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Autore: Pulciosa    13/12/2007    3 recensioni
Voldemort è stato finalmente sconfitto, a quanto pare: tutti tentano di ricostruire la propria vita. E se persistesse in qualcuno un ricordo, che tutti ritenevano svanito per sempre? Un ricordo doloroso, e malvagio? Un ricordo vecchio otto anni nella mente della giovane Ginevra Weasley, ma fin troppo vivido e spaventoso...
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ginny si risvegliò all’improvviso.
Si trovava di nuovo in quella stanza buia e soffocante, quel sotterraneo.
Questa volta non batté la testa, e fu più lesta ad alzarsi. Non aveva la bacchetta con sé.
La solita condensa del suo respiro si formava davanti alla sua bocca, e poteva percepire gocce di sudore freddo ghiacciarle le spalle. Mosse qualche passo infermo e malsicuro davanti a sé, per poi girarsi di scatto. Con le mani andò a tastare ulteriormente, e percepì dei grandi rilievi di quella pietra liscia e fredda, forse marmo.
E’ una statua.   
Sembrava immensa, e si stagliava ben oltre la statura di Ginny, che non riuscì a capire che cosa raffigurasse. Nel frattempo, era scossa da brividi e si strofinò il vestito addosso.
Tastando la stoffa rimase sorpresa dalla sua consistenza, un misto di seta con elaborati ricami di pizzo, eppure era così leggero e comodo che le sembrava di essere nuda.
Abbandonò la statua, che la inquietava, per tornare dove l’altra volta si era sentita afferrare: un misto di paura ed eccitazione le attanagliava il cuore, ricordava con disgusto l’effetto di quella stretta, eppure non poteva far a meno di ricercarla. Doveva sapere.
Non accadde niente. Incontrò nuovamente la cosa viscida per cui si era spaventata la volta precedente. Tastò più a lungo, e scoprì trattarsi di un corpo freddo, inerme.
Sono squame.
Di nuovo un fruscio.
Questa volta non si lasciò spaventare. Senza riuscire a localizzare la fonte del rumore, come cieca, affrontò il buio, coraggiosa.
- Dove sei?
Ginny non ottenne risposta.
Sembrava che nessuno venisse a reclamarla questa volta. Nessuna stretta possente, né i gentili tocchi di Hermione a rassicurarla.
Che senso aveva allora?
- Dove sei?
Questa volta il fruscio si prolungò, quasi a ridere di lei.  
Fu allora che la luce la investì. Si riparò gli occhi con le mani, sicura di non voler vedere: ogni traccia di spavalderia era scomparsa, e non voleva, non voleva assolutamente sapere dove si trovava o con chi.
Sollevò infine lo sguardo, fissando con orrore il volto della statua, un volto antichissimo dove poteva scorgere il passare del tempo, un volto coriaceo e duro, dalla lunga barba, che arrivava sin quasi ai piedi.
A quella vista, decise consapevolmente di urlare, così qualcuno sarebbe andato a svegliarla.
Tuttavia, una mano fredda e molle le strinse la bocca fino a farle male, con la solita stretta dolorosa, ottenebrante. Ginny non riusciva a sopportare il dolore: la testa sembrava esploderle, le guance andarle in fiamme, e alla fine una foschia rossa le appannò la vista, fino a quando non svenne, o così credette perlomeno, accasciandosi ai piedi di lui.
- Sembra che tu abbia dimenticato l’aspetto della Camera, piccola Ginevra.
Ginny aprì gli occhi, ancora quasi priva di conoscenza. Il ragazzo, chino sopra di lei in una grottesca parodia di preoccupazione filiale, ghignava non del tutto compiaciuto.
In un attimo, dai capelli nero inchiostro ad incorniciare il volto perfetto, e dai luminosi occhi blu, lo riconobbe.
- Tu! Tu! Tom, cosa…
Tremante, Ginny aveva tentato di alzarsi, subito bloccata dalla mano del ragazzo, che ora sogghignava apertamente, senza per questo alterare la sua bellezza opalescente. La ragazza tremava e i grandi occhi neri erano incatenati a quelli azzurro cupo che continuavano a fissarla con aria di scherno, fino a quando non si accorse, senza respiro per il troppo orrore, che la mano glaciale del ragazzo era scivolata sul suo collo, per poi scendere fino a carezzarle impalpabile il seno.
Ginny lo allontanò, tentò, ma si ritrovava come immobile e debilitata.
- Tu non esisti! Tu sei morto! Sei stato sconfitto!- snocciolò senza fiato, tentando di rendere meno reale quella visione.
