Perché nella vita c’è bisogno
di favole,
Soprattutto a Natale.
Tanti magici auguri!
Fairy Christmas
Un Natale da favola
“Guarda papà, guarda! Ha iniziato a nevicare! Non è
bellissima la neve? Eh, mamma ci fermiamo al parchetto
prima di casa a giocare al ritorno? Dai, dai!” un cappottino rosso di panno
sormontato da una sciarpona azzurra e da una berretta del medesimo colore
scorrazzavano per l’ampia via affollata di negozi e di persone festose che
facevano dentro e fuori da questi di continuo.
Il
piccolo cappottino rosso o, per dirla tutta, la bambina sotto di esso prese a saltare freneticamente verso il cielo plumbeo
ma punteggiato da candidi puntini, agitò le mani guantate di giallo e rise di
gusto. I suoi grandi occhi verdi si persero nell’incanto di quei coriandoli di
cristallo. Prese a girare come una trottola agitando le mani.
Era
così bello, sembrava una pioggia di petali incantati, trotterellare tra i
fiocchi di neve era come giocare con le stelle. Le era
sempre piaciuto, ogni inverno si lanciava nella costruzione di pupazzi di neve
che si trasformavano in principi, correva su strade di zucchero filato e si
buttava in cumuli di nuvole gelate.
E le luci natalizie che riempivano il cielo erano così belle!
“Avanti
Lily, non restiamo qui al freddo! Tua sorella si ammala facilmente se si
bagna…” un grande signore dai capelli brizzolati prese
per mano una bambina di pochi anni più grande della precedente. Questa starnutì
energicamente e si strofinò il nasino lungo e sottile con un grosso fazzoletto
aggrovigliato. “Lo vedi? Avanti, andiamo a prenderci una cioccolata…”
La
piccola Lily sentì la grande mano del padre afferrarle
affettuosamente una spalla e sospingerla verso un’invitante caffetteria poco
più avanti. L’idea della cioccolata era davvero allettante, trotterellò
allegramente verso l’ingresso addobbato di rosso, verde e di mille luci ed
entrò nel locale. Il profumo dei dolci esposti nella vetrina poco più avanti l’avvolse, spalancò gli occhi e si incollò al vetro
che la divideva da squisite torte, pasticcini, dolci al cioccolato e alla crema
e quant’altro.
“Petunia,
vieni a vedere! C’è la zuppa inglese che ti piace tanto!” strillò
in preda all’entusiasmo rivolta alla sorella.
Questa
si soffiò nuovamente il naso appuntito e si avvicinò alla vetrina entusiasta.
Si sfilò il berretto viola lasciando scorrere una cascata di boccoli castani e
chiamò a gran voce il padre “Papà, ce lo prendiamo un
dolce? Io voglio un dolce!”
I
biscotti e le grosse porzioni di dolci dietro il vetro lucido sembravano
danzare davanti ai loro occhi e chiamarle per davvero.
Lily sorrise e salutò un grosso biscotto glassato a
forma di orsetto “Ciao piccolo orso!” fece strofinando la mano ancora guantata
contro il vetro. Quando l’orso-biscotto le rispose con un occhiolino spalancò la
bocca meravigliata e si guardò in giro per conferma di non aver avuto nessuna allucinazione, era ben consapevole del fatto che
quel saluto non era stato uno dei suoi tanti voli di fantasia bensì una cosa
reale e inaspettata. Sua sorella Petunia stava soppesando la scelta tra la sua
adorata zuppa inglese e una grossa fetta di torta al cioccolato e i suoi
genitori scrutavano la sala alla ricerca di un tavolino libero per tutti e
quattro. Alla sua sinistra invece un bambino dall’aria
divertita ridacchiava per mano a quella che doveva essere la sua mamma.
La donna rivolse a Lily un sorrisone disteso che la
fece arrossire vistosamente. Quella donna sembrava proprio
una principessa delle fiabe! I suoi riccioli color
sabbia erano raccolti a cascata dietro la testa, indossava un abito verde
bottiglia di un tessuto pesante che le arrivava quasi fino ai piedi e invece di
un normalissimo cappotto portava un bellissimo e morbido mantello di velluto,
con tanto di cappuccio.
Rimase
incantata ad osservare la sua bellezza e presto si voltò indietro per cercare
il principe che per forza di cose doveva accompagnarla. Poco distante vide
invece un omettino dal viso buono e dagli sparuti capelli rossicci fare cenno
alla donna di raggiungerli al tavolo. Lily storse il naso,
quello non sembrava per nulla il principe azzurro adatto a quella
bellissima principessa, tutt’al più il suo giullare! Ben presto si dimenticò
del proprio scontento e riportò la propria golosa attenzione ai bellissimi
dolci avanti a lei. Scelse un grosso pasticcino ripieno di crema e lo ordinò
insieme ad una cioccolata “con tantissimissima panna
montata sopra” quindi trotterellò fino al tavolino dei suoi genitori,
nell’angolo della grande ed affollata sala.
La
piccola rossa strillò quando la sorella più grande con una cucchiaiata le rubò
metà dell’abbondante panna montata. “Uff! Petunia
lascia stare la mia panna! Tu ci hai il tuo tè, se volevi la panna te la potevi prendere con la cioccolata invece che rubarmela a
me!” strillò allungandosi sul tavolo e facendo pericolosamente oscillare la
teiera con la bevanda calda della sorella.
