Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: SHUN DI ANDROMEDA    13/05/2013    2 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 3

TUTTO DEVE CADERE A PEZZI...

Sorreggili, aiutali,
ti prego non lasciarli cadere.
Esili, fragili,
non negargli un po' del tuo amore...

Quando Jabu riaprì faticosamente gli occhi, sentì la mano massiccia di Geki accarezzargli una guancia e si ritrovò a dividere il letto con Ichi: lo trovò aggrappato al suo collo, con tracce di lacrime che picchettavano il cuscino ma non era sicuro di chi fossero quelle lacrime.

Potevano essere di entrambi.

Ti ho lasciato dormire per tutta la mattina ma adesso è quasi mezzogiorno.” annunciò il maggiore, spingendogli in braccio un vassoio: “Mangia qualcosa, hai saltato la colazione.”

Docile, troppo stanco e prostrato per protestare, Unicorn obbedì: zuppa di miso calda, riso e pesce, del tea...

Non aveva fame ma doveva mantenere le energie.

E poi, dovevano parlare.

Cercando di non svegliare Ichi – non sapeva cosa lo avesse portato a infilarsi nel suo letto ma doveva ammettere che avere compagnia era rassicurante, soprattutto in una situazione come la loro – Jabu si mise seduto a gambe incrociate, con la schiena poggiata contro la testata del letto, e prese cautamente in mano il cucchiaio per la zuppa.

Ne mandò giù qualche sorso bollente, lasciando che facesse effetto e che gli aprisse lo stomaco ancora chiuso per l'ansia e la paura della sera prima: alla zuppa si unirono alcune lacrime fuggiasche che il tredicenne cercò di nascondere dietro la ciotola sollevata a mo' di bicchiere, sperando che Geki non lo vedesse.

L'occhiata che quest'ultimo gli lanciò fu più che eloquente, come se anche lui sentisse e condividesse quel dolore sordo che gli mozzava il respiro.

Quando siamo tornati in camera, Ichi ha voluto a tutti i costi dormire qui con te, non voleva lasciarti solo dopo quello che è successo...” spiegò all'improvviso Geki con lo sguardo basso: “L'ho aiutato a mettersi il pigiama ed è crollato praticamente subito.”

Jabu sentì il cuore riempirsi di calore mentre, da sotto la coperta, spuntava il ciuffo biancastro dei capelli del fratello.

Che strana sensazione usare un simile titolo per il serpentello...

Era strano poterlo usare per riferirsi a tutti loro, ancora non credeva a quello che la Dea e Shun avevano detto loro il giorno precedente.

So che non è il momento, ma possiamo parlare un attimo?”

Scosso dai propri pensieri, per un attimo Jabu non capì, poi si rese conto delle suppliche implicite che la voce di Geki celava; lui annuì, facendo per allontanare il vassoio, ma l'altro scosse la testa: “Prima mangia, poi parliamo.”

Concluso in tutta fretta il pranzo e messe via le stoviglie sporche, Unicorn osservò Geki: “Di cosa vuoi parlare?” chiese a voce bassa nel tentativo di non svegliare Ichi.

Adesso che sappiamo... Cosa dobbiamo fare?”

Nel porre la sua domanda, Geki si concentrò sugli occhi stanchi e sfiduciati del ragazzo a letto, spiandoli con preoccupazione.

Quest'ultimo scosse la testa rassegnato: “Non lo so.” ammise, “E' tutto così strano, così difficile anche solo da accettare...” bisbigliò, sfiorando con le dita i ciuffi spettinati e biancastri dell'altro ospite del letto, “Vorrei dirti che non cambierà nulla ma non è così, purtroppo. Seiya sta male e dobbiamo fare i conti anche con questo.”.

Io non so cosa voglia dire avere una famiglia... Ho sempre pensato che, per me, sarebbe stato troppo tardi anche solo pensare di poterla avere.”

Perché dici questo?” Jabu era sinceramente curioso e, forse, ferito dalle parole tristi di Geki.

