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Autore: Simona_Lupin    10/06/2013    49 recensioni
1977. L'ultima occasione.
L'ultima occasione per respirare la magia di Hogwarts, la casa più bella, nell'ultimo anno di dolce spensieratezza.
L'ultima occasione per James di sgraffignare il cuore di Lily invece di uno stupido Boccino d'Oro.
L'ultima occasione per Lily di dare un due di picche alla Piovra Gigante e concedersi agli sfiancanti corteggiamenti di James.
L'ultima occasione per Sirius di chiudere le porte al suo orribile passato e aprirle a un amore che non ha mai conosciuto.
L'ultima occasione per Remus di far splendere ai raggi di luna la sua anima al posto del sangue delle sue ferite eterne.
L'ultima occasione per Peter di ricevere la luce di un sorriso amico prima di precipitare nell'oscurità del male senza speranza di riemergere.
L'ultima possibilità. Di amare, di lottare, di essere coraggiosi. Di vivere.
L'ultima possibilità di stringere tra le mani la vita di qualche sogno prima di gettarli via, tra le polveri di una guerra senza fine in cui tutti rimarranno prigionieri.
Dal capitolo 12 [Miley/Remus]:
« Tu riesci a mangiare mezza tavoletta di cioccolata in un colpo solo? » si incuriosì Miley, disorientata.
« Mezza tavoletta è una routine ormai assodata » fu la risposta. « Riesco a fare molto meglio. Tu, invece... riusciresti mai a farlo? »
Miley ingoiò il cioccolato e riflettè con calma, poi incrociò le braccia al petto e lo studiò. « Mi stai sfidando, per caso? »
Remus trattenne una mezza risata e scrollò le spalle, senza riuscire a mascherare il divertimento. « Se dicessi di sì? »
« Oh, John, vedrai » rise di rimando lei, guardando prima lui, poi il cioccolato con aria di sfida.
« John? » chiese lui, stranito, inclinando il capo.
« John » ripetè lei, annuendo. « E' il tuo secondo nome, no? Ti sta bene ».
John. Nessuno lo aveva mai chiamato così. Sorrise. Gli piaceva.
Dal capitolo 14 [Lily/James]:
« Come stai? » mormorò Lily a bassa voce, sorridendo ancora.
James annuì, per poi accorgersi che non era una domanda a cui rispondere con un sì o un no e riprendersi.
« Molto... molto bene, grazie » rispose, passandosi una mano tra i capelli. « Sono contento di vederti ».
« E io sono contenta che tu sia vivo » rise lei. « Così potrò realizzare uno dei sogni della mia vita ».
« Cosa? » fece lui, fingendosi ammiccante. « Uscire con me? »
« No » rispose lei, allegra. « Ucciderti personalmente ».
Dal capitolo 20 [Scarlett/Sirius]:
Era la prima volta che la teneva tra le braccia. La strinse a sé, protettivo come non si era mai sentito verso qualcuno, e si chiese perché, perché mai quel momento dovesse finire. Perché fosse destinato a rimanere solo un piccolo sprazzo di gioia isolata in una vita costellata di dolori e flebili attimi di felicità inespressa. Perché per lei non potesse significare quello che significava per lui. Perché non potesse durare solo... solo per sempre.
Genere: Comico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Questo capitolo è dedicato a Vale, Blanksomane e regina indiscussa delle gif.
Buon compleanno, tesoro (anche se in ritardo).
E grazie per tutto quanto.




Capitolo 33

Rotture


 

Da quando Scarlett e Mary si erano conosciute, quella lontana e limpida sera di sei anni e mezzo prima, non avevano mai litigato.
Forse perché in fondo erano parecchio simili, forse perché si ritrovavano spesso ad essere alleate... forse perché, semplicemente, non era mai capitato.
D'altra parte, Mary non era affatto una ragazza che ricercava conflitti di proposito; anzi, parteggiava palesemente per il cosiddetto quieto vivere. E allo stesso modo, Scarlett, malgrado il carattere focoso e assai irritabile con il quale si ritrovava a dover convivere, trovava nelle amiche una sensazione di pace che solo pochissimi altri riuscivano ad infonderle.
Anche per quella ragione l'aspro scontro che era divampato fra loro in Dormitorio qualche attimo prima l'aveva così profondamente scossa. 