“Lily,
stai attenta! E tu, Petunia, non rubare le cose a tua
sorella! Lasciala in pace e non la stuzzicare di continuo” le riprese il padre interrompendo momentaneamente la chiacchierata
con la moglie.
“Ma papà, io la volevo solo assaggiare! E’ lei che è egoista”
protestò la più grande.
Lily
sbuffò “Io non sono egotisca! Sei tu che sei una
brutta ladra, bastava che mi chiedevi di dartela e ti
facevo assaggiare un cucchiaino!”
“Si
dice egoista, non egotisca! Papà, Lily sta in prima elementare e ancora non sa
parlare!” la più grande ridacchiò mostrando la lingua
alla piccolina che per tutta risposta si allungò per darle uno spintone che la
rimettesse al suo posto.
Ormai
era guerra. I genitori le ignorarono bonariamente impegnati a salutare dei
conoscenti e la situazione degenerò.
Petunia
rubò con un gesto fulmineo il resto della panna montata della sorella
scatenandone le ire più profonde, questa battè le mani
sul tavolo protestando rabbiosamente. Subito la teiera di fronte a lei andò in
mille pezzi. La più grande emise un piccolo urlo iniziando a piangere quando il
liquido bollente le trapassò la stoffa pesante dei vestiti arrivando a contatto
con la pelle delicata e nel resto della sala calò il silenzio.
Lily
vide sua madre aggrottare la fronte preoccupata, la donna le scollò le manine
dal tavolo con un’aria sconcertata “Lily, che è successo?”
quindi lanciò uno sguardo a Petunia cui nel frattempo il padre stava cercando i
pulire lo scamiciatino di velluto.
Anche lui guardò la piccola con fare accusatorio e di rimprovero e
a lei non restò che chinare il capo sbuffando col le lacrime agli occhi mentre
anche sua sorella la fissava come se fosse un’aliena.
Rimase
sola qualche istante dopo quando il padre accompagnò la sorella in bagno per
asciugarsi e alleviare il bruciore alla pelle lievemente scottata e la madre si avviò al bancone per pagare il
conto e gli eventuali danni. Rimase sola a pensare che non era
proprio per nulla giusto che mamma e papà, Petunia e tutta la gente in sala ce
l’avessero con lei. Non lo aveva proprio fatto apposta, in fondo! E poi era stata Petunia a farla arrabbiare, aveva iniziato
lei rubandole la sua adorata panna e prendendola in giro perché non conosceva
bene le parole difficili come la sorella che era in quarta ormai. Aveva
iniziato lei come tutte le volte e poi Lily si era arrabbiata, e sempre come
tutte le volte era successo un piccolo guaio. E mamma
e papà erano arrabbiati e per colpa sua avevano dovuto chiedere scusa ai
signori del locale. E tutti in sala non facevano che parlare di lei, ne era certa. Sentì le lacrime premere forte dietro le
palpebre strizzate. Non voleva ora tornare a casa e sentirsi di nuovo sgridare.
Non voleva che Petunia la guardasse in quel modo che la faceva piangere.
Seguendo
un impulso insopprimibile balzò in piedi, si infilò il
cappottino e calandosi il berretto fin sugli occhi sgattaiolò via senza farsi
vedere. Non ci sarebbe proprio più tornata a casa finchè
mamma, papà e Petunia non le avessero chiesto scusa! Non era stata colpa
sua! Non lo era mai! O comunque, non lo era sempre….
Infilò
le manine in tasca e tirando su col naso nel tentativo di non farlo colare e
insieme ricacciando indietro i lacrimoni si avviò senza meta per le affollate
vie di Londra.
Avrebbe
sempre potuto fare come Peter Pan e nascondersi
insieme alle fate e agli uccelli a Kensington Garden, la mamma le aveva letto
tutta la storia proprio l’estate precedente. Magari avrebbe anche imparato a
volare! E poi quando sarebbe stata grande un principe
sarebbe venuto a prenderla a cavallo di un drago – perché avrebbe dovuto
attraversare volando la Serpentina, proprio come gli uccelli – per portarla in
un bellissimo castello pieno di fontane e di folletti, dove ci sarebbe stata
una regina bella come la signora che aveva visto poco prima.
Sì,
niente più Petunia e niente più sgridate!
Si
mise a trotterellare allegramente con un sorriso vispo sulle labbra afferrando
i lembi del cappotto come se fossero quelli di una bella, grande e sfarzosa
gonnellina a balze fantasticando già di essere una principessa.
Non
riuscendo a trovare i giardini di Kensington per quel pomeriggio si accontentò
di un piccolo parco innevato lungo la sconosciuta strada. C’era, lì nel parco
mezzo coperto da mucchi di neve, anche un piccolo castello di legno, di quelli
con il ponte e lo scivolo, con la torretta e le corde per arrampicarsi e Lily trovò che fosse davvero incantevole come prima residenza. Si
arrampicò canticchiando per la scala a pioli fino alla torre coperta, si
sedette e tirò fuori dalla tasca il Signor Camaleo, il
suo pupazzo di stoffa preferito che non perdeva occasione di portare con sé. Lo
fece accomodare innanzi a sé e tra di loro stese
accuratamente il piccolo fazzoletto a fiori a mo’ di tovaglia, badando bene di
lisciare tutte le pieghe. In fondo non si era mai vista una tavola di
principessa mal apparecchiata!
