settant’anni e i centocinque anni, faccia da Shogun, lineamenti cinesi e perfetta parlata coreana –Dialetto del Nord o del Sud non aveva importanza, la voce era priva anche della più piccola contaminazione di Osaka. Era amato da tutti e da tutti un po’ odiato a causa di quella mescolanza etnico-culturale che rendeva tanto eclettica la sua persona.
Erano le sei del pomeriggio quando l’Agente scese dalla macchina nera ed entrò al Sakè del Tanuki: Aritomo lo vide, centellinò un saluto cortese tra le labbra seriche e gli si avvicinò a passetti strascicati.
-Konnichiwa, konnichiwa…!- esclamò, profondendosi in un inchino e lanciandogli un’occhiata divertita da sotto la bandana che copriva il cranio calvo -Tavolo per uno, sì?-
-Esatto. Non mi piace condividere il sashimi.
Il sorriso del vecchio Watanabe assunse una piega ferina, lo sguardo scintillò come freddo metallo.
-Prego, mi segua.
L’Agente e Aritomo superarono l’interno del locale in religioso silenzioso. Gli avventori erano pochi, per di più operai od impiegati che si godevano un pasto prima del turno di notte, qualche gruppetto di ragazzini, una signora distinta e solitaria che frugava a punta di bacchetta nella zuppa di miso. Ai camerieri che alzavano gli occhi su di lui, Watanabe annuiva con un gran rollio del collo tremolante e faceva cenno di tornare alle loro occupazioni; in cucina nessuno prestò loro attenzione, almeno finché non arrivarono alla cella frigorifera.
Lì il vecchino chiamò due ragazzi intenti a far nulla dinanzi al tavolo per preparare il sushi ed essi -Cui l’Agente avrebbe affibbiato qualsiasi occupazione, anche malavitosa, che contemplasse l’uso di un’arma da fuoco o al limite un taser, si piazzarono ai lati della poderosa porta in metallo, le braccia rigidamente incrociate al petto, gli occhi sottili e lo sguardo attento. Watanabe sorrise, aprì il portellone e fece cenno all’Agente di entrare.
E dentro la cella nessun tipo di pesce o carne congelata, né prodotti alimentari di vario tipo, ma pesanti lastroni in metallo a limitare e contenere quello che era a tutti gli effetti il vano di un ascensore; Aritomo sorrise ancora una volta e digitò alcune cifre su un pannello posto lateralmente rispetto al portellone d’entrata. Un bip d’accettazione, lo schermo rettangolare che si illuminava e poi un lieve scossone, che l’Agente ammortizzò dondolandosi appena sui talloni.
-Sono contento che sia tornato al lavoro, Agente. Sentivamo la sua mancanza- Watanabe soffocò una risatina sotto i baffetti curati, mostrando denti piccoli e anneriti.
-La missione a Wakanda è stata più dura del previsto, ma ci sono buone possibilità di riprendere i contatti nonostante le conseguenze dell’affare “Ulysses Klaw”. Il figlio di T’Chaka è tornato in patria per riprendersi il titolo di sovrano, speriamo di poter aprire con lui trattative in merito alle esportazioni di vibranio.
Se anche Aritomo era sul punto di chiedere altro, un trillo dell’ascensore li avvertì che la corsa era giunta al termine: le porte scorrevoli si aprirono e il riverbero dei neon contro le pareti intonacate di bianco li accecò entrambi per un istante.
Ritta in piedi accanto al vano una donna sulla trentina, capelli biondi e tailleur nero, li salutò con un cenno del capo. Dietro di lei si apriva un lungo corridoio, dove cinque porte incastonate nel cemento inghiottivano e sputavano a più riprese persone vestite in completi di camicia e pantaloni scuri –O tailleur nel caso di esponenti del sesso femminile. Alcuni, come la donna dai capelli biondi, tenevano in mano una cartelletta di pelle o fascicoli vari, altri si scambiavano opinioni a voce più o meno alta circa la possibilità di un’intelaiatura osseo-metallica più solida, c’era chi si scambiava bozze e schizzi anatomici o lodava le prospettive offerte dalle nuove tipologie di colorazione tirate fuori dai laboratori inferiori.
Watanabe azzardò un’occhiata curiosa a dei fogli che si intravedevano tra le mani di alcuni Agente più avanti, ma quando si accorse di avere la vista troppo indebolita dall’età vi rinunciò e si sciolse in un ultimo sorriso.
-La lascio in buone mani, allora.
L’Agente annuì e mosse un passo fuori dall’ascensore; si voltò a salutare con un cenno della testa il vecchio Aritomo e non appena i portelloni si furono richiusi, tornò a rivolgere la propria attenzione alla donna, che gli sorrise e tamburellò contro la cartelletta le unghie laccate di rosso.
-E’ un onore averla qui, signore. Io sono l’Agente Joan Lee, le do il benvenuto al Dipartimento L.M.D.

