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Autore: leo rugens    12/05/2013    9 recensioni
Nell’antichità, il Destino era figlio del Caos e della Notte e nessuno, dèi compresi, poteva ostacolarne il percorso. Si dice collaborasse a braccetto con il Caso, combinandone di tutti i colori, nascosto dietro a una nuvola di passaggio. Liz Hemingway abitava in un condominio benestante, sulla IV Avenue, ed era una delle missioni di un angelo, caduto da chissà dove. Vi chiederete cosa c’entri tutto questo con il Fato. Beh, quel palazzo era anche casa di un musicista sfigato, pazzo, con i capelli rossi. Voi chiamatelo Ed, se vi va.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Volevo scusarmi per il ritardo veramente assurdo ma, essendo Maggio, è un po' tosto aggiornare con una regolarità decente, contando che cambio sempre idea sulla trama di questa storia (voglio vedere che schifo mi viene fuori, infatti) non è semplice. Grazie a tutti per il supporto, it means the world to me. Prima che me lo scordi, questo capitolo va alla mia bellissima Cangi, che ha un sogno. Spero di accompagnarti con la chitarra un giorno, non smettere di crederci (se cliccate qui, potrete andare ad ascoltare le sue cover)
Ho finito, per ora :) Godetevi il capitolo e la gif di Liz!

Sun.



Capitolo cinque


Scienziati (2)





 

In Giappone, il  sakura è rappresentato con lo stesso numero degli elementi considerati sacri.
Uno: Acqua.
Due: Fuoco.
Tre: Vento.
Quattro: Terra.
Cinque: Vuoto.

Perché un fiore di ciliegio si fosse poggiato sulla sua finestra, Liz non lo sapeva. Basita lo fissava, spalancando gli occhi ogni secondo di più, la tazza di tè al ginseng ancora fumante tra le mani. Si affacciò alla finestra, guardandosi intorno più volte, come se volesse che la risposta cadesse dal cielo. Ravviò, sospirando, i capelli che le erano finiti sugli occhi, e si perse, giusto un momento, mentre il sole tramontava. Non c’erano più radici quadrate, parentesi graffe, frazioni, numeri. Immaginava e basta (prendendo in considerazione il fatto che fosse una matematica la cosa la spaventava e non poco). Aria la osservava compiaciuta, seduta sul tetto dell’edificio, dondolando i piedi e guardando di sotto di tanto in tanto. Le piaceva il leggero ticchettio che i lacci perennemente sciolti dei suoi stivali facevano contro il muro. Decise di rimanere lì ancora per un po’, ad aspettare il tramonto. Nell’antichità, il Destino era figlio del Caos e della Notte e nessuno, dèi compresi, poteva ostacolarne il percorso. Si dice collaborasse a braccetto con il Caso, combinandone di tutti i colori, nascosto dietro a una nuvola di passaggio. Liz Hemingway abitava in un condominio benestante, sulla IV Avenue, ed era una delle missioni di un angelo, caduto da chissà dove. Vi chiederete cosa c’entri tutto questo con il Fato. Beh, quel palazzo era anche casa di un musicista sfigato, pazzo, con i capelli rossi. Voi chiamatelo Ed, se vi va.



“Edward caro, perché stai rientrando così presto?”
“Niente Signora Mondo, è che non ho voglia di fare un cazzo.”
Sistemò meglio il borsone sulla spalla e sbuffò, alzando gli occhi al cielo. La prima stella della sera si accese e  notò una strana figura in cima alla costruzione.
“Ha visto anche lei?”
“Cosa?”
“Sul tetto, porca puttana! Oddio, vuole buttarsi di sotto!”
Aperta la porta si lanciò su per le scale, ricordandosi solo dopo due rampe che aveva a disposizione un ascensore. Premette tutti i bottoni, mordendosi le labbra impaziente.
“Per l’amor del cielo, Edward rilassati, andrà tutto bene!”
La verità era che Ed Sheeran aveva corso così tanto, quasi sfondato il maniglione antipanico che dava sul tetto perché ci si era visto, a cadere da lassù, con le braccia spalancate. Quando non trovò nessuno, sospirò deluso prima di rientrare a casa, nell’appartamento 7, non notando una ragazza nascosta dietro il muro, le ali appiattite contro i mattoni.