Era stato inatteso, violento e quasi crudele da parte di entrambi i fronti, e pareva avessero covato dentro quegli ardenti rancori per lungo tempo, quando invece la rabbia e la delusione erano montate in loro nel corso di qualche ora, o, nel caso di Scarlett, nel giro di alcuni tempestosi minuti.
Mentre percorreva la scaletta a chiocciola verso la Sala Comune quanto più velocemente poteva, cercava di arginare i pensieri che le affollavano la mente e di reprimere le lacrime che cominciavano ad annebbiarle la vista, impedendole di distinguere un gradino dal successivo. Eppure, nonostante stesse impiegando tutto il proprio impegno per quello sforzo, continuava a ripercorrere le parole di Mary con frustrazione crescente, senza riuscire a smettere.
Molti sguardi si posarono su di lei quando schizzò in direzione dell'uscita, ma lei non vi prestò attenzione e non rallentò il passo, anzi, quando fu giunta alla prima rampa di scale posta dinnanzi al ritratto della Signora Grassa, lo accelerò ancor di più, la mano destra che scivolava lungo il passamano di roccia.
Una vera amica avrebbe capito... 
Le pareva di sentire ancora la sua voce carica di delusione... 
Quando mi chiedevi di Sirius lo facevi solo per accusarmi e smontarmi tutto quanto, non perché ti interessava sinceramente sapere quello che provavo per lui...
Lontano da Mary, ammettere a se stessa quanto avesse avuto ragione era fin troppo semplice, ma faceva doppiamente male. 
Avrebbe quasi preferito mantenere quella forza che le consentiva di negare, di respingere con determinazione ogni verità che non voleva accettare, ma non riusciva più ad oscurarle, e si sentiva maledettamente sciocca al solo pensiero di tentare di credere alle bugie che aveva portato avanti per difendere se stessa. Semplicemente, non voleva farlo.
Aveva cercato di scacciare via Sirius dalla mente di Mary in ogni modo possibile, e malgrado l'avesse fatto per il suo bene, con il solo fine di non vederla soffrire, non le era stata d'aiuto in alcun modo, anzi, l'aveva solo spinta a chiudersi in se stessa, persino di fronte a lei che le era amica da tempo.
Aveva sputato sentenze sul suo conto senza neanche riflettere, perché il solo pensiero di vedere una persona per la quale provava affetto usata da Sirius e poi lasciata da parte l'aveva sempre mandata in collera, al punto che aveva tentato di trasferire in Mary tutto il disprezzo che, nel corso del tempo, non aveva mai smesso di provare nei suoi confronti. Tutto ciò, naturalmente, prima che imparasse a conoscerlo per ciò che era... e per quel che era diventato.
Siete fatti della stessa pasta, non v'importa di nessuno al di fuori di voi stessi... 
La voce di Mary non smetteva di assillarla... 
Proprio tu, che tanto condannavi le sue leggerezze con le ragazze, ti sei comportata esattamente come lui... Hai preso in giro Dylan, hai preso in giro me... 
Aveva creduto di poter mettere a tacere il rimorso per ciò che aveva fatto a Dylan semplicemente mettendo le cose in chiaro con lui, ma non era abbastanza. Proprio come aveva detto Mary, lo aveva usato come mezzo per raggiungere i propri scopi, era stata egoista e ingiusta nei confronti di qualcuno che non lo meritava affatto, e che mai avrebbe dovuto avere a che fare con quella storia che non lo riguardava.
E dire che aveva provato sulla sua stessa pelle cosa volesse dire essere presi in giro... Ma malgrado lo sapesse bene e avesse disprezzato Sirius soprattutto per quella ragione, aveva riservato a Dylan lo stesso trattamento, e le parole di Mary a quel proposito non avrebbero potuto essere più vere.
Aveva invitato me ad Hogsmeade, ha portato con sé un'altra persona solo perché non stavo bene, e ha finito per baciare te... Pensi davvero che sia cambiato?
Quel dubbio si era insinuato in lei come un soffio di vento gelido in una fessura nascosta, l'unica crepa sottile rimasta ancora aperta in quella compatta barriera di certezze che era finalmente riuscita a costruire. La ferita che col tempo pareva essersi risanata, ma che non voleva del tutto guarire.
Erano fatti tangibili, quelli che Mary aveva presentato con tanta schiettezza, prove che, in qualche modo, potevano testimoniare come in effetti Sirius non fosse affatto cambiato. Ma le dimostrazioni che Scarlett aveva ricevuto da lui avrebbero dovuto abbattere quell'insignificante leggerezza, mettere da parte quello che era stato semplicemente un atto di ripicca nei suoi confronti... Avrebbero dovuto, sì. 
