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Autore: Josie5    21/05/2013    27 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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 (ringrazio _miaoo_ per questa immagine <3 )

 

Questa volta sentii qualcosa: più che alcool mi sentii mentre provavo a soffocare l'Evelyne di Ottobre e l'Evelyne innamorata.

Cosa rimaneva?

Non lo sapevo ma mi affidai a lei.

 


25. Punizione divina

 

 

 

Però forse avevo bisogno di un quarto bicchiere.

Camminai un po' avanti e indietro, rischiando quasi di perdere la decisione iniziale, facendomi sopraffare dalla “testa”. Quasi, perchè alla fine mi convinsi; bevendo ancora però, e il liquido chiaro andò giù di nuovo buono e liscio come se non avesse contenuto in realtà niente.

E mi convinsi perchè pensavo di non starlo facendo solo per me che stavo male, che mi sentivo tradita, ferita, amareggiata, sentivo di farlo per tutte le ragazze che avevo visto piangere alle feste di Kutcher e Parker.

Per tutte le ragazze che Max aveva di sicuro fatto piangere. Per tutte quelle che forse si erano sentite come me.

Lasciai andare il bicchiere sul bancone della cucina e respirai profondamente; il sorriso migliore che avessi – e anche il più finto – mi si dipinse automaticamente sulle labbra.

Era una ripicca ma era anche una vendetta; era un tentativo di provare a tornare me stessa; era l'unica cosa che pensavo di riuscire a fare: o quello o sarei crollata, per terra, anche sul posto, sarei crollata e avrei pianto anch'io, come tutte, e non ce l'avrei fatta ad essere forte, lo stavo capendo sempre più.

E non volevo essere, anche quella volta, come tutte. Non ero tutte, ero Evelyne Gray.

Di pancia”, forse per la prima volta in vita mia era l'istinto a guidarmi e sapevo a cosa mi ero affidata.

Mi ravvivai i capelli e marciai decisa verso il giardinetto, sorpassando i ragazzi che avevano continuato ad osservarmi per tutto il tempo, pensando poi chissà cosa.

Ed ero pronta, pronta a violentarmi psicologicamente per quello che avevo ormai intenzione di fare.

E non potevo più tirarmi indietro: - Seth! - Chiamai con un tono che non avevo probabilmente mai usato con nessuno.

Clark si girò mentre riempiva un bicchierino a un suo amico, si girò sorridendo leggero, come se si fosse aspettato di vedere qualcun'altra; alla seconda occhiata capì che ero io e mi guardò leggermente perplesso. - Uh? - Grugnì facendo ridere i suoi amici che in quella esitazione gli rubarono di mano la bottiglia.

Notai in quel momento, mentre mi guardavo attorno per assicurarmi che non ci fosse già Parker nelle vicinanze – vedere i suoi occhi in quel momento non mi avrebbe aiutata - , di sentire in effetti la testa più leggera del normale. Ma mi ignorai. - Come va? - Chiesi fingendomi allegra mentre lo affiancavo.

Alzò le sopracciglia continuando a guardarmi di sottecchi, sondando la situazione. - Bene. Dov'eri sparita? La Reed ti cercava e rompeva il cazzo a mezzo mondo, poi alla fine è andata da qualche parte con Alex ma non s … - Si bloccò.

Mesi a vedere Dawn sbatterla in faccia a Parker dopo tutto servivano, a me bastava fare il meno.

Avevo alzato la mano e con l'indice cominciato a giocare con la sua maglietta, tracciando disegni casuali anche sul braccio scoperto; tutto questo continuando a sorridergli, in un modo fin troppo melenso per essere naturale. - Ero per i fatti miei!

Clark mi guardò un attimo, forse non capendo, ma alla fine rise: ed era chiaramente brillo, dall'odore d'alcool e da quella risata. - Hai bevuto, Gray?

Non quanto credeva ma sì quanto volevo fargli credere.

- Un po' – risposi cercando di usare un tono che sembrasse almeno carezzevole. Alle mie orecchie sembrò pessimo, ma ai miei occhi sembrò funzionare.

Clark infatti sorrise e guardò un attimo i suoi amici. - Ah, direi ottimo.

Tre risero, senza in realtà sembrar fare molto caso alla situazione; il quarto, quello simile a Corbin di High School Musical, sembrava invece ancora molto ancorato al pianeta terra: scosse la testa, osservandomi. - Non ci pensare nemmeno, Seth. Ti ammazza.

Capii di chi stesse parlando anche senza sentire il nome e il cuore, contro la mia volontà, cominciò a battere forte, da sentirlo in gola, ma lo mandai giù ed ero sempre più decisa a continuare quello che avevo iniziato: far ingelosire Max, con Clark.

Mi aggrappai per bene al braccio di Seth, in un impeto improvviso e quasi involontario, sorridendo però di proposito come una brava finta tonta. - Chi? - Finsi di non aver capito.

Seth mi osservò quasi incredulo dalla situazione, dal mio comportamento, ma continuando a sorridere. - Evelyne. - Quando mi chiamava per nome non era mai un buon segno, ma in quel caso avrei potuto ritenerlo tale. - Ti va se andiamo a fare un giro? Così prendi un po' d'aria e ti riprendi! - Si inventò ed era una scusa tremenda dato che eravamo già in giardino.

- Seth - lo chiamò di nuovo Corbin, l'unico che sembrasse preoccupato dalla piega che stava prendendo la situazione; gli altri erano troppo occupati a svuotare e riempire i bicchierini o forse semplicemente troppo ubriachi per capire.

Clark alzò gli occhi al cielo, poi lo guardò e rispose come se non fossi stata lì, convinto probabilmente che avrei continuato a non capire l'oggetto della conversazione: - Rob, non gliene frega davvero così tanto, anzi, possiamo quasi dire che non gliene frega un cazzo, non di quello che potrebbe succedere.

Fu dura continuare a mantenere il sorriso e mi chiesi un attimo se ne valesse davvero la pena.

