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Autore: LaGraziaViolenta    09/06/2013    8 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove il fuoco della passione brucia Serena Latini e qualcuno lo spegnerà per lei.



Quando mi tranquillizzai riflettei su ciò che Jeanie Joy e Chelsea mi avevano detto riguardo a Potter serpe e famiglia. Loro non vedevano in lui l’individuo pessimo che ci vedevo io.
Immaginai il modo in cui un innamorato si poteva comportare.
Numero uno. Scorpius Malfoy innamorato.
Famiglia tradizionale, probabilmente Purosangue. Gran signore. Una di quelle persone che ti mette incinta con lo sguardo, roba che neanche un Basilisco riesce a fare. Difende il suo onore a ogni costo, e allo stesso modo difende quello dell’amata principessa. Probabilmente, preso dalla febbre della passione, l’avrebbe sbattuta contro a un muro e guardata con desiderio, le labbra tremanti dalla voglia di baciarla. Salvo poi ricordarsi che è un gran signore e che prima di certe cose serve il matrimonio. Troppo tardi, però: la bella ormai è stata messa incinta dal suo sguardo serpentesco. Urge matrimonio riparatore.
Mi misi le mani nei capelli e le chiusi a pugno. Oddio, no. Malfoy rischiava di finire la sua vita così, con una persona che non amava.
Un ronzio richiamò la mia attenzione. Un vago odore di bruciato mi infastidì.
Numero due. Albus Potter innamorato.
Famiglia sconosciuta, provenienza ignota. Sfigato cronico. Una di quelle persone che ti fa girar le balle al solo guardarla. Aveva il sex appeal di una banana. Ma non una banana qualsiasi. Una di quelle banane che fanno parte del corteo di Charlie the Unicorn, il Banana King. Tremendamente arrapante, se si aveva carenza di potassio. E come la conquistava, lui, la sua amata? Sbattendola al muro, da buon Serpeverde? No, macché. Mandava avanti il fratello, perché lui le donne non le conquista: schiocca le dita e loro arrivano da lui.
Storsi il naso. L’odore di bruciato si faceva sempre più intenso.
Numero tre. Edward Cunningham innamorato.
Famiglia di dubbie origini e figlio di dubbia natura. Sospettavo che non fosse umano. Forse da bambino era stato morso da un ragno radioattivo. Una di quelle persone che ti stalkera, ti intercetta tra una lezione e l’altra, ti regala dolcezze da diabete, dichiara davanti a tutta la scuola di amarti senza un briciolo di imbarazzo.
E quando arriva la sorella abbassa le orecchie. Perché la cosa non mi giungeva nuova?
L’odore di bruciato mi penetrò nel naso. Tossii.
«Professore! Latini va a fuoco!»
Sussultai. Guardai di fianco a me,e inorridii.
Il contenuto del calderone ribolliva, il liquido sgorgava fuori e le fiamme lambivano il tavolo. Sentivo il calore delle fiamme vicino a me. Panico. Mi alzai di scatto e la sedia cadde a terra. L’eco del sotterraneo fece rimbombare lo schianto. Sentii il braccio bruciare e lanciai un urlo. La manica aveva preso fuoco!
«Aiuto!» Scossi il braccio e lo agitai per aria. Le fiamme lasciarono una scia dietro di loro ma non si spensero. Tentai di togliere il mantello ma la manica non si sfilava.
«Aguamenti
Mi arrivò addosso un getto d’acqua talmente potente che persi l’equilibrio. Il mio sedere cadde contro la fredda pietra e una scarica di dolore mi attraversò la schiena. L’acqua mi arrivò in faccia e boccheggiai alla ricerca di aria. Poi smise.
«Serena! Per Merlino in mutande, stai bene?»
«Latini!» esclamò Lumacorno. Il suo viso era chiazzato di rosso. «Non ha visto il suo calderone? Dieci punti in meno a Tassorosso!»
«Ti sei bruciata? Tutto bene?»
Una mia compagna mi aiutò a tirarmi in piedi. Cunningham si avvicinò e mi aiutò a togliere il mantello. La manica ormai aveva il bordo bruciato e il fuoco l’aveva rosa in più punti.
«Ti sei fatta male? Devi andare in infermeria?»
Non capivo più nulla. Ero travolta dalle domande e dalla gente che mi stava intorno. La vista mi si oscurò e afferrai la mia compagna Tassorosso per rimanere in piedi.
Che vergogna. Che tremenda vergogna.
Sbattei le palpebre e rimisi a fuoco il sotterraneo. A pochi passi da me, in mezzo alla gente, vidi Potter serpe infilare la bacchetta sotto la veste. Di fianco a lui Scorpius Malfoy, le braccia incrociate, mi fissava. Rosemary Higgs lo prese per un braccio.
E io lì, bagnata fradicia, reduce della mia ennesima figuraccia. La gola mi si chiuse, strozzando il respiro. Tirai su col naso.
La mia pozione, ovviamente, era irrecuperabile. Passai il resto della lezione seduta di fianco a Cunningham, l’unico che dopo quel disastro avesse accettato di sedersi vicino a me. Sospettavo che c’entrasse qualcosa la mia amicizia con Jeanie Joy. A fine lezione afferrai la borsa, il mantello e fuggii via dall’aula.
