Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: eldarion    03/06/2013    4 recensioni
“...Lei aveva una vita meravigliosa, tutto a posto: niente sbavature, niente dubbi o incertezze, niente cieli oscuri né acque profonde.
Dalla finestra aperta sul cielo entrava solo il sole senza ombre e l’aria che sa di mare e ti fa vivere.”
Sanae è molto felice con Tsubasa, ama lui e i suoi due bambini. Ha una vita meravigliosa, tuttavia...E’ davvero stata una vita meravigliosa la sua? Personalmente mi sono sempre chiesta se Sanae fosse felice e che genere di felicità potesse essere la sua, da qui è nata questa storia che parla di lei, di una strana e improbabile avventura e...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer
I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Note personali: ringrazio coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.
Buona lettura!


La moglie del capitano



I giorni per Sanae si susseguirono allegri, caldi e luminosi, privi di afa e pensieri bui.
La vita tornò a riempirsi di Tsubasa e dei bambini, di gite al parco, partite vittoriose, lunghi abbracci e sospiri notturni.
Il campionato si era finalmente concluso con la vittoria del Barça, una vittoria schiacciante ma non facile.
Tsubasa aveva avuto grandi momenti di tensione e Sanae, come sempre, era stata al suo fianco per sostenerlo.
Il giovane calciatore era salito decisamente in alto ma restarci non era certo uno scherzo e Sanae si era spesso domandata se il suo aiuto silenzioso e costante sarebbe stato sufficiente.
Era anche lei così preoccupata e sotto pressione che un giorno non poté fare a meno di farsi sfuggire poche semplici parole col marito.
"Tsubasa vorrei aiutarti ma...Non so che fare..."
Il ragazzo non si scompose minimamente e rispose con calma e convinzione
"Abbracciami."
In quell'abbraccio Sanae sentì che la tensione reciproca si scioglieva; si domandò come fosse possibile: possibile che a Tsubasa bastasse un abbraccio?
E a lei bastava?
Lui non chiedeva altro che perdersi nella tranquillità.
A lui bastava sentirsi a casa per affrontare le cose.
Finalmente tra qualche giorno tutto sarebbe stato lontano e avrebbero potuto rilassarsi insieme, magari da qualche parte, forse in barca e chissà, forse con loro sarebbero andati anche gli amici di sempre: Taro, Genzo, Ryo... Ryo e Yukari erano già a Barcellona.
Mancava solamente l'ultimo impegno, l'ennesima festa per la celebrazione della vittoria. Un party pieno di nomi blasonati, bottiglie di champagne, fotografi, bei discorsi sul campionato passato e sul campionato futuro e, naturalmente, i consueti sorrisi di circostanza.
Era un grande sforzo parteciparvi.
Tsubasa sfoderava il suo bel sorriso per far felici fotografi e giornalisti e lo accompagnava con gentili parole che descrivevano amabilmente l'evento mentre in realtà, il calciatore, non avrebbe voluto tanta gente intorno.
Per Sanae era la medesima cosa.
Era lavoro!
Tsubasa prendeva queste feste proprio così: lavoro, le considerava semplicemente la parte meno divertente del calcio.
"E' lavoro Sanae!...Stammi vicino coraggio!"
Diceva sempre.
Sosteneva che quell'idea, unita alla presenza di Sanae al suo fianco, era il solo modo per sopravvivere ai party; non ne aveva mai fatto mistero.
Le strane riflessioni che le invadevano la mente costrinsero la ragazza a sorridere.
Tutti sapevano che Tsubasa non amava il chiasso mondano ma tutti si aspettavano di vedercelo, almeno qualche volta; lui si presentava e lei con lui...E la festa aveva inizio: ognuno recitava la sua parte in modo magistrale, gli attori principali e le comparse.
Sanae si rabbuiò.
In fondo non era divertente, o meglio, forse all'inizio lo era; poi però quelle azioni così forzate che, è vero, non facevano male a nessuno e accontentavano tutti, sapevano di stantio ed erano anche molto tristi.
Era triste dover recitare.
La moglie del capitano sospirò mentre prendeva l'abito nero che avrebbe indossato.
Lo aveva comprato quel pomeriggio stesso.
Come al solito l'avevano riconosciuta come la moglie di Tsubasa Ozora e avevano cercato di accontentarla in ogni modo: meglio così, naturalmente, perché Sanae aveva un rapporto un po’ contraddittorio con gli abiti eleganti.
