Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Andy Black    26/05/2013    8 recensioni
Non è la solita storia... qui non si scherza più. Il destino del mondo, come noi lo conosciamo, è in pericolo.
Pregare per il proprio futuro diventa lecito, quando scopri che il tuo dio ha finito di avere pietà e compassione per te. Troppi errori.
Troppe ingiustizie.
Ma qualcuno cercherà di cambiare tutto, e di salvarci. Di salvarci tutti.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quarto Interludio - Pt. 2


Nestore guardava il tempio, o quello che ne rimaneva. Dalle sue stanze, il monte Trave era davvero lontano. Era passato quasi un anno, ma il dolore ed il risentimento per quell’unica battaglia che non dovevano perdere gli infilzavano lo stomaco con tanti piccoli spunzoni di ferro appuntiti.
“No” disse. Ormai lo ripeteva da ore, giorni, mesi. Tirò un pugno nel muro e sospirò.
La mano gli doleva. La testa bassa, sotto il peso della corona. La prese e la gettò sul suo letto.
Non doveva finire così.
No. Ora Adamanta sarebbe stata solo il passato. E via per la conquista di nuove terre. Per la conquista di nuove ricchezze.
Avrebbe posseduto Arceus. Il Pokémon più importante di tutti, il più forte, quello che tutto può.
Si era dovuto accontentare di quegli inutili Pokémon che aveva.
Li fece uscire dalle sue Poké Ball.
Persian stava li, e lo guardava.
“Siete... inutili. Voi Pokémon siete inutili. E deboli!” prese ad urlare. Persian, dal canto suo, non capiva niente.
Ma lo sentiva ostile.
Non si sarebbe mai sognato di attaccarlo. No. Nestore era lo stesso bambino che giocava con lui quando era un Meowth.
“Se non fosse stato per la vostra debolezza avrei vinto la guerra! Ora sarei il re del mondo!”
Persian si leccò la zampa.
Nestore aveva il volto contrito, la rabbia fluiva dentro e fuori dal suo corpo come se fosse un fiume in piena.
Riprese la Poké Ball di Persian e lo fece rientrare. Provava tanto odio in quel momento.
Levò il mantello e lo lasciò cadere ai suoi piedi. “Wilma!” urlò.
Pochi secondi dopo entrò nella stanza del re una donna di mezz’età, i capelli neri, pittati di candido qua e la. Il volto smagrito e scavato. Gli occhi erano l’unico elemento di luce di quella donna che aveva perso l’estro della femminilità.
“Si, mio re?”
“Prendi le mie Poké Ball. E distruggile”
“Ehm... non credo di aver capito bene...”
“Devi distruggere le Poké Ball. E basta”
“Ed i Pokémon all’interno?”
Nestore abbassò il volto.
Wilma deglutì. Le sembrò di avere della sabbia in gola.
“Vuole che uccida i suoi Pokémon?”
“È difficile?”
“Io... io non credo di poter fare una cosa del genere”
“Peccato. Perché è la fine che faranno tutti i Pokémon del mio regno. Devono pagare per la loro inutilità e per la loro debolezza”
Wilma non disse nulla.
“Ora vai”
 
Prima camminava per casa, con in braccio Beatrice. Sandra sorrideva, mentre tagliava degli ortaggi. Le sarebbe piaciuto provare quelle sensazioni. Lo spirito di maternità spingeva dentro di lei.
Flavia rientrò in casa, e guardò la scena. Prima alzava in aria Beatrice, le chiedeva se sapesse quanto bella fosse, e la vedeva ridere.
Quella bambina era uno splendore.
“Ciao” disse poi la più anziana.
“Oh, salve Flavia” rispose la neomadre.
Con difficoltà poggiò un pesante sacco sul tavolo.
Sandra, curiosa, andò ad aprirlo. “Ancora carote?”
Flavia fece spallucce, e si avvicinò a Prima. “Vuoi che la tenga un po’ per te?”
“Sarebbe fantastico... posso chiudere la porta?” chiese, mentre passava sua figlia a Flavia, come fossero due corridori col testimone.
“No, aspetta. Martino sta portando altri due sacchi”
“Martino?” chiese Sandra.
“Si, te l’ho detto. È il ragazzo che ci aiuta a tirare avanti”
Dalla porta entrò Martino. Le larghe spalle erano cariche di due pesanti sacchi, ma non sembrava curarsene. Il sorriso splendente sottendeva il naso dritto. Gli occhi castani, molto chiari, quasi gialli, ed i capelli rossi, lunghi fino alle spalle. Alto ed atletico.
Prima guardava Sandra. E voleva chiederle di chiudere la bocca.
“Oh, grazie Martino. Volevo presentarti mia figlia. Sandra. E questa è... mia nipote... la figlia di mia sorella. Si chiama... Frida”
Martino sorrise, e fece un cenno col capo.
“Non sapevo che avessi una figlia che ti somigliasse così tanto, Flavia. E soprattutto così bella”
“Grazie” risposero all’unisono madre e figlia.
“Allora vado... ciao signore”
Prima sorrise. Ma qualcosa non andava.
Lo sentiva.
Spingeva da dentro.
Inciampò, riuscendo a mantenere l’equilibrio.
Poi urlò.
Flavia strinse Beatrice, che prese a piangere per lo spavento. Sandra invece era abituata a quelle manifestazioni, quindi prontamente lasciò cadere il coltello sul tavolo, e corse a pochi passi dall’oracolo.
La luce si espanse dal corpo di Prima. La donna cominciò a fluttuare a mezzo metro da terra.
“Mamma! Le tende!” urlò Sandra.
Già. Non potevano rischiare che qualcuno vedesse la luce. D’altronde stavano cercando di nascondere Prima.
Flavia corse a chiudere le tende.
“Prima... cerca di contenere le urla” fece ancora Sandra.
Ma Prima non sentiva più niente.
Prima era immersa nella sua visione.
Luce. Tanta luce. Tutto bianco.
Arceus non c’era. Non parlava.
Ma una scena era chiara davanti ai suoi occhi, secondo dopo secondo.
Era un uomo. Un uomo, e c’era il fuoco.
Si.
Cercava di iperscrutare, ma non riusciva a intravedere nulla. Immaginava che l’uomo, dalle spalle muscolose e scoperte, stesse ravvivando il fuoco.
Poi si girò. Non lo conosceva.
Aspettò alcuni secondi. Vide prendere una sacca. Era bianca.
Pane?
No. Svuotò il sacco sul fuoco. Erano Poké Ball.
Prima spalancò la bocca. Poi il bianco tornò a riempire la sua vista.
Arceus. Era li.
“Ecco come l’umanità apprezza il mio creato. Il responsabile soffrirà terribili sofferenze durante il mio giudizio”
“Si, mio Arceus. Mi perdoni, mio Arceus”
E poi il bianco scomparve. Prima lentamente scese verso il pavimento, e si abbandonò alle braccia di Sandra.
Aprì lentamente gli occhi, l’unico rumore era lo scoppiettare del fuoco del camino, e le urla di pianto di Beatrice.
“Cosa ha detto?” chiese la vergine, mentre la portava nella stanza da letto.
Prima si stese, e sospirò.
“Arceus... mi... mi ha fatto vedere...”
“Cosa?”
“Una scena”
“Che scena?”
“Qualcuno ammazzava dei Pokémon”
“...cosa stai dicendo?”
“Ha detto che provvederà da solo a punire il responsabile. Ma voleva farmi capire come l’umanità ha sbagliato nei suoi confronti”
“...va bene. Ora riposati e non pensarci. Pretendere che gli uomini facciano il giusto è utopia”
 