Ma quel dubbio non accennava a perire, e respirava in lei come una creatura viva, contagiando ogni sua sicurezza, e tutte le sue convinzioni.
Sei solo un'illusa... Perché forse sarà speciale per te, forse avrete un rapporto magnifico per te, ma per lui sei esattamente uguale a tutte le altre... Una del mucchio acciuffata a casaccio, la ragazza del momento, e ti assicuro che la fissa che ha per te dipende solo dal fatto che rappresenti la sua sfida, l'unica che lo ha rifiutato per così tanto tempo, non è reale interesse per te... E' ora che tu ti decida ad aprire gli occhi...
Ed era proprio ciò che aveva fatto. Aveva aperto non solo gli occhi, ma anche il cuore, lasciando che Sirius entrasse per occuparlo in ogni suo anfratto. Adesso, a un solo giorno di distanza, Mary le suggeriva di fare esattamente l'opposto. Aprire gli occhi, ancora, ma di fronte alla realtà, quella che lei le aveva sbattuto in faccia con una brutalità tale da scuoterla come se avesse ricevuto un ceffone. 
Lei però non voleva accettarla. Non era quella che aveva conosciuto.
Mentre varcava il portone d'ingresso, pensò a come fosse stato semplice strapparle via quella felicità che era riuscita ad assaporare solo per alcune ore. Se avesse saputo prima quel che sarebbe successo, avrebbe cercato di goderne, se possibile, ancor di più.
Si premette il palmo della mano sulle palpebre chiuse, così da ostacolare le lacrime che in tutti i modi cercavano di venir fuori, e i suoi occhi scuri e sempre vispi rimasero lucidi e un po' umidi, quasi che quelle stesse lacrime le avessero assorbite, invece di rigurgitarle.
In riva al lago, alcuni ragazzi ridevano sguaiatamente, mentre una coppia di Tassorosso passeggiava tenendosi per mano. Fu una visione insopportabile.
Difficile pensare che qualcuno, in quel momento, avesse l'immensa fortuna di non ritrovarsi una mente stipata di dubbi e di pensieri e un groppo di lacrime che bloccava il respiro in gola. E ancor più dura era realizzare che, solo una manciata di minuti prima, la sua spensieratezza doveva essere stata straordinariamente somigliante a quella che dovevano provare adesso quei ragazzi che tanto si ritrovava ad invidiare.
Chinò il capo, osservando i cumuli di neve gelida che macchiavano il prato e le suole delle scarpe, le dita strette così forte intorno al manico di scopa che le nocche divennero bianche come il latte. Ed era così concentrata nel tentativo di tenere la mente occupata che non si accorse neanche di chi le veniva incontro.
« Ah, eccola lì, la Cercatrice più ritardataria sul mercato » arrivò la voce allegra di Sirius, che le si avvicinava a grandi passi. « Ti avverto, bella Banks, James sta dando di matto negli spogliatoi e minaccia di buttarti fuori dalla squadra anche se sei - cito - l'eterno e inviolabile amore della sua vita ».
Le era quasi di fronte e stava per cingerle la vita con le braccia quando aggiunse: « Mi ha mandato a cercarti e... », ma non completò la frase.
Scarlett, infatti, aveva appena sollevato il viso e incontrato i suoi occhi. Le parole gli erano morte in gola all'istante.
« Cos'è successo? » chiese a bruciapelo, un tono asciutto ma permeato da un velo di preoccupazione.
La sua mano scattò a stringere il suo polso quasi prima che se ne rendesse conto, poi scese a serrare la sua in una morsa vigorosa e rassicurante insieme.
Ma potè godere di quel caldo e piacevole contatto per poco più di un istante, perché Scarlett la ritrasse bruscamente, facendo per continuare a camminare.
A quel gesto inaspettato, le sopracciglia di Sirius si fecero vicine, disegnando una ruga sottile, ma a parte quell'impercettibile gesto la sua espressione era come sempre imperscrutabile.
Difficile capire a cosa stesse pensando. Quel lieve movimento accennato faceva presupporre sorpresa, ma le sue labbra sottili e irrigidite dicevano altro.
La afferrò prima che potesse andare via, le dita che stringevano appena il suo avambraccio, e lei si arrestò senza opporre resistenza.
« Scarlett » disse ancora lui, tentando di rintracciare il suo sguardo ostinatamente basso.
