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Autore: flors99    15/05/2013    51 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Fare le valigie, per Hermione, era sempre stato impegnativo.
Ogni volta impiegava più tempo del necessario, sia perché ricontrollava più volte di non aver dimenticato niente, sia perché lo faceva con una calma e una perizia incredibili. Un velo di malinconia aveva sempre riempito i suoi occhi: era triste lasciare Hogwarts, anche solo per due settimane, nonostante ogni volta morisse dalla voglia di rivedere i propri genitori.
Quell’anno, però, sistemare il suo baule fu un’impresa più ardua del previsto.
Ad ogni singolo capo che ripiegava nella valigia, le mani tremavano incontrollate, in modo così forte che spesso era costretta a sedersi e a non fare nulla per qualche minuto, pur di calmarsi. Gli occhi, sempre pieni di malinconia, stavolta erano impregnati di qualcosa di più profondo: una sorta di gioia, mista a elettricità e a felicità, anche se frenata da una nota di ansia e di panico.
L’ennesimo capo le cadde a terra, mentre il respiro si spezzava e la sua mente si perdeva nel ricordo di qualche ora prima.
 
- Aspetta.
Strano come quella parola suonasse familiare alle orecchie di Hermione: come se si aspettasse di sentirla. Come se avesse aspettato di sentirla per tutta la vita.
 
Aspetta…
 
E per quanto quelle singole sillabe avessero avuto il potere di fermarle il cuore e poi di farlo ripartire velocissimo, per quanto in lei fosse sopraggiunto un piccolo sprazzo di gioia, la ragazza non si azzardò a fermarsi. I suoi piedi continuarono a dirigersi verso la porta, mentre sentiva la voce di Draco parlare più forte.
- Granger, maledizione, aspetta!
 
Tu non ne hai idea, Draco…
 
Come se non fosse in grado di controllare il suo corpo, la Grifondoro continuò a camminare verso la porta per uscire da quel luogo chiuso. Aveva già allungato la mano sulla maniglia quando la voce di Draco la richiamò ancora un’altra volta.
- Mezzosangue, aspetta un attimo! Non far finta di non avermi sentito!
 
Tu non ne hai idea, Draco…
 
Non sa bene neanche lei cosa la spingesse a non voltarsi. Forse aveva paura di leggere nei suoi occhi, ancora una volta, quel disgusto e quel disprezzo che avevano la capacità di distruggerla in pochi minuti; o forse perché guardarlo di nuovo sicuramente l’avrebbe fatta scoppiare a piangere come una bambina.
E davanti a lui non poteva permettersi di esserlo.

- Merlino, Granger! Aspetta! – ripeté per la terza volta, cominciando ad arrabbiarsi.
Con uno scatto si alzò dalla sua posizione per andarle incontro e, anche se Hermione non poteva guardarlo, sapeva che i suoi occhi le stavano lanciando lampi.
 
Tu non ne hai idea, Draco…
 
- D’accordo, Granger, ok? D’accordo! – si ritrovò a esclamare Draco, preso dall’ansia della prospettiva di dover davvero ripetere l’anno e dall’irritazione che quella ragazza gli provocava, ostinandosi a non voltarsi. – Verrò con te, per Salazar, ma vuoi fermarti e aspettare un secondo?!
 
Tu non ne hai idea, Draco…

…da quanto tempo Hermione ti stia aspettando.
 
 
Con sgomento, la giovane Grifondoro, si rese conto di quanto fosse tardi. Lei non era mai, mai, in ritardo e ciò non fece altro che aumentare la sua ansia. Ripiegò in fretta e furia tutti i vestiti che erano rimasti fuori e controllò velocemente di non aver dimenticato nulla. Chiuse con uno scatto il baule, impiegando più forza del necessario e, prendendo tutte le sue cose, si precipitò velocemente nella Sala Comune. Si guardò ansiosamente intorno, cercando di scorgere la chioma rossa della sua migliore amica, chiedendosi se non se ne fosse già andata senza aspettarla. Si convinse del contrario un attimo dopo: Ginny non avrebbe mai fatto una cosa del genere, senza almeno prima avvisarla.
Mentre guardava nuovamente l’orario, constatando che forse non era poi così in ritardo, ebbe un leggero capogiro che la costrinse ad appoggiarsi alla parete e a fermarsi per qualche secondo.
 
 
- Ho detto che verrò con te, ti vuoi fermare, per Merlino?!
L’emozione che quelle parole suscitarono nel cuore di Hermione fu così intensa, che, per un attimo, sentì la magia scorrerle nel sangue, irrorarsi nel suo corpo, nutrirsi di quella felicità così forte. Per un attimo, temette pure che non sarebbe riuscita a controllarla, quell’emozione così potente. E quando finalmente si voltò a fronteggiarlo, ebbe quasi un collasso di fronte ai suoi occhi ridotti a due fessure e al suo sguardo pieno di risentimento e muta rassegnazione.
- Verrò con te, Granger, d’accordo. - ripeté, profondamente turbato forse da quella prospettiva. – Ma non chiedermi di essere gentile con quegli sporchi babbani, perché non lo sarò. E non puoi nemmeno chiedermi di…
- Con i miei genitori sarai gentile. – sentenziò la ragazza irremovibile. Aveva pensato molto in quei mesi a come i suoi genitori avrebbe accolto la “lieta” notizia. Per quanto fosse convinta che suo padre e sua madre le sarebbero sempre stati accanto, in qualunque situazione, era anche convinta del fatto che inizialmente non avrebbero accettato granché bene le sue parole. E Draco, con quel suo carattere brusco e scorbutico, sarebbe sicuramente finito in padella, arrostito da suo padre, se non si fosse sforzato di essere gentile.
A dire la verità, Hermione ne era sicura, suo padre avrebbe arrostito Draco anche se fosse stato il ragazzo più gentile del mondo. D’altronde quale padre avrebbe accolto a braccia aperte un ragazzo diciassettenne che ha messo incinta la propria bambina? Questo, la ragazza, preferì non dirlo a Draco. Rivelargli le prospettive per il suo futuro Natale, lo avrebbe solamente indisposto ancora di più di quanto già non lo fosse.
- Cercherò di essere gentile. – la corresse, con uno strano tono il Serpeverde.
- Lo sarai. – lo ricorresse lei.
Si fissarono di nuovo per una manciata di secondi, poi entrambi distolsero lo sguardo, come in un tacito accordo.
- Perché vuoi che venga? – le chiese alla fine.
Hermione era già pronta per rispondergli ciò che gli aveva detto prima, ma si rese conto che non sarebbero state le parole giuste. Non era vero che lo volevo lì perché in questo modo sarebbe stato più facile parlare con i propri genitori, o almeno non era soltanto quello il motivo.
 
Butta via le apparenze, Hermione.
 