 

***

 

Tony chiuse la chiamata col Baxter Building, appallottolò lo schermo digitale, lo soppesò per qualche secondo sulla mano e poi lo gettò rabbioso in una configurazione a cestino che J.A.R.V.I.S. aveva fatto apparire appositamente per l’occasione.
Aveva riattivato l’illuminazione totale del laboratorio e la cosa, doveva ammetterlo, riusciva ancora ad infastidirlo parecchio. Avrebbe preferito continuare ad osservare il mondo dal chiarore soffuso e funereo dei led, i cui sbuffi bluastri riuscivano a dare l’illusione di un respiro nel corpo di Steve.
Si stropicciò il volto con una mano, per poi passare entrambe fra i capelli e risalire con un movimento circolare fino alla bocca; la nascose dietro i palmi, come ad impedirsi un qualsiasi commento a quella situazione assurda.
Perché era tutto assurdo, era il primo a pensarlo. Inutile girarci intorno, stava cominciando a convincersi che quanto era successo fosse stato solo frutto di un pesante postumo da sbornia. Certo, il fatto che Thor avesse sostenuto la causa era un passo in avanti e magari la si poteva considerare una prova, ma, ehi, Point Break era quello che per ricaricare il telecomando era ricorso ad una scarica di fulmini e l’aveva ridotto in poltiglia. Non faceva troppo affidamento sulle sue capacità mentali, per quanto fosse l’unico abbastanza impregnato di mitologia e altre stronzate simili da essere un annegato che cammina. Anche Natasha aveva trovato un senso alle parole sconclusionate che quella donnaccia con la cornucopia gli aveva lasciato e com’è che gli aveva detto lei una volta? Fallaces sunt rerum species o qualcosa del genere.
Accidenti al latino, Pepper aveva detto che era una lingua morta, no? E se nessuno, Agente Romanoff a parte, non la parlava più, allora perché non lo lasciava in pace? Latino, greco, divinità dell’Olimpo, gente pia e altra robaccia della stessa risma, perché, maledizione, non lo lasciavano ad affrontare il lutto nell’unico modo che conosceva? Aveva ancora del rhum nella riserva, doveva solo cercare con attenzione…
Afferrò un cacciavite posato lasciato di traverso sulla scrivania e cominciò a farlo roteare tra i palmi, a passarlo da una mano all’altra, a punzecchiarsi il dorso mentre si umettava le labbra e sospirava e respirava piano e cercava di allontanarsi da se stesso una volta per tutte.
-Sai, dovresti essere qui a dirmi che Per l’amor del cielo, Tony, l’alcool non è la soluzione- scrollò le spalle –Dovresti essere qui a sequestrarmi ogni bicchiere e ogni bottiglia. Dovresti essere qui a ricordarmi ancora una volta perché non posso buttarmi via.
Chiuse gli occhi. Deglutì.
Sbatté le palpebre un paio di volte, prima raggiungere il corpo di Rogers: lo sovrastò e tese una mano a sistemare i capelli biondi, di modo che non gli coprissero la fronte.
-Ti riporterò indietro, Steve. Non so se è una follia, se sia vero o solo immaginazione come pensa Capitan Harlock lassù, ma ti riporterò indietro. Ah, nota per il futuro: non credo affatto alla formula Finché morte non ci separi.
Un trillo ed un singulto d’aria compressa lo avvertirono che qualcuno era appena entrato, ovviamente non invitato, nel laboratorio. Stark si voltò, trovandosi faccia a faccia col grugno ben poco promettente dell’Agente Barton.
Clint socchiuse gli occhi, ma non disse una parola. Lo sguardo scivolò oltre, soffermandosi sulla salma del Capitano; un accenno di pentimento, di commozione, di qualcosa gli macchiò le iridi e gli contrasse la bocca.
-Tu va’ a fare quello che va fatto nell’Oltretomba, della terra dei vivi se ne occuperà lo S.H.I.E.L.D.-
-Fantastico- commentò Tony, sarcastico -A proposito, Barton- indurì la mascella e chiuse una mano a pugno -Cos’era quella battuta sulle relazioni tra colleghi?
Barton sogghignò, ma non c’era divertimento, né cattiveria ad avvelenargli la bocca: sembrava piuttosto un modo come un’altra per dare una parvenza di vita ad un volto che non conosceva più espressioni da troppo tempo.
-Io vedo tutto, Stark, quello che è reale e quello che non lo è. La cosa potrà anche risultarti parecchio indigesta, ma sei prevedibile. Più prevedibile di quanto tu sia disposto ad ammettere.