Nervosamente, questi s'alzò per andare alla finestra, spalancarla per far entrare un po' di aria nella stanza e rinfrescarsi un poco le idee mentre Jabu, rannicchiato contro il cuscino e abbozzolato nella coperta, non sapeva come interpretare quel silenzio.

Quando poi il maggiore la richiuse e tornò a sedersi accanto a lui, ne vide le guance lievemente lucide e bagnate: “E' tutto troppo veloce, troppo... Non penso di riuscire a farcela ad accettare una cosa del genere...”

Quindi vuoi mandare al diavolo tutto questo...?”

Dal nugolo di coperte riemerse Ichi, il viso pallido e smagrito e gli occhi cerchiati di nero: il suo sonno non doveva essere stato dei migliori; con la rabbia, e un briciolo di paura, negli occhi, spostò alternativamente lo sguardo prima su Jabu poi su Geki: “Non capite la fortuna che abbiamo... la grande possibilità che ci è stata data è imperdibile.” bofonchiò, tormentandosi le dita, “Non siamo più soli al mondo, abbiamo un posto dove tornare e una famiglia da cui tornare, non vi importa nulla?”

Nei suoi grandi occhi neri c'era troppa aspettativa e paura e nessuno dei due aveva il coraggio di affrontarne la sincerità.

A me importa, ragazzi. Sarà difficile ma... perché non provarci? Assieme possiamo far funzionare tutto.”

Per Geki era l'ultima goccia: tutta la paura, il rimpianto per un passato che non aveva mai del tutto lasciato dietro di sé e quella sorta di disgusto che aveva provato nell'anche solo accostare il proprio nome a quello di Mitsumasa Kido... Tutto esplose come una bomba.

Allora forse la memoria non ti funziona bene... SIAMO STATI MANDATI A MORIRE , CI SIAMO ODIATI, CI SIAMO FATTI DEL MALE E ORA VUOI GIOCARE ALLA FAMIGLIOLA FELICE?! COME DIAVOLO TI SALTA IN TESTA?!” gridò il massiccio ragazzo, afferrandolo per il bavero del pigiama e sollevandolo di qualche centimetro.

Rantolando, Ichi tossì e cercò di divincolarsi dalla stretta: “Perché sono stanco di odiare e di avere paura.” ammise in un sussurro, “Vorrei avere una famiglia come tutti dopo anni passati senza amore, vorrei avere un punto fermo nella mia vita...”

Con una spallata, Jabu colpì Geki, facendogli mollare la presa sull'Hydra che cadde con un tonfo attutito sul materasso senza però interrompere il proprio discorso: “Non abbiamo avuto nient'altro che un nome... Non vorresti anche te avere la certezza della tua identità anziché essere soltanto un soldato senza nome né passato?”

NON HO DETTO QUESTO!” strillò Ursa Minor con voce rotta dai singhiozzi: “Non siamo neppure certi che a loro stia bene così... ABBIAMO CERCATO DI UCCIDERCI, NON POSSONO NON TENERNE CONTO!”

Jabu non sopportava più quella situazione.

Anche lui aveva paura, anche lui voleva piangere e urlare ma era d'accordo con Ichi, dolorosamente d'accordo: voleva provare, almeno una volta nella vita, il calore di un abbraccio dato con cognizione e con affetto, voleva sul serio poter rimettere assieme i pezzi in cui la loro vita sembrava essersi irrimediabilmente rotta.

Ma come poteva fare?

In un'altra stanza, dall'occhio di Seiya scese una lacrima.

§§§

Un bussare leggero svegliò di soprassalto Saori che, distesa sul divano, si mise di scatto seduta, guardandosi intorno: “Avanti…” biascicò a bassa voce la giovane, sfregandosi gli occhi per cancellare i segni della nottata disastrosa.

La porta dello studio si aprì e sulla soglia comparve la sagoma massiccia di Ban, dall’espressione esausta del suo viso la Dea capì che nemmeno lui doveva aver passato una gran notte; sorridendogli appena, gli fece cenno di sedersi sulla poltroncina davanti a lei: “E' successo qualcosa?” chiese la ragazza con aria pensierosa, cercando di comprendere i vorticosi pensieri del suo guerriero.