Ma sì; se non avesse funzionato volevo che sapesse che non ero il suo giocattolino personale. Che non ero sua. Che non ero la sua schiavetta.

Rob alzò le mani in aria in segno di resa, pur non d'accordo.

Clark tornò a me sorridendo divertito: era tremendamente divertito all'idea che potessi essere ubriaca e lasciarmi andare con lui e proprio per quello mi avrebbe assecondata.

E la ragazza del giornalino scolastico evidentemente divertiva tanto in quel senso, a tutti: a Parker e a lui. Solo in quel senso però, era bello prendersi gioco di me, ma non altro. Sia per Parker che per lui.

Ed ero sempre più decisa.

- Andiamocene un attimo che qua rompono e non riusciamo a parlare - disse portandomi una mano sul fianco e accompagnandomi fino ad una delle poltroncine del giardino.

Mi sedetti e lui fece lo stesso. Lo guardai un attimo, continuando nonostante tutto a sorridere – per mantenere la facciata - ma non sapendo che tipo di discorso instaurare con lui; mi resi conto solo in quel momento di come le parole fossero sempre state facili con Max, ma lo pensai per poco, perchè su di lui non dovevo più sprecare tempo. Fortunatamente secondo Seth ero ubriaca e bastava quello.

Portò una mano sul mio braccio, accarezzandomi in un modo che mi avrebbe dato fastidio normalmente ma ora, decisa sul mio obiettivo, mi lasciava solo indifferente. - Come sta andando la festa quindi? - Mi chiese, buttando giù l'argomento a caso, mentre con la mano scendeva, risaliva.

- Non ne voglio parlare – confessai ed era quello che pensavo realmente. Mi chiesi se i quattro bicchieri stessero davvero influenzando qualcosa. Cosa ci metteva Kutcher lì dentro?

- Non voglio parlare di Parker o delle cose che lo riguardano - mi lamentai avvicinandomi e ancora una volta la frase era sincera. La sua mano scivolò in qualche modo sul mio fianco, aiutandomi nel mio intento e le mie gambe si scontrarono con le sue.

- E di cosa vuoi parlare? - Chiese attirandomi e chinandosi leggermente, col viso al mio livello. Sentii il suo respiro caldo sul viso e lo osservai, da una vicinanza che mi era nuova; la sua mano era calda. Guardai gli occhi di Clark, le ciglia così folte viste da vicino, il colore azzurro: erano chiari e belli e per quei due aggettivi simili a quelli di Parker; eppure mancavano di una luce che era solo e soltanto di Max.

Ed io amavo quella luce.

Io amavo ...

E fu quell'ultimo pensiero a darmi la spinta.

Perchè volevo smetterla di pensare. Volevo eliminare tutto e avere solo la mia vittoria. L'avrei avuta vero?

E volevo solo … - Non voglio parlare.

Alzai il braccio con foga e mi aggrappai alla sua camicia, azzerando definitivamente le distanze.

Mi sarei vergognata normalmente di me stessa e di quello che avevo appena fatto, ma in quel momento non potevo pensarci. Non dovevo. Come non dovevo pensare a quel gesto che mi aveva ricordato così tanto Max.

Incontrai le labbra carnose di Clark che sapevano del cocktail di Kutcher, di fumo e di carne; mi resi conto ancora più violentemente di quanto fosse buono baciare Parker, di quanto amassi baciare Max, di quanto amassi il suo modo delicato e intenso di baciarti e assaggiarti. E pensare a Parker, rendermi sempre più conto di quanto volessi solo e soltanto lui mi faceva cercare ancora di più un bacio di Seth. Perchè non volevo più avere in testa Parker, volevo l'oblio e volevo una vendetta concreta, che mi aiutasse a stare meglio.

Continuai a baciare Clark arrivando a formulare il pensiero che forse solo Max potesse farmi stare meglio.

Quando ci allontanammo gli occhi di Seth erano accessi e carichi e io sempre più smarrita. - Andiamo di là? - Chiese alzandosi già in piedi.

Acconsentii, non sapendo bene cosa stessi facendo e la testa forse iniziava a girarmi troppo sul serio. Ma dovevo continuare finchè Parker non fosse venuto a saperlo.

E nel caso non fosse intervenuto? Mi chiesi all'improvviso.

In quel caso sarei stata davvero nella merda, mi resi conto, mentre Clark prendendomi per mano mi trascinava via; o meglio, sarei stata chissà dove con Seth. Ma alla fine la testa era sempre più leggera e quel pensiero non sembrava riuscirsi a collocare bene al suo posto.

In cucina venimmo sorpassati velocemente da Corbin, me ne accorsi solo dalla piccola spallata che ricevetti mentre mi sorpassava per poi scendere nello scantinato. Noi invece - o meglio Clark - eravamo diretti al piano superiore.

Capii che ci stava portando in una camera solo quando ci fummo davanti.

- Entriamo? - Chiese sorridendo ma aprendo la porta.

Esitai e feci un po' di forza sulla sua mano, per tirarmi indietro ma poi, in una specie di piccolo abbaglio, mi sembrò di riconoscere di nuovo in Clark qualcosa di Parker e senza pensarci oltre annuii entrando.

Che i quattro bicchieri di Kutcher non mi avessero aiutato per niente non l'avevo ancora capito.

- Chi l'avrebbe mai detto - disse tranquillo Seth chiudendo la porta per poi riavvicinarsi velocemente a me.

Mi fu addosso prima che potessi commentare e la sua bocca cercò di nuovo la mia, con fin troppa forza e arretrai con lui contro.

Non volevo più baciarlo, per il mio piano un bacio lì, senza nessuno a vedere non aveva senso, ma l'idea di Max sovrapposto a Seth continuava a ronzarmi in testa, per quella ero entrata e per quella lo lasciai fare, ad occhi chiusi, persa in una qualche e strana fantasia in cui lì davanti a me c'era in realtà un altro ragazzo.