Il ragazzo rise, mettendo in mostra una chiostra di denti bianchi, simili a quelli di un lupo.
- Certo che lo sono. Non sono più la minaccia che ero un tempo, Lord Voldemort non esiste più.
Ridacchiò tra sé, continuando a saggiare il corpo di Ginevra con la sua mano gelida.
- Tuttavia continua ad esistere Tom Riddle nei tuoi ricordi, mia piccola Ginny, e anche nei tuoi peggiori incubi, come puoi ben notare.- si chinò a stamparle un bacio sulla guancia, mentre la ragazza annaspava nel vuoto, completamente fuori di sé.
- Certi ricordi vivono per sempre, non è vero Ginevra? Come quello che successe qui sette anni fa, nella Camera dei Segreti!
Tom Riddle si stagliava sullo sfondo della stanza segreta, una figura incredibilmente raffinata contro la polvere e i relitti dell’antica battaglia.
- E’ un incubo, è solo un incubo! Non può essere nient’altro, Harry ti ha distrutto anni fa…- annaspò Ginny, quasi senza respiro, stritolata dalla presa energica che si abbatteva sulla sua vita, ormai.
- Ovvio che lo è… Non potrebbe essere nient’altro, mia cara Ginny. Harry, Harry, e ancora Harry! Possibile che tu non abbia ancora smesso di pensargli!
Il suo sorriso abbagliante aveva un che di lupesco, e Ginny si sorprese a fissare il volto del ragazzo quasi affascinata.
- Non sei più il mio confidente Tom, e non puoi più attaccarti a me, sei finto.- rispose sorridendo, quasi con gusto. Ormai poteva fronteggiarlo, e si mise a sedere, libera dalla sua mano, fissandolo nelle profondità dei suoi occhi.
- Vedo che conservi con piacere i ricordi della nostra piccola avventura, altrimenti io non sarei qui…- Tom Riddle le accarezzava ora una guancia, simile al tocco viscido di un serpente.
Con uno scatto quasi repentino si sporse a baciarla, cogliendola di sorpresa, finché non allontanò quelle labbra marmoree. Tom, ridendo, la afferrò e riprese il bacio, passandole una mano tra i capelli rossi, facendole male.
- Amore, amore, amore… Che cosa avrà mai di speciale, questo amore che continuate a rinfacciarmi… Ho deciso di provarlo, anche se per ora, Ginevra cara, non sembra granché…
- Questo è perché non sei corrisposto…- Ginny si sentiva spavalda, come se avesse il suo nemico nel palmo della mano.
Tom si fermò a riflettere, volgendo pensieroso lo sguardo al cielo.
- Ne sei proprio sicura?- i suoi occhi scintillavano divertiti. Poteva apparire quasi bello. Quasi reale.
Ginny spalancò gli occhi in confusione, e si sentì strappare via dalle profondità del sonno, mentre Tom rideva apertamente di lei, e il suono risuonava nella profondità della Camera dei Segreti.



Era l’alba.
Il canto del gallo l’aveva riportata di scatto alla realtà.
Il canto del gallo gli è fatale…
C’erano tante cose che Ginny non voleva ricordare del suo passato, ma erano ricordi strettamente intrecciati alle sue memorie più felici, e non poteva liberarsene.
Non poteva dimenticare l’orrore di trovarsi sporca di sangue di pollo e di non avere il minimo ricordo delle ultime ore, per poi passare un’estate splendidamente monotona nella calura della Tana, lo scherno per i suoi vecchi vestiti usati, che impallidiva di fronte alla sua grande vittoria a Quidditch, l’amore di Harry e dei suoi fratelli.
Le morti dell’ultima guerra erano ancora troppo fresche per poter essere guardate con distacco e rassegnazione, ferite ancora aperte, dure a rimarginarsi.
La Tana viveva nel silenzio oramai: la grande nidiata Weasley si era allontanata dalle cure materne e, chi a vivere per proprio conto, chi morto in battaglia; e Ginny si era resa conto di quanto amasse teneramente la sua vecchia vita, sino a quando tutto non era cambiato.
Ma fintano che rimaneva nel suo letto stretto, avviluppata come in un bozzo nella coperta scolorita e protetta dal caldo, poteva chiudere gli occhi: e allora tutto scompariva, e poteva fingere di essere ancora quella ragazzina che sognava di raggiungere i suoi fratelli ad Hogwarts.
Se soltanto non fosse arrivato lui, a turbarla. 
  
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