 

***

 

Il Dipartimento L.M.D. era un ricettacolo di stranezze e inusitato folklorismo, a partire da colei che lo dirigeva con pugno ferro: l’Agente Salmace Attis -All’anagrafe di Cipro, Stéphanos Agdistis.
L’Agente non aveva mai compreso il perché del soprannome “Gran Madre Cibele” che circolava all’interno dell’Helicar o del Quartier Generale quando si toccava l’argomento Life Model Decoy, ma nel vedersela arrivare davanti a grandi falcate, le labbra premute tra loro, la mascella serrata e prominente, la carnagione olivastra illividita e le narici dilatate per l’irritazione, allora…Bhè, allora capì esattamente perché gli Agenti che dovevano presentarsi al suo cospetto senza preavviso temevano di finire sbranati da un leone.
-Agente Attis…-
-Vedo che il modello ha funzionato a dovere- tagliò corto, squadrandolo accigliata da capo a piedi.
-Si può dire che mi abbia salvato la vita, sì-
-Cosa vuole Fury?-
A disagio, l’Agente si schiarì la voce.
L’atrio si era svuotato in men che non si dica ed era ovvio che in caso di assalto nessuno gli sarebbe corso in aiuto. Poteva ricorrere al taser, è vero, ma dubitava avrebbe funzionato: si vociferava che durante le cure ormonali per la transizione, Gran Madre Cibele si fosse iniettata in vena anche dei micro rinforzi cellulari al vibranio.
Cosa fossero i micro rinforzi cellulari al vibranio non era dato saperlo, ma secondo le comari della mensa –Tutti diventavano delle comari alla mensa, forse era colpa della zuppa di pomodoro, il nome era parecchio scientifico e quindi indiscutibilmente plausibile.
-Abbiamo bisogno di un Life Model Decoy. Per domani mattina.
Silenzio. Il mento di Attis tremolava e i denti, stretti stretti tra loro, scricchiolavano in maniera poco piacevole. Quello poteva essere classificato senza ombra di dubbio come pessimo segno di livello cinque.
Salmace Attis era a capo del Dipartimento L.M.D. per un motivo ben preciso: i suoi Life Model Decoy erano i migliori sul mercato
Era ancora un ragazzetto che girava scalzo per le vie di Cipro quando aveva scoperto l’amore per i modellini, o almeno così mormoravano le leggende a riguardo: di Attis si sapeva solo quanto Attis voleva si sapesse, e ciò includeva disastrosi tentativi da parte dei suoi genitori di tenerlo sulla via degli aeroplanini e  trenini, salvo poi arrendersi alla creta, das, fimo, qualunque cosa gli permettesse di creare riproduzione di corpi umani al limite della perfezione.
Ma erano immobili, inutili e nella sua testa pesavano le ombre dei racconti di Asimov, i cervelli positronici e gli androidi di Dick, che sognassero pecore e elettriche o meno.
Divorato dall’idea sempre più fissa e ossessiva di dare vita al suo Moderno Prometeo, Stéphanos aveva fatto proprie più nozioni scientifiche e fisiche possibili, raggiungendo risultati inaspettati e tanto all’avanguardia da essere sottoposti immediatamente all’attenzione dello S.H.I.E.L.D.