Senza quasi accorgermene sentii le sue mani sui fianchi, salire e scendere. Si decisero alla fine scendendo velocemente verso il basso, sfiorandomi la vita con decisione, mentre cercava di spingermi indietro, probabilmente verso il letto; provai ad allontanarmi, riprendendo di nuovo, ad intervalli, contatto con la realtà, ma lui cercava fin troppo di continuare a baciarmi.

- Clark! - Lo chiamai in difficoltà, provando ad allontanarmi dalle sue labbra, e alla fine sentii sul serio il bordo del letto contro i polpacci.

- Non sto facendo niente! - Si giustificò arrivando però quasi al limite del mio vestito.

Scivolai dal suo tocco, in un tentativo scarso di scansarmi, ma facendo così caddi all'indietro sul letto e ancora prima che potessi riprendermi lui si era già chinato verso di me, provando a spingermi sulle coperte.

- Clark! - Rifeci alzando il tono e cercando di spingerlo davvero via e cominciando a capire che quello non era sul serio Parker: lui non si comportava così con me, lui si sarebbe allontanato; il suo tocco avrebbe avuto un altro effetto.

Mi resi poi conto di cosa stava per succedere, che stavo facendo qualcosa che doveva finire, immediatamente: la mia ripicca poteva andarsene a quel paese e volevo solo tornarmene al piano terra.

Mentre pensavo a quello e cominciavo a capire di aver appena fatto una totale cazzata, seppur troppo tardi, la porta della camera si aprì con forza e prima ancora di potermi girare, il ragazzo davanti a me venne tirato indietro e le sue mani non mi furono più addosso.

Senza più Clark davanti, i miei occhi nel panico cercarono chi fosse entrato e videro Billy e Rob.

E Parker.

I primi due avevano appena superato lo stipite della porta entrando definitivamente nella camera; l'ultimo, davanti a me, stava dando un secondo spintone a Clark per allontanarlo.

Mi si bloccò il respiro.

- Ma che cazzo stavi facendo?! - Gli urlò con un tono arrabbiato che gli avevo sentito usare solo per suo padre.

Seth evidentemente non si era aspettato quell'entrata in scena, com'era normale che fosse, e sembrò collegare dopo un po', tardando nell'agire. - No, ma aspetta … Dio, Rob, se sei stronzo! Sei andato a cercarlo per dirglielo! - Se la prese, urlando anche lui, con Corbin.

Io ero immobile e osservavo la scena paralizzata, la scena che avevo voluto fin dall'inizio, mentre si materializzava sotto i miei occhi. La situazione che avevo immaginato però mi voleva felice, vittoriosa. In quel momento invece non seppi ancora cosa stessi provando.

- Ma ha fatto solo bene! Se è ubriaca, Seth, lo sai che non le devi fare queste stronzate! - Prese ovviamente parte Billy e fu il primo a incrociare i miei occhi. Mi fece cenno seriamente di avvicinarmi a lui con un cipiglio deluso che non gli avevo mai visto; ma non eseguii.

Parker sembrava furente e continuava a fronteggiare l'altro da vicino. - Non mi hai ancora risposto, Clark! Che cazzo stavi facendo?!

Clark portò lo sguardo da Rob a Max, lentamente. - Cosa stavo facendo? Ah, il meglio che sarei riuscito a fare! Il top sarebbe stato portarmela a letto. Sì, Parker, prima di te - rispose arrabbiato ma, al contrario di Max, apparentemente controllato, con un sorriso freddo e ironico sulle labbra.

Quello che successe subito dopo mi sembrò di vederlo a rallentatore.

Perchè non sembrò una scena realistica e andava fuori da tutto quello che potessi aver mai immaginato.

Ma vidi sul serio il braccio di Max che si alzava, in un pugno. E bastò poco a cancellare quel ghigno dalla faccia di Seth, che preso alla sprovvista quasi cadde per terra.

Rimasi ferma sul posto, incredula. Incredula e anch'io, ormai, incazzata. Le normali reazioni, quelle dettate dalla “testa”, quelle dettate dalle conseguenze di quelle bambinata e cioè dispiacere, pentimento, vergogna, non c'erano.

Ero solo arrabbiata.

Billy e Corbin scattarono in avanti e si misero in mezzo ai due mentre Clark, che ormai sembrava vederci rosso solo dallo sguardo, si rialzava di colpo.

- Max, porca puttana! - Gli urlò Billy allontanandolo. Intanto per il fracasso gente dal corridoio era stata attirata e ora osservava la scena dalla porta.

- Non è tua! - Fu invece il grido rabbioso di Clark. - Non è di tua proprietà e non è nemmeno la tua ragazza! Quindi, Parker, che cazzo vuoi?! Che fottuto diritto hai di spuntare qua e prendermi a pugni?! Nessuno!

- Era ubriaca! - Si difese sempre ad alta voce Max, con i lineamenti induriti. - Che cazzo vuoi che IO le permetta di andare a letto con te se è ubriaca!

- Non ero ubriaca! - Fu la mia secca risposta, mentre mi alzavo di colpo in piedi, davanti ai quattro. - Non sono per niente ubriaca! - Ed ero invece sempre più incazzata, sempre di più. Perchè Clark aveva ragione. Quella era la reazione che avevo cercato, ma era anche quella che avrebbe confermato quanto lui fosse idiota, stronzo ed incoerente; perchè non poteva comportarsi così: non far pensare ad intervalli che ci tenesse per poi dimostrare quanto fossi insignificante il momento dopo; non poteva scoparsi Dawn e poi baciarmi; non dirmi che mi cercava solo quando non aveva niente di meglio e poi prendere a pugni Clark.

- Poi permettere?! Sei tu a permettere che le cose mi succedano?! - Continuai, guardandolo sempre più nera. - Sei il mio protettore?!

- Sentito? - Ringhiò quasi Clark. - Era consenziente! Che ti piaccia o no!

- Non vorrebbe mai andare con te consenzientemente! Perchè ...- ribatté con rabbia Parker per poi bloccarsi e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

- E perchè?! - Chiesi urlando.