La sua voce fu ferma, quasi dura, ma non suonava come un rimprovero. Piuttosto come un avvertimento. O meglio, una sollecitazione.
Il suo silenzio lo incupiva sempre più, istante dopo istante, ma dalle sue labbra socchiuse non fuoriusciva altro che il suo respiro irregolare.
« Ho litigato con Mary » mormorò infine, mordendosi la guancia, poi scosse il capo. « Non l'avevo mai vista così... lontana dalla persona che conoscevo ».
Le parve di vedere le spalle rigide di Sirius farsi un po' più rilassate, la tensione accennata sul suo volto distendersi pian piano.
« Racconta » fu tutto ciò che le disse, ma non osò sfiorarla ancora. Qualcosa gli diceva che in quel momento non desiderasse essere toccata.
La vide guardarsi intorno, come se cercasse una via di fuga, e capì che parlarne le sarebbe costato parecchio. Non avrebbe insistito ancora.
« Abbiamo parlato di te » esordì lei, continuando a sfuggire al suo sguardo. « Mary pensa... che io ti abbia portato via da lei ».
A quelle parole, Sirius si mostrò perplesso e inarcò appena un sopracciglio, scrutandola curioso. Non capiva cosa significassero le sue parole.
« Di che cosa stai parlando? » le domandò, ripercorrendole nel tentativo di rintracciarvi un senso, e lei tornò a fissarlo.
Lo guardò a lungo prima di replicare, come se volesse capire se la sua sorpresa e la sua confusione fossero genuine o meno. Poi rispose.
« A Mary piaci tu, Sirius ».
Lo disse con una semplicità e una naturalezza disarmanti, e ciò non fece altro che renderlo ancor più basito di quanto già non fosse.
Il primo pensiero che gli attraversò la mente nell'ascoltare quelle parole fu che Scarlett dovesse essere completamente impazzita. 
La sola idea era ridicola, estremamente sciocca, e ancora stentava a comprendere a cosa quell'insolito discorso avrebbe portato.
La sua espressione meravigliata, infatti, si trasformò ben presto in una fragorosa risata che la spiazzò del tutto.
« A Mary? » chiese, incredulo e divertito. « Quella Mary? Ah, ma che ti salta in mente? » le fece, scuotendo il capo senza smettere di ridere sommessamente.
Lei lo squadrò con risentimento. La sua risata l'aveva infastidita.
« E' dal terzo anno che ha una cotta per te » proseguì, irritata ma ancor più determinata. « Piantala di ridere, ti sto dicendo la verità ».
Lui smise, ma continuò a studiarla, sconvolto da quanto lei continuava a sostenere con tanta fermezza. Si stava decisamente prendendo gioco di lui.
« Quest'anno mi aveva ripetuto un mucchio di volte che le era passata, che non aveva più pensato a te... » fece ancora lei, passandosi le dita fra i capelli. « E adesso salta fuori che invece non era affatto vero e che io avrei dovuto rendermene conto... Ha colpevolizzato me quando avrebbe dovuto prendersela solo con se stessa e con tutti i suoi dannatissimi silenzi. Era... davvero fuori di sé » terminò, deglutendo.
Riabbassò lo sguardo, scossa, ma lui le avvolse le braccia intorno al corpo e lasciò che lei premesse il capo sul suo petto.
« Verrà a chiederti scusa prima del tramonto, vuoi scommettere?  » le fece, posando il mento fra i suoi capelli scompigliati dal vento. « E' una sciocchezza, magari aveva voglia di fare un capriccio e ha preso di mira te... o più probabilmente è in quel periodo del mese e non è troppo incline alla pace... Non so se lo sai, ma fate un po' paura in quei giorni nefasti » commentò poi, pensieroso e divertito insieme.
Lei non sorrise, ma si agitò appena fra le sue braccia e scosse impercettibilmente il capo.
« Tu non l'hai vista » disse in tono piatto, e le tornarono alla mente la superbia negli occhi di Mary e l'inclinazione rigida e quasi crudele delle sue labbra sottili. « Mi ha parlato come se le avessi fatto il peggior torto possibile... è stato orribile ».
Lui sfregò appena il mento contro il suo capo, poi vi lasciò un bacio silenzioso.
« Ti preoccupi troppo, splendore » fece in tono leggero, giocherellando con il lembo del suo maglioncino e attorcigliandolo intorno all'indice. « Rilassati, succede a tutti di esplodere, di tanto in tanto... noi ragazzi preferiamo le risse, voi le urla. Nessuna differenza » concluse con nonchalance, sorridendo appena, poi riflettè per un istante e riprese. « Quindi qual è stata la scintilla? Dice che le piaccio? » Rise sottovoce, sinceramente divertito.
