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Autore: LaGraziaViolenta    15/05/2013    3 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove si avanza la teoria che la grandezza dei Patroni sia indice di un’altra grandezza. La grandezza morale, ovviamente.



«Io sono convinta» proclamò Jeanie aggiustandosi gli occhiali sul naso, «che le dimensioni di un Patronus non siano importanti. Se è corporeo, è efficace. Se è non-corporeo, non è efficace. Tutto qui.»
Scossi il capo, sconsolata.
«Jeanie ha ragione» disse Chelsea, e posò una mano sulla mia spalla. «Non ti abbattere. Non ha senso stare qui seduti sulle scale. Andiamo fuori, piuttosto, e non pensiamoci più.»
Tirai su col naso, producendo un rumore simile a quello di una spatola che raschia contro una botte. «È che mi sono esercitata tanto. Giovedì a lezione nessuno ci è riuscito, tranne Jeanie Joy, ecco… Però…»
«Oh, quello.» Jeanie si chinò su di me e abbassò la voce: «Ti devo fare una confessione. Una confessione importante. Immaginavo che il professore ci avrebbe chiesto di evocare un Patronus, quindi mi sono esercitata molto, da sola, in un’aula vuota. Per questo lo sapevo evocare. Non l’ho evocato neanche io al primo colpo.»
«Ma va bene» mormorai. «Non è perché non ce l’ho fatta subito. Non è quello il problema.»
Jeanie si raddrizzò e incrociò le braccia. «Allora non capisco. Fregatene della forma, no? Ce l’hai fatta.»
«Usciamo, ragazze vi prego» implorò Chelsea di fianco a me. «Queste scale di marmo stanno uccidendo le mie chiappe.»
Jeanie si coprì il volto con una mano. «Mi porterete alla disperazione, voi due.»
Io tirai ancora su col naso. «È che è così piccolo… Un uccellino così piccolo… Cosa può fare?»
«Hai ragione, Latini, per i grandi lavori servono i grandi uccelli.»
Malfoy radar mode: on.
Sentimmo una sghignazzata di chiara impronta maschile. Mi guardai intorno alla ricerca di Malfoy e lo vidi da attraverso la ringhiera. Era vicino alla porta che conduceva ai sotterranei, e immancabilmente era accompagnato da Potter serpe. Ti pareva. Arrossii. Proprio un discorso equivocabile come quello doveva sentire.
«Squallida battuta, Malfoy. Taci se non sai di cosa stiamo parlando» disse Jeanie, le braccia ancora incrociate.
«Parlavamo di Patroni» aggiunsi io subito. Il mio viso era ancora bollente. Non volevo che Malfoy pensasse che eravamo ragazze sboccate. Inspiegabilmente vidi le spalle di Potter serpe rilassarsi.
«Ah, be’, questo sistema tutto, allora» ghignò Malfoy. «Problemi a evocare i Patroni?»
Vidi Jeanie arricciare il naso, l’espressione severa. Probabilmente si tratteneva per non dirgli quello che pensava. Odiava che le sue capacità venissero messe in dubbio.
«Lo dirò con calma, pacatezza e gentilezza» mormorò Jeanie. Si aprì in un sorriso falsissimo. «Ho problemi a evocare Patroni tanto quanti ne hai tu a fare battute riguardo alle dimensioni dell’organo riproduttivo maschile.»
Rabbrividii. Avrei preferito che Jeanie avesse taciuto, ma vedevo la sua vena pulsare sulla tempia. Per l’incolumità mia e altrui era meglio tacere.
«Vediamo che sai fare. E si aprano le scommesse per la forma, allora, se ci riesci.» Il sogghigno di Malfoy era un puro segnale di sfida.
Jeanie si eresse in tutta la sua statura, aiutata dagli scalini su cui si trovava. Continuò a sorridere. «Non ho bisogno di dimostrarlo a te. Piuttosto mi chiedo se tu ne sia in grado. Su di me non ci sono dubbi, su di te ce ne sono, e di considerevoli. Anche per quanto concerne la cosiddetta grandezza.»
Tutto il sangue che avevo in corpo sembrò che mi stesse affluendo in faccia. Mi coprii il viso con le mani. No, no, no. Non volevo che andasse così. Perché Malfoy era venuto a fare le sue battutine sceme? E perché si stava scadendo così nel volgare? Si sarebbe rifiutato di parlare con noi, d’ora in poi, se l’avessimo impressionato in negativo!
