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Autore: LaGraziaViolenta    03/06/2013    6 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove si cerca di trasformare Jeanie Joy in una bomba sexy e dove Chelsea insegna a traumatizzare i bambini.



Di tre cose ero del tutto certa.
Primo, Albus Potter era innamorato di me.
Secondo, una parte di me, e sapevo quale e quanto fosse importante, aveva sete del suo sangue.
Terzo, ero totalmente, incondizionatamente incazzata con lui.
Sì, il libro che mi aveva prestato Jeanie Joy mi aveva un tantino influenzata. In negativo.
Alla fine io e Chelsea andammo da Madama Chips, che risolse il problema con un misterioso infuso. D’altro canto non avevo modo di trovare Jeanie se non era fuori dalla torre di Corvonero. In giro non l’avevo vista e non comparve neanche a cena, quindi smisi di pensare a Potter serpe e iniziai a preoccuparmi.
Il mattino dopo ricevetti Il Pacco e di Jeanie Joy ancora nessuna traccia, neanche nella Sala Grande.
«Qui» fece Chelsea, «le possibilità sono due. O ci sta evitando, o è successo qualcosa.»
«Dai, non farmi preoccupare…» mormorai. Mi mordicchiai l’unghia del pollice. «Magari ha, tipo, l’influenza…»
Chelsea mi guardò male e io mi strinsi nelle spalle.
«Bisogna agire con decisione» proclamò. Batté un pugno sul palmo della mano per dare enfasi. «Oggi faremo un sit-in davanti alla Casa di Corvonero. Prima o poi dovrà uscire, o perlomeno uscirà qualche Corvonero. Possiamo sempre minacciarli e costringerli a portarci Jeanie.»
Ebbi un brivido. Minacciare qualcuno non mi pareva una grande idea, ma piazzarsi di fronte alla Casa di Corvonero poteva essere una maniera pacifica di risolvere la questione. Sperai solo di non incontrare dei Grifondoro nei paraggi. Non avevo più parlato né con Rose né tantomeno con Lily Giglio o Potter bis.
Portai con me alcune Kinder colazione più per evitare che Chelsea avesse dei cali di zuccheri e insieme ci sedemmo di fronte alla porta con l’aquila di bronzo. Dopo dieci minuti di attesa eravamo già stufe e, con la sola gonna e le collant nere tra noi e la pietra, avevamo entrambe il sedere gelato.
«Oh, basta, adesso placco il primo Corvonero che passa.»
«No, Chelsea, per favore… Evitiamo di attirare l’attenzione.»
«Mi prendo tutta la responsabilità.»
«Non è per quello.» Pensai a qualcosa che potesse distrarla. Mi venne un’idea, ma non ero sicura di come l’avrebbe presa. Mi morsi il labbro. «Posso farti una domanda?»
«Vai.»
«Ecco…» Abbassai lo sguardo. Iniziai a tirare un filo della manica grigia del maglione. Il tessuto si arricciò. «Mi dispiace per quel che è successo. Per lo sciroppo di ciliegia. Non pensavo. Ma tu… Sapevi? Di Potter serpe, intendo.»
«Mh.» Chelsea mi guardò, poi si grattò una guancia. «Quel che è successo non è colpa tua, è stato Potter ad essersi comportato da cretino. E no, non lo sapevo, altrimenti te l’avrei detto.»
«Capisco.»
Non avevo nessun motivo per non crederle. Iniziai a sentire il viso caldo, nonostante gambe e sedere fossero gelati. Allentai il nodo della cravatta.
«E, sempre secondo te… Scorpius sapeva che io piacevo a Potter serpe, ma non mi è sembrato che sapesse del filtro. Posso… Ecco, ti sembra che ci sia qualche possibilità? Potrei piacergli lo stesso? A Malfoy?»
Chelsea si afferrò le caviglie e iniziò a dondolarsi avanti e indietro. «Non lo so proprio.»
La risposta mi sembrò troppo vaga. «Secondo te? La tua opinione, schietta.»
«La mia opinione… No. Non ti ci vedo, con Scorpius. Poi, per la gran carità, se a te piace avrai i tuoi buoni motivi.»