“Vuoi
un bicchierino di tè, Signor Camaleo? Mh, mh, mh… Come dici? Certo ne vorresti un goccettino con il latte dentro? Oh, va bene! Lo
chiedo alla mia cameriera che te lo porta subito. Va bene?” e sorrise
amorevolmente al suo compagno di merende. Quindi portò alla bocca una tazzina
visibile solo a lei e soffiò lentamente sulla bevanda calda finchè non trovò che fosse diventata della giusta temperatura quindi la
trangugiò tutta d’un fiato.
“Vedi
Signor Camaleo, ci devi soffiare un pochino dentro sennò ti scotti. Me lo dice
sempre la mamma! Mamma…” l’espressione vispa della bambina si rabbuiò un
istante ma fedele alla sua promessa silenziosa di non tornare a casa finchè non
avesse ricevuto delle scuse cercò di non lasciarsi
sopraffare dalla tristezza.
“Cosa hai detto? C’è il mio principe azzurro fuori dalla torre? Oh, vado a salutarlo allora! Tu aspettami
qui Signor Camaleo e non rovesciare nulla!”
Si
alzò rapida e si sistemò il berretto sulla testa per farsi ancora più bella per
il suo principe che l’attendeva. Si arrampicò più in
alto e si sporse dalla finestrella della piccola costruzione. Fissò sorridendo
un piccolo pupazzo di neve recente sotto di lei e salutò con una mano “Ora scendo principe mio! Aspettami che mi metto meglio la corona
sennò mi cade…”
Si
assicurò meglio la berretta e si lasciò scivolare lungo il palo di metallo con
un grido di divertimento atterrando col sedere sulla neve soffice. Percorse il
breve pontile di legno fino allo scivolo e si lasciò scivolare lentamente
assieme alla neve che lo ricopriva. Rise di gusto quando cadde dal bordo ormai
giunta alla fine e allora corse dal suo principe di neve e dopo un inchino
mezzo storto gli baciò una guancia gelata sorridendo gaia.
Afferrando
i lembi del proprio cappotto prese a danzargli attorno
facendo giravolte e salti allegri, seguendo il ritmo di una melodia sconosciuta
che in quel momento prendeva forma nella sua fantasia.
A interrompere le danze venne una risata cattiva da poco
lontano. Lily si immobilizzò guardandosi attorno
furiosa. Chi osava ridere di lei e del suo principe? Vide un bambino più grande
di lei, un bambino che non credeva di aver mai visto prima, ridere e guardarla
come fosse pazza, seminascosto dietro un tronco
d’albero.
Strinse
i pugni furiosa e gridò “Che cosa hai da ridere?
Guarda che io sono una principessa e anche una fata! Se
voglio ti trasformo in un ranocchio, ma in un ranocchio così brutto che nessuna
principessina ti bacerà mai e non ritornerai un bambino mai più per tutta la
vita!”
Annuì
col capo, soddisfatta della propria terribile intimidazione ma storse il naso infastidita quando sentì il bambino ridacchiare
ancora più forte e piegarsi in due in mezzo alla neve.
“Sei proprio maleducato, tu! La mia mamma me lo dice sempre
che non bisogna ridere in faccia alla gente! Si vede proprio che non sei un
principe per niente, tu!” aggiunse inorridita. Quel
bambino maleducato le ricordava tanto un suo vecchio compagno dell’asilo, Bugs,
che ogni volta la prendeva in giro al grido di ‘Pisciolily’ solo perché quando
era ancora piccola se l’era fatta sotto una volta che era malata. Lei li odiava
i bambini così.
Da
dietro l’albero il bambino si mosse rapido e presto
una grossa palla di neve gelata la colpì dritta sul naso, finendole anche negli
occhi e nella bocca spalancata.
Lily
rabbrividì a contatto con quella materia gelida e con i guanti si ripulì rapida
la faccia. Batté feroce un piede a terra e corse verso il ragazzino.
“Adesso
te la faccio vedere io! Se mi tiri la neve negli occhi
mi brucia! E ti do un pugno per questo, anche se a
mamma non piace! Sei cattivo come mia sorella”
concluse.
Ma il bambino, ancora ridacchiando, si mise a correre “Sei una bambina scema!” le gridò dietro,
correndo come un fulmine.
La
piccola rossa decise che non avrebbe mai lasciato cadere questo
affondo, aveva riso di lei e le aveva persino dato della scema! Lo
avrebbe sistemato con un grosso calcio. Ma quello era almeno due
spanne più alto di lei e aveva gambe decisamente più lunghe e presto la
distanza tra i due si incrementò notevolmente.
Col visino rosso per lo sforzo e per il
freddo, con la berretta azzurra ricoperta di neve Lily accelerò la propria
corsa, incurante delle strade che stava imboccando, desiderosa solo di dare una
lezione a quel ragazzaccio che aveva riso di lei. Che male c’era
in fondo se lei desiderava così tanto essere una principessa? Era sicura che esistevano, sia le principesse bellissime che i principi a
cavallo, da qualche parte c’erano! E anche le fate.