- Perché è nostro figlio, Malfoy. Ed è il momento di rendercene conto e di prendercene cura. – rispose sinceramente, chiedendosi dove avesse trovato il coraggio di pronunciare quelle parole. Probabilmente fu anche troppo diretta, dato il turbamento che si stagliò nelle iridi grigie del Serpeverde. Il ragazzo non disse più nulla e la Grifondoro si sentì a disagio come non mai, temendo forse di essersi spinta troppo in là.
- Ci vediamo domattina al binario. – sussurrò allora, a voce così bassa che non fu neanche tanto convinta di aver parlato. Draco non rispose nulla e, in un certo senso, lei gliene fu grata.
Senza indugiare oltre, la ragazza se ne andò, lasciandolo solo, dirigendosi in fretta nei dormitori. Se fosse rimasta anche un solo istante di più, sarebbe scoppiata a ridere e a piangere e a cantare, contemporaneamente.
Draco sarebbe venuto con lei a casa sua per le vacanze di Natale. E se prima la prospettiva di rivelare il suo segreto ai propri genitori le appariva terribile e irraggiungibile, adesso le pareva quasi priva d’importanza, grazie alla consapevolezza della presenza del Serpeverde al suo fianco.
 
Perché vuoi che venga?

Perché tu non hai idea, Draco, da quanto tempo io ti stia aspettando.
 
 
 
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Ancora prima di aprire gli occhi, Daphne si rese conto di non essere nella sua stanza. Sentiva dolore dappertutto e sicuramente quella cosa scomoda sulla quale era seduta non poteva essere il suo confortevole letto. A dir la verità, ancora prima di aprire gli occhi, la ragazza percepì uno strano rumore…simile a quello di una motosega.
Aprì assonnata le palpebre, alla ricerca di quel fastidioso suono, per poi scoprire che si trattava di Blaise, accasciato su una sedia di fronte a lei, che russava bellamente nonostante la scomoda posizione.
La Serpeverde fece appena in tempo a provare un moto di tenerezza mischiata al fastidio, prima che gli eventi della sera precedente la travolgessero come un uragano e la tenerezza lasciasse il posto all’imbarazzo.
Diventò più rossa di una fornace quando le tornarono in mente tutte le cose che gli aveva detto per convincerlo a slegarla dalla sedia.
Gli…gli aveva detto…gli aveva detto…per Merlino!
Daphne era quasi sicura di avergli anche chiesto…per Merlino! E di aver detto cose….parecchio…parecchio…vietate ai minorenni…pur di farla alzare. Con orrore si ricordò di quando lo aveva supplicato di strapparle i vestiti di dosso e di…per Merlino!
Ma nessuna di queste cose era tanto tremenda come l’ultima che aveva pronunciato. Le vennero quasi le lacrime agli occhi.
Scossa dai suoi pensieri, Daphne cominciò a dimenarsi, desiderando uscire da quella stanza al più presto. Digrignò i denti quando comprese che ogni suo sforzo sarebbe stato vano: avrebbe voluto riuscire a svignarsela prima del risveglio di Blaise, ma, a quanto pare, la cosa non era fattibile e, lottando contro il suo orgoglio, fu costretta a tirare un calcio al polpaccio del Serpeverde per svegliarlo e chiedergli aiuto.
- …Ronf…ahia! – svegliatosi all’improvviso, il ragazzo fece un brusco balzo sulla sedia, rischiando di cascare per terra.
- Alla buon’ora. – berciò Daphne, guardandolo in modo truce.
In tutta sincerità la ragazza stava solo cercando un modo per non arrossire ferocemente di fronte al suo sguardo.
- …Ahia…Ahia…Daphne?! – domandò stralunato il giovane. – Che…che ci fai qua?
La Serpeverde roteò gli occhi: l’ultima cosa che desiderava era ricordargli il comportamento da squilibrata che aveva assunto la sera prima.
- Slegami, Blaise. – disse, poco gentilmente.
- Ma…tu cosa ci fa…ah! – esclamò all’improvviso. - Ora ricordo… - mormorò, grattandosi la testa imbarazzato. A quelle parole, per Daphne fu impossibile non arrossire leggermente. – Come…ti senti? – chiese esitante l’amico.
- Benissimo. – rispose secca. – Ora vuoi slegarmi, se non ti dispiace?
- Oh…sì, certo. – cercò la bacchetta, strizzando gli occhi e non trovando niente. Provò a guardare nel cassetto, ma non ne trovò traccia: probabilmente ieri sera l’aveva lasciata in giro e nella notte era rotolata da qualche parte. Si sarebbe anche messo a cercarla con più attenzione se la voce soave di Daphne non gli avesse trapanato in quel modo le orecchie.
- Si può sapere cosa stai aspettando?!
- Non trovo la… - interruppe la frase, quando la guardò negli occhi. Gli sembrò di leggerci una specie di supplica, la disperata preghiera di lasciarla andare il più presto possibile. - …non importa. – concluse, avvicinandosi.
Si chinò su di lei, cominciando a sciogliere con calma e perizia i nodi con cui l’aveva tenuta ferma nella notte, per poi bloccarsi all’improvviso, spalancando gli occhi.
- L’effetto della pozione è passato vero?
- Sì. – riuscì a malapena a rispondere la ragazza. Arrossì pudicamente, non avendo la minima idea di cosa fare: la pozione risveglia gli istinti, le aveva detto Pansy e se anche l’amico era a conoscenza di quel particolare, allora poteva dichiararsi completamente fottuta. – Cosa…ti ha detto Pansy della pozione?
- Quasi niente. – confessò il Serpeverde, mentre riprendeva a sciogliere i nodi. – Soltanto che ti faceva assumere degli strani comportamenti.
Se da una parte Daphne non poté che sentirsi sollevata del fatto che Blaise non avesse compreso la situazione, dall’altra sentì una delusione cocente e un rancore profondo nei confronti di quell’insensibile babbuino, che non capiva mai nulla.
- Non riesco a… - borbottò il babbuino, ingarbugliandosi le mani con i lacci. -…devo provare…aspetta un secondo… - il ragazzo si avvicinò di più, concentrato, tanto che i suoi capelli sfiorarono il mento di Daphne. Le bastò questo piccolo gesto per mandarla in tilt e far schizzare il suo cuore a un ritmo accelerato.
Percepì le dita di Blaise sfiorarle la pancia, avvertendo tanti brividi lungo la spina dorsale e il rossore farsi strada sulle sue gote pallide. Si chiese se l’effetto della pozione fosse svanito proprio del tutto, ma si rispose da sola: il saporaccio che sentiva in gola era completamente dissolto e non si sentiva più debole come prima. Ma il bisogno…il bisogno era rimasto. Il bisogno di stringerlo, stringerlo, stringerlo, fino a soffocarlo e ad essere soffocata.
- Ieri sera… - iniziò Blaise, ignaro del tumulto del cuore dell’amica. - …hai detto un mucchio di scemenze. – ridacchiò. – Te le ricordi?
- No. – mentì Daphne con voce strozzata. – Non molto bene.
 
Bugiarda, bugiarda, bugiarda.
 
