Spero che sia di vostro gradimento, e speriamo di tornare presto al lavoro... Un abbraccio, fuko! ^^
“Sapevi amare un tempo?” domandò la voce.
“Non ricordo…” mentii.
“Ricordi il tuo nome?” continuò.
“Forse.” bisbigliai.
“Sei come me, vero?” concluse mostrandomi quella dannata maschera, mentre osservavo attento quegli occhi colmi di finte lacrime, che erano cessate ormai da troppo tempo.
Se avessi potuto scegliere, di certo avrei preferito la sepoltura dell’anima e, con essa, sarei potuto vivere in un altro mondo nella più totale serenità.
La mia vita tanto tempo fa? Quasi non la ricordo.
Nella mia esistenza terrena ero un ragazzaccio svogliato che sapeva amare.
Ricordo lei, l’unica donna che ho amato, l’unica donna che mi ha portato alla distruzione, la sola che ho distrutto insieme a me.
Già, l’aspetto della morte che incarno è essa, colei che mi ha portato la lacerazione dell’anima.
"...Io-non-piango-mai..."
"Menti..."
Un tempo, quel lontano tempo, sapevo piangere.
Nonostante avevo una corazza che mi proteggeva, nella mia solitudine piangevo lacrime amare.
Mi procuravo dolore per alleviare quello mentale, che mi aveva quasi portato alla pazzia.
Le mie mani... Queste sporche mani erano ormai diventate poltiglia dai troppi lividi causati prendendo a pugni il muro della mia tana, che mi proteggeva, che mi nascondeva dalle delusioni e dai dolori del mondo esterno.
"Come mai ti trovi qui?"
"Ho massacrato senza pietà."
In quel lontano tempo, il mio sangue scorreva vivo tra le mie lunghe dita, gocciolando a terra spavaldo come i miei occhi che, durante le lunghe notti, si incendiavano di rabbia mentre mi chiedevo se era giusto sopportare tutta quella sofferenza.
Mostro, lurido, perdente.
Non conoscevo più il sentimento... ormai ero ombra, polvere, omicida.
Ero inchiostro sbiadito su carta bianca, ero una maschera tra mille anime. Tutto era finzione, tutto era fermo. Tutto era immobile.
Lei no, lei era cambiamento.
"Sei pentito?"
"Sono un mostro... non conosco il pentimento!"
La mia donna, la mia femmina, la mia compagna era l’artefice dei miei dolori, dei miei pianti, delle mie suppliche.
Il mio aspetto, ciò che incarno… Distruzione.
G.G. Sesto Espada.