Il tramonto aveva dipinto il cielo di chiazze rosa. Un po’ di vento spostava le cime degli alberi, ma tutto sommato il sole splendeva chiaro sul promontorio.
Un ragazzino aveva il volto in lacrime.
“Si... non ti lascerò morire...”
Camminava lentamente lungo la salita, tenendo tra le mani la sua Poké Ball.
Il suo Pokémon. Il suo unico Pokémon. Era poco più di un bambino, e non aveva ancora imparato a catturare altri Pokémon, ma in quel momento pensò che fosse stata una fortuna.
Dover abbandonare una cosa che ti sta tanto a cuore deve essere difficilissimo. Figurarsi a farlo più di una volta.
Arrivò su quel promontorio. Una ringhiera di ferro battuto divideva la strada, dove i più romantici venivano la sera a guardare le stelle, e la scarpata.
Tirò la sua Poké Ball, da cui ne uscì uno Starly.
Quello sbatté le ali, e si andò a poggiare sulla ringhiera. Vide il volto affranto del suo allenatore ed inclinò il capo.
“Allora... domani verranno gli scagnozzi del re Nestore nel nostro quartiere. Cercheranno ovunque, e metteranno la nostra casa sottosopra. Cercheranno te. Se ti trovassero ti porterebbero in una stanza, e ti getterebbero sul fuoco con tutta la Poké Ball. E morirai”
Starly continuava a fissare il suo allenatore. Una lacrima rigò il viso del ragazzino.
“Ed io non voglio che tu muoia. Vorrei vederti un giorno diventare grande. E forte. Uno Staraptor. Sarai bellissimo, con le piume lucide, e le ali lunghe. Sarai fortissimo. E per far sì che questo accada, ora devi andare via”
Lo sconforto lo investì come un tir e le lacrime trovarono il via libera per scendere in tutto il loro vigore.
“Vai! Vai via!”
Starly si alzò in volo, sbattendo velocemente le ali. Guardava piangere il suo allenatore. Aveva capito. E avrebbe voluto ringraziarlo.
Il giovanotto sentì l’uccello gracchiare, e poi una folata di vento, che lo aiutò nel salire nell’aria, e spiccare il volo verso mete lontane.
“Ecco... sei andato via...” piangeva il ragazzo. Si girò, in lontananza vedeva il castello del re Nestore.
Era furioso con lui.
Ed urlò.
“Che tu sia maledetto!”
La voce del giovanotto si espanse lungo la valle, e viaggiò velocemente fino a sparire velocemente.
La notte era scesa, ormai. Il buio era pesante, e non tutto era semplice da mettere a fuoco.
Poi un forte sibilo.
E del vento. Tantissimo vento.
Vento molto forte. Il ragazzino fu costretto a stringersi alla ringhiera. Qualcosa stava succedendo, e la curiosità, anche quella volta, ebbe la meglio sulla paura di morire.
Alzò gli occhi al cielo, e vide una cosa che non aveva mai visto.
Un drago. Un enorme drago verde, con delle linee luminose sul corpo, che velocemente si muoveva verso il castello di Nestore. A poco meno di cento metri una forte luce uscì dalla sua bocca, ed il castello fu letteralmente distrutto.
Il ragazzo impallidì, l’esplosione prodotta fu terribile.
Il drago verde ruggì rabbioso, poi partì ancora più veloce, in verticale, verso l’alto.
E sparì. La notte era scesa.
Starly era scappato via.
Ma il castello non c’era più. E Nestore era morto.

 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Andy Black