Entrata quindi a far parte dell’Organizzazione col nome di Salmace Attis, dotata delle più avanzate tecnologie e affiancata dai migliori scienziati allora in circolazione, non era passato molto tempo che già i suoi modelli avevano cominciato ad essere parte integrante della vita di ogni Agente.
A cinquant’anni, seppur supposti e mai verificati, Attis dirigeva il distaccamento e gli uffici satellite, teneva sotto controllo i laboratori, collaudava i nuovi sistemi di persona e sempre di persona studiava, teorizzava, elaborava costantemente ulteriori migliorie.
Pur con tutto questo alle spalle, con tutta la bravura e la tecnica e i mezzi a disposizione, però, l’Agente sapeva quanto lungo fosse un processo completo di costruzione e quanto fosse impensabile richiedere un L.M.D. per il giorno seguente. Ma gli ordini erano ordini e persino una persona col caratteraccio di Salmace “Gran Madre Cibele” Attis doveva chinare la testa.
-Agente, sa che è impossibile-
-Ne sono consapevole, ma il Direttore ha ordinato priorità assoluta-
Attis incassò la testa tra le spalle ampie, storcendo la bocca per il fastidio; scostò un ricciolo nero cascatole sulla fronte e dall’espressione seria l’Agente potè constatare compiaciuto che si era messa mentalmente al lavoro.
-Se può esserle di aiuto, si tratterà di lavorare solo con un po’ di fimo, come ai vecchi tempi.
Un sorriso perplesso, ma pur sempre un sorriso, le sorvolò le labbra; portò due dita alla trasmittente che teneva nell’orecchio e premette i polpastrelli sul sensore per attivarla.
-Sono Attis. Voglio gli Agenti Simon, Kirby, Ryal e Rough Stone nel Laboratorio T.C. in non più di tre minuti, strumenti alla mano e bozza del L.M.D. Sentinel of Liberty pronto per essere messo in opera- lanciò un’occhiata all’Agente e questi non si lasciò sfuggire l’occasione di chiedere ancora una cosa.
 -Il Life Model Decoy di Tony Stark è compreso nell’offerta o è a parte?-
Nick Fury aveva preventivato molte cose: tra queste, la sicurezza che la mancata presenza di Stark alla cerimonia funebre del Capitano avrebbe sollevato più di una domanda, portato a più di un’inchiesta. L’Agente non recriminava al Direttore la poca fiducia nei confronti della missione. Aveva giocato con la morte una volta, in fondo, ma non si era trattato di uno scontro ad armi pari.
Attis scosse il capo con finta rassegnazione e non ci fu bisogno di altre risposte: aveva capito fin nel minimo dettaglio quale fosse il compito richiestole.
-Agenti Lee, Lieber, Heck, Elric e Formigine al Laboratorio M.C. Due minuti, niente pausa per il caffè, ci sarà da lavorare parecchio: progetto L.M.D. Tales of Suspense.
Sebbene la situazione fosse tutt’altro che conclusa, l’Agente si permise un sospiro di sollievo: Salmace Attis aveva formalmente accettato l’incarico.
Restava solo un’ultima questione da affrontare.

