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Autore: Swish_    11/05/2013    0 recensioni
Andrea era una ragazza semplice, senza troppi vizi o aspettative. Aveva una vita che le soddisfaceva, con una buona famiglia, un ragazzo bellissimo e amici fedeli. Ma tutto cominciò a prendere una piega diversa quando i suoi occhi incontrarono quelli di Alex, un ragazzo al di fuori di ogni regola, con fascino enigmatico e molti più segreti di quanti se ne potessero immaginare. Dopo il suo incontro, col passare del tempo tutte quelle piccole cose che le rendevano la vita così soddisfacente andarono a perdersi... A cominciare dalla rottura col proprio ragazzo, che confessò di averla tradita. Tutto questo aveva senso?
Era stato il caso... O forse in fin dei conti tutto ciò era stato per volontà di qualcuno?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andrea si sentì come investita da un treno in piena corsa. Un tornado perennemente pronto a sconvolgerla era stato proprio lì al suo fianco per tutta la serata, e ora che era stata lei stessa a scatenarlo non poteva più biasimare quel bruciante ragazzo dagli occhi oceanici che si ritrovò a baciare. E in verità, Andrea non riusciva nemmeno a biasimare sé stessa. Proprio  non ce la faceva a ragionare con la stessa testa degli ultimi tredici mesi, probabilmente perché il suo cuore già non ne voleva più sapere dei capricci opprimenti della mente. Ora il suo cuore e il suo corpo rispondevano solo a lui. Al suo petto, ai suoi baci, alla sua lingua che lenta scorreva dalle sue labbra carnose alla gola, avida della sua pelle. E le sue mani…. Oh, le sue mani erano come quei raggi solari che d’estate le riscaldavano il corpo, gli stessi dai quali cercava di fuggire ogni volta che si ritrovava in spiaggia per non bruciarsi quella stessa pelle delicata. Forse con lui doveva essere lo stesso? Forse doveva fuggire anche da quelle mani che ora le carezzavano il corpo con così tanta passione?
Sentì scenderne una fin sulla sua gamba nuda, per poi risalire sotto il cotone leggero della stessa gonna per la quale Andrea aveva così insistentemente lottato per non farla rialzare nel corso di tutta quella serata; quando allora invece, non desiderava altro.
No, non doveva fuggire da lui. Non doveva proteggersi dalla stessa persona che la faceva sentire così protetta. Sarebbe stato come abbandonare uno scudo per lottare a mani nude contro un cavaliere.
L’altra mano abile di Alex si affrettò a sganciarle i bottoni della camicetta e il reggiseno color prugna ritornò ad esibirsi sotto i suoi occhi ardenti, mentre Andrea, ormai senza più alcuna ricognizione mentale, affondò le unghie sulla sua schiena possente attraverso il sottile tessuto della sua camicia pur di attirarlo a sé, costellandogli la spalla destra di baci e morsi d’una bocca avida e lussuriosa, oltre quella sua scollatura che fino a qualche ora prima riteneva eccessiva. Le labbra di Alex, dopo essere ritornate alla sua bocca per un attimo fuggente scesero di nuovo, stavolta senza fermarsi al collo ma continuando fino al seno che lui stesso liberò dalle coppe del reggipetto a morsi.
Alex si ritrovò ad ansimare, e quei sospiri erano proprio il suo sfogo; ogni breve ansimo, una minima liberazione di passioni oppresse da tanto, tantissimo, troppo tempo. Passioni non del tutto carnali. Passioni umane e divine mescolate in un turbinio di sensazioni. Era davvero strano per lui rivedersi così, senza controllo… Ma era lui ad averlo perso o lei? Sicuramente, se lui non aveva più padronanza di sé, Andrea quella ormai l’aveva completamente ripudiata.
Con foga inaspettata gli sbottonò la camicia, liberando il suo torace liscio e scolpito. Fece scivolare le sue dita lungo le linee intrise sotto la sua pelle, a riprendere la forma dei muscoli sotto il suo tocco delicato. La loro pelle ora in stretto contatto, due corpi in un vortice di percezioni carnali e completamente smarriti nelle fiamme dell’Inferno. Per la prima volta Alex provò invidia, per  tutte quelle anime leggendarie che furono destinate al quinto girone di Dante: lussuria. La loro vita era il centro di quell’indescrivibile abbandono al piacere.