La sua risposta sembrò mettermi un peso sul petto. «Perché non mi ci vedi con lui?»
Chelsea storse il naso. «La sua famiglia è un po’… Tradizionalista, diciamo.»
«Ah.» Tradizionalista, dunque. Ci pensai. «Non ho capito.»
«Be’, dai, non mi pare neanche quel gran pezzo di gnocco, alla fin fine.»
Mentalmente mi si presentarono, uno di fianco all’altro, Scorpius Malfoy e Albus Potter.
Scorpius Malfoy, slanciato, sottile, il viso ovale e pallido, gli occhi grigi, i capelli di un biondo platino che in Italia si vedeva solo con le tinte. Un portamento elegante, la schiena diritta, un incedere sicuro, da gran signore.
Albus Potter, magro, arrivava al naso di Malfoy, occhi verdi, capelli neri sempre in disordine, qualche brufolo sulla fronte, neanche quando indossava la divisa da Quidditch sembrava qualcosa di più di un ragazzino. Decisamente poco attraente.
Sospirai. «Probabilmente abbiamo gusti diversi, Chelsea.»
«Sarà. Di certo Malfoy non è il tipo a cui tirerei una sculacciata per potergli palpare il sedere. È troppo ossuto.»
Appoggiai una mano a terra per non perdere l’equilibrio. «C-cosa? Tu, per… Palpare…»
«Ma va, scema, è un modo di dire.»
«Ah…»
«Forse.»
Scese di nuovo il silenzio. Di Jeanie nemmeno l’ombra. Mi alzai in piedi per sgranchirmi le gambe e iniziai a camminare attorno a Chelsea, in tondo. Poi feci avanti e indietro lungo il corridoio. Niente.
Stavo per sedermi di nuovo quando la porta di legno cigolò.
Dalla Casa emerse una ragazzina con le trecce scure.
«Tu!» ruggì Chelsea e scattò in piedi. La ragazzina sussultò e la guardò con occhi sgranati. Chelsea la afferrò per un braccio. La ragazzina emise un rantolo.
«Chelsea, no!» Posai la mano sul braccio di Chelsea. La ragazzina spostò lo sguardo su di me.
«Cosa… Che ho fatto?»
«Niente, cucciola, stai tranquilla… Chelsea, sembra del primo anno, neanche la conoscerà!»
La ragazzina scosse il capo e le trecce scure ondeggiarono. «No, non so cosa, ma non conosco nessuno, ve lo assicuro!»
«Bimbetta, facci un piacere» disse Chelsea. «Torna dentro, vai a cercare una secchiona coi capelli biondi e gli occhiali e non mettere più il naso fuori di qui finché non sei con lei.»
«No, no, no» feci io. Presi due Kinder colazione più e le porsi alla ragazzina. «Ecco, cucciola, te le regalo. Sono dolci italiani. Te ne regalo un’altra se ci fai il piacere di cercare la nostra amica… È del sesto anno, bionda, con gli occhiali spessi. Hai già visto qualcuno così?»
La ragazzina non prese le merendine. Anzi, per la verità aveva un colorito cadaverico.
«Be’, bimba, obbedisci alle tue compagne più grandi, valla a cercare.»
«Per favore, cucciola, facci questa cortesia.»
La ragazzina abbassò gli occhi. «Se… Se mi lasciate il braccio, potrei anche.»
Chelsea le lasciò il braccio e all’istante la ragazzina indietreggiò e ci sbatté il portone in faccia.
Io e Chelsea rimanemmo in piedi, a fissare l’aquila di bronzo.
«Sai, Chelsea… Credo che voi Grifondoro abbiate dei modi un po’ singolari di approcciarvi alle persone.»
«Be’, Serena, voi Tassorosso chiamate cuccioli tutti quelli del primo anno?»
Tornammo a sederci e ci preparammo a una lunga attesa.
Fino a quando il portone non si riaprì di nuovo.
La ragazzina con le trecce fuggì via e scomparve dietro l’angolo. Qualche istante dopo uscì Jeanie.
«Jeanie Joy!»