 

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Natasha si chinò sulla mappa digitale e le bastò toccare un punto perché esso venisse evidenziato con un palpitare cremisi. Raddrizzò la schiena, le braccia incrociate al seno e la testa piegata di lato; la bocca si inclinò pericolosamente verso il basso mentre toccava la superficie azzurra della cartina in corrispondenza di Dion-Olympos, nella pianura della Pieria.
-Hai già trovato i luoghi che ci interessano?
Vedova Nera annuì, girandosi quel tanto che bastava per mostrare il profilo al Dottor Banner; questi emerse cauto nella penombra della stanza vuota e sistemò gli occhiali sul naso.
-Vathy, capoluogo dell’isola di Itaca- la donna sfiorò uno dei segnacoli luminosi ed esso emerse direttamente dalla mappa, creando in una visione tridimensionale della zona –Cuma, in Campania- altra riproduzione in elevato –Dion, in Grecia. Rispettivamente i luoghi in cui dovremmo trovare Odisseo, Enea e Orfeo-
-Non ne sembri molto sicura.
Bruce la guardò con un quieto sorriso da dietro le lenti rettangolari e Natasha preferì non ribattere: diede invece una lunga, pensosa occhiata alla cartina, chiedendosi ancora una volta per quale assurdo motivo avesse accondisceso alla follia di Stark e si fosse proposta volontaria per la missione.
-Neanche io lo sono.
Alzò gli occhi su di lui e Banner si schiarì la voce, togliendosi gli occhiali e facendoli oscillare tra il pollice e l’indice della mano destra.
-Non staremo inseguendo una chimera?-
-Hai sentito anche tu le parole di Thor: gli Dei dell’Olimpo sono veri come veri sono gli abitanti di Asgard- replicò lei passando il palmo sulla mappa e appiattendo Vathy, Cuma e Dion –Forse dobbiamo solo abituarci all’idea-
-O forse dovremmo lasciar perdere. Stiamo parlando di scendere nell’Ade, Natasha, di riportare in vita i morti.
Ancora una volta, l’Agente Romanoff si rifugiò nel silenzio.
Avevano avuto a che fare con divinità in grado di controllare il cuore di un uomo col solo ausilio di uno scettro, con portali ed eserciti di mostri, Ponti dell’Arcobaleno e Distruttori –Clint aveva passato ore a narrarle quella storia al limite dell’incredibile, gli occhi sbarrati e le fiamme ad avvolgergli le iridi congelate dal panico.
E Bruce, poi…L’immagine di lui che si portava una pistola alla bocca e sputava la pallottola perché l’Altro non era dell’idea di porre fine alla vita di entrambi, certo non l’avrebbe lasciata sola tanto presto. L’Altro che la inseguiva lungo l’intrico di tubature dell’Helicar non interrompeva la sua corsa nemmeno nel sonno.
-Stark andrà ad Itaca per cercare Odisseo. Io e lei partiremo subito dopo alla volta di Dion-Olympos: in caso non Orfeo non sia lì,  Tony è convinto che sarà lo stesso Odisseo a darci informazioni in merito e allora agiremo di conseguenza.
“Salvo inconvenienti, il punto di ritrovo è a Cuma. Dopodomani.