“Stue, ti sto dicendo per la centesima, fottuta volta che non me lo sono immaginato!- Batté rabbioso un pugno sul tavolo della cucina, stringendo un po’ più forte il telefono cellulare –Non sono pazzo, ok? Si, avevo bevuto un paio di biccheri… Continui? Fanculo.”
Riattaccò, visibilmente scocciato e si stropicciò gli occhi stanco, anche se non aveva sonno. Sbuffò e accese la playstation, ignorando Bellini che lo fissava stranito. Per quanto italiano e cognome potesse sembrare, Bellini era il nome che Ed aveva appioppato a un micio tigrato, trovato sull’altro lato della strada qualche anno prima. Forse per i grandi occhi gialli, forse perché anche lui andava matto per la birra, fu amore a prima vista. Era la sua unica vera compagnia, il solo che, con un po’ di miagolii comprensivi, riusciva a tirarlo un po’ su di morale.
“Edward caro, non so quanto possa confortarti, ma l’ho vista anche io, la ragazza.”
Ed sorrise, scuotendo un poco il capo e selezionando una partita che aveva l’aria di essere stata giocata e rigiocata “Non importa Signora Mondo, grazie comunque.”
Per l’ennesima volta scelse di giocare con il Manchester United, sbuffando e aprendo la lattina di birra che aveva poggiato prima sul divano.
“Secondo te sono pazzo?”
Il gatto agitò la coda e inarcò le sopracciglia. Porca puttana se lo era, se lo avesse saputo prima magari avrebbe aspettato qualcun altro che gli facesse da padrone.
“Voglio dire… Secondo te sono un pazzo visionario?”
Bellini si affrettò a scuotere leggermente il capo, sedendosi compostamente al fianco di Ed, che prendeva il terzo goal dal Chelsea in appena cinque minuti di gioco. Un disastro.
“Pensi che la rivedrò?”
I gatti, per molti, sono un contatto fra il mondo a noi conosciuto e quello sovrannaturale e sanno molte più cose di un qualsiasi essere umano. Questa tesi non è dimostrabile, ma Bellini, mentre si affrettava a strusciarsi addosso a Ed, facendolo ridere come un pazzo e tirare la palla nella propria porta, aveva finto di non vedere un’ ombra saltare sul loro balcone,inciampando nei suoi stessi piedi.
“Micio, piantala, prometto che avrai un sorso della mia birra, ma adesso fammi provare a giocare!”
Aria sorrise, prima di sparire nel buio della notte.



“No, mi dispiace, non ho visto niente.” Sussurrò dispiaciuta Liz a un Edward decisamente affranto, che le aveva suonato il campanello chiedendole se per caso avesse visto una ragazza con un paio di ali girare intorno al condominio la sera prima.
“Certo che al giorno d’oggi se ne vedono proprio di tutti i colori.- Sospirò, chiudendosi la porta alle spalle, ridacchiando sotto i baffi- Un angelo. Quel ragazzo deve smetterla di bere, finirà in psichiatria sicuramente.”
Si assicurò di aver spento tutte le luci e, dopo aver preso il cappotto, uscì pronta per andare a lavoro. Aveva da poco ottenuto una promozione e quel giorno avrebbero iniziato un progetto  insieme ad uno studio farmaceutico, per ricerche totalmente nuove. La cosa la elettrizzava dalla testa ai piedi, era divertente vederla quasi correre per strada per andare a lavoro, come se al suo arrivo non trovassi fiale e scienziati ma Babbo Natale con i suoi Elfi.
“Ciao a tutti!”
“Buongiorno capo, come sta?”
Liz sorrise, mettendosi un camice bianco nuovo di pacca. “Oh, direi bene. Quando arrivano i farmacisti?”
“Veramente la riunione è iniziata da dieci minuti, aula in fondo al corridoio.”
“Dio santissimo!”
Corse più veloce che poteva, lasciando la segretaria allibita dietro la scrivania.
Andrew poggiò le mani sul tavolo, le maniche arrotolate fino ai gomiti per pensare meglio.
“Allora, tutti presenti?”
La porta si spalancò, una donna con i capelli raccolti e le guance arrossate respirava affannosamente sulla soglia.
“S-s-scusate il ritardo, non… Lei?”- Confusa, guardò l’uomo curiosa, dimenticandosi di tutti i presenti-  Tu?”
“La tizia del sushi?”



Aprì la porta del laboratorio 14A, sospirando disperata. Forse avevano avuto la decenza di metterla in coppia con il tipo strabico seduto accanto a lei in riunione, o alla rossa con la voglia a forma di ingranaggio sul collo.
“C’è nessuno?”
Un uomo si affacciò dalla stanza laterale, sorridendo amichevole: Andrew, di nuovo. Liz arrossì fino alla punta dei capelli, facendo una smorfia.
“Ciao… Liz, giusto?”
Annuì, spostando lo sguardo sulle file ordinate di fialette già disposte sul bancone.
“Andrew?”
“Esatto. Che ne dici di metterci a lavoro?”
Sorrise, afferrando un paio di occhialini per evitare che sostanze nocive avessero contatto con i suoi occhi.
“Sì! Ma ti avviso, ho le mani di burro…”
“Bah, matematici.” Sbuffò l’altro, facendola scoppiare in una risata allegra.



Nell’antica Grecia si credeva esistessero tre dee minori, le Parche, che tessevano la vita di ogni singolo uomo. Quello che Aria, acquattata sulla finestra della farmacia della IX Avenue, non sapeva è che gli angeli non erano esclusi da quella cosa, anzi. E mentre se ne volava via, sapendo che di lì a poco sarebbe arrivato il momento giusto per una coppia di scienziati svitati, un filo bianco scintillò improvvisamente in un velo che, a giudicare dal colore arancio acceso, non poteva che appartenere a Ed Sheeran. Quel filo era proprio lei, completamente ignara del casino che di lì a poco si sarebbe venuto a creare.



 

***

 

Having heavy conversations
about the furthest constellations of our souls.

The Script - Science & Faith

 

 

  
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