Max che non mi aveva ancora, da quando era entrato, rivolto un'occhiata, finalmente lo fece e il verde, furente, quasi di fuoco, trovò i miei occhi. - Cosa? - Domandò, freddamente, tutto il contrario dei suoi occhi.

- Dillo! Dillo perchè non potrei andare con Seth! - Parlando mi avvicinai a lui e dovevo sembrare una curiosa nanetta che sbraitava fronteggiandolo.

Parker esitò e mi guardò quasi incredulo. - Perchè non ti piace!

- Non era quello che volevi dire, Parker. Dillo, ammettilo! Mostra la tua faccia tosta! Perchè?!

- Ti stai solo rendendo ridicola, facevi più bella figura ad assecondare la storia di essere ubriaca - mi accusò aumentando una rabbia che non credevo potesse crescere. Billy provò ad avanzare e a dire qualcosa ma non fece in tempo.

- Ridicola?! Tu sei ridicolo! Volevi dire che non posso andare con Seth perchè mi piaci tu?! Vero?! - Sbraitai.

Max avanzò anche lui finchè non fummo a un soffio di distanza. - Esatto! Non so perchè cazzo tu ci sia andata, che non te ne frega un cazzo e lo so!

E mi partii uno schiaffo, con tutta la forza che avevo, mentre gli occhi gonfi mi bruciavano, rischiando di scoppiare e sapevo che non sarei riuscita a resistere troppo.

Il rumore secco risuonò nella camera e si sentirono, oltre a quello, solo le risate soffocate di qualcuno che probabilmente dalla porta doveva aver assistito.

Parker rimase un attimo con il viso girato, per il colpo, fin troppo sorpreso per reagire subito, ma si riprese presto girandosi. - Adesso mi …

Ma lo interruppi bruscamente. - Quindi solo tu puoi scoparti chi ti pare e piace e poi baciarmi? Neanche a te frega un cazzo di lei e allora perchè, Parker, eh?! - Stavo dicendo tutto, dimenticandomi tranquillamente della gente, degli studenti fuori dalla porta; dimenticandomi del mio orgoglio; dimenticandomi della persona con cui stavo parlando.

Parker finalmente perse la rabbia e traballò un attimo, facendo un passo all'indietro, come se lo schiaffo lo avesse ricevuto solo in quel momento. - Non c'entra un bel niente! - Ribatté recuperandosi. - E siamo diversi, cazzo! Cosa ci paragoni a fare?!

- Non siamo poi così tanto diversi, evidentemente! - Risposi riavvicinandomi.

- Dio, Evelyne, ma ti stai ascoltando?! - Intervenne Billy, mettendosi in mezzo per allontanarmi da Max prima che provassi di nuovo a picchiarlo.

Lo guardai incredula: avevo sempre dato per scontato che Billy sarebbe stato dalla mia parte in quella situazione: io avevo ragione!

- E' colpa … - iniziai ma mi bloccò.

- Volevi andarci a letto per ripicca?! Ma devi aver sul serio bevuto perchè non è un pensiero normale! Non da te! Cosa ti prende?!

Cosa mi prendeva? Provai ad aprire bocca ma mi fermò di nuovo.

- E dopo cosa avresti fatto?! Lo saresti andato a cercare per baciarlo ed essere pari? - Ipotizzò con una faccia che sembrava davvero delusa e cominciai all'improvviso a vergognarmi di quello che avevo pensato.

- Andate tutti a cagare! - Ci apostrofò intanto Clark passandosi una mano sulla faccia e uscendo dalla camera. - E andate a farvi i cazzi vostri, voi?! - urlò ai ragazzi fuori dalla porta, probabilmente spintonando anche qualcuno.

Guardai Max che scuotendo la testa e senza guardarmi aveva fatto dei passi indietro, altri ancora, lontano.

Mi vergognai in quel momento, ma ero comunque sconvolta da tutto quello che era successo.

Riaprii la bocca: - E adesso è colpa mia? - chiesi con una strana voce, fin troppo acuta. Gli occhi di Parker tornarono sui miei, seri. - Mia? Sono sempre io quella che ci rimane male ed è anche colpa mia adesso? - Cominciavo a perdere nella voce la rabbia, pur continuando a provarla e anche l'espressione di Max cambiò.

E non ne potevo più. Prima che qualcuno potesse dire altro stavo già uscendo, quasi di corsa, dalla stanza.

Schivai i ragazzi alla porta e corsi giù, via da Parker e la sua festa.

Uscii di casa e la gente mi guardava stranita e non sapevo se perchè correvo o per la faccia che dovevo avere.

Fui bloccata all'improvviso da un braccio, in giardino, mentre mi avvicinavo alla mia macchina. - Vattene! - Urlai girandomi.

Kutcher mi guardò sorpreso e mentre ridacchiava a disagio lasciò la presa. - Tutta questa rabbia, Eve?

Mi portai una mano sul viso, cercando di calmarmi e nascondere le labbra tremanti. - Scusa, pensavo fosse … Niente - borbottai.

Francy spuntò di fianco a lui dopo una breve corsa. Era rossa in faccia per qualche motivo ma ero troppo agitata per riuscire a pensarci. - Eve! Ti stavamo cercando poi … Ecco, dov'eri?!

- Non ci saremo incrociate … - Risposi a disagio e volendo solo andarmene via.

Francy mi guardò perplessa avvicinandosi. - Oh, vabbè, torniamo dentro? - Chiese ricominciando a sorridere e Kutcher la guardò un po' col broncio.

- No, vado a casa, non sto molto bene; a domani, Francy - mi avvicinai sorridendo e facendomi quasi male nel farlo, le schioccai piano un bacio sulla guancia, come sempre.

- Vuoi che ti accompagno? - Mi chiese curiosa e forse capendo che c'era qualcosa di non fisico che non andava. - Stai bene?