 

***

 

L’Agente uscì con in mano un cartone del ristorante giapponese.
Il vecchio Watanabe non era solito confezionare cibo da asporto, ma c’erano situazioni e situazioni: quella, in particolare, aveva un grado di urgenza tale che un po’ di sashimi e dei gamberi in pastella erano un strappo alla regola sopportabile.
La notizia della morte di Capitan America gli era arrivata mentre cercava di passare incolume tra due guardie del sovrano di Wakanda e così, quando Fury lo aveva chiamato, sapeva già quale sarebbe stato il suo destino. In Africa lasciava i propri sottoposti nelle ottime mani dell’Agente Carter, perciò non era per loro che si preoccupava: ritornare a Manhattan dopo un anno che ne era mancato era un evento che non si sentiva pronto ad affrontare. Oltretutto, sapeva che il Direttore aveva taciuto ogni cosa riguardo la propria, connivente “scappatella”, il che rendeva le cose ancora più difficili.
Se la tragedia al Madison Square Garden non fosse mai avvenuta, forse ci sarebbe stata la possibilità di avvicinarsi pian piano al momento della riconciliazione, forse si sarebbe potuto sperare ad un ritorno in grande stile che non presupponesse una più che mai meritata freccia conficcata nella giugulare. Ma i “forse” allo S.H.I.E.L.D. non esistevano, esistevano le missioni e gli ordini e le motivazioni e i facilmente sacrificabili L.M.D.
L’aggiunta di un finto apparato sanguigno, dotato di arterie, vene e capillari era stato un accorgimento per cui l’Agente non avrebbe mai ringraziato Attis abbastanza.
L’unica cosa, non diciamo sciocchezze, una delle tante cose per cui provava rancore e rimorso era sapere che a livello puramente economico, la collezione aveva subito un calo incredibile –E sì che aveva fin chiesto a Fury di non esagerare, ma tant’è. Se si doveva essere credibili, bisognava esserlo fino in fondo, valore affettivo e valore vintage non erano variabili contemplate nell’equazione.
Una disdetta, davvero.
Un taxi lo superò scatarrando e l’Agente alzò la testa al tramonto che bagnava Manhattan: da qualche parte, sopra i tetti, l’Helicar ronzava silenzioso e i mille occhi dello S.H.I.E.L.D. erano puntati ognuno su un punto diverso del globo. Ma c’era un unico sguardo che gli interessava davvero, e l’Agente si chiese per quale motivo stesse tardando tanto a palesarsi.
Molto probabilmente stava ancora cercando di digerire la notizia, oppure di calmarsi e non ficcare una cuspide esplosiva nell’occhio ancora buono di Fury. L’ipotesi che non volesse più avere alcun contatto con lui l’aveva scartata a priori, non tanto per orgoglio o supponenza, piuttosto perché conosceva bene il carattere dell’altro e ancora meglio la sua testardaggine: in anni di missioni insieme aveva imparato su di lui molto più della posizione preferita per riposare o il motivetto mormorato a mezza bocca mentre puliva gli inserti dell’arco.
Il pigolio del telefono cellulare fu un’ulteriore conferma e una sorta di piccola vittoria.
-Mi hanno detto che lavoreremo di nuovo insieme, signore- la voce dell’Agente Barton fremeva di rabbia e più tentava di mantenerla sotto controllo, più l’ira pizzicava ogni singola sillaba –Sarà l’occasione perfetta per parlare di alcune questioni lasciate in sospeso un anno fa, non crede?
Phil Coulson sorrise.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cor Mortem Ducens
#03. Il Sakè del Tanuki