Esistevano eccome le fate, ed erano bellissime! Ne era
certa! Oh, se avesse potuto diventare una fata proprio
in quel momento! Agitando le ali avrebbe raggiunto quel monello e poi, con un
colpetto del dito e un po’ di polvere magica gli avrebbe fatto fare una capriola per aria lasciandolo atterrare sul
sederone. E poi, di certo, lo avrebbe trasformato in
un rospo. Oh, se le sarebbe piaciuto! Se lo sarebbe
proprio meritato!
La
bocca di Lily si spalancò esageratamente quando, proprio davanti ai suoi occhi
e a quelli degli sparuti presente, il ragazzino rotolò
ad almeno due metri dal suolo per riatterrare in mezzo alla neve esattamente
sul proprio sedere. Incredibile! Il suo desiderio si era avverato in quel
preciso istante!
Si
voltò rapida alle proprie spalle, curiosa di vedere se in mezzo alla schiena le
fossero casomai spuntate due meravigliose e colorate ali ma i suoi occhi
scorsero solo uno dei due estremi della sciarpa. Si tastò allora con una mano,
casomai quelle fossero rimaste intrappolate sotto al cappotto
di panno, ma non sentì altro che la consistenza del proprio vestito e le
‘spacole’ all’infuori per cui Petunia non faceva che prenderla in giro.
Il
ragazzino si voltò terrorizzato, ora quel sorrisino arrogante era scomparso dal viso strafottente che aveva rivolto verso
di lei, shockato.
Lily
colse la palla al balzo, portò i pugnetti ai propri fianchi e lo guardò
minacciosa “Te l’avevo detto che ti sistemavo con la
magia! E ora ti trasformo anche in un rospo!”
aggiunse.
Quello
corse via terrorizzato, con gli occhi fuori dalle
orbite e le mani sul sedere dolorante subito dopo aver lanciato un’occhiata di
puro sbigottimento verso Lily.
Lei
lo guardò soddisfatta correre via finchè una donnona non lo
afferrò per le spalle abbracciandolo stretto “Vernon, tesoro! Non ti allontanare mai più senza chiedere il permesso a mamma e
papà…” e via tutto un predicozzo delle solite raccomandazioni tipiche da mamma.
“Uffa,
è scappato e adesso non posso nemmeno provare a trasformarlo in ranocchio…”
mormorò la bimba tra sé e sé.
“Ma è vietato usare la magia prima di Hogwarts!” strillò una
vocina squillante alle sue spalle.
Lily
si voltò sorpresa e si ritrovò a fissare un bambino mingherlino dai capelli
nerissimi con delle grosse lenti tonde calate sul nasino. “Eh?”, domandò lei.
Lui
le puntò un dito contro “Ti arresteranno ora!” fece
drammatico.
“Cosa?” chiese di nuovo lei, con voce stridula. Arrestarla?
IN PRIGIONE? Ma per cosa?!
Lui
annuì grave “Sì, per aver fatto saltare quel tipo lì. Non si può mica. Anche se
è stato un bell’incantesimo davvero…” aggiunse con un
fischio di ammirazione.
“M-ma… ma non sono stata io! Non voglio che mi arrestano! Io
non ci voglio andare in prigione!” supplicò lei,
tirando su col naso e sfregandosi gli occhi con una manina coperta dal guanto.
“Ma mica si può usare la magia prima di scuola!” aggiunse
quello, sistemandosi saccente le lenti sul naso.
“Magia?!”
fece lei sorpresa. Forse lei aveva davvero fatto una magia allora! Uao! Era bellissimo! Era diventata davvero una fata! Aveva
la magia, e magari dopo sarebbero venute anche… le
ali! “Sono una fata…” mormorò tra sé.
Il
bambino sbuffò “Andiamo, mica puoi essere una fata,
cosa dici? Le fate sono piccole piccole, non grandi come i bambini!”
Lily
rimase sorpresa. I bambini della scuola materna, e anche quelli nuovi che aveva
conosciuto in prima elementare, non ci credevano alle fate e la prendevano in
giro quasi tutti. Quel bambino invece ne parlava come se… “Ma tu le hai… viste?!”
Quello
si pavoneggiò tutto, ne aveva viste parecchie in
effetti, proprio l’estate precedente. “Sì! Mamma e papà mi hanno portato in
Cornovaglia questa estate. Ce n’è
tantissime lì. E ho anche visto i folletti. E sono tutti piccoli come una penna al massimo” spiegò con
fare da esperto.
Lily
lo ascoltava a bocca aperta mentre lui le raccontava della danza che stavano
facendo, del colore delle loro ali, di come preferissero questo
o quel fiore.
“Sai
un sacco di cose sulle fate, tu… Che bello! A me piacerebbe vedere quelle di
Kensington, ma non ci so arrivare da sola…”
Il
morettino ridacchiò “Ma non ci sono fare a
Kensington!”
Lily
si imbronciò, le si poteva toccare tutto ma non le sue
belle fate e gli uccelli di Kensington “Si che ci sono, Peter Pan gli ha viste!”
si impuntò.
“Chi
è? Un tuo amico? Mi sa che ti voleva prendere in giro e tu ci sei pure cascata.
Non ci sono le fate in quei giardini” la informò con
sufficienza.