Scossi la testa sorridendo e abbozzando un “sì, tranquilla” alla seconda domanda; salutai entrambi per poi andarmene.

Non avrei dovuto guidare: tra la rabbia, la tristezza, la vergogna, tra i quattro bicchieri della ricetta Kutcher, ma entrai comunque di corsa nell'abitacolo e mi allacciai la cintura.

Arrivai dopo una ventina di minuti, molto più del solito, a casa sana e salva e uscendo dalla macchina mi complimentai tristemente con me stessa.

Entrai, dopo aver aperto a fatica; le chiavi che mi scivolavano dalle mani poco stabili.

Cercavo di non pensare a quello che era successo, a quello che avevo fatto e detto e avevo sentito, ma non ci riuscivo bene e sentivo solo una gran voglia di piangere ma non potevo e non volevo.

Perchè Evelyne Gray non piangeva, non aveva mai pianto, se non a New York, in quell'ospedale.

In quell'ospedale con Parker.

Mi mancò di nuovo l'aria e provai ad allargarmi il vestito sul petto, senza successo.

- Zia - chiamai nell'atrio, vedendo la porta della sala aperta e il rumore della televisione accesa. Non sentii rispondere ed entrai nella stanza, trovandola addormentata sul divano con un mare di coperte sopra.

Un mezzo sorriso triste mi uscì e mi diressi verso la televisione, spegnendola.

Un grugnito di lamentela si sentì per la stanza: - No, Eve … - si lamentò con la voce impastata. - Stavo guardando! Accendi, tra un po' mi alzo – blaterò per poi girarsi sull'altro fianco, ed ero convinta del fatto che il mattino dopo l'avrei trovata allo stesso modo, con la tv accesa.

Sospirai riaccendendo lo schermo, perdendo un paio di secondi a guardare il vuoto, con la mano sul pulsante; uscii dalla stanza, chiudendo la porta per non sentire i rumori dalla mia camera, anche se erano distanti, e marciai verso il mio rifugio.

Arrivata davanti allo specchio la tristezza quasi aumentò: continuavo a stare bene, i capelli solo più spettinati di prima, ma le cose erano diverse dall'ultima volta che mi ero specchiata, e quelle differenze non erano visibili.

Mi lasciai cadere sul letto, faccia sul cuscino, mordendomi le labbra a sangue, indecisa su cosa desiderare: non essermene andata? Non aver baciato Clark? Non aver bevuto? Non aver pensato che fosse poi una cosa così grave che quei due fossero stati “insieme”? Non aver saputo? Non averlo abbracciato proprio poco prima? Non aver sperato? Non aver sentito le sue dita tra le mie? Non averlo baciato? Non essermi innamorata? Non aver mai parlato con Max Parker? Non aver mai passato quei compiti in cambio di soldi? Non aver mai stabilito “la foto del mese”?

Quanto dovevo andare indietro per riuscire a salvarmi?

Ma cosa importava desiderare se ormai tutto era successo?

Maxyne a cui non avevo fatto caso fino a quel momento uscì dalla sua tana sotto il mio letto e dopo un balzo venne a raggomitolarsi contro il mio fianco. E in quegli attimi mi distrassi, distogliendomi da quei pensieri.

- Sei fortunata che mi stai simpatica ormai - borbottai. - Se fossero ancora i primi giorni in cui eri in casa ti starei già buttando fuori dalla finestra … - La accarezzai e dopo un po' il basso rumore di fusa riempì la stanza. - Ti cambierò nome - le annunciai a mezza voce.

Passò un po' di tempo, ma non molto visto che non feci nemmeno in tempo a cadere in una sorta di dormi-veglia smettendo di grattare Maxyne, e sentii un rumore.

Alzai il viso, non capendo né cosa avessi sentito, né come stessi. Stavo per rimettermi come prima quando il rumore si sentì di nuovo, più forte. Sembrò ...

Mi girai verso la finestra. Qualcuno bussava? Sul vetro?

Mi alzai, col cuore in gola, perchè sapevo chi era e non volevo vederlo. O forse volevo, perchè in effetti andai ad aprirgli.

Schiusi le due ante della mia finestrina e Parker, in qualche modo, entrò senza dire niente e senza nemmeno chiedere il mio aiuto.

E fece bene a non chiedermelo.

Appena mise piede nella stanza provai a spintonarlo. - Che cazzo vuoi adesso?! - Gli urlai già, non pensando nemmeno a mia zia a un solo piano di distanza che nonostante tutto avrebbe potuto tranquillamente sentirmi.

Come sempre non sembrò minimamente risentire dei miei colpi. - Ah non lo so! Te ne torni a casa senza dire niente a nessuno e sai com'è! - Anche lui sembrava non aver deposto l'ascia di guerra per venire da me ed era perfetto per il mio stato d'animo.

Maxyne soffiò irritata per le urla passandoci di fianco e correndo fuori dalla stanza. La seguii seria, chiudendola fuori dietro la porta. - Oh, ti prego non fare finta di esserti preoccupato – lo misi in guardia acida e fredda come una volta ero sempre stata con lui.

Si avvicinò con un fare minaccioso che non aveva mai avuto e mi fece arretrare contro la porta. - Sei un'idiota - mi apostrofò, a un soffio dal mio viso, facendomi salire i brividi e allo stesso tempo vedere rosso.

- Io?! - Esclamai provando di nuovo a spintonarlo ma più per allontanarlo, per avere una sicura distanza di sicurezza.

- Avevi bevuto! Cosa cazzo prendi la macchina e guidi fino a casa?! - Chiese sempre ad alta voce e bloccandomi le mani in una presa ferrea che quasi mi fece male.

- Non avevo bevuto! - mentii. - Vuoi capire che ho baciato Clark consenzientemente!

I suoi occhi erano sempre più arrabbiati e non capivo davvero perchè fosse venuto fin lì, smollando la sua festa di compleanno solo per litigare con me. - Torna a casa tua che là c'è gente che ti vuole – gli consigliai freddamente, cercando di farmi lasciare. Ma non lo fece e anzi, mi spintonò malamente contro la porta.

