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Autore: larrysharmony    09/06/2013    108 recensioni
«Cazzo…» sussurrai flebilmente, ricevendo un’occhiataccia da mia madre.
«London High School. Certo che ne hanno di fantasia» commentai ironicamente suscitando una risatina divertita da parte di mia madre.
Posteggiò l’auto per poi avvicinarsi al mio viso.
Posò un leggero bacio sulla mia guancia e mi accarezzò i capelli.
«Fai la brava piccola» disse sfoggiando un dolcissimo sorriso, uno di quelli che dedicava solo a me e che tempo addietro anche a mio padre.
Ricambiai il sorriso prima di uscire dall’auto.
Percepii l’agitazione fremere nel mio corpo non appena mise in moto sparendo dietro l’angolo.
Rabbrividii notando che quella più che una scuola sembrava un insieme di più edifici messi insieme, per quando grande era.
Varcai la soglia del cancello bloccandomi all’istante. Non si riusciva nemmeno a notare l’entrata per quanti ragazzi c’erano.
Si preannunciava una giornata molto lunga.
FFTaylor Swift è la protagonista principale comunque
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suono insistente della sveglia interruppe il mio riposo.
Ancora con gli occhi chiusi e mezza addormentata annaspai con una mano sopra il comodino alla disperata ricerca di quel dannato aggeggio.
La spensi con un gesto brusco tornando poi a rifugiarmi tra le coperte calde.
«Diamine Taylor, si può sapere cosa ci fai ancora a letto?» gracchiò una voce, quella che appunto apparteneva a mia madre.
La sentii camminare per la stanza, consapevole di cosa stesse per fare di lì a poco.
Pochi secondi dopo infatti un forte raggio di luce naturale si posò dritto dritto sul mio viso costringendomi a strizzare gli occhi.
Irritata scostai le coperte e mi misi a sedere puntellando i gomiti sul materasso.
«Sono già le 7.10. Sarà meglio che ti alzi, non vorrai mica arrivare in ritardo il tuo primo giorno di scuola» continuò lei atona.
Mi voltai a guardarla. Ma come diavolo faceva a essere tutta bella pimpante di prima mattina?
Alzai gli occhi al cielo prima di issarmi in piedi. Infilai le pantofole ai piedi e mi trascinai stancamente in bagno.
Mi parai di fronte allo specchio contemplando con riluttanza la figura riflessa in esso. Avevo gli occhi gonfi, parecchio.
Mi maledissi mentalmente per non essermi addormentata prima la notte precedente.
Sbuffando chinai il viso all’altezza del rubinetto aprendo l’acqua calda, per poi sciacquarmi velocemente il viso cercando di eliminare ogni piccolo residuo di trucco del giorno prima.
Sorrisi compiaciuta prima di sciogliermi i lunghi capelli biondi dalla crocchia ormai disordinata che mi ero accuratamente fatta la sera prima di dormire.
Questi ricaddero selvaggiamente sulle spalle, gli scossi leggermente dando loro un po’ di volume.
Una volta ottenuto l’effetto desiderato mi alzai sulle punte e aprii uno dei tanti scaffali disposti ordinatamente attorno al lavabo alla disperata ricerca della mia pochette porta trucchi.
Tracciai due perfette linee di eyeliner sopra gli occhi. Un blush color pesca a rimporporare le guance e un semplice lucidalabbra alla fragola.
Soddisfatta del risultato tornai nella mia stanza. Evitai leggiadramente gli innumerevoli capi buttati qua e là per la stanza e mi catapultai contro l’armadio.
Una volta spalancate le enormi ante in legno massiccio annaspai alla ricerca di qualcosa di decente da indossare. Infine optai per una semplice felpa bianca e un paio di leggins scuri.
Mi vestii in fretta e furia, raggiunsi il comodino, afferrai il cellulare e per poco non lanciai un urlo.
Ero parecchio in ritardo.