Ricordava ogni singolo istante della sera precedente. Ricordava le sue fantasie assurde, i suoi deliri sulla gallina, il momento in cui lo aveva abbracciato, baciato…il ricordo della sensazione delle labbra di Blaise sulle proprie era fortissimo: difficilmente lo avrebbe dimenticato. Dubitava di aver mai provato qualcosa di così bruciante prima d’ora.
Ricordava…Dio, ricordava quelle ultime parole che aveva pronunciato…
- Eri un po’ buffa… - mormorò il ragazzo, continuando ad armeggiare con i nodi e respirandole sul viso.
Ma quanti nodi ha fatto?!, si chiese la bionda nel panico e in imbarazzo per quel fiato così caldo e piacevole. Sperava soltanto che si allontanasse al più presto.
- Hai finito? – sbottò, non riuscendo a sopportare più la sua vicinanza.
- Quasi…
- Dove sono quegli idioti dei tuoi compagni di stanza? – domandò, tentando di concentrarsi su qualcosa, su qualunque altra cosa che non fossero le mani di Blaise.
- Li ho mandati a dormire in Infermeria.
- In Infermeria?!
- Beh, mica potevo farli dormire qui con te che russavi su una sedia, no? – domandò retoricamente, con voce insolita.
- Io non russo! – si accalorò la ragazza. – E poi…come hai fatto a mandarli via?
- Tiger e Goyle sono un po’ idioti, come hai detto tu, perciò non hanno fatto tante storie. Draco era incazzato nero, ma alla fine l’ho scacciato. – rispose semplicemente. – Perché, preferivi che rimanessero?
- No! – si ritrovò, suo malgrado, a confessare Daphne. – Solo che…niente, lascia perdere. Hai finito con quei nodi?! – sbottò impaziente.
- Sì. – Blaise emise un sospiro di sollievo, alzando vittorioso la mano con i famigerati lacci intrappolati in essa. – Adesso sei libera.
Daphne fu tentava di tirargli un ceffone a quelle parole: come Merlino poteva affermare che lei fosse libera, se ogni volta i suoi pensieri vertevano su di lui? Questo ovviamente, però, Blaise non lo sapeva.
 
E non deve saperlo.
 
- Comunque stavo parlando… - riprese il ragazzo. – …delle cose che mi hai detto ieri sera.
La ragazza si alzò di scatto, sotto lo sguardo attonito dell’amico e rispose con un secco:
- Non ricordo nulla, non posso aiutarti. Ora devo andare a fare le valigie.
Sparì dal dormitorio così in fretta che per un attimo Blaise si aspettò di vederla ancora lì davanti a lui, nella posizione precedente. Quando capì che Daphne era davvero andata via e non sarebbe certo tornata, si alzò per raggiungerla, deciso a mettere fine a quello strano comportamento che ultimamente lei assumeva nei suoi confronti. E non si riferiva soltanto alla sera prima.
- Daphne! – la chiamò, quando la vide in Sala Comune che parlava animatamente con Pansy. – Daphne! – non appena si accorse di lui, il viso della Serpeverde sembrò assumere un maschera di puro terrore, prima di dileguarsi nel suo dormitorio, senza degnarlo di considerazione.
- Pansy, che ti ha detto? – si rivolse allora all’amica, quando le si posizionò accanto, mentre lei lo fissava in modo preoccupato.
- Blaise, ma che casino hai combinato? – replicò sconsolatamente.
- Io?! Non…non ho fatto nulla! 
- Senti, io…non dovrei dirtelo, ma…oh al diavolo! – imprecò Pansy. – Daphne mi ucciderà, ma se continua così finirà per peggiorare le cose!
- …Eh?
- Cosa sai della pozione, Blaise? – domandò la Serpeverde, ignorando il suo sguardo sbigottito.
- Quello che mi hai detto tu: che fa assumere degli strani comportamenti.
- Quello non è l’effetto vero della pozione. – lo corresse Pansy. – È solo un effetto collaterale. Il fine della pozione non era quello di far assumere altri comportamenti a chi ingeriva la sostanza.
Blaise elaborò con calma le sue parole, cercando di trovarvi una spiegazione logica.
- E allora…qual è l’effetto vero della pozione?
- Pansy, andiamo! – esclamò una trafelata Daphne che era scesa dal suo dormitorio in quel momento, dopo aver riempito il baule in fretta e furia.
- Io… - mormorò la mora all’indirizzo di Blaise.
- Cosa, Pansy? Cosa devi dirmi? – domandò ansioso, il ragazzo. Sembrava che la mora gli stesse nascondendo qualcosa di importante, qualcosa di prezioso.
- Andiamo Pansy! – ripeté la bionda Serpeverde.
L’amica, a malincuore, prese la sua valigia, lanciando a Blaise un’ultima occhiata e sillabando sottovoce la sua risposta.
 
La pozione risveglia gli istinti.
 
Quando Blaise comprese, le due ragazze si erano ormai allontanate e, stavolta, difficilmente avrebbe potuto raggiungerle. 
 
 
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- Hermione! Stai bene?
Una voce familiare la fece voltare, mentre si teneva una mano sulla pancia, gesto che compiva molto spesso per calmarsi, quando capogiri violenti come quello precedente la colpivano.
- Sì, credo. – mormorò alla voce, di cui non era ancora riuscita a identificarne il proprietario.
- Ginny ti stava aspettando. – la informò Neville, leggermente preoccupato.
La Grifondoro sorrise dolcemente quando riconobbe il volto dell’amico e non riuscì a reprimere un sorriso.
- Grazie, Neville, vado subito da lei. – rispose.
- Ginny era un po’ giù in questo periodo…spero che si riprenda… - borbottò incoscientemente.
Lo sguardo di Hermione si addolcì ancora di più: era sicura che qualche anno prima  Neville avesse avuto una cotta per la sua migliore amica, anche se non aveva mai detto niente a nessuno; e anche se ora il sentimento sembrava essersi trasformato in semplice amicizia, Neville aveva sempre quel modo protettivo di rapportarsi con Ginny e di assicurarsi che stesse bene. E a dire il vero anche con lei.
- Cioè…anche tu mi sei sembrata un po’ giù…quindi…insomma, spero che tu stia meglio e che…insomma, mangia tanto e…
Hermione lo abbracciò di slancio, impedendogli di finire il discorso. Quel “mangia tanto” l’aveva intenerita come non mai e le aveva anche fatto capire a cosa Neville alludesse.
- Allora è vero? – mormorò il ragazzo, leggermente arrossito, quando si separò da lei. Non ebbe bisogno di specificare, la ragazza capì lo stesso.
- Sì, Neville. – rispose, felice di poter dire la verità. Le sembrava di essersi tolta un peso enorme.
- Oh, bene…insomma…sei…sei felice, Hermione?
Le pose forse la domanda più difficile a cui poter rispondere. Forse sarebbe stato meglio rispondere con un “no”. Il disastro che aveva creato con Harry, con Ron, con Ginny, con Draco e che presto avrebbe creato anche con i suoi genitori, non era proprio una bella base su cui poter edificare la felicità. Eppure, perché sentiva quel batticuore familiare? Perché le sue mani tremavano, stavolta non di timore, ma di gioia? Perché sentiva di poter ridere e piangere e cantare, contemporaneamente?
Era davvero possibile che la prospettiva delle vacanze di Natale riuscissero a restituirle tutta quella vitalità?
- Credo…credo di sì, Neville. – E in che altro modo avrebbe potuto descrivere quella magia che premeva per uscire? In che altro modo avrebbe potuto chiamare la luce che aveva scorto nei suoi occhi quella mattina, e che non vedeva più da molti mesi?
- Sono contento anch’io per te, Hermione. – borbottò, non senza imbarazzo il Grifondoro. – Comunque… - si schiarì la voce. - …credo che Harry voglia parlarti.
 
Harry.
 