Lei
si infervorò “Non mi voleva prendere in giro e poi
Peter ci ha giocato davvero con le fate. Solo che tu non lo puoi mica sapere
perché si nascondono quando ci sono i bambini e escono
a fare le feste solo la sera. Me lo ha letto da un libro mamma!” e mise il broncio.
“Ma se si nascondono quando ci sono i bambini allora come fa quello che ha scritto
il libro a vederle? Vedi che ti vuole prendere in giro e basta. Se vuoi vedere
le fate devi andare nella Cornovaglia. Bè, a me invece
mi piacerebbe vedere tanto un Troll!” il bambino
cambiò rapidamente argomento e sospirò di desiderio immaginando una di quelle
grosse creature.
“Un
che cosa?” domandò Lily, che non aveva mai sentito quella parola prima.
“Un
Troll” scandì bene lui.
“E che cosa è? Un animale?” domandò curiosa, ormai aveva dimenticato tutta l’ostinazione sulle fate di
Kensington e il battibecco che vi era derivato.
Il
bimbo con gli occhiali la guardò sorpresa, tutti conoscevano
i Troll! Che bambina strana era quella. “Non lo sai?
E’ una specie di uomo gigante, tutto verde e puzza un
po’. E’ fortissimo però! Mamma dice che sono stupidi, ma a me piacerebbe vederli lo stesso. Sai che bello se riesci a
stenderlo?”
Lily
storse il naso “Ma è un uomo molto brutto! Io
preferisco le principesse. Sono bellissime, non credi?” Domandò
storcendo la testa e figurandosi la bellezza e l’eleganza della donna che aveva
visto quello stesso pomeriggio alla caffetteria.
“Però sono indecisa se essere una fata o una principessa da
grande. Magari posso essere la principessa delle fate… Che bello!” e volteggiò
su sé stessa immaginando di partecipare ad una delle bellissime feste che quei
deliziosi esserini magici davano così spesso.
“Nah – fece il bambini accanto a
lei- io voglio essere un Auror da grande!”
“Un
che cosa?” certo che ne conosceva di cose strane quello, tra
Trolly puzzolenti e questa cosa qui che non aveva di nuovo mai sentito…
“Un
Auror! Ma non sai niente tu? Sono
fortissimi!” aggiunse con ammirazione.
“Oh,
e che cosa fanno? Acchiappano i Trolly?” domandò
curiosa grattandosi il nasino e avvicinandosi a lui.
Lui
ridacchiò di nuovo. Quella bimbetta non sapeva proprio nulla! Bè, lui adorava
gli Auror e conosceva ogni cosa, le avrebbe raccontato
tutto volentieri. “Si chiamano Troll, non Trolly! E
gli Auror sono degli agenti fortissimi che danno la caccia ai maghi e alle
streghe cattive. E quando un Auror prende uno che fa
magie proibite lo sbatte ad Azkaban senza pensarci. Bello, eh?” gli occhi di lui brillavano di ammirazione dietro le lenti. Le
sue labbra rosse e screpolate si allargarono smisuratamente in un sognante
sorriso sdentato.
“Dove?”
domandò Lily, che di nuovo non aveva capito ma che era piena di
ammirazione per questi Auror che arrestavano le streghe cattive che non
le erano mai piaciute da quando aveva letto di quella che aveva provato a
mangiare quei due bambini, Hänsel e Gretel.
“Ad
Azkaban, in una prigione bruttissima dove li lasciano tutta la vita se sono
stati molto cattivi!” spiegò abbassando la voce, come se si trattasse di una
cosa molto, molto pericolosa.
“Oooh…”
fece eco lei, figurandosi un posto buio, angusto e tremendo. Poi improvvisamente
la parola prigione le riportò alla mente che aveva fatto saltare in aria quel
ragazzetto di prima. E se uno di quegli Auror sarebbe
venuto e l’avesse portata in prigione? Improvvisamente tirò su col naso e
scoppiò a piangere chinandosi sulle ginocchia, stanca.
“Ehi,
perché piangi adesso? Che hai? Ti cola
tutto il naso!” disse lui sedendosi a gambe incrociate davanti a lei.
Lily
tirò rumorosamente su col naso “Gli Auror mi ci portano anche a me in prigione
perché penseranno che ho fatto saltare io quel bambino e tu hai
detto che non si può! Però io sono piccola e forse mi
perdonano… È così?” domandò speranzosa di ricevere una risposta rassicurante,
quindi si fregò entrambi gli occhi con i guantini di lana.
“Boh…” rispose lui incerto. Però gli sarebbe dispiaciuto se avessero messo in prigione quella bambina
Lily
singhiozzò di più, tristissima. “Mi mettono nella prigione,
io non vedrò mai le fate, e nemmeno i Troll! E
non imparerò mai a volare…” gracchiò con la voce rauca.
“Senti,
lo possiamo chiedere alla mia mamma se è tanto grave che hai fatto magie prima
di scuola. Sai, la mia mamma sa un sacco di cose… Vieni con me. Se dice che ti
metteranno ad Azkaban però non ti arrabbiare con me poi…” aggiunse
incerto.
Lei
annuì mogia, rialzandosi da terra e accettando la proposta del ragazzino “Posso
sempre scappare e non farmi prendere, non credi? O usare dell’altra magia e scappare dalla prigione. Come si
dice scappare dalla prigione?”