Non mi accorsi nemmeno di mia madre, appoggiata allo stipite della porta, con le braccia incrociate all’altezza del petto e un’espressione indecifrabile stampata in faccia.
«Te l’avevo detto io» mi schernì.
Grugnii nervosamente, ci mancava solo lei.
Decisi tuttavia di non rispondere alla sua provocazione. Non volevo litigare con lei di prima mattina e poi temevo che se le avessi risposto, questa per ripicca decidesse di non accompagnarmi a scuola.
Decisamente no. Meglio stare zitta.
Infilai le mie immancabili converse bianche ai piedi, afferrai la borsa e il cellulare e uscii dalla stanza seguita da mia madre che continuava a borbottare parole incomprensibili, o meglio, che io non avevo la minima intenzione di ascoltare.
Lottai con tutte le mie forze per non cadere rovinosamente per le scale.
Fortunatamente arrivai intatta.
«Non c’è tempo per fare colazione, Taylor» disse mia madre interrompendo i miei propositi di iniziare la mattinata con una bella colazione ricca di zuccheri.
«Ma io ho fame» mi lamentai ricordandomi che in effetti il giorno prima non avevo nemmeno cenato.
Mia madre scosse la testa, ravviandosi i capelli.
«Tesoro è tardi. Mangerai qualcosa a scuola. I soldi ce gli hai, no?» si accertò.
La liquidai con un flebile «sì» sussurrato a labbra serrate prima di raggiungere la porta d’ingresso.
Uscii di casa raggiungendo l’auto.
Una Bmw x6 nera, con i sedili beige. Una vera chicca.
Presi posto nel sedile del passeggero accanto a mia madre che mi raggiunse subito dopo.
Dopo essersi accertata che mi fossi allacciata la cintura -è sempre piuttosto pignola quando l’argomento principale era la mia incolumità- mise in moto l’auto.
La scuola distava appena qualche isolato da casa mia perciò l’incubo sarebbe cominciato presto, molto presto.
Non che avessi paura, affatto. Non era da me. Semplicemente mi sentivo leggermente a disagio.
Io e mia madre ci eravamo trasferite solo due mesi prima a Londra, in seguito all’abbandono di mio padre.
Oh no, non era morto. Semplicemente ci aveva abbandonate, così da un giorno all’altro.
Che gesto vile.
Certo io e mamma avevamo sofferto parecchio ma piano piano ci stavamo riappropriando della nostra vita.
Devo ammettere però che tutto ciò mi è costato molto. Mi ero lasciata alle spalle la mia vecchia vita a Lancaster, avevo abbandonato i miei amici, la mia scuola, George.
Scossi energicamente la testa per scacciare il mio ultimo pensiero.
Appoggiai la testa al finestrino lasciandomi cullare dalla leggera vibrazione provocata dall’auto in movimento.
«Eccoci arrivate» sentenziò mia madre ridestandomi dai pensieri di poco prima.
Allarmata alzai la testa guardando nella direzione che la donna mi indicava con lo sguardo.
Avvampai alla vista dell’enorme edificio che si stagliava davanti ai nostri occhi.
«Cazzo…» sussurrai flebilmente, ricevendo un’occhiataccia da mia madre.
«London High School. Certo che ne hanno di fantasia» commentai ironicamente suscitando una risatina divertita da parte di mia madre.
Posteggiò l’auto per poi avvicinarsi al mio viso.
Posò un leggero bacio sulla mia guancia e mi accarezzò i capelli.
«Fai la brava piccola» disse sfoggiando un dolcissimo sorriso, uno di quelli che dedicava solo a me e che tempo addietro anche a mio padre.
Ricambiai il sorriso prima di uscire dall’auto.
Percepii l’agitazione fremere nel mio corpo non appena mise in moto sparendo dietro l’angolo.
Rabbrividii notando che quella più che una scuola sembrava un insieme di più edifici messi insieme, per quando grande era.