Soltanto il nome del suo migliore amico fu un pugno allo stomaco. Una lama che la trafisse silenziosamente, rubando quella poca felicità che era riuscita a ritrovare dopo così tanta fatica.
- Prima ti aspettava in Sala Comune, ma, dato che non arrivavi, è uscito un attimo con Ron. Penso che tornerà tra poco. – la informò tranquillo.
Tutta la serenità di Hermione, invece, era andata a farsi benedire. Il mostro della paura e del dolore stava già risalendo sulla sua gola, prosciugandola e rendendola incapace di parlare. Sentiva il bisogno fisico di poter finalmente riabbracciare il suo migliore amico, di lasciarsi cullare dal suo sorriso sincero, di intenerirsi di fronte alla sua risata: aveva la necessità di ritrovare quel ragazzo che considerava un fratello, ma come poteva affrontarlo, se tutto ciò che avrebbe trovato in lui, sarebbe stata quella delusione cocente che aveva visto nei giorni scorsi?
Harry, col suo distacco, aveva chiesto silenziosamente del tempo e lei aveva avuto la vigliaccheria di non negarglielo. Sarebbe dovuta andare da lui immediatamente, non facendosi frenare dal suo sguardo inquisitorio e continuando a parlargli. Avrebbe dovuto seguirlo tutto il giorno e immobilizzarlo, se necessario, per farle spiegare. Ma Hermione, dopo i primi tentativi, non aveva più trovato la forza, la capacità di avvicinarsi ancora, temendo di subire un ulteriore rifiuto. Credeva che sarebbe stato meglio per lui lasciargli del tempo, ma quei giorni passati non avevano fatto altro che separarli ancora di più, renderli ancora più distanti.
- Ti ha detto quando tornerà? – chiese, con la voce che tremava appena.
- No, però credo che…aspetta, eccolo. – le parole di Neville le giunsero lontane, da un’altra stanza. Tutto quello che Hermione in quel momento riuscì a fare, fu specchiarsi negli occhi verdi del ragazzo appena arrivato, senza muovere un muscolo.
Harry, appena apparso attraverso l’arazzo, la fissò per qualche secondo, prima di distogliere frettolosamente lo sguardo.
- Vi lascio soli. – mormorò Neville, osservando prima l’una, poi l’altro. Hermione si sforzò di sorridergli, di provare ad augurargli un “Buon Natale”, ma la sua voce sembrava essere scomparsa chissà dove.
- Hermione. – la chiamò Harry, con fermezza, quando non ci fu più nessuno ad ascoltarli.
La ragazza quasi singhiozzò. Vedere di nuovo il suo migliore amico, lì davanti a lei che le parlava, le provocò un immenso strappo al cuore.
Vedere di nuovo i suoi occhi verdi privi di quella delusione che aveva visto nei giorni precedenti, la confortò e la fece stare male al tempo stesso.
Vedere Harry che si dondolava sui talloni e si arruffava i capelli disordinati, le provocò un senso di familiarità che le riscaldò il cuore e glielo gelò.
 
Harry.
 
- Harry, io… - si torturò le mani, cercando di tirar fuori le parole. Cercando di trovare delle patetiche giustificazioni che potessero permetterle di spiegarsi. Glielo doveva. Almeno quello glielo doveva. – Mi…
 
Mi dispiace.
 
- Lo so, Hermione.
- Non…
 
Non volevo ferirti.
 
- Lo so. – ripeté Harry.
Alzò gli occhi di scatto, tentando di decifrare lo sguardo dell’amico, non più impenetrabile come prima. Fu colta da una lava incandescente di emozioni, quando si rese conto che le stava concedendo di entrare nei suoi occhi. Di potersi specchiare in essi.
- Io…
- Lo so, Hermione, lo so.
Se da quello scambio di battute qualcuno avrebbe potuto non capire niente, per Hermione furono più che sufficienti per mollare il baule in mezzo alla Sala Comune e correre ad abbracciarlo come se ne dipendesse della sua vita. Si tuffò letteralmente tra le sue braccia, cingendogli il collo, quasi con disperazione. Non lo avrebbe lasciato neanche se si fosse opposto. Si aggrappò a lui con tutte le forze che aveva, e quando sentì le sue braccia cingerle la vita e ricambiare quella stretta disperata, non riuscì a non scoppiare a piangere sulla sua spalla.
- Harry. – mormorò, singhiozzando forsennatamente come una bambina. – Mi dispiace tanto, mi dispiace tantissimo. – disse tra una lacrima e l’altra. Si rese remotamente conto che probabilmente gli stava inzuppando tutta la divisa, ma in quel momento riuscire a reprimere le lacrime, o anche solo allontanarsi di un passo, sembrava impossibile. – Perdonami, ti prego, Harry, perdonami. – lo supplicò, stringendolo ancora di più, chiedendosi se riusciva a respirare, dato la stretta ferrea a cui lo stava costringendo.
- Lo so, Hermione. Dispiace tanto anche a me. – le mormorò, con dolcezza.
- Sono stati…sono stati dei…dei giorni d’inferno, senza di te. Credevo…credevo…
 
Credevo di averti perso per sempre.
 
Si strinse ancora di più a lui, quando quel pensiero le invase la mente. La consapevolezza di aver perso Harry, di aver perso suo fratello, l’aveva distrutta, tassello dopo tassello.
- Anche per me. – le confessò, con voce dispiaciuta. – E mi dispiace di esserne stato la causa.
- Ma…ma…che dici, Ha-arry? – domandò, con voce sconcertata, mentre seppelliva la testa nel suo petto. – E’ colpa mia, dovevo…dovevo dirti subito la verità, io…non…non volevo ferirti, non ne avevo intenzione, te lo giuro. Non sapevo cosa fare, avevo paura…
 
Avevo paura di perderti.
 