“Uhm…
mi sa che si dice edavere” rispose lui, quasi sicuro.
“Ecco
– aggiunse Lily speranzosa- posso sempre edaverare dalla prigione!” non
era così male. Forse avrebbe ancora potuto vedere le fate.
“Nah, non ci riesci mica. Primo perché gli Auror sono troppo
fortissimi e ti trovano in un secondo e poi perché non si può scappare da
Azkaban, non si possono fare le magie là. Mi dispiace!” precisò
lui, che si era fatto raccontare tantissime volte di quel posto misterioso e
terrificante. Da suo padre, naturalmente, perché sua madre diceva sempre che
non erano cose da raccontare ad un bimbo prima di
andare a letto. Ma lui adorava le storie sui criminali che gli raccontava.
“Vieni
con me allora. Ti porto da mamma, sta a Diagon Alley
laggiù a fare degli acquisti. Io me ne sono andato un po’ perché doveva parlare
con Babbo Natale del mio regalo e non posso sentire. A mamma piace
fare sorprese!” aggiunse tutto vispo, saltellando da un piede all’altro.
“Io
ci ho scritto una lettera a Babbo Natale, dici che me li porta anche se sto in
prigione i regali?” domandò preoccupata, chiedendosi se per caso Babbo Natale
sapesse l’indirizzo della prigione e soprattutto se questa avesse un camino per
farlo entrare.
“Se sei stata buona sì, certo! Andiamo
allora?” la invitò a seguirla indicando avanti a sé.
“Mh!”
fece lei annuendo energicamente e raddrizzandosi il berretto sui capelli
scompigliati.
Seguì
silenziosamente il suo nuovo amico per le strade innevate, i grossi fiocchi che
seguitavano a scendere lenti le ricoprivano le spalle. Lily rabbrividì e si
annodò più stretta la sciarpa attorno al collo. Era tutta immersa nei suoi cupi
pensieri quando improvvisamente si ricordò del Signor Camaleo.
“Signor
Camaleo!” gridò bloccandosi di colpo in mezzo ad una stradina deserta.
Il
bimbo con lei si fermò e la guardò stranito “Con chi ce l’hai,
eh? Non c’è mica nessuno qui…” le fece notare.
Lei
scosse la testa e iniziò a piangere di nuovo, ancora più disperatamente di
prima “Il Signor Camaleo! Lui è rimasto al parco, tutto solo! Sotto la neve! E sarà tutto congelato e bagnato, gli verrà un raffreddore e
sarà colpa mia! Io devo tornare a prenderlo!” spiegò,
pulendosi gli occhietti verdi in una manica del cappottino.
“Senti
ma può anche andare a casa da solo questo signore, no?” fece lui, come se fosse
la cosa più ovvia del mondo.
“Ma il Signor Camaleo non può camminare! Lo porto sempre io
in braccio! Non può andare a casa da solo… E ora come ci torno al parco?” iniziò, disperata, a cercare di capire qual era la strada,
senza successo.
L’altro
ragazzino sbuffò, irritato “Ma scusa, non ti interessa
di più sapere se finirai ad Azkaban?”
Lei
scosse il capo, la berretta le si sfilò dal capo
rivelando una massa di capelli rosso scuro, spettinati “No! Io devo ritrovare
il Signor Camaleo! – fece ostinata – Dov’è il parco?”
L’altro
alzò le spalle “E che ne so? Non capisco di che parco
parli”
“Quello dov’ero prima, prima che arrivasse il ragazzo che è
volato in aria. Oh, ti prego, riaccompagnami là, io non la so mica la strada e
il Signor Camaleo potrebbe avere tanto freddo come la
piccola fiammiferaia!” piagnucolò Lily, gli occhi arrossati.
“Come
chi?” domandò incerto l’altro, non capendo a chi si riferisse.
“Ma a te non te le raccontano mai le favole?” domandò
incredula Lily, tutti i bambini del mondo conoscevano la piccola fiammiferaia.
“No.
Io mi faccio raccontare da papà le storie degli Auror, a me le favole non
piacciono mica!” spiegò, quasi disgustato, come se fosse una cosa da
femminucce.
“Bè,
allora, mi accompagni dove eravamo prima o no?” domandò incalzante Lily, sempre
più preoccupata per il suo piccolo amico, tutto solo in quel parco in mezzo
alla neve gelata.
Per
tutta la strada non disse una parola, trotterellò dietro a quel bimbo
sconosciuto che iniziò a correre in mezzo alla neve soffice. Gli stivaletti
avevano iniziato a bagnarsi e sentiva i piedini piuttosto freddi ma la fretta
di trovare il Signor Camaleo la costrinse a stringere
i denti e ignorare le dita che iniziavano a dolere.
Quando
il bimbo disse di averla riaccompagnata dove l’aveva
incrociata la prima volta, Lily si rabbuiò. Non vedeva nessun parco e non aveva
la più pallida idea di dove cercarlo. Sentì le lacrime premere dentro gli occhi
ma le ricacciò indietro tirando su col naso, doveva farsi coraggio per il suo
piccolo amico.
“E ora che c’è? Io qui ti ho trovato…” fece
lui, che non ne poteva più delle lacrime di quella bimba.
“Niente
di niente… Solo che non mi ricordo dov’è il parco… Può essere di là però…” fece
incerta, dando una sbirciatina verso la fine della strada.