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

  •   Lo S.W.O.R.D. (Sentient World Observation and Response Department) è l’agenzia di intelligence il cui scopo è affrontare le minacce extraterrestri in funzione della sicurezza mondiale. A tenerne le fila è l’Agente Abigail Brand.
  • Mace Windu: riferimento al ruolo interpretato da Samuel L. Jackson nella trilogia recente di Star Wars.
  • Il fatto che il Dipartimento L.M.D. (Life Model Decoy) si trovi nei sotterranei di un ristorante giapponese è una doppia citazione: a Captain America – Il Primo Vendicatore (dove il laboratorio in cui Steve si sottopone all’esperimento del Supersoldato si trova in un negozio di antiquariato) e allo S.H.I.E.L.D. vero e proprio, la cui entrata (nel Comicverse o comunque come si vede in The Avengers: Earth’s Mightiest Heroes ) è camuffata per sembrare la semplice bottega di un barbiere.
  •   Il Tanuki sono creature della mitologia giapponese, maestri del travestimento e mutaforma. Che simbolo migliore per il Dipartimento L.M.D.? ;D (Ho creato lo Aritomo Watanabe, col suo crogiuolo eclettico e indefinito, perché ricordasse in tutto e per tutto un Tanuki E’ pazza. Spero di esserci riuscita!)
  • Ulysses KlawT’Chaka: riferimenti al personaggio di T’Challa, alias Pantera Nera.
    Wakanda
    è l’immaginaria regione dell’Africa Settentrionale in cui si estrae e si lavora il vibranio; Latveria è lo Stato su cui il Dottor Destino governa quale monarca.
  • Vedo quel che è reale e quello che non lo è”, Clint Barton Ultimate.
  •   L’Agente Leland è ormai comparsa in più di una mia storia ed è l’Agente della sezione di Sostegno/Supporto dello S.H.I.E.L.D. che si occupa del recupero psicologico di Steve Rogers. L’Agente Elric, l’Agente Rough Stone e l’Agente Formigine sono invece una piccola citazione a delle splendide signorine con cui si ruola allegramente su Faccialibro.
    Joan Lee
    , invece, è il nome della moglie di Stan Lee.
  • L’Agente Salmace Attis è un OC che è nato da solo mentre stavo scrivendo questo capitolo E io la amo profondamente. MtF, il nome Stéphanos deriva dal sostantivo greco stéphanos, 'corona', che per la sua forma circolare aveva il significato religioso di perfezione della natura divina. Nell'antica Grecia lo stephanéforos, 'colui che porta la corona', era il sacerdote intermediario tra gli uomini e gli dei, addetto al culto delle divinità e 'portatore di regalità'. (Da QUI), Agdistis è il nome di un ermafrodito della mitologia greca.
    Salmace
    è il nome della ninfa che rifiutò l’obbligo di verginità impostole da Diana per unirsi al dio Ermafrodito (Da QUI), Attis è il giovane che, preso dall’euforia, si evirò per partecipare al culto della Gran Madre Cibele (Catullo, Carme 63. Ad esso fa riferimento anche la figura del leone, che Cibele ha mandato contro Attis quando questi, risvegliatosi dall’estasi, ha reso palese il proprio pentimento per l’essersi evirato)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

E’ tornato, è tornato!! *La sedano* Orbene, questo capitolo non riuscivo proprio a scriverlo. E infattiè uscito fuori di nove pagine FUUUUUUUUUUUUUUUUUUU. D’AAAAACCCCOOOOOORDO. Ormai non mi stupisco nemmeno più. Liberatevi di me, prima che sia troppo tardi.



PERO’ E’ TORNATO, E’ TORNATO! E’ TORNATO! Va bene la smetto
L’ipotesi di Tony sarà giusta o c’è qualcosa di ben più losco sotto? MUWAHAHAHAHAHA A voi l’ardua sentenza e i lambiccamenti mentali! *Si sente una brutta persona*
Ho lasciato qua e là citazioni varie e variegate perché sono una persona orribile, tipo a Civil War, vecchi titoli, citazioni ad altri film di Iron Man (come la citazione di Natasha, a sua volta da una sententia di Seneca), etc etc.
Con questo capitolo si conclude la parte introduttiva della storia: dal prossimo si viaggia, gente!
Ringrazio quella mia santa moglissima (?) della Alley e Hikari_ (Grazie per avermi fatto notare l’errore dei puntini! Maledetti stronzi affarini, spero che questa volta non me ne sia sfuggito nessuno!) per aver recensito!
Ringrazio inoltre Shi_Tsu_Geass per averla inserita tra le preferite e Black Air e Sharel per averla messa tra le seguite!
Alla prossima!

   
 
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