- Cosa vuoi?! Vattene, Max! - Ripetei cercando, pur con le mani bloccate, di allontanarlo.

- Perchè Clark?!

Aprii la bocca per ribattere ma lui continuò: - Non potevi andare con Ben, massimo?! Non so, Evelyne! Porca puttana, perchè con Clark! Perchè proprio lui?!

- Cosa te ne frega?!

Continuò come non avendomi nemmeno sentita: - Se andavi con Johnson vi baciavate e basta visto che è ancora un bamboccio probabilmente nemmeno sviluppato, ma Clark! Evelyne, Clark ti portava a letto!

Mi sentii bruciare di rabbia. - Ti ha irritato davvero così tanto l'idea di non poter essere il primo?! No aspetta, scusa! Mi sto dando troppa importanza! E' vero che mi hai cercata sempre e solo perchè non avevi niente di meglio, che sciocca! Basta solo che ci sia come riserva in caso di necessità, di quando arrivi non ti importa alla fine!

Sgranò gli occhi, lasciandomi andare le mani e sembrò non riuscire a ribattere.

- Quindi cosa te ne frega, Parker?! - Richiesi con rabbia.

Si passò la mano tra i capelli guardandomi serio e entrambi non ci muovemmo, guardandoci fermi sul posto. - Mi importa che Clark avrebbe provato a portarti a letto per poi smollarti subito dopo.

Feci una corta risata ironica. - E tu cos'avresti fatto?! Quando mi hai proposto a casa tua di modificare le condizioni del ricatto a cosa ti riferivi?

Sembrò quasi boccheggiare un attimo e in un altro momento mi sarei sorpresa di quanto lo stessi mandando all'angolo. - Non sono come Clark!

- No?! Non hai detto di avermi baciata e tutto perchè c'ero solo io?! E' lo stesso che ha fatto Clark!

- Ma, Evelyne, porco cane!

- Cosa?!

- Non è la stessa cosa!

- E perchè no?! Illuminami!

- Perchè … - Si bloccò, facendo dei passi all'indietro e sospirando con un fare frustrato che non avrebbe dovuto osare nemmeno di avere.

- E' la stessa cosa, Parker! Quindi scusa se avevo voglia io questa volta e ho deciso di optare per Clark! - Inventai e la gola ormai mi bruciava a forza di usare quel tono di voce.

- Non è vero!

Strinsi i pugni. - E' come ti ho detto!

- Non è vero che quando ti baciavo era perchè c'eri solo tu!

La risposta mi disorientò un attimo, ma quell'attimo non basto a farmela credere. - Ah no? Allora era perchè ti andava più una mora che una bionda?!

- Evelyne! Mi ascolti? - Mi chiese e col tono sembrò cedere un attimo.

Io non volevo però. - Lo sto facendo!

Si riavvicinò. - Non è vero! Perchè sei andata con Clark?!

- Perchè ne avevo voglia! - Continuai.

- Non è vero, dannazione!

- Cosa vuoi che ti dica?!

- La verità! - Comandò.

- Perchè dovrei quando tu …

- Io te l'ho detta!

- Non è vero! Mi hai detto perchè sei andato a letto con Dawn?!

Di nuovo sembrò preso alla sprovvista e in testa ebbi solo il viso della bionda. - Ti ho chiesto di Clark! - Ribattè però.

- E io di Dawn! - Insistetti esasperata e la voce cominciava quasi a mancarmi.

- Perchè siamo passati a parlare di lei?!

- Perchè è col … - Mi trattenni all'ultimo, prima di svelare anche ad alta voce, definitivamente, che a muovermi era stato quello che era successo tra loro due.

Capì comunque il resto. - Colpa sua?! Di cosa?!

Lo spintonai di nuovo, per cercare di vincere alcuni centimetri e riprendermi. - Di niente! Perchè è colpa tua! Non sua! Sei tu che mi hai baciata dopo esserci andato a letto! - E non ottenendo quei pochi centimetri di distanza non ottenni nemmeno l'auto-controllo e le parole erano infatti uscite senza che nemmeno me ne accorgessi. - Quindi perchè?!

Di nuovo sembrò non sapere cosa dire.

- Se non spieghi il perchè non puoi nemmeno dire che non era vera la tua frase di oggi! - Continuai. - Continui ad essere un bugiardo!

Si allontanò e io non mi schiodai dalla porta; aprì la bocca: - Non era vera quella frase! Perchè ti devi impuntare su quel particolare di merda! L'ho detto tanto per dire tanto per ...

- Per che cosa?! Dai un senso almeno a una tua azione, Parker! Almeno una volta! - Lo scongiurai esasperata. - Perchè ti rendi conto di come ti comporti con me?! Te ne rendi conto?! Io me ne accorgo fin troppo e …

- Me ne rendo conto, Evelyne! - Rispose, facendo dei passi, come indeciso su dove andare e con uno sguardo che non si riusciva a capire. - Ma me ne rendo conto dopo!

Mi spostai i capelli all'indietro con rabbia. - E questo cosa dovrebbe significare a questo mondo, Parker?!

- Che … - E si bloccò ancora dandomi le spalle e passandosi anche lui una mano tra i capelli.

- Perchè Dawn?! - Attaccai di nuovo, con un tono di voce arrabbiato ed esasperato allo stesso tempo. - E perchè io il giorno dopo?! Non ti era bastata la figa il giorno prima?!

Finalmente si girò. - Porca puttana, Evelyne! Ci sono andato a letto perchè mi ero reso conto di ...

- Di cosa?! - Chiesi non contenendo davvero più il tono di voce. - Che le sue tette erano abbastanza grosse ed era quindi scopabile?!

- Che pensavo troppo a te! - Sbraitò. - Che ti ho sempre nella mia cazzo di testa! Non importa dove o con chi sono! SEMPRE! Volevo provare almeno per una sera a dimenticarti perchè non è normale! NON PER ME.