Di nuovo quel pensiero crudele la scosse, facendola tremare. Sembrava impossibile aver trascorso tutti quei giorni senza Harry, senza il calore dei suoi abbracci e la dolcezza dei suoi sguardi. Se Hermione provava anche solo a guardare indietro, avrebbe risentito sulla sua pelle tutti quegli orrori che aveva provato quando temeva di averlo perso.
La Grifondoro singhiozzò fiaccamente ancora un po’ sulla sua spalla, lasciandosi cullare dalle sue braccia rassicuranti, desiderando non staccarsi mai più da quell’abbraccio protettivo. Era sempre stato così per Hermione. Gli abbracci di Harry erano i più naturali e semplici del mondo. Nulla a che vedere con gli abbracci di Draco (abbracci per modo di dire) che le provocavano sensazioni fortissime, e nulla a che vedere neanche con gli abbracci di Ron, che, per quanto calore e serenità le infondessero, le suscitavano anche un leggero batticuore, che le impediva di goderseli appieno.
E Hermione, in quel momento, tra le braccia del suo migliore amico, non poté fare a meno di pensare che forse stavolta si sarebbe davvero messa a piangere e a ridere e a cantare contemporaneamente, se quello che aveva in cambio era la presenza di Harry.
- Ti voglio bene, Harry. – soffiò infine, non trovando altre parole per descrivere quanto fosse felice in quel momento. – Più di quanto tu creda.
Percepì la risata leggera dell’amico infrangersi tra i suoi capelli e in quel momento giurò di aver sentito il cuore esplodere dalla tenerezza. Da quanto non sentiva Harry ridere? Da quanto non sentiva lei la voglia di ridere e piangere e cantare, contemporaneamente?
Si costrinse a staccarsi, alla fine, tirando su col naso, guardando il giovane Grifondoro con occhi enormi.
- Anch’io ti voglio bene, Hermione. – le mormorò Harry, accarezzandole una guancia, guardandola con affetto. – Mi dispiace di essermi allontanato in questi giorni. Non capivo perché tu mi avessi escluso così, cosa avessi fatto per…
- Harry, mi…
- Lo so che ti dispiace, Hermione. – la interruppe subito l’amico, con espressione triste. – Lo so e ti chiedo scusa per averci impiegato così tanto a capirlo.
- Allora cos’hai, Harry? – gli chiese, a bassa voce. Sentiva che c’era qualcosa che lo turbava profondamente e che continuava a tacere. – Parlami, Harry, per favore. Non voglio più che il silenzio tra noi sia un ostacolo. Non lo sopporterei. – disse, con voce supplichevole, aspettando che lui si confidasse.
- Ti ho fatto qualcosa, Hermione? – chiese allora il ragazzo, con uno sguardo pieno di tristezza. – Ho fatto qualcosa di male in questi mesi? Ti ho ferita in qualche modo?
- Co-cosa? – chiese la Grifondoro, sorpresa più che mai da quelle domande.
- Ho fatto qualcosa di sbagliato? – continuò a chiedere, con voce bassa.
- No, tu…non mi hai fatto niente, Harry. Cosa…cosa stai cercando di dirmi?
- Allora…allora perché, Hermione? Se non ho fatto niente di sbagliato, perché non ti sei fidata di me? Perché non mi hai permesso di starti accanto?
Gli occhi della ragazza s’inumidirono nuovamente quando udì la voce rotta del suo migliore amico uscire a fatica. Si sentì male quando lesse la voragine che era presente in quegli verdi, il dolore nascosto dietro quella finta calma, l’amarezza provocata dagli eventi e la paura di aver sbagliato.
Si sentì male.
- Harry, tu non c’entri niente. – disse con voce strozzata, il fiato che stentava a uscire. Rendersi conto di aver portato il suo migliore amico a temere di averle fatto del male, l’aveva lasciata sconvolta e disgustata da se stessa. – Sono io, Harry! – esclamò, vergognandosi di tutto quello che aveva combinato. – Sono io Harry, il problema. Tu non c’entri niente, io sono stata stupida, io ho…ho avuto così tanta paura…pensavo…pensavo che mi avresti lasciato sola. – confessò con amarezza.
- Ma perché, Hermione? Perché hai creduto una cosa simile? Perché non hai avuto fiducia in me?
 
Perché non mi hai permesso di starti accanto?
 
- Perché sei una delle persone a cui voglio più bene, Harry. Ed è difficile dire la verità a persone così importanti. – rispose, con gli occhi lucidi. – Perché sarebbe stato mostruoso vederti deluso e ferito per colpa mia. Perché sarebbe stato orribile perderti. Perché…
 
Perché tu sei parte di me. E avevo paura che quella parte mi sarebbe stata strappata via.
 
Era sicura che avrebbe ricominciato a piangere entro pochi secondi, ma proprio quando i suoi occhi stavano per cedere, Harry la abbracciò di nuovo, bloccando sul nascere il pianto.
- Scusa, Hermione, non dovevo chiedertelo.
- No. – soffiò la ragazza. – Hai fatto bene. – borbottò, asciugandosi le lacrime appena accennate.
- Ti sentivo sempre più distante, Hermione. – le confessò il Grifondoro, guardandola negli occhi. – Ti sentivo più distante e non sapevo cosa fare per aiutarti. – La giovane abbassò lo sguardo, colpevole, credendo forse di non meritarsi l’affetto che vedeva brillare negli occhi di Harry.
- Mi…
- Smettila di dire che ti dispiace! – esclamò il ragazzo. La ragazza assunse un cipiglio critico e fu sul punto di rispondergli che non era ancora riuscita a chiedergli “scusa” come si doveva, dato che lui la interrompeva sempre, ma poi Harry le sorrise e bloccò le sue parole sul nascere. – Mi sei mancata tanto in questi mesi, sorellina.
- Anche tu. – lo riabbracciò per la terza volta, sentendo di nuovo gli occhi pizzicare. – Tantissimo.
- Come mai sei così volubile? – la prese in giro l’amico, guardandola negli occhi.
- Credo di aver pianto più in questi mesi come mai in vita mia. Gli ormoni mi influenzano parecchio. – borbottò, arrossendo.
- Già, gli ormoni… - ripeté Harry pensieroso. - …oppure anche il fatto che ti sei innamorata di uno stronzo.
Hermione sentì il sangue fluirle sulle guance e poi congelarsi di punto in bianco. Non aveva idea di come l’amico avesse preso il fatto che lei provasse qualcosa per Malfoy, dato che la notizia della gravidanza lo aveva fatto allontanare prima di poter chiarire per bene su quel punto.
- Oh…ehm…io…
- Insomma, Malfoy, Hermione? Sul serio?
La ragazza si sentì arrossire sotto il suo sguardo leggermente accusatorio.
- Sì, Harry. Ho cercato di dimenticarlo, dico davvero. – sussurrò con voce triste.
 
E non ho fatto altro che innamorarmene ancora di più.
 
-Ho provato ad immaginarmi sul serio un futuro senza di lui.
 
E ho visto solo l’Inferno.
 
- Ho cercato di non pensare ai miei sentimenti.
 
E sono tornati più forti di prima.
 
- Al cuore non si comanda, giusto? – mormorò allora il ragazzo, infilando le mani nelle tasche.
- Purtroppo no. – borbottò la Grifondoro.
- Rispetto la tua scelta, Hermione. Non so come tu possa provare dei sentimenti per Malfoy, ma…mi fido del tuo giudizio e…se è quello che vuoi, va bene.
 
Se è quello che vuoi, devi fare di tutto e prendertelo.
 