Leone Minore scosse la testa, tormentandosi nervosamente le dita: “Saori-san, so che è stanca ma... Sono appena tornato dall'ospedale e...” borbottò il massiccio ragazzo senza però avere il coraggio di incrociare lo sguardo della divina Athena; la fanciulla sospirò inquieta, un’ombra le passò nello sguardo, “Vuoi parlarmi vero? Ti ascolto,” disse lei incoraggiante, “parla liberamente.” lo rassicurò.

Milady, mi dica la verità. Seiya-kun ha qualche possibilità concreta di salvarsi?” domandò a bruciapelo il ragazzo con lo sguardo triste, “Perché, dopo le ore infernali appena passate, mi scusi, ma non ne sono più così sicuro.” ammise con un certo rammarico, scoccando un’occhiata alla foto appesa alla parete dietro la scrivania.

La donna seguì la linea dello sguardo, incupendosi nel constatare la presenza di un’unica, lucente lacrima nell’angolo dell’occhio del suo protetto e si sentì morire, come era successo quella notte: “Cosa… Cosa te lo fa pensare?” per un attimo, la voce della Dea s’incrinò, “La situazione s’è stabilizzata, no?” continuò.

Si, si è stabilizzata, ma quanto ancora potrà resistere?” anche Ban sembrava estremamente a disagio mentre cercava di trovare le parole più adatte per esternare il proprio dolore: “Saori-san, voglio essere sincero, ho passato la notte ad avere incubi.. Io… non credo di potercela fare.” biascicò il guerriero, distrutto, lasciandosi cadere seduto sulla poltrona, “guardiamo in faccia la realtà, non si risveglierà più…” singhiozzò, le spalle del quindicenne sussultavano senza posa, “E' inutile…” balbettò, nascondendo il viso tra le mani.

Me lo dica lei, come possiamo sperare in un recupero dopo queste ultime ore?!” il ragazzo, all'improvviso, era balzato in piedi, il volto rigato di lacrime e arrossato: “Come è possibile?” urlò con tutto il fiato che aveva in gola, “Io… Io non voglio che succeda anche a Seiya-kun… Ho visto troppi amici morire in addestramento, cadevano come mosche, ammazzati senza pietà da altri compagni, ho perso senza saperlo troppi fratelli in quell’inferno in terra e non voglio vedere spegnersi anche il Pegaso in cielo. Sono abbastanza grande da capire quello che è successo, quello che sta passando lui stesso, non vuole lasciarsi morire senza lottare sino all’ultimo e lo ammiro per questo, so che si sta aggrappando alla vita coi denti e lui ha sempre fatto così, ma non sono certo che possa farcela ancora a lungo…” mormorò, Leone Minore tremava nella sua tuta da ginnastica, “Ho paura, Saori-san…” dichiarò con gli occhi pieni di lacrime, cadendo in ginocchio davanti a lei, “Ho paura… Non voglio perdere anche lui.” singhiozzò, reclinando il capo sul petto.

Quell’improvviso e incontrollato scoppio di rabbia e dolore da parte di Ban la colpì profondamente.

Sapeva che quello che il suo guerriero aveva detto corrispondeva alla più pura verità, che rispecchiava totalmente la situazione disperata in cui stavano affondando, una situazione che nemmeno lei riusciva a gestire appieno.

Dopo tanto tempo, era riuscita a confessare anche a lui e agli altri la segreta parentela che li legava agli altri Bronze Saints, aveva lacerato il velo di silenzio e bugie che per anni aveva ammantato il loro passato, aveva assistito con dolore allo sfogo di rabbia e impotenza da parte di Jabu, allo scoppiò in lacrime di Ichi e all'espressione svuotata di Nachi senza poter fare alcunché per confortarli, e si sentiva così stupida e inutile in quei lunghi e durissimi giorni; lei strinse i pugni, era una Dea ma non riusciva nemmeno a proteggere coloro che per lei avevano messo in gioco le proprie vite, poteva disporre di un potere virtualmente immenso ma il suo fragile corpo mortale era un ostacolo troppo grande, lo avrebbe perso e così ogni possibilità di alleviare, seppur in minima parte, la sofferenza in cui il mondo affogava senza salvezza.