Mi lanciai verso di lei e l’abbracciai. Chelsea si unì e sentii il suo braccio tornito premermi contro Jeanie.
«Ci hai spaventate, caspita, come ti salta in mente di sparire così?»
«Per Merlino, non ti azzardare mai più!»
Lasciammo andare Jeanie. Feci un passo indietro.
«Ragazze… Non c’è motivo di preoccuparvi. Ho solo da fare, tutto qui.»
Sgranai gli occhi. «Stai scherzando?» Eravamo pronte a darla per dispersa e a chiamare Chi l’ha visto, e lei? Diceva di aver semplicemente avuto da fare?
La osservai. Parecchi capelli uscivano dalla lunga treccia bionda e gli occhi azzurri dietro le lenti erano cerchiati da un inquietante colore violaceo.
«Che cazzo significa “ho da fare”?» fece Chelsea. «Le tue amiche non si meritano un avviso? Dai buca a Hogsmeade, non ti fai vedere neanche per mangiare… Che ti passa per quel cervello biondo?»
Jeanie si portò una mano alla fronte. «Non alzare la voce, per favore, ho mal di testa. Avevo molto da studiare, tutto qui.»
Mi avvicinai a Jeanie, cauta, e le posai una mano sulla spalla. «Ci siamo preoccupate molto, Jeanie. Hai un’aria stanca. Che ne dici di fare un giro?»
«No, grazie. Non ho ancora finito Rune Antiche.»
«Eddai, secchia, stacca» sbottò Chelsea. «Sono giorni che non riemergi dalla tua sala comune e sembri appena tornata dall’oltretomba!»
Come al solito Chelsea era fin troppo schietta. «Non ha torto» dissi con dolcezza. «Staccare ti farà bene, dopo riuscirai di sicuro a studiare con più energia. Dai, Jeanie, una pausa tutte insieme.»
Jeanie chiuse gli occhi. «Va bene… Basta che sia una pausa a bassa voce.»
Presi Jeanie a braccetto e ci avviammo lungo il corridoio. Pensai a dove saremmo potute andare. Forse fuori, a fare due passi nel parco. Faceva freddo, però almeno Jeanie avrebbe preso una boccata d’aria.
«Sembri giù di tono, Jeanie» disse Chelsea. «È successo qualcosa?»
«No, sono in forma come sempre. Non è successo niente di particolare.»
Mi venne in mente quello che era capitato con Cunningham. «E la Corvonero bassa? La sorella di Cunningham, credo che sia…»
Jeanie si irrigidì. «Non l’ho più vista.»
Io e Chelsea ci guardammo. Vero o no, Jeanie non era in forma. Bisognava tirarla su di morale. E come potevo tirare su di morale una ragazza sempre così impegnata? La osservai. La sua lunga treccia sfatta le ballonzolava sulla spalla.
«Aspettate, torniamo indietro. Venite, venite.» Feci dietrofront e tirai Jeanie con me.
«Che fai, Serena? Dove vuoi andare?» chiese Chelsea.
«Aspetta, aspetta.» Raggiungemmo la statua di Barnaba il Babbeo e mi concentrai. «Continuiamo a passeggiare, per favore.»
«La Stanza delle Necessità?» fece Jeanie debolmente.
Chelsea squittì. «I festini erotici di Serpeverde!»
La stanza comparve. Lanciai un’occhiata a Jeanie, che era dubbiosa, e a Chelsea, che era esultante. Sorrisi e aprii la porta. «Dentro, dentro, veloci.»
Chelsea con due balzi saltò dentro e Jeanie la seguì a passi lenti. Entrai anch’io e mi chiusi la porta alle spalle. Il mio sorriso andava da un orecchio all’altro.
«Signore e signore, perché siamo solo ragazze, ecco a voi la Carousel Boutique di Rarity!»
La stanza era ampia e luminosa. In un angolo c’erano due manichini spogli. Un grande tavolo ingombro di cosmetici era sormontato da uno specchio con delle luci sui bordi, mentre per la stanza si vedevano due poltrone, qualche pouf e delle relle piene di vestiti. Una cabina armadio, semiaperta, lasciava intravedere l’interno spazioso. Jeanie e Chelsea si guardarono intorno con aria perplessa.