In quel momento avrebbe affrontato sette volte quello stesso Inferno, per la lussuria di Andrea. Solo per il suo corpo, il suo candido seno e la sua pelle così liscia, intrisa del profumo di rosa che lo mandava così in estasi ad ogni respiro. Sentì le delicate mani di lei scivolargli lungo i fianchi e poi stringerlo a sé, di nuovo, come se proprio non volesse lasciarlo andar via.
Oh, non vado da nessuna parte dove non ci sia tu, piccola…
Intorno a loro due regnava il silenzio della quiete assoluta, solo la melodia delle danze marine accompagnavano i loro respiri affannati, e ad Alex sembrò quasi di raggiungere la completezza. L’infinito della sua esistenza tutto concentrato in quegli unici attimi vissuti con fervore… Ed era proprio lì, con lei. Con un’anima pronta a dare un senso al suo infinito.

Alex le rialzò completamente la gonna per stuzzicarla davvero, intento a giocare con l’elastico delle sue mutandine, quando d’improvviso l’estraneo suono di un cellulare s’insinuò tra loro due.
Per Andrea quel suono fu come una secchiata d’acqua gelida in faccia, e come ridestatasi da un brutto sognò balzò di scatto in avanti, scaraventando Alex sulla sabbia alla sua sinistra. Subito dopo realizzò di aver dato il suo cellulare, quello che ora risuonava squillante nell’aria, a lui qualche ora prima mentre si stavano allontanando dal Legend Pub. Non aveva portato una borsa quella sera. In effetti, non la portava mai. Odiava con tutta sé stessa trascinarsi quel fardello per un’intera serata.
Merda. Miseria. Merda. Miseria.” la testa di Andrea non riusciva a fare capolino.
Si voltò bruscamente verso di lui dopo aver fissato il mare a lei dinanzi con gli occhi spalancati per istanti eterni. Alex era semidisteso sulla sabbia, poggiato su gomito, e la stava guardando con occhi sgranati dall’aria sconvolta e confusa, a bocca aperta. Il cellulare nei suoi pantaloni ancora  squillante.
- Potrei rispondere al mio cellulare? – il tono di Andrea era sonoro ed altalenante. Aveva ancora il respiro affannato, a differenza di Alex che dopo quella frase ridiede di nuovo un contegno al suo viso diventando paurosamente gelido e inespressivo, dopo aver sospirato pesantemente ad occhi chiusi. In un solo slancio poi si rialzò, si scrollò con noncuranza la sabbia dalla sua pelle e, ancora con la camicia sbottonata e a petto nudo, prese il cellulare di Andrea dalla tasca destra e si portò lo smartphone agli occhi; sorrise isterico per un brevissimo istante per poi tornare di nuovo serio e glaciale.
- Spero non sia sempre così esasperante come stasera! – bofonchiò, porgendoglielo.
Andrea lo afferrò fulminandolo con lo sguardo e poi guardò anche lei lo schermo: era Nives, che ancora non si era arresa a riattaccare.
- Pronto? – cercò di gestire al meglio la sua voce; non voleva far capire ancora nulla all’ esasperante migliore amica super impicciona Nives. Non in quel momento, almeno. Voleva dedicarsi ad una furia alla volta, e quella più urgente per il momento si trovava a mezzo metro di distanza da lei, intento a scrutarla con espressione illeggibile.
- Andrea! Ma che fine hai fatto?  Non credevo ci avreste messo un’intera serata per parlare di un ex fidanzato! -
Andrea sospirò pesantemente alzando gli occhi al cielo, mentre Alex, con sguardo divenuto truce, ridusse la sua bocca in una linea dura e sottile. Senza avvicinarsi a lei si limitò a dire con voce grave:
- Io vado a prendere i caschi. E sarebbe meglio per te se ti sistemassi a dovere prima di raggiungermi… - e senza nemmeno aspettare una sua risposta voltò le spalle e se ne andò deciso, riabbottonandosi nervosamente la camicia.
E’ un consiglio o una minaccia?” Andrea non ci avrebbe giurato, ma le sembrò di udirlo anche se da lontano, imprecare  animatamente.
- Nives. Sono viva. Sto bene. Ci vediamo fra poco. -
Prima che potesse udire cosa intendessero dire gli strilli di lei dall’altro capo della cornetta, Andrea staccò la chiamata e si rialzò di scatto.