Rimasi a bocca aperta, le parole con cui avevo avuto intenzione di continuare ad inveirgli contro, aspettandomi finalmente una conferma alla mia accusa, mi morirono sulla lingua. Max non aggiunse altro e respirò profondamente, provando a calmarsi: alcuni lineamenti sembrarono rilassarsi, ma gli occhi continuavano ad essere nei miei, il verde più intenso di qualsiasi altra volta.

Mi avvicinai di quel poco che ci distanziava e sollevai velocemente il braccio, e lo presi alla sprovvista, ancora.

E gli arrivò un altro schiaffo: per tutto quello che mi aveva fatto passare, da quel maledetto giorno d'Ottobre fino a quel momento, perchè se lo meritava, perchè era un idiota, perchè lo odiavo, perchè mi tormentava come nessuno aveva mai fatto e come nessuno avrebbe mai fatto; il rumore si sentì più forte che in casa sua.

Il viso di Max si mosse insieme alla mia mano e quando tornò su di me con gli occhi sembrò incredulo. - Perc ...

E questa volta non lo feci finire perchè gli fui addosso.

Ma per baciarlo: e questo era perchè era un idiota, perchè lo volevo, perchè alla sua frase ci avevo creduto, perchè ero evidentemente masochista, perchè l'amavo.

Le parole gli morirono in bocca, contro la mia, reagendo e ricambiando subito.

Mi aggrappai alle sue spalle, mentre lui afferrandomi con forza per i fianchi mi faceva arretrare verso la porta, bruscamente, ma non ci feci caso.

Non ci feci caso perchè le sue labbra erano morbide, fruttate, buone, completamente diverse da quelle di Clark, così giuste rispetto a quelle.

E il bacio era brusco, bisognoso, scaricavamo in quello, con forza, tutta la rabbia per quella discussione. La rabbia per tutto. C'erano anche parole non dette, frasi che entrambi ci stavamo, ancora, tenendo nascoste.

Sarebbe uscito prima o poi tutto?

E cosa stavamo facendo?

Non mi feci però troppo quelle domande, perdendomi contro le sue labbra, schiudendo la bocca. Max mi stringeva sempre di più e con le mani sui miei fianchi mi allontanò dalla porta. Fin troppo aggrappati l'uno all'altro e fin troppo presi dal bacio, dallo stringerci, ci muovemmo a fatica, andando a sbattere contro quasi tutto in quella stanza: delle mie scarpe per terra, la cuccia arrangiata di Maxyne, la sedia davanti alla scrivania, poi alla fine il comò, davanti al letto e di fianco alla finestra. Da quello caddero, per il colpo, degli oggetti che non identificai e non avevo il tempo di guardare.

Se mia zia non si fosse svegliata anche dopo quel fracasso sarebbe stato un miracolo. O forse si era anche già svegliata, ma alla fine cosa importava in quel momento?

In quel momento c'ero solo io che mi lasciavo sfuggire un lamento, andando alla fine a sbattere, con le gambe, contro il letto, proprio com'era successo insieme a Clark in quella camera, ma lì, prima ancora di aggiungere altro, le mani di Max mi sollevarono velocemente, portandomi sul materasso. Lì non mi opposi minimamente e anzi, cercai di attirarlo di nuovo dopo quella breve lontananza, cercando il contatto con la sua bocca, con il suo collo, coi suoi capelli, col suo petto, con le sue gambe.

Sarebbe finita male, ero riuscita addirittura a pensare, dopo aver visto i suoi occhi e dopo aver sentito le sue labbra ancora sulle mie, perchè io non avevo la forza di allontanarmi da lui, né la forza, né la capacità, né l'intenzione; e la testa mi girava di più in quel momento che dopo i quattro bicchieri della ricetta Kutcher. Che avessi cercato, durante la festa, in quei bicchieri il modo in cui mi faceva sentire lui?

Max Parker era la mia punizione divina e il suo ultimo atto si stava compiendo: mi aveva allontanata definitivamente da me stessa. Era la mia punizione divina perchè, dopo quei baci, dopo quelle mani che lentamente scendevano lungo la vita raggiungendo le gambe nude se non per le calze sottili, dopo quello non sarei più tornata ad essere l'Evelyne fredda e calcolatrice. Non dopo essere stata toccata da quelle mani così calde e morbide che lentamente si infilavano sotto il vestito, risalendo; non dopo aver sentito le sue labbra sulla pelle. Non sarei mai riuscita a dimenticarmene, mai.

E mentre mi baciava il collo, lasciando morsi e baci che mi impedivano di tenere gli occhi aperti, parlò di nuovo, con una voce roca ed eccitata: - E non ha funzionato. Dopo ho solo capito che sei la ragazza più importante che ci sia mai stata per me, in tutta la mia vita. L'unica. E questa cosa non riesco a cambiarla, volevo cambiarla perchè fa paura.

E quello fu il colpo di grazia per il mio malandato cuore, la conferma di quanto fosse una punizione venuta dal cielo per uccidermi.

Per uccidermi e baciarmi. Per uccidermi sfilandomi via, in un attimo il vestito. E Parker doveva essere davvero una punizione divina se glielo stavo permettendo.

Quasi incapace di ragionare mi aggrappai alla sua maglietta alzandola e sfilandogliela. Finì anche quella da qualche parte, insieme al vestito. Sentii pelle contro pelle e mi sembrò di agganciarmi a qualcosa di perduto, che sarebbe dovuto essere lì, così vicino, da tempo; forse da sempre.

Solo pochi minuti prima ci stavamo urlando contro e in quel momento ridendo e guardandomi con quegli occhi verdi, lucidi, acquosi, intensi, che da soli erano la mia condanna, mi sfiorava il ventre, facendomi tremare, e raggiungeva le calze, togliendomele con lentezza, accarezzando ogni centimetro di pelle che prima era stato coperto.