Si maledisse per la prova a cui il destino la stava sottoponendo, per la sua incapacità nel prendere una vera decisione, per il dovere che le impediva di fare inutili colpi di testa; ma diamine, sarebbe già stata perduta mille e mille volte se non ci fossero sempre stati i suoi raggi di sole nella coltre di nubi nere gravide di pioggia a squarciare per lei il velo di tenebre, scaldandola e proteggendola: dieci, dolcissimi raggi di luce che avevano fatto baluardo attorno a lei.

E ora, che uno di quei raggi stentava a brillare, spegnendosi a poco a poco, lei doveva essere così egoista da lasciarlo morire?

Il cuore gridava vendetta ma la ragione lo riconduceva di continuo al silenzio, era lacerata in due parti e non sapeva a chi dare ascolto: tradire la propria natura di protettrice e madre amorevole per quella terra così distrutta e bisognosa di luce oppure seguire il cuore e sacrificare la propria vita per quella del più giovane dei suoi vassalli e preservarlo dal buio eterno e freddo degli Inferi, privarlo del calore di una famiglia?

Sapeva, purtroppo, che quella domanda non aveva una risposta vera e propria e che, forse, non l’avrebbe avuta mai.

D’impeto, la fanciulla abbracciò forte Ban, facendogli poggiare la testa sulle proprie gambe, sciogliendosi entrambi in un pianto folle e disperato.

Quando infine le lacrime cominciarono a scemare e i singhiozzi si ridussero a semplici e rari singulti, i due coetanei sciolsero l'abbraccio e, senza dire nulla, la Dea passò all'altro un fazzoletto di tessuto per asciugarsi gli occhi: “Non possiamo lasciarci abbattere, lo capisci?” mormorò lei con voce strozzata, “Dobbiamo essere forti, per lui e per noi stessi. Per lui, perché ha bisogno di sapere che siamo lì con lui, che lo aspettiamo, e per noi perché non possiamo permetterci di crollare, dobbiamo sperare ancora un pochino, solo un pochino per poter finalmente ritrovarci tutti assieme.”

Ban annuì con gli occhi ancora lucidi: “Posso farle una domanda?”

Lei sorrise: “Certo.”

Da quanto sapeva di noi?”

Saori restò in silenzio per qualche istante poi alzò lo sguardo con espressione seria e forse lievemente malinconica: “Quando lessi il testamento... Era scritto lì e anche tra le carte, la Fondazione aveva in archivio tutti i vostri certificati di nascita.” ammise la ragazza, osservando la scrivania ormai sgombra di carte ma coperta di cornici di fotografie.

Alcune erano piene, altre erano in attesa di essere riempite.

All'inizio ero spaventata, non sapevo come comportarmi. Ero sempre stata una bambina viziata e capricciosa, cosa ci si poteva aspettare da me? Poi però mi resi conto della mia fortuna, nella disperazione nera di quegli attimi. Forse è stato allora che Athena ha cominciato a svegliarsi dentro di me.” e così dicendo, ella poggiò la propria mano tremante sul petto all'altezza del cuore, “Era ancora debole, ma la coscienza divina sono certa che si fosse svegliata in quell'esatto momento.” disse alzandosi.

Ban la seguì con lo sguardo mentre, chinata davanti alla libreria, tirava fuori una scatola.

Athena si voltò verso di lui: “Vieni qui, ho una cosa da darti.”

Curioso, il ragazzo la raggiunse e, sollevatone delicatamente il coperchio, la aprì, trovandosi davanti un plico di fogli stampati fittamente.

Leggili, hai diritto di sapere.”