«Mi dispiace, Joy, non mi sembra il caso di dimostrarti che sei in torto. Altrimenti, nel caso volessi a tutti i costi, c’è la Stanza delle Necessità…»
No, non era possibile, Malfoy stava facendo una proposta a Jeanie? O era solo una provocazione? Sbirciai tra le dita. Malfoy aveva ancora il suo ghigno in faccia. Non si capiva se scherzasse o se fosse serio. Potter serpe, accanto a lui, sembrava un po’ rosso in viso. Non riuscivo a vedere la reazione di Jeanie. Percepii un movimento alla mia destra. Chelsea si era alzata in piedi. Vidi che aveva la bacchetta puntata contro Malfoy. Inorridii. Tesi le mani, ma non feci in tempo a bloccarla.
«Expecto Patronum!»
Be’, Chelsea era proprio una Grifondoro perfetta. Il suo Patronus sgorgò dalla bacchetta con un’onda argentata. Un perfetto leone.
Un leone marino. Ma questo è un piccolo, insignificante dettaglio.
L’animale nuotò nell’aria, le zampe si avvicinarono al corpo e come un siluro procedette verso Malfoy. Il ragazzo sussultò. All’ultimo momento il Patronus si impennò evitando l’urto. Alzammo tutti la testa mentre si dirigeva verso il soffitto, poi l’animale abbassò il capo e tornò a nuotare verso il pavimento. Si schiantò sulle piastrelle sollevando schizzi di color argento, e svanì.
«Contano le dimensioni, vero, Malfoy?» ringhiò Chelsea con un sorriso soddisfatto. «Fino a trecento chili di carne, sono sufficienti? E il tuo Patronus qual è, per caso è un porco? Apriamo le scommesse, se vuoi.»
Vidi Potter serpe dondolare da un piede all’altro. «Non so se sia il caso. Alle fine le dimensioni dei Patronus non contano… No?»
Risposta istintiva. Sempre fra le scatole, Potter. Fatti gli affari tuoi.
Risposta che diedi: mi morsi il labbro e tacqui.
«Albus, non so se l’hai capito» disse Malfoy, «questa è una sfida.»
«Ma…»
Risposta istintiva. Potter, fuori dalle balle. Voglio vedere il Patronus di Malfoy. Ora.
Risposta che diedi: continuai a tacere.
«… e va bene.»
Potter serpe era ancora rosso in viso, e guardava in basso. Si grattò la testa con la bacchetta. Sembrava imbarazzato per qualcosa. Malfoy gli diede una lieve gomitata ed ebbi l’impressione che gli avesse lanciato uno sguardo d’intesa.
Malfoy tese la bacchetta davanti a sé. Potter si schiarì la voce, poi fece lo stesso.
«Expecto Patronum!»
Un bagliore argenteo mi accecò, come il flash di una macchina fotografica. Quando riaprii gli occhi quello che vidi me li fece spalancare.
Un enorme albatros stava planando verso di me. Istintivamente tentai di arretrare, ma ero ancora seduta sulle scale. L’uccello arrivò a un soffio dalla mia testa e la sfiorò, poi ricominciò a salire di quota. Dietro di sé lasciò una scia argentea.
Il Patronus di Malfoy… Era un albatros? Un animale così gigantesco?
Già lo amavo. Lo amavo alla follia. Il Patronus, s’intende.
L’albatros volò fino in cima alle scale e mi girai per seguirlo con lo sguardo, finché non svanì.
Allora non ero l’unica ad avere un uccello come Patronus. Non ero l’unica! C’era affinità, questo era un inconfondibile segno di affinità tra noi! In tutte le migliori storie due amanti si riconoscono grazie al fatto di avere qualcosa in comune. Il groppo in gola mi bloccava il respiro. Ma dovevo, dovevo trovare la forza di dire qualcosa.
«Malfoy…» rantolai, incapace di staccare lo sguardo dal punto in cui era sparito il Patronus. «Il… Il tuo è… Un albatros? Hai un uccello anche tu?»
Mi arrivò una gomitata. Vidi Chelsea lanciarmi uno sguardo di avvertimento. «Serena… Non è di Malfoy…»
Mi girai. Ai piedi delle scale c’era un enorme coccodrillo argenteo. Il Patronus aprì lentamente la bocca, che sembrava un enorme ghigno di scherno. Estremamente somigliante all’espressione di Malfoy quel momento.
Il criceto che faceva girare gli ingranaggi del mio cervello smise di correre sulla ruota per qualche secondo. Poi, collegai. Due Patronus, uno di Potter serpe, e uno di Malfoy. Quello di Malfoy era lì, a sogghignare. Quello di Potter serpe era scomparso.