Ed era la mia punizione divina, perchè ero rovinata. Rovinata. Sapevo che dopo Max non avrei più voluto nessun altro. Nessuno avrebbe potuto farmi sentire più in quel modo.

Nessuno.

Nessuno.

Prima di lui che odori avevo considerati buoni, se il suo batteva tutti? Che sapori avevo detto essere i miei preferiti, se ora non riuscivo ad allontanarmi dalla sua bocca? Che canzoni mi erano piaciute, se la sua voce roca, bassa contro il mio orecchio sembrava adesso l'unica cosa che volessi sentire al mondo?

Ma forse in effetti non era la mia rovina.

Perchè a una rovina, a una punizione divina non avrei dato quei baci, con una punizione non avrei cercato riparo sotto le coperte, contro di lui, con una rovina non mi sarei messa, tremante per l'eccitazione, a cercare la zip dei suoi jeans.

Con una punizione divina non sarei stata così dannatamente felice.

E mi resi conto, così, quella sera, mentre mi stringeva e baciava partendo dalla bocca e passando per la clavicola, i seni, l'ombelico, il ventre e in basso, mentre ansimavo e gemevo e i suoi occhi mi accendevano sempre di più, mentre mi facevo accarezzare ed ero io a fare lo stesso, mentre si faceva sempre più tardi ma a noi non importava, in quei momenti mi resi conto che Max Parker non era la mia punizione divina.

Mi resi conto che volevo solo ringraziare, qualsiasi cosa fosse, se Max era entrato nella mia vita, anche se in quel modo orribile. L'importante era che fosse successo e che adesso fosse lì a baciarmi.

Che fosse lì con me.

 


- Evy - mi chiamò a bassa voce, a un certo punto, continuando a giocare coi miei capelli. La voce non era più roca ma sempre grave e bella.

Mi ritrovai a sorridere, sollevando leggermente la testa dal suo braccio e alzando gli occhi nel buio e trovando i suoi. - Cosa? - Chiesi piano anch'io, quasi compensando i toni tanto alti che avevamo usato prima.

Sembrò volermi dire qualcosa di quasi serio, ma ripensandoci si chinò velocemente, raggiungendo le mie labbra. Sobbalzai a quel gesto che era stato fatto così tante volte in quella sera, ma che in quel momento di tranquillità apparve diverso.

Il bacio fu leggero, a fior di labbra, ma non per questo breve; forse il più bello, ad occhi socchiusi. Guardandoci e sfiorandoci, con le punte del naso e coi respiri.

Si allontanò dopo secoli. - Stiamo svegli?

Mi riappoggiai a lui, mordendomi le labbra e chiudendo gli occhi, stanca. - Perchè?

- No, niente, ci ho ripensato. Tu dormi; io starò sveglio.

Sorrisi leggera, sempre con le palpebre ad oscurare tutto. - Perchè?

- Troppi perchè, sai? - E come a punirmi per quello mi sentii tirare un ciuffo.

- Non me lo vuoi dire? - Arrivai alla conclusione, cominciando a sentire anche un leggere torpore, tra le sue braccia, al caldo, al sicuro, così felice.

- No.

- Nemmeno questo, Max? - Borbottai e la domanda uscì forse più da uno stato di incoscienza.

- Esatto. - E mi sembrò di percepire un sorriso.

E mi addormentai, sentendomi toccare i capelli e sfiorare il collo.

Mi addormentai felice come forse non ero mai stata.

Mi addormentai in quel tepore, e in quell'aria che sapeva di Max ma soprattutto di cose non chiarite e di cose non dette.

Ed erano tante le cose in sospeso che galleggiavano lì nell'aria.

In quel momento c'era tregua, ma presto si sarebbe tornati all'aria aperta, ad affrontare tutto. "La testa" sarebbe tornata a comandare in Evelyne Gray.

Per affrontare quello che era successo alla festa e quello che era stato detto.

Ma per affrontare soprattutto quello che non era stato detto: le frasi incompiute e taciute di Max; e le mie “due paroline”.

Ma in quel momento ero lì.

E niente era una punizione divina.




*Angolo autrice:


So che sarete sconvolte dalla mia ripetuta puntalità:D ahahah
No, comunque ho pubblicato in tempo, ma sono comunque molto terrorizzata a pubblicare questo capitolo.
Si chiama Punizione divina, ed è quello che avevo pensato all'inizio, scrivendo la storia, a grandi linee, all'inizio nella mia testa era stato diverso. E proprio per questo ho il terrore che non vi possa piacere; per questo e anche perchè vorrei che vi piacesse proprio perchè è importante.
Spero di non aver deluso nessuna!

Non commenterò molto, se avete domande, incertezze ditemi pure, a volte certe cose a me che scrivo sembrano avere un senso che voi che leggete magari fate fatica a trovare:)

Questo capitolo parla di un Evelyne che agisce d'istinto, in tutto.
La testa ci sarà il giorno dopo. Adesso c'è la tregua.

La parte finale è vaga, mi sono concentrata molto sulle sensazioni, sui pensieri apposta, abbozzando minimamente quello che succede.
Si saprà meglio quel che è accaduto nel prossimo capitolo e in quello ancora dopo:D 

E chi starà pensando "ma porca vacca e sua zia non si è svegliata dopo tutte quelle urla?!", beh, non siate certe che non abbia sentito niente ... 

Il prossimo capitolo sarà particolare, una specie di pausa, in parte comica per spiegare la situazione, e entrare in certi dettagli secondari. ERGO il Pov non sarà di Eve, non almeno all'inizio:D indovinate di chi sarà?! (Non è Billy, posso dirvelo ahahahah)

Spero davvero che vi sia piaciuto, in caso contrario spero almeno di rimediare andando avanti e vi spiegherò intanto le mie ragioni di questo sviluppo della storia. 

Alla prossima (che potrebbe essere il 4 giugno, così riesco a sistemare anche i capitoli più avanti.)

Grazie per essere ancora qua <3

Gruppo spoiler e della storiahttps://www.facebook.com/groups/326281187493467/

   
 
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