Col groppo in gola, Ban si rese conto che quelle che aveva in mano erano le ultime volontà di Mitsumasa Kido, del padre che lo aveva mandato a morire: era pronto per quello? Non lo sapeva: sentiva una paura feroce attanagliargli le viscere e voleva scappare lontano.

Ancora una volta, però, la mano della Dea posata sulla sua lo tranquillizzò, sembrava volesse dirgli: “Io sono qui.”.

Un poco più fiducioso, Leone Minore avvicinò al viso il foglio di finta pergamena e lesse nervosamente l'intestazione, scorse poi gran parte dell'incipit per poi bloccarsi, col cuore a mille nel petto, verso la parte centrale del testamento.

Pur essendo la mia insostituibile nipote, Saori non sarà l'unica erede. Ho fatto cose riprovevoli nella mia vita e, se dopo la mia morte, posso ancora rimediare, ho intenzione di farlo. Ho mandato a morire i miei figli ma, se ritorneranno - siano essi tutti e cento piuttosto che solo uno - ciascuno di loro è designato come mio erede al pari di Saori.

Se mai leggeranno queste mie parole, voglio dire loro che mi dispiace e che, per quanto strano possa suonare, ho voluto loro bene.

Cercate di ricreare questa famiglia, se potete, non lasciate che i peccati di un povero vecchio come me vi impediscano di vivere tra queste mura come è vostro diritto e privilegio.

Odiatemi, ne avete tutti i motivi, ma se ritornerete, amatevi.”

Il resto non interessava minimamente a Ban ma quella manciata di righe gli aveva strappato via il cuore; esausto, si lasciò cadere a terra, rannicchiato a singhiozzare in posizione fetale con il foglio stretto al petto.

Fa male, lo so, ma dovevi sapere...” cercò di giustificarsi Saori con espressione triste.

Leone Minore le strinse la mano, non riusciva a frenare le lacrime né a muoversi da quella posizione ma sentiva che era la cosa giusta da fare: “N-Non sto male... D-Devo solo...”

Sfogati quanto vuoi...”

§§§

Ti darei gli occhi miei
per vedere ciò che non vedi.
L'energia, l'allegria,
per strapparti ancora sorrisi.
Dirti sì, sempre sì,
e riuscire a farti volare,

Non credo di avere il coraggio di vederli ancora così...”

Seduto sul bordo di un fiume lucente per il sole che ci picchiava dolcemente su, col vento che ne increspava la superficie, stava un ragazzino dall'espressione triste: teneva i pugni stretti al cuore, come se da quel semplice gesto potesse ricevere forza.

Insensibile alle grida giocose dei bambini che provenivano da un punto imprecisato dietro di lui, egli alzò lo sguardo lucido verso l'uomo in piedi al suo fianco: “Come posso fare per aiutarli? Non volevo che finisse così quando ho chiesto a Shiryu e agli altri di dirglielo nel caso io...”

Con una burbera carezza sulla testa, l'uomo non rispose alla sua domanda ma restò a fissare la superficie del fiume che rimandava le immagini del disastro che, fino a quel momento, avevano osservato con l'ansia.

Neppure lui aveva previsto una situazione del genere.

Non puoi fare nulla se non combattere come hai sempre fatto per guarire e tornare da loro, figliolo... Non c'è altro modo.”

Ma se...”

Hai fiducia in loro?” chiese l'uomo con aria severa.

Il ragazzo annuì, raggomitolandosi sull'erba.

Allora vedrai che nessuno di loro se ne andrà e che, quando tornerai, potrete ricominciare daccapo.” il viso dell'adulto si distese in un sorriso affettuoso mentre lo sguardo si posava sui bambini che correvano attorno a loro, sorvegliati da donne i cui lineamenti erano familiari e pieni d'amore.

Con un'ultima carezza sulla guancia del figlio per asciugare una lacrima fuggiasca, egli s'allontanò: “Non stare troppo lì, Seiya, non infliggerti altre sofferenze e pensa solo a guarire.”

Sì, Kido...-san.”

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: SHUN DI ANDROMEDA