La ragazza sorrise, rendendosi conto di quanto le parole di Ginny suonassero simili a quelle di Harry.
- Soltanto…non chiedermi di andare d’accordo con lui, perché non lo farò. – continuò il Grifondoro. – Già stamattina mi sono trattenuto dal ridurlo in poltiglia, poi…
- Che?! – strillò la ragazza improvvisamente.
- Ehm…ho detto…che non andrò d’accordo con lui, perché…
- Non quello, Harry! Chi ha ridotto in poltiglia chi? – domandò accalorandosi.
- Ma niente, Hermione! Non ti agitare…io e Ron abbiamo solo incontrato Malfoy e…
- E?
- …Abbiamo discusso un po’, ma ti assicuro che è stata una cosa del tutto pacifica. – dal tono di Harry la ragazza capì che la discussione non doveva essere stata per niente pacifica. Anzi.
- Pacifica?
- Assolutamente sì. Anche se, come ho già detto, dopo aver saputo che da Ginny che era stato lui a mandarti in Infermeria e che avevi rischiato di abortire, avrei voluto prenderlo a calci.
- Oh. – mormorò semplicemente la ragazza, un po’ in imbarazzo del fatto che il suo migliore amico fosse a conoscenza di tali particolari. – Harry, posso…posso farti una domanda? – soffiò, nel tentativo di cambiare discorso. Era troppo imbarazzante parlare con lui di Draco Malfoy.
- Certo. – rispose affabile.
- Perché sei venuto a parlarmi proprio oggi? Non che non ne sia felicissima, ma…perché proprio ora?
- Perché non volevo partire senza salutarti. – chiarì, in un moto di tenerezza. – Perché non volevo passare il Natale, sapendo che la mia migliore amica stava male per la colpa mia.
- Sono felice che tu lo abbia fatto.
- Anch’io.
Poi, Hermione, guardandolo di nuovo, sganciò quella domanda che premeva per essere lasciata, già dal primo momento in cui aveva visto Harry.
- Hai parlato con Ginny? – il quesito di Hermione sopraggiunse spontaneo e improvviso, facendo calare uno strano silenzio tra i due ragazzi. La Grifondoro sperava ardentemente che i suoi migliori amici avessero chiarito tutto quanto, ma l’ombra scura che passò attraverso gli occhi del ragazzo, la fece adombrare a sua volta.
- Non…non hai parlato con Ginny? – tentò di correggersi.
- No, cioè sì…ci ho parlato, ma…
- Avete fatto pace? – La ragazza si rese conto di come potesse risultare insistente e petulante, ma la speranza di poter finalmente rivedere la sua migliore amica sorridere di nuovo superava ogni remora e indiscrezione.
- No. – borbottò il Grifondoro, con occhi bassi, mentre ad Hermione si fermare il cuore e la mente macchinava in cerca di una plausibile spiegazione.
- Harry, ma…hai detto che hai capito, che…Ginny non c’entra niente e…
- Hermione, io…io non sono arrabbiato con Ginny. – chiarì Harry. – Anzi, ogni volta che abbiamo litigato, capivo che l’avevo già perdonata fin dal primo istante e volevo soltanto non vederla più soffrire.
- Quindi andrai a parlarle? – chiese la giovane, con il cuore che ricominciava a battere come prima.
- …Ecco io…non…non sono sicuro di volerlo fare.
Hermione sbatté gli occhi.
- …Perché?
- Perché…perché…insomma, Hermione, sono due settimane che continuo a litigare con lei e l’ho allontanata molto e…come posso tornare da Ginny dopo che l’ho trattata così?
La Grifondoro alzò le sopracciglia, senza dire una parola per qualche minuto.
- Potresti dirle quello che hai detto a me, Harry. – disse alla fine, stranita.
- No, Hermione non posso! E se fosse troppo tardi e se…se…se… - il ragazzo non terminò la frase, passandosi una mano tra gli arruffati capelli corvini.
- Harry… - cominciò con calma la Caposcuola. - …Stai forse cercando di dirmi che hai paura che Ginny non ti ami più?
E la vide, nello stesso istante in cui parlò, nei suoi occhi verdi la paura. La paura nera e acuta di aver sbagliato tutto, di aver perso la persona più importante della sua vita.
- Ginny ti ama da quando aveva undici anni, Harry! – esclamò, cercando di convincerlo di quanto i suoi timori fossero infondati. – Non saranno certo due settimane a farle cambiare idea! Devi…devi parlarle subito!
 - Ma cosa dovrei fare, Hermione? Dovrei andare da lei e dirle: “Non sono più arrabbiato con te”? – chiese, sconcertato.
- Sì! – esclamò l’amica. – Certo che devi fare così, Harry!
- Ma io…io… - borbottò tutto rosso. - …Non lo so, e….se mi dicesse che non ne vuole più sapere di me?
- Ma….ma Harry! – esclamò allibita, chiedendosi a quanto potesse arrivare l’idiozia maschile. – Come puoi credere una cosa simile?
- …Non lo so, io…proverò a parlarle…forse.
- Harry, tu devi parlarle, non forse!
- Ci…ci devo riflettere.
La Grifondoro fu tentata di schiaffarsi una mano sulla faccia: quanto riusciva ad essere impacciato Harry a volte?
- Harry, ma…vuoi rischiare di perderla? – l’espressione di terrore che attraversò gli occhi dell’amico la fece quasi indietreggiare.
- Ecco, vedi che anche tu, Hermione, dici che la perderò? Non…non voglio perderla, certo che no! – sbottò con veemenza. – Ma…ma…ma…Merlino, non so cosa fare!
A Hermione, in quel momento, non restò altro da fare che boccheggiare come un pesce lesso e sbattere più volte le palpebre, rendendosi conto che forse non aveva poi così torto chi affermava la stupidità del cervello maschile.
 
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Il viaggio in treno fu più spiacevole del previsto.
Per tutto il tragitto Ginny rimase silenziosa accanto a lei, senza rivolgerle la parola. Ron tentava di rompere la tensione cercando di coinvolgere Harry e sua sorella in qualche conversazione, ma fino a quel momento non aveva avuto molto successo. Inoltre Hermione non aveva considerato le occhiate che tutti le avrebbero lanciato, una volta salita. Nonostante tutto, la presenza dei suoi migliori amici era qualcosa di talmente confortante che non diede peso agli sguardi che riceveva.
La ragazza si schiarì la voce all’improvviso, avvertendo un senso di nausea alla bocca dello stomaco.
- Devo andare in bagno. – borbottò sottovoce a Ginny.
- Ti accompagno! – esclamò l’amica illuminandosi immediatamente, forse allietata dalla prospettiva di non dover più rimanere in quel silenzio opprimente.
Si alzarono facendo un cenno ai due ragazzi, dirigendosi fuori dal vagone.
- Come stai?
- Abbastanza bene. Ho solo un po’ di nausea. – mormorò la ragazza.
Alcune ragazze del sesto anno, intanto, le passarono a fianco ed emisero dei risolini, guardandola. Si allontanarono, mentre continuavano a indicarla senza alcuna discrezione.
- Non sprecare il tuo tempo con loro: sono solo delle oche. – la reguardì Ginny, proibendole con lo sguardo di sentirsi a disagio per qualunque motivo.
- Già… - sospirò Hermione, entrando nel bagno e troncando la conversazione. Non le interessava ciò che pensavano gli altri, ma a nessuno avrebbe fatto piacere essere continuamente additato.
Dopo qualche minuto, lavatasi le mani e bagnatasi il viso per rinfrescarsi, la Grifondoro si sentì meglio: il senso di nausea che aveva avvertito sembrava essere scomparso.
- Hai parlato con Harry, Ginny? – chiese, guardandola attraverso lo specchio, vedendola arrossire.
- Ci ho provato tutta la mattina…sembra che mi stia evitando, io…non so più cosa fare. – confessò, con il viso distrutto. Hermione maledisse l’idiozia del suo migliore amico.
- Provaci ancora! – la incitò. – Dovete soltanto…ritrovarvi. – spiegò, cercando di essere convincente, mentre una strana confusione si alzava all’interno del treno. Ginny lanciò una strana occhiata al di là della porta, incuriosita dal rumore, per poi tornare a fissarla.
- Mi evita, Hermione! Sembra che abbia paura a rimanere da solo in una stanza con me! – esclamò, incominciando ad arrabbiarsi. – Come se io potessi saltargli addosso… - borbottò. - …anche se non mi dispiacerebbe.
 