«C’est ma-gni-fique!» esclamai.
Le labbra piene di Chelsea si schiusero, poi le richiuse. Infine disse: «Serena, più ti conosco, meno ti capisco.»
«Guardate, guardate!» Aprii le braccia per mostrare il locale. «È il negozio di Rarity! Come fate a non capire?»
«Rarity?» Jeanie fece una smorfia.
«L’unicorno! My Little Pony! È la stilista! Quella bianca!»
Jeanie si portò una mano alla testa e scosse il capo. «Chelsea, questa è senza speranza.»
Non mi arresi. «Mi permetta, madame.» Afferrai Jeanie per un polso e la tirai verso lo specchio. «Ogni signora che si rispetti deve avere un aspetto decoroso, prima di presentarsi al pubblico.»
«Un momento…» Nella voce di Jeanie comparve una nota di allarme. «Che cosa vuoi fare?»
«L’unica cosa che tira su di morale qualsiasi ragazza.» Esaminai i cosmetici presenti sul tavolo. Presi una boccetta e lessi l’etichetta. L’idea mi emozionava talmente tanto da farmi venire da ridere. «Ti farò diventare una strafiga!»
«Cosa?» Jeanie sistemò gli occhiali. «No, aspetta! Non è permesso truccarsi a Hogwarts!»
«Non è permesso durante le lezioni.» Posai la boccetta e presi un paio di confezioni e un pennello. «Questo è tempo libero!»
«Chelsea?» fece Jeanie, allarmata. «Chelsea, dì qualcosa, ti prego!»
«State lì!» La voce di Chelsea proveniva dalla cabina armadio. «Io ho trovato qualcosa di stratosferico, della roba che ai festini di Serpeverde se la sognano!»
«Per l’amor del cielo…»
«Rassegnati, Jeanie.» Le sorrisi e tesi verso di lei il pennello. «Fammi provare, per favore. Se non ti piace ti strucchi. Promesso.»
Jeanie sospirò.
«Non cederò. Ti prego, per una volta che ti chiedo un favore… Lasciami giocare.»
«Quindi sono il tuo giocattolo adesso?» borbottò Jeanie, però si tolse gli occhiali.
«Per qualche minuto. Non troppo.»
Feci girare Jeanie per impedirle di vedere la propria immagine allo specchio. Il rumore di Chelsea che rovistava nell’armadio e il respiro lento di Jeanie furono gli unici suoni che udii nei minuti seguenti. Mascherai le occhiaie con correttore e pennello, disegnai una riga nera di eyeliner sulla palpebra superiore e le misi del mascara nero sulle ciglia. Sul viso le spennellai il fondotinta e il blush e alla fine aggiunsi un po’ di lucidalabbra.
«Posso vedere ora che caspita hai combinato?»
«Ancora un attimo, Jeanie.»
Le sciolsi la treccia, presi la spazzola e la pettinai. I lunghi capelli biondi scendevano fino ai fianchi in morbide onde. Era un biondo diverso rispetto a quello chiaro di Malfoy. Il biondo di Jeanie era più carico e caldo, più vicino all’oro che al platino.
«Dovresti smettere di legarli o finiranno per rovinarsi.»
«Legati sono più pratici.»
«Be’, guardati allora.»
Jeanie si girò verso lo specchio, cercò a tentoni gli occhiali e li indossò.
Scrutò la propria immagine.
«I capelli sciolti sono un po’ disordinati.»
Misi il mio viso di fianco a suo e guardai il nostro riflesso. «A me sembri bellissima. Guarda, le occhiaie non si notano quasi più.»
Jeanie aguzzò la vista. «Questo è vero.»
«E adesso, con un po’ di blush, hai un colorito sano. Mi sembra un trucco discreto, no?»
«Per me è sempre troppo.»
«Ma sei bellissima!»
Ci fu un fischio. Ci girammo. Chelsea era uscita dalla cabina armadio.
«Ehi, ragazze, ma questo è un vero e proprio salone di bellezza!»
Le orecchie di Jeanie diventarono rosse. «Non direi.»