L’albatros era di Potter serpe.
Tossicchiai.
«Be’, Latini, ascolta un consiglio da amico» fece Malfoy alzando un sopracciglio biondo. «Grandi uccelli, grandi lavori. Ricordatelo sempre.»
Potter serpe continuava a guardare in basso. «Oh, piantala, Scorpius.»
Criceto? Criceto? Corri, per l’amor del cielo…
«Be’, anche… Anche il coccodrillo è carino… No? Si potrebbe chiamare…» Guardai il rettile argento sogghignare e repressi un brivido. «… Gummy?»
Chelsea mi rivolse uno sguardo allucinato. «Tu non sei nel pieno delle tue facoltà mentali» dichiarò.
Il coccodrillo sembrò evaporare tutto ad un tratto, dissolvendosi in una nube d’argento. Forse il nome non gli piaceva.
Lo sguardo di Malfoy si posò su di me. «E il tuo Patronus, Latini?»
«Eh?»
No, non potevo evocare il mio Patronus qui.
«Sì, giusto» rincarò Potter serpe. «Due Patroni nostri, due Patroni vostri. Mi sembra corretto.»
Mi morsi il labbro inferiore. Non volevo. Non ce l’avrei mai fatta. Non in quel momento. Non lì. Non davanti a lui. Soprattutto dopo le battute sugli uccelli.
«O forse i Tassorosso non credono più nella virtù della lealtà?» mi punzecchiò Malfoy.
Scossi il capo e sentii i miei capelli sbatacchiare tutt’intorno. Poi mi resi conto che poteva essere una risposta interpretata male. «No, cioè, intendo…» Guardai Chelsea, poi Jeanie. Aiuto. «Intendo dire… No… Certo, sì, lealtà e correttezza, ma il mio Patronus… Lui…»
«Dai, Tasso» fece Potter serpe con un sorriso. Mi resi conto con orrore che cercava di sembrare incoraggiante. «Ti abbiamo sentita, prima. Sei capace. Facci vedere, su.»
Risposta istintiva. Brucia nelle fiamme dell’Inferno, Potter.
Risposta che diedi: rimasi in silenzio.
Jeanie picchiettò il tacco contro il marmo degli scalini. Mi lanciò uno sguardo compassionevole, poi estrasse la bacchetta e con un gesto elegante disse: «Expecto Patronum.»
Una volpe sgorgò dalla punta della sua bacchetta, e corse ad annusare Potter serpe. Il ragazzo arretrò di un passo. «Che… Ce l’ha con me?»
«Non ce l’ha con te» sorrise Jeanie. Un secondo dopo la volpe scomparve. «Due Patroni per due Patroni. A posto così. Fine delle contrattazioni.»
Un moto di immensa gratitudine mi invase. Avrei sommerso Jeanie di gratitudine materiale se solo avessi potuto.
Il sorriso di Potter serpe si trasformò in un mugugno indistinto, mentre invece le labbra sottili e pallide di Malfoy si sollevarono appena. Non capivo se il suo fosse un sorriso di scherno o una smorfia.
Il resto della giornata trascorse pigramente, passeggiando per il giardino visto che, a detta di Chelsea, le sue chiappe erano state torturate a sufficienza dagli scalini. Mi sforzai di non pensare più alla storia dei Patroni, e questo ovviamente significa che non smisi di pensarci nemmeno per un nanosecondo. La speranza di avere qualcosa in comune con Scorpius Malfoy si era infranta.
Peccato che le regole impedissero di andare nella torre di Astronomia, di notte, altrimenti ci avrei fatto volentieri un giro. Seduta su una poltrona nera e gialla, guardavo dalla finestrella rotonda l’erba del cortile, desiderando di poter uscire. Avrei voluto vedere le stelle.
Ormai tutti erano andati a dormire. Il fuoco scoppiettava nel camino, illuminando la sala solo per me. Guardai ancora l’erba oltre la finestra, e sospirai.
Ce l’avrei fatta?
Puntai la bacchetta e mi concentrai. Felicità.
«Expecto Patronum.»
Uno schizzo argenteo uscì dalla punta della bacchetta e prese la forma di un colibrì. L’uccellino rimase sospeso nell’aria a fissarmi, le minuscole ali che sbattevano a più non posso, poi volò verso di me e col minuscolo becco sfiorò il mio naso. Mi fissò ancora per qualche istante, e impallidì fino a scomparire.
  
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