O forse è lui che ti salterebbe addosso. Per questo non vuole rimanere da solo con te.
 
Hermione preferì tenere quel pensiero per sé, mentre un nuovo rumore rimbombava tra le pareti.
- Ma che sta succedendo? – chiesero all’unisono, fissando la porta chiusa del bagno.
- Andiamo a vedere. – propose Ginny, dirigendosi verso la fonte di quel rumore. Stranamente, sembrava proprio che stessero andando verso il loro vagone.
- Hermione! Ginny! – le richiamò Luna, ansiosamente, apparendo dietro di loro, un po’ trafelata. – Ho cercato di fermarli, sul serio! – esclamò dispiaciuta.
- Chi?
- I Nargilli! Ho cercato di fermarli prima che accadesse l’irreparabile, ma non ce l’ho fatta. – si scusò, abbassando la testa.
- Oh, …ehm, Luna, non devi scusarti… - cominciò Ginny.
- Sì, invece! Harry e Ron si sono picchiati! E’ colpa dei Nargilli! Hanno influenzato gli animi di tutti, incattivendoli.
- Harry e Ron…Che?! Luna, ma stai scherzando? – esclamò Hermione.
- Si sono picchiati? – esclamò invece Ginny.
- Non tra di loro! – si corresse la bionda, guardando le loro facce sconvolte. – Un gruppo di ragazzi aveva insultato Hermione e…insomma, hanno cominciato a litigare e, dato che Ron non trovava la sua bacchetta, ha preferito passare alle maniere babbane.
- Ron ha… - mormorò sconvolta Hermione.
- E’ stato un bel pugno, ha steso letteralmente quel Serpeverde del sesto anno. Credo che i Nargilli lo abbiano in parte fortificato. – mormorò Luna, sovrappensiero.
- Mio fratello non farebbe male ad una mosca! – strillò Ginny, preoccupata. – E poi è un incapace nel tirare i pugni, sembra una frittella quando ci prova!
- Appunto, i Nargilli lo hanno fortificato.
- Accidenti. – mormorò allora Hermione, lasciando indietro Luna e Ginny per correre verso il suo scompartimento.
Si portò una mano della bocca, vedendo la scena che le si parava davanti: Dean e Neville stavano pacatamente tentando di calmare Ron, mentre Seamus parlava con Harry leggermente a distanza. Dall’altra parte vedeva un iracondo Serpeverde, circondato da ragazzi che cercavano di trattenerlo.
Era ormai arrivata a “scontro” finito, ma le conseguenze che aveva lasciato furono ben visibili lo stesso. Ron aveva un grosso graffio sulla mandibola, mentre Harry la guancia destra completamente rossa: probabilmente entro poco tempo ci sarebbe venuto un livido. Sospirò di sollievo: non che fosse contenta di quella situazione, ma si era immaginata cose di gran lunga peggiori.
- ‘Fanculo Weasley. – sibilò il Serpeverde, massaggiandosi la mascella. – Non è certo colpa mia se quello che ho detto è vero.
Dean fu costretto ad artigliare il braccio di Ron, per impedirgli di avventarsi nuovamente sul ragazzo.
- Stai zitto, Derrick. Non sai neanche di cosa stai parlando. – sibilò con voce altrettanto tagliente il Grifondoro.
Peregrine Derrick si tolse di dosso la mano che lo tratteneva e con una smorfia truce si allontanò, portandosi dietro il suo seguito, lanciando un’occhiata assassina a tutti i presenti.
- Ron, Harry! – esclamò Hermione, non appena i Serpeverde se ne furono andati. – Ma cosa vi è venuto in mente?
I due amici si guardarono per un attimo, per poi fissare lei.
- Niente. – mugugnarono all’unisono.
- Oddio…! – esclamò Ginny, appena arrivata. – Che…che è successo? State bene? Luna mi ha trattenuta, non…
- Stiamo bene. – la interruppe Ron. - Più o meno. Non è successo niente.
- Niente? Niente? Avete fatto a botte con dei ragazzi e questo lo chiamate niente?! – esclamò Hermione con voce acuta.
- Non agitarti Herm, ti fa male. – l’avvisò Neville, che sembrava il più calmo di tutti.
- Io non sono agitata!
- Eh…Insomma…
- Non sono agitata! – ripeté la Caposcuola.
- Ora lo sei. Dean, Seamus, Neville…grazie per aver interrotto lo scontro. – disse Ginny in modo pratico.
- P-prego. – borbottò Dean, arrossendo. Harry gli lanciò un’occhiata poco amichevole, ma non spiccicò parola.
- Li lasciamo in mano vostra. – disse Seamus, allontanandosi con gli altri. Non appena se ne furono andati, Hermione afferrò di malagrazia i suoi due migliori amici.
- Venite. – sbottò, spingendoli all’interno dello scompartimento.
Da quando la ragazza aveva saputo della gravidanza, tendeva a portarsi sempre dietro, a portata di mano, cerotti e garze per qualsiasi evenienza e altri oggetti che le sarebbe potuti essere utili in caso di incidente; ovviamente anche una buona scorta di acqua, che spesso le serviva per rinfrescarsi quando si accaldava troppo. Ginny era scoppiata a ridere quando lo aveva saputo e le aveva detto di essere un po’ esagerata.
Eppure in un momento come quello, con la bacchetta nel baule, fu felice di essere stata tanto previdente. Recuperò un paio di piccoli asciugamani, bagnandoli entrambi.
- Hermione…non ce n’è bisogno. – mormorò Harry, quando comprese le sue intenzioni.
- Non dire sciocchezze. – lo ammonì, porgendo un asciugamano a Ginny, che la fissava confusa e andando verso Ron.
- Vieni: andiamo in bagno a disinfettare la ferita.
- Non ne ho bisogno, Herm. È solo un graffietto.
La ragazza sorrise: era proprio vero che l’orgoglio maschile non aveva limiti.
- Non si sa mai. – lo afferrò per una mano, arrossendo e facendolo arrossire. Se lo trascinò dietro e lasciò una Ginny palesemente scossa e un Harry completamente rosso a guardarsi imbarazzati nello scompartimento del treno.
 
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Era sgattaiolata via dal suo posto, non appena ne aveva avuto la possibilità. Anche la presenza di Pansy le era diventata intollerabile: probabilmente non riusciva a perdonarla per l’incidente della pozione, anche se la sua amica non c’entrava quasi nulla. Certo, c’era da dire che Pansy era stata davvero molto intelligente a lasciarla sola con Blaise, mentre era sotto l’effetto di quella sostanza.
 
Grazie, ottima mossa.
 
Blaise, che tra l’altro cercava continuamente di parlarle da quando era salita sul treno, ma che lei si rifiutava ostinatamente di ascoltare.
 
Per favore, Daphne, è importante,le aveva detto.
 
Sì, importante un emerito…calderone.
Magari voleva rinfacciarle di averla assistita tutta la notte e di non essersi potuto dedicare alla biondina della sera scorsa. Chissà perché ma l’immagine di Blaise, avvinghiato a quella piovra, oltre a figurare sempre più spesso nella sua mente, le procurava un immenso fastidio.
 