Si incamminò ostinatamente in quella direzione,
sperando davvero che fosse quella giusta o che arrivasse un’altra magia che
facesse improvvisamente comparire il parco con il Signor Camaleo davanti a lei.
Sentì il bimbo sconosciuto seguirla silenziosamente, pochi passi addietro.
Nel
frattempo aveva iniziato a nevicare forte e Lily non sapeva se esserne felice,
perché adorava veder cadere dal cielo i fiocchi di neve soffice, o preoccuparsi
per il povero Signor Camaleo che in poco tempo sarebbe stato sommerso.
Si
domandò se per caso in quel parco non ci fosse qualche fatina che vedendolo solo
e in difficoltà lo aiutasse.
“Secondo
te se le fate trovano il mio amico Signor Camaleo da solo in mezzo alla neve lo
aiutano?” domandò preoccupata al bimbo, girandosi verso di lui.
Lui
alzò le spalle “A volte le fatine sono un po’ monelle,
non lo so. Se sono buone sicuramente ma…” stava per
dirle che dubitava fortemente che in un parco di Londra ci fossero le fate
quando si bloccò, probabilmente sarebbe scoppiata di nuovo a piangere.
“Ma cosa?” domandò lei incerta.
Lui
sorrise “Niente! Vedrai che lo staranno sicuramente già aiutando!” cercò di tranquillizzarla.
Dopo
un breve vagare Lily riconobbe l’ingresso famigliare del parco dove era stata diverso tempo prima, corse felicemente in
direzione del castello su cui aveva giocato con il Signor Camaleo, superò il
pupazzo di neve che era stato il suo principe e con cui aveva dolcemente
danzato e, quando arrivò nel punto esatto in cui aveva lasciato il Signor
Camaleo, lo trovò vuoto.
Si
buttò con le ginocchia in mezzo alla neve scavando
disperatamente, doveva essere lì!
“Che cosa stai facendo?” fece l’altro bimbo, precipitandosi
accano a lei.
Lily
non riuscì più a trattenere le lacrime “Era qui! E non c’è più, forse è stato sotterrato dalla neve, lo devo
cercare!” pianse incurante dei guantini di lana che intanto erano diventati
fradici e delle calze pesanti gelate dalla neve.
“Ma non può essere sotto la neve! Non ne è
mica caduta così tanta da sotterrarlo!” le fece notare lui, cercando di tirarla
su dalla neve in cui si era buttata come una matta.
“Il
mio Signor Camaleo! Signor Camaleo! Signor Camaleo?” iniziò a chiamare Lily a
gran voce, tra le lacrime, guardandosi attorno.
“Ma per caso questo Signor Camaleo è un pupazzo?” domandò
James, fissando un punto lontano.
“Lui
preferisce essere chiamato Signor Camaleo, ma sì… è un pupazzo…” spiegò Lily,
continuando a chiamarlo forte.
Il
ragazzino scoppiò a ridere e, afferrata una mano di Lily, iniziò a correre
tirandosela dietro.
“Aspetta!
Devo cercare il mio amico!” insisteva lei, cercando di
divincolarsi.
“Guarda
là!” fece lui, allungando un braccio davanti a sé e additando qualcosa.
Di
fronte a loro, al riparo sotto un gazebo di legno, sedeva appoggiato ad una
panchina il Signor Camaleo, al caldo del fazzoletto che Lily aveva usato come
tovaglia.
La
bambina spalancò gli occhi dalla felicità e gli corse in contro quasi volando.
Quando lo riabbracciò si sentì profondamente sollevata, poi si bloccò e si
guardò attorno curiosa e meravigliata.
“Secondo
te…” iniziò incerta, aguzzando la vista.
L’altro
annuì incredulo, con la bocca aperta “Già, possono essere
state soltanto le fate…” osservò, meravigliato.
Lily
scoppiò in un sorrisone felice ma poi si bloccò, il
labbro inferiore iniziò a tremarle e scoppiò in un pianto dirotto.
“Che cosa c’è ora?” domandò esasperato il bambino, di fronte
all’ennesimo pianto.
“I-io… Voglio la mia mamma e il mio papà!” strillò Lily,
stringendo più forte il suo amico di pezza con le manine gelate.
“Senti,
vieni con me. Andiamo dalla mia mamma, lei ti riporterà a casa sicuramente”
La
prese per mano e la trascinò verso la strada, diretto dove sapeva di trovare la
madre intenta a fare acquisti. Lily non smise di singhiozzare per tutta la
strada ma sembrò più calma.
Raggiunsero
una via piena di gente e Lily continuò a seguire il bimbo che la tirava per la
mano fino a quando si fermarono davanti ad un pub scuro e anonimo. Lily ebbe
paura e trattenne il bimbo per la manica.
“Non
voglio entrare lì, mi fa paura…” confessò lei, mettendo il broncio.
Il
bimbo alzò gli occhi al cielo “Senti, dobbiamo passare di qui per andare a
Diagon Alley da mia mamma…” le spiegò.
“Io
non voglio andare a diagonale, voglio tornare a casa mia!” iniziò a piangere di nuovo Lily.
Il
bimbo la tirò ma lei oppose tutte le proprie forze, a mettere fine a quel tira e molla fu una signora bellissima, indossava un lungo
vestito fino ai piedi e un mantello che somigliava tanto a quello della
principessa che Lily aveva visto alla caffetteria diverse ore prima.