Si scrollò la sabbia dalle gambe e dai vestiti.
Cavolo, anche i capelli sono un disastro!” si morse il labbro mentre arrancava ancora con i bottoni della camicetta dopo aver riposto il suo reggiseno come di dovere, e s’incammino di qualche passo arrancato in modo distratto verso la larga scalinata da cui mezz’ora prima era scesa. O meglio, la stessa dove mezz’ora prima Alex la prese fra le sue braccia e la portò sulla spiaggia. Alzò lo sguardo per cercare la sagoma di Alex più avanti, e lo intravide poco prima di scomparire oltre i muri della strada, sopra le scale lontano da lei dozzine di metri.
Come ha fatto ad arrivare già lì?

- Ingovernabile, vero? – la voce che udì Andrea non proveniva da quello stesso posto dove stava guardando, né tanto meno le sembrava familiare. Nulla a che vedere con la melodia angelica della voce di Alex. Quella era diversa; pur conservando un fascino simile al suo quella era più grave, come se intendesse celare qualcosa di maligno dietro un canto soave. Si voltò di scatto, con ancora due bottoncini sganciati in più che le davano una scollatura notevole, ma fortunatamente il reggiseno almeno era coperto.
La figura dinanzi a lei ora era d’un maschio dall’età indecifrabile per la sua bellezza ultraterrena. Aveva lunghi capelli lisci biondo platino che gli ricadevano fin sulle spalle, con una nitida ciocca che gli ricopriva un occhio. Il suo sguardo dal colore dello smeraldo la inchiodò lì e bastò quello ad intimidirla. Non aveva un’aria molto amichevole e Andrea non si sbagliava mai in queste cose, lo capì sin da subito che quello strano essere al suo cospetto non avrebbe portato a nulla di buono.
Come ha fatto a scendere sulla spiaggia?
L’unica entrata era quella stessa scalinata che prima teneva d’occhio, e poi la riva non era grande abbastanza da non riuscire a vederlo prima. Lo avrebbe visto. Se ne sarebbero accorti, se non lei, Alex almeno.
Alex non mi avrebbe mai lasciata da sola su una spiaggia mezza nuda sapendo che qualcuno avrebbe potuto vedermi…
O forse sì?
Rimosse quell’orribile pensiero con disgusto. No, non avrebbe mai potuto.
- Come scusa? -
Il corpo magrolino di quell’uomo gli avrebbe dato non più di diciotto anni, soprattutto per l’abbigliamento eccentrico che le ricordava molto quello di Daniel; ma c’era qualcosa che non corrispondeva a quella giovane età. Aveva un’espressione indecifrabile, oltre quel leggero velo di barba bionda appena accennata, e uno sguardo incredibilmente profondo e solenne. Ecco cosa c’era in lui di così antico: lo sguardo. Non erano occhi d’un giovane quelli. Parevano consumati dalla vecchiaia, quasi spenti, seppur con uno sfarzo di luce ancora vivida nelle sue pupille.
- Alessandro. – disse l’uomo sorridendo quasi felicemente.
- E’ così che si fa chiamare adesso, giusto? -
Andrea si accigliò, stranita:
- Perché, tu come lo chiami? – il suo tono non era mai riuscito ad essere così deciso, quasi minaccioso. In mente sua Andrea si fece un applauso da sola, ben contenta di questa sua infantile e insulsa soddisfazione. D’altro canto però, l’altro ragazzo invece parve quasi non averla sentita:
- Che ci fa un dannato come lui… Con un’anima così pura e splendente come la tua ? – aggrottò la fronte:
- Il tuo corpo riflette perfettamente ciò che sei davvero interiormente… Non a caso, sei bellissima. - gli brillarono gli occhi quando con lo sguardo percorse l’intera sua figura con fare famelico. Si leccò le labbra soffermandosi sulla scollatura, e ad Andrea venne il voltastomaco.
- Non puoi dirlo. Non mi conosci. -
- Tu credi ne abbia bisogno? -
Andrea inarcò un sopracciglio.
- Direi di sì. -
Lui sorrise di nuovo, mostrando una dentatura bianca e perfetta:
- Oh, ma io già ti conosco, Andrea. -
   
 
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