Corsi via per il corridoio. I miei passi rimbombarono per il corridoio di pietra. L’ora successiva era buca, poi c’era il pranzo, poi Storia della Magia coi Grifondoro. Pregai che quel momento arrivasse presto, così mi sarei potuta rifugiare da Chelsea. Continuai a correre a perdifiato verso la Sala Comune.
«Ehi! Il libro!»
Rallentai la corsa. Il ritmo del ticchettio delle mie scarpe si fece più lento, e infine mi fermai.
Albus Potter mi raggiunse, ansante. Aveva il mio libro di Pozioni sottobraccio.
«Sempre di corsa, tu…»
Ebbi un déjà-vu. Dove avevo già vissuto tutto questo?
«Tieni.»
Mi tese il libro. Fissai il volume rilegato. La mia bocca era impastata. Allungai la mano e lo afferrai.
«Senti…» fece Potter serpe. Si passò una mano sulla nuca. Il suo viso assunse un colorito rosato. «Forse non dovrei, ma… Ecco, invece dovrei. Mi dispiace. Per Hogsmeade.»
Tacqui.
«Mi dispiace veramente. Credimi.»
Aprii la bocca per parlare. Ma era inutile. Che avevo da dire? La richiusi.
Potter serpe tacque. Spostò l’equilibrio da un piede all’altro.
Lo fissai. Il mio cuore ormai mi batteva in gola. Il mio respiro era troppo veloce. Strinsi con forza il libro di Pozioni al mio petto.
«Ecco… Allora… Ciao.»
Potter serpe si girò e mi diede le spalle.
«Hai coinvolto Chelsea.»
Potter serpe si girò. I suoi occhi verdi incrociarono i miei e io sostenni il suo sguardo.
«Hai coinvolto Chelsea e… E… Le hai fatto fare una pessima figura. Pessima.»
«Ma no… Non così pessima…»
«E invece sì» ribattei con decisione. Mi stupii di come quelle parole fossero uscite dalle mie labbra. Ormai la mia lingua era sconnessa dal mio cervello. «Chelsea è stata la vittima di quel cavolo di scherzo o quel che era, e tu non hai detto niente. Te ne sei andato. Non hai cercato di rimediare. Ci hai piantato lì. Capisco perché tutti i tuoi parenti sono a Grifondoro mentre tu invece sei a Serpeverde.»
Potter serpe sgranò gli occhi e la sua bocca si aprì. Io sentii una vampata di calore invadermi il viso, la gola ancora chiusa dall’emozione. Ero arrabbiata, ero indignata, e avevo vergogna.
«E se vuoi andare a parlare con la gente, perché pensi di drogare quello che bevono? Devi avere una grande opinione di te stesso se pensi che per piacere alle persone queste debbano avere il cervello annebbiato. Il tuo è stato un gesto imperdonabile. E solo dopo giorni e giorni hai il coraggio di accennare qualcosa. E poi ti ho visto con la bacchetta in mano, a Pozioni, hai spento tu il fuoco, e mi hai pure rincorso per il libro. Se vuoi fare amicizia con me perché non me lo chiedi e basta? Altrimenti lascia pure perdere. Io sono arrabbiata, ma non è con me che ti dovresti scusare, lo sai? È a Chelsea che dovresti chiedere scusa.»
Mi costrinsi a chiudere la bocca. Mi morsi la lingua finché non la sentii bruciare. Probabilmente neanche alle interrogazioni avevo mai parlato così a lungo. Un’altra vampata di calore e vergogna mi invase. Mi vergognai così tanto che sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Mi proibii categoricamente di piangere e le ricacciai indietro.
Continuai a fissare Potter serpe.
«Non ti posso dare torto» disse lui a bassa voce. «Però mi dispiace che tu non capisca perché mi sono comportato così.»
In quel momento Albus Potter mi fece pietà. Non potevo continuare a infierire così. Lui e la sua famiglia mi stavano antipatici, ma non per questo avevo il diritto di fargli del male.
Strinsi il libro di Pozioni con tutte le mie forze.
«Forse» mormorai, «lo posso capire.»
Potter sbuffò e fece un sorriso amaro. «No, non lo puoi capire.»
Odioso atteggiamento da primadonna.
Calma. Carina e coccolosa, Serena. Carina e coccolosa.
«Pazienza. Me ne farò una ragione.»
Potter guardò il pavimento. Si grattò la punta del naso. «Quindi… Adesso?»
«Cosa?»
«Cosa siamo, adesso?»
Una fitta di imbarazzo mi attanagliò lo stomaco. Come, cosa eravamo? «Cosa dovremmo essere?»
«Niente, niente.» Potter scosse la mano, come a voler cancellare quello che aveva detto. «Ci si vede. Ciao.»
«Ciao…»
Potter si allontanò e quando girò l’angolo scomparve dalla mia vista.
Rimasi in corridoio, inebetita dall’enorme quantità di emozioni che avevo provato in pochi minuti.
Be’, dopotutto, domani era un altro giorno.
  
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