“Piccolo
monello che non sei altro! Dove eri finito? Mi hai
fatto preoccupare da morire!” fece quella,
abbracciando e prendendo in braccio il bimbo dai capelli neri che la abbracciò
tutto sorridente.
“Ero
con lei, mamma!” confessò lui, indicando Lily che continuava a fissarli con le
lacrime agli occhi. Quella scena infatti le aveva fatto
venire ancora più voglia di mamma.
“Ciao piccina! Ma sei tutta
bagnata!” osservò la donna, mettendo a terra il figlio e chinandosi davanti a
lei.
Quello
che successe dopo Lily non seppe spiegarselo per anni, la donna estrasse da una
tasca un lungo bastone sottile e Lily si ritrovò immediatamente asciutta e
calda come se un vento d’estate avesse soffiato su di lei.
“Si
è persa mamma, la possiamo portare a casa sua? Non la smette più di piangere” spiegò il bimbo, tirando una manica
della madre.
“Dove
abiti, piccina?” domandò la donna, affabile.
Lily
balbettò l’indirizzo tra un singhiozzo e l’altro e poi successe qualcosa di
ancora più incredibile.
La
donna la prese in braccio assieme all’altro bambino, le disse di tenersi forte forte a lei e di chiudere gli occhi e un attimo dopo,
quando li riaprì, Lily era esattamente di fronte a casa.
“E’
la tua casa questa?” domandò la signora che aveva un profumo buonissimo.
Lily
annuì a bocca aperta, scese dal braccio della bella
signora e corse alla porta chiamando la mamma a gran voce.
Quando la porta si aprì fu letteralmente travolta
dall’abbraccio della sorella che si era catapultata fuori appena aveva udito la
sua voce.
“Lil, stai bene? Dove eri finita?
Mi sono spaventata da morire!” disse, rimettendola in
piedi.
Un
secondo dopo sua madre e suo padre fecero capolino sulla soglia di casa, Lily
si buttò letteralmente fra le loro braccia che la strinsero fortissimo.
“Mi
ero persa! Scusa mamma, scusa papà! Scusa anche tu, Tun!” disse,
asciugandosi gli occhini.
“Mi
ero persa ma una signora gentile mi ha riportato qui” si voltò ma non c’era
nessuno. Dette uno sguardo da una parte all’altra della via illuminata dai
lampioni e delle luci di Natale ma era deserta.
“Era
proprio qui, papino…” disse con un fil di voce. Era una fata! Una fata
bellissima!
“L’importante
è che sei a casa!” disse lui, stringendola forte e portandola dentro al caldo.
La
felicità di Lily fu così tanta che improvvisamente quando lei strizzò gli
occhi, in un attimo, tutte le luci interne ed esterne della casa si accesero
contemporaneamente regalando alla piccola famiglia una vigilia di Natale
colorata e luminosa.
“Chi
è stato?” fece Petunia incerta e un po’ impaurita.
Lily
aggrottò le sopracciglia “Credo di essere stata io…” commentò
colpevole.
“Ma… come?” domandò la madre, perplessa.
Lily
cercò di trattenere le lacrime e fissò il grosso Babbo Natale che se ne stava
immobile sopra il camino. Si concentrò e improvvisamente quello strizzò un
occhio a tutti loro.
“Così…
anche se non so come” rispose, sempre più preoccupata, la piccola Lily.
“Lil, sei… magica!” commentò Petunia, incredula e
meravigliata.
“Sai
Lily, prima o poi ti cresceranno davvero le ali come
alle fate…” disse sua madre spettinandole i capelli e dandole un bacio sulla
fronte.
“Non
siete arrabbiati con me? Per il the di prima?” domandò lei, insicura.
“No,
tesoro. Siamo felici di sapere che la nostra bambina è davvero una fata magica…”
il padre le accarezzò una guancia.
Quello
fu il primo Natale magico di Lily e della sua famiglia, uno tra un più belli
della sua vita.
Fine!
Buon Natale a
tutti!
Spero
che questa favoletta vi sia piaciuta! ^^ In realtà avevo
iniziato a scriverla un sacco di tempo fa (una cosa come due o più anni,
figuratevi! Dopo la conclusione di WAL&J) ma poi mi ero bloccata. L’ho
ritrovata l’altro giorno e ho deciso di spolverarla, sistemarla e concluderla come regalo di Natale.
Certo
è improbabile che Lily e James (avevate capito che era lui, vero?) si fossero mai incrociati prima di Hogwarts, ma perché no? E
poi erano così piccoli che una volta cresciuti potrebbero
essersi tranquillamente dimenticati di questo episodio.
Ovviamente
è dedicata a tutti i lettori de “Le Cronache di Godric’s Hollow e ovviamente
alle mie meravigliose amichette Vale
e Ale, tanti
auguri di buon Natale e Buon anno nuovo a tutti voi!! Spero
di aver portato una bella favola e un po’ di magia nel vostro Natale…
Ora,
aspetto di trovare tante belle recensioni sotto l’albero assieme ai regali di
Natale, mi accontenterete, vero?
Un
bacio grandissimo,
La
vostra Ly (con capello di Babbo Natale in testa)