Varcai la soglia del cancello bloccandomi all’istante. Non si riusciva nemmeno a notare l’entrata per quanti ragazzi c’erano.
Si preannunciava una giornata molto lunga.
Presi coraggio e tra uno spintone e l’altro scorsi finalmente quella che doveva essere l’ingresso.
Aprii la porta pentendomene subito dopo. Se fuori c’era tantissima gente, dentro era anche peggio.
Mi balenò nella mente la pessima idea di saltare il mio primo giorno di scuola. Lo ricacciai velocemente prima che potesse concretizzarsi.
Fortunatamente alla mia destra, dietro a un minuscolo banchetto scorsi una donna paffuta con i capelli corti, rossicci e due enormi occhiali appoggiati sulla punta del naso.
Tirai un sospiro di sollievo e la raggiunsi velocemente.
«Ehm… Scusi…» dissi timidamente.
Questa alzò lo sguardo sorridendo e intimandomi a parlare.
Cercai di formulare una frase consona alla situazione.
«Sono nuova, è il mio primo giorno di scuola» dissi troppo in fretta, gesticolando nervosamente con le mani.
La donna scoppiò in una risatina.
«È il primo giorno per tutti del resto» disse con tono strascicato, facendomi l’occhiolino, come per sdrammatizzare la situazione.
Diamine, che sbadata. Me lo ero proprio dimenticata.
La donna notò il mio evidente e ormai sempre più crescente imbarazzo.
«Taylor Swift. Giusto? Ecco il foglio con gli orari e le lezioni» disse in fretta senza neanche lasciarmi il tempo di replicare di rimando.
Mi porse il foglio che afferrai contemplandolo per alcuni secondi.
Successivamente alzai la testa interrogativa.
La donna sorrise voltandosi poi a chiamare un ragazzo dietro di me.
Questo la raggiunse in un battibaleno.
«Niall, fammi un favore caro, da una mano a questa fanciulla. È nuova e non sa dove sono le classi» disse senza smettere di sorridere.
Osservai il ragazzo biondo che si limitò ad annuire prima di raggiungermi.
Più basso di me di qualche centimetro, con i capelli biondi ossigenati, gli occhi azzurri e un viso dolcissimo.
Sfoggiò un bellissimo sorriso intimandomi a seguirlo.
«E così sei nuova» disse trascinandomi per l’immenso corridoio ormai gremito di studenti.
«Già» risposi forzando un sorriso.
Si fermò improvvisamente per poi sbirciare nel foglio che tenevo in mano.
«Scienze. Fantastico, siamo in classe insieme. Vieni» disse senza neanche lasciarmi il tempo di ribattere.
Mi afferrò per il polso trascinandomi per i numerosi corridoi, che detto francamente, sembravano non finire mai.
Mi trascinò poi all’interno di un’ampia classe.
-Eccoci arrivati- aggiunse prima di accaparrarsi i posti in fondo alla classe, accanto alla finestra e intimandomi a raggiungerlo.
Presi posto prima di guardami intorno.
La classe era per lo più vuota. Ceravamo solo io, il biondino, accanto a noi tre ragazze intente a discutere fittamente, sicuramente di pettegolezzi.
I minuti successi gli passai a parlare del più e del meno con Niall. Gli spiegai il motivo per cui mi trovavo in quella classe e il biondo non mi interruppe, tranne per fare qualche domanda di tanto in tanto.
La classe nel frattempo si riempì di almeno una ventina di persone che giravano tranquillamente per la classe.
«Arriva il prof» sussurrò Niall.
Lo guardai interrogativa e infatti un minuto dopo fece il suo ingresso un uomo alto, ben vestito, con un paio di occhiali da vista e un enorme borsone.
«Buongiorno ragazzi» disse prendendo posto davanti alla cattedra e sorridendoci complice.
«Buongiorno» rispondemmo all’unisono.

  
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