«Rischiamo di diventare delle panterone, ragazze, attente!» scherzò Chelsea. «Finiremo per diventare le intrattenitrici più richieste ai festini di Serpeverde…»
«Chelsea, quelle sono voci» puntualizzò Jeanie.
«Perché non hai ancora visto cos’ho trovato nella cabina armadio…»
Chelsea fece ondeggiare i fianchi e piegò le ginocchia. Posò le mani sul bordo della gonna.
Io e Jeanie rimanemmo in attesa. Chelsea sorrise maliziosa e intonò: «Creole lady Marmalade…»
Jeanie mi lanciò un’occhiataccia e io sorrisi, colpevole. «Gliel’ho insegnata io…»
Chelsea fece scivolare le mani sulle gambe, sollevando lentamente la gonna. «E… Olé!»
La gonna scoprì le calze nere, che invece di essere le solite collant della divisa terminavano sulla coscia con un bordo di pizzo nero. Attaccato al pizzo c’era il gancio di un reggicalze.
«Chelsea!» tuonò Jeanie. Io scoppiai a ridere.
«Sono sexy?» Chelsea fece l’occhiolino e ci mandò un bacio.
Risi. «Da morire, Chelsea!»
Jeanie sollevò il dito indice, tremante. «Chelsea, ti sembra l’abbigliamento adatto da indossare per la scuola? Questo è totalmente, totalmente fuori dal regolamento!»
Mi avvicinai a Chelsea e mi misi al suo fianco. Ondeggiai goffamente e iniziai a tirare su la gonna anche io, lasciando scoprire le calze nere della divisa. Chelsea mi imitò.
«Creole lady Marmalade…»
«Basta! Smettetela!»
Risi ancora e tornai da Jeanie. «Dai, provaci anche tu!» La presi per il polso e cercai di tirarla su dalla sedia.
«No! Non se ne parla!» starnazzò Jeanie. Era paonazza. «Questa cosa sta andando assolutamente fuori controllo!»
«Non sarai mica in imbarazzo?» la provocò Chelsea. Ondeggiò ancora e lasciò di nuovo intravedere il reggicalze. Io risi e tirai Jeanie per il polso. «Dai Jeanie! È divertente!»
«No!»
Un cigolio. La porta della Stanza delle Necessità si aprì. Rimasi pietrificata, il sorriso ancora stampato sulle labbra.
Capelli rossi.
Hugo Foscolo.
Spalancai gli occhi. Jeanie rimase bloccata col braccio teso, i lunghi capelli dorati sciolti sulle spalle, il petto ansante. Chelsea restò immobile, la gonna sollevata a mostrare pizzo e reggicalze.
Hugo Foscolo ci fissò. La sua bocca si aprì leggermente. Il suo viso si colorò di rosso. Fu scosso da un tremito.
«Santo cielo» mormorai.
Il ragazzino ci diede le spalle e scappò.
Dopo qualche secondo Chelsea sussurrò: «Mi sa che ne abbiamo combinata una delle nostre.»
«Ne avete combinata una!» Jeanie scattò in piedi. Le lasciai il polso e lei andò a chiudere la porta. Si girò verso di noi con le mani posate sui fianchi e ci guardò con aria astiosa. I suoi capelli dorati ondeggiarono. «Vergognatevi! Avete traumatizzato un ragazzino!»
Chelsea si raddrizzò e alzò le spalle. «Oh, non è un gran danno alla fine. Ai ragazzi piacciono queste cose, le ragazze in queste situazioni li eccitano.»
«Chelsea Shields!»
«Nel peggiore dei casi stanotte avrà la sua prima polluzione notturna. Diventeremo il suo sogno erotico.»
Mi coprii il viso con le mani, travolta dall’imbarazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Non ci voleva! Si sarebbe sparsa la voce che noi eravamo delle ragazze indecenti! Mi maledissi per aver portato avanti quello scherzo.
«No, non si diffonderà mai una voce del genere! Mai!» sbraitò Jeanie. «Non lo permetterò!»
Dietro le mie mani, però, non riuscii a trattenere un sorriso.
Di certo eravamo riuscite a distrarre Jeanie.
  
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