Doveva confessare che comprare abiti da sera la metteva in difficoltà, la facevano sentire a disagio esattamente come le feste dove li indossava; al contempo però non era poi così male sfoggiarli quei vestiti perché, era giusto ammetterlo, non erano comodi ma le stavano molto bene.
Lo indossò e, seguendo il filo dei suoi pensieri strambi, raggiunse il capitano.
Erano pronti.
Tsubasa stava parlando ai piccoli per salutarti e consolarli della serata senza di loro.
"Mamma! Papà! Quando possiamo venire anche noi alle feste?"
"Mamma uffa...Noi non abbiamo sonno vi aspettiamo..."
"Papà dai...Ancora un attimino!"
"Mammaaaa..."
La voci vivaci ma al tempo stesso un po' malinconiche e cantilenanti dei gemelli fecero sorridere la coppia, ormai tutta agghindata e in piedi sulla soglia di casa.
"Quando sarete più grandi! Fate i bravi con Ryo e Yukari mi raccomando."
Disse la giovane madre chinandosi verso di loro per salutarli ancora una volta.
Stava quasi per uscire quando Daibu si precipitò verso di lei.
"Mamma, mamma guarda! Guarda: l'ho fatto oggi all'asilo, per la festa di stasera...Tieni."
Era un fiorellino bianco di carta, molto piccolo e delicato.
"Grazie tesoro."
Sanae lo prese tra le mani, legò lo stelo del piccolo fiore al suo braccialetto d'oro e, dopo l’ennesimo bacio, uscì.
Persi nella dolcezza dei loro bambini Sanae e Tsubasa raggiunsero la festa e
si immersero nelle chiacchiere e nei brindisi.
"Lei è Sanae, mia moglie..."
Erano le ultime parole che aveva potuto sentire dalla bocca di Tsubasa che poi aveva perduto di vista, rapito dai giornalisti.
C'era molta confusione quella sera, più del solito, o esattamente come al solito solo che lei dimenticava in fretta come ci si sente alle feste dove sei solo una comparsa, dove sei solo la moglie di qualcuno che è più noto e importante, qualcuno che conta.
Sanae scrollò la testa mentre le capitava di pensare che Tsubasa la presentava sempre come Sanae, sua moglie, ma chissà per quale arcano
motivo nessuno ricordava mai il suo nome: lei diventava immancabilmente la moglie di...
Lei era la moglie di Tsubasa Ozora per la commessa che le aveva venduto il vestito, per le persone al parco che la riconoscevano mentre giocava con i suoi figli, per le maestre e per i genitori dell'asilo, per coloro che conosceva di volta in volta nel turbinio di celebrazioni che facevano seguito alle vittorie sportive.
Lei era la moglie di...
Pazienza se in Spagna, terra straniera, le persone non si ricordavano il suo nome; persino Tsubasa col suo grande talento aveva faticato, figurarsi lei che di talento non ne aveva alcuno.
Ciò che la disturbava davvero era constatare che lei non smetteva mai di essere la Moglie del capitano, neanche in Giappone.
Nemmeno nella sua terra natale, nella sua amata patria, lei possedeva un'identità propria.
Lei era la moglie dell'astro del Sol levante.
Una stella la cui luce era talmente intensa e brillante da non proiettare ombre; ma può la luce non proiettare ombre?
Quella luce era così accecante da inghiottire tutto, anche le ombre. Impediva la vista, cancellava l'orizzonte racchiudendo ogni cosa in sé.
Sanae si sentì mancare.
Cercò Tsubasa con lo sguardo, era lontano, circondato da molte persone.
In quella vista non trovò consolazione e nemmeno l'aria per respirare.
Un velo di lacrime le offuscò gli occhi.
Si voltò verso la grande finestra aperta.
Dai vetri spalancati sulla notte entrava l'aria scura del mare piena di sale e di freddo.
Uscì.
"Può la luce non proiettare ombre?" bisbigliò a se stessa.
No.
Non era possibile: dove c'è luce c'è sempre ombra.
Anche la luce più accecante porta con sé le ombre, delle ombre scurissime, tanto più buie quanto più la luce è forte.
Annaspò aggrappandosi alla ringhiera della terrazza.
Lei non aveva mai visto ombre.
Non poteva.
Semplicemente non poteva.
Semplicemente... Era lei ... L’ombra!

Continua...

Come avevo preannunciato è passato un sacco di tempo ma eccomi, ce l’ho fatta! :P
Grazie ancora a chi ha cominciato questa lettura senza farsi scoraggiare dalla mia lungaggine nell'aggiornare!





  
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