Sparisci dalla mia mente, stupido babbuino!!!
 
- Daphne!
 
Oddio, adesso sento anche la sua voce.
 
Non fece in tempo neanche a rendersene conto che si ritrovò sbattuta con violenza contro il muro dietro di lei.
- Ahia! Ma cosa… - bloccò la serie di imprecazioni sul nascere, quando vide gli occhi di Blaise a un centimetro dai propri. Assolutamente furiosi.
- Sono due ore che cerco di parlarti. – sibilò, incollerito.
- Io non ho niente da dirti. – sbottò la ragazza, tentando di liberarsi dalla sua presa.
- Tu non ti muovi di qui.– sentenziò il Serpeverde con uno sguardo che Daphne non gli aveva mai visto prima. – Adesso parliamo. Una volta per tutte.

 
 
 




 
*Angolo dell’autrice più ritardataria di EFP
 
 
 
Vi state chiedendo se è un’allucinazione? Non lo è!
Vi state chiedendo se è una Candid Camera? Non lo è!
Vi state chiedendo se è un sogno? Non lo è!
E’ più che altro un miracolo, ecco.
 
Direi che mi merito una bella cassa piena di frutta e uova marce in testa, voi che dite?
Non trovo le parole per scusarmi del mio ritardo: d’altronde cosa si dice dopo quattro mesi? (Più di quattro mesi, in effetti, ma arrotondiamo per difetto, va…:P)
Sinceramente parlando, mi dispiace, mi dispiace tantissimo. Probabilmente penserete che non vale la pena neanche più seguire la storia se ha degli aggiornamenti così sporadici, e avreste anche ragione. Non so davvero cosa dire, se non che mi dispiace tanto :(
Ho avuto problemi a scuola, mi sono trovata in difficoltà con un paio di materie e ho davvero temuto di essere rimandata, con la media che avevo. Ora, anche se mi manca ancora qualche voto, ho stabilizzato un po’ la situazione e non dovrei avere nulla per l’estate. Sono stata talmente presa dai problemi scolastici che me li sognavo persino la notte! Mi sono sognata che prendevo 3 a un tema e che, per la rabbia, lo facevo a pezzettini, per poi gettarli in un lago, tralasciando il fatto che poi quel tema l’avrei dovuto restituire alla professoressa XD
No, seriamente, sono stata assorbita dalla scuola totalmente, ho fatto parecchie nottate per rimanere in pari e mi sono ritrovata addirittura ad addormentarmi di giorno sui libri, per recuperare un po’ di sonno. Sono stati dei mesi faticosissimi, e, neanche ora che siamo a maggio, posso riposarmi più di tanto. Le verifiche sono praticamente triplicate, cosa che non ritenevo possibile visto quanto già ce n’erano :P
Per fortuna tra poco arrivano le vacanzeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!! * flors saltella in qua e là *
Comunque, oltre alla scuola, ho avuto anche un altro grosso problema: ebbene, non credevo fosse possibile, ma la mia pennina USB deve essersi un po’ fusa…Sì, perché
ho perso tutti i file.Infatti, parte del capitolo di “Never Let Me Go” è stato riscritto, perché non avevo più alcun documento, motivo per cui ho ritardato così tanto. Inoltre ho perso anche tutti i capitoli che avevo pronti per l’altra mia long, “Ronald Weasley…e le strategie di conquista!”. Chi legge questa storia sa che sarebbe dovuta finire entro breve, dato che sono pochi capitoli, ma, avendo perso tutti e tre i capitoli finali che avevo scritto, non ho più aggiornato per mancanza di tempo. Per chi la dovesse seguire, voglio comunque rassicurare che non ho intenzione di abbandonarla, ho già riscritto qualcosa ;)
E’ stato un dispiacere vedere che tutti i miei scritti, tutte le frasi che a volte mi segnavo per non dimenticarmele, sono andati perduti. Lì per lì, mi è anche venuto da piangere )= 
Ma adesso basta con le lamentele su! Devo dirvi un po’ di cose su questo capitolozzo!
Innanzitutto volevo chiedervi cosa ne pensate della riappacificazione con Harry. Ero molto indecisa se metterla in questo capitolo o nel prossimo e, anche se non avrei il diritto di chiederlo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :) E’ stata all’altezza delle vostre aspettative? Troppo frettolosa? Troppo noiosa? Non so, ditemi tutte le vostre impressioni, così posso migliorarmi!
Mi scuso per chi sperava di vedere qualche momento Draco/Hermione. In questo capitolo c’è stato soltanto il pezzo in cima e Draco non è stato molto presente, ma sicuramente lo sarà nel prossimo…è.è
Insomma, comunque ha accettato di andare a casa di Hermione, è già un passo avanti, più o meno, no? ^___^
E Daphne e Blaise? Cosa ne pensate? Ve lo eravate immaginato così il risveglio di Daphne? ;) Forse sono stata un po’ cattiva a lasciare il finale così in sospeso, ma un po’ di suspance nella vita ci vuole sempre, giusto? xD
A proposito del finale, volevo chiarire che il personaggio di Peregrine Derrick non me lo sono inventato, ma sarebbe uno dei Serpeverde (ovviamente di minima importanza) allo stesso anno di Harry, Ron e Hermione. Anche perché io non sarei mai riuscita a ideare un nome tanto particolare…Insomma…Peregrine! Ma dove lo ha trovato ‘sto nome zia Row?
Comunque, cavolate a parte, non so quando arriverà il prossimo capitolo. Ho già qualcosa di pronto e, se ci riesco, voglio pubblicarlo prima dell’inizio delle vacanze estive :))
Pongo fine a queste lunghissime note, ringraziando di cuore le 2000 persone che hanno letto l’ultimo capitolo. Ci sono rimasta secca quando ho visto un numero così alto di visitatori. Per non parlare delle 40 recensioni, più un commento breve.
41 recensioni. 41 recensioni!!! E io che aggiorno dopo quattro mesi per ringraziarvi. Mi faccio schifo, sappiatelo.
Non so davvero come ringraziarvi, è grazie a voi lettori che la storia va avanti, non scherzo. Quindi grazie davvero a tutti quelli che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate e grazie a quei dolcissimi raggi di sole che hanno recensito lo scorso capitolo:
Stella94, Black_Yumi, Felpick93, Celicola, clari94, LilyLovegood, Lady_Malfoy7, Aregilla, NiniBella, sibilla87, _memories_, anonima K Fowl, temishira88, Stocazzogirl, SeverusSnapeAlways, Slytherin_Ss, LullabyMalfoy, Dolores1992, tonks17, sophie5, Veronica Malfoy, Rachel Parker, Urania Sloanus, EmmaDiggory15, MimiRyuugu, dplalage, Ro Jack89, Harold_Malfoy, suckerforlove, Lulu_Delacroix, BrigataMagnus, evechisaro, Lierin_, Leesh, RossoCiliegia, Jocker157, piumetta, Notteinfinita, ArmoniaDiVento, Rossacomeilsangue e Draco the best.

E…niente, mi vengono le lacrime agli occhi nel vedere tutte queste recensioni. Grazie di cuore, per quanto questa parola possa sembrare banale. Grazie, grazie, grazie =DDD
Un abbraccio fortissimo a tutti quanti!
flors99

 
 
 
  
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