Lei lo fissò, più seria in volto, sorpresa di vedere come fosse tornato sull'argomento con la superficialità con cui lo aveva accolto.
« Mi hai ascoltato? » replicò infatti, stizzita. « Certo che le piaci, e non ci trovo proprio nulla da ridere ».
Ma lui non smise, anzi rise più forte, sempre più convinto che quel suo tono preoccupato fosse solo un modo per farsi dare attenzioni. 
Attenzioni che - forse lei non lo sapeva - le avrebbe riservato in ogni caso.
« Beh, è anche piuttosto ovvio, non credi? » disse di rimando, alzando le sopracciglia nella sua solita espressione arrogante. « E' una ragazza, ha un paio d'occhi... sarebbe strano il contrario, non ti pare? » 
Sorrise sghembo, ma si rese subito conto che la sua battuta non aveva sortito l'effetto desiderato. 
Scarlett lo guardava fisso negli occhi senza il minimo accenno di divertimento nello sguardo.
« Voglio dire, dev'esserci la fila anche per te, Banks, ma... questo non significa che dovrei preoccuparmi ». 
A quanto pareva, nemmeno quel tentativo di aggiustare il tiro era servito a qualcosa, e Sirius iniziò seriamente a chiedersi cosa ci fosse di tanto sbagliato nelle sue parole, e cosa lei desiderasse sentirsi dire in quel momento, non trovando nulla di meglio rispetto alla voglia di farla sorridere.
« Se sei così cocciuta da non riuscire ad arrivarci da sola e vuoi sentirtelo dire apertamente, posso anche farlo: lei non mi piace. Affatto » concluse in tono definitivo. « Adesso possiamo voltare pagina? James ti sta aspettando e pretendo almeno un paio di minuti tranquilli da passare insieme ».
Poggiò la fronte alla sua, senza abbandonare la sua vita, e la osservò con aria speranzosa e un po' insolente.
« Non hai capito nulla » sbottò invece lei, slacciando bruscamente le sue braccia dal proprio bacino. « Perché diavolo hai sempre la mania di sottovalutare tutto? Il punto non è se lei ti piaccia o meno, il punto è che prova qualcosa per te e adesso sta soffrendo a causa nostra! Non ti provoca nessuna reazione, questo? »
Lui lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi con aria allibita e, all'improvviso, estremamente seria.
Continuava a non capire cosa Scarlett intendesse dire quando parlava dei sentimenti che Mary nutriva per lui.
Forse si sentiva attratta fisicamente, forse le piaceva il suo modo di fare... ma che importanza aveva? Parlare di sentimenti a quel proposito era semplicemente ridicolo. O almeno, lo era per chi di sentimenti travolgenti ne aveva vissuti a bizzeffe sulla propria pelle... proprio come lui.
Il concetto di cotta, poi, gli era del tutto incomprensibile. 
C'erano i rapporti insignificanti che servivano a occupare il tempo libero e a sopprimere la noia per un po', quelli che aveva sperimentato nel corso degli anni precedenti... e poi c'era l'amore. Quello totalizzante, quello che strappava via ogni dubbio, quello che, nell'esatto momento in cui si concretizzava, non lasciava più spazio a stupide incertezze e a nient'altro che non fosse l'amore stesso. Un amore felice, che non prevedeva crisi o slealtà, che non tollerava la mancanza di fiducia e accoglieva a braccia aperte intimità e condivisione. Un amore che non conosceva fine, perché altrimenti non sarebbe stato tale.
Di certo, il suo rapporto con Mary non rientrava neanche lontanamente in quei parametri.
Di certo, il suo rapporto con Scarlett era la perfetta parafrasi di quello stesso pensiero.
Bianco e nero, gli unici colori di cui Sirius ammetteva l'esistenza. Filosofia forse un po' troppo semplicistica, la sua, ma era quella che aveva maturato scoprendosi capace di provare sentimenti profondi e sconvolgenti come quelli che provava per Scarlett. 
Per lui, l'istante in cui si erano baciati aveva dato il via a un percorso formidabile che li avrebbe resi felici entrambi, e mai divisi, perché per quanto poco romantico potesse essere Sirius per la propria indole, quello era l'unico amore che conosceva e che riusciva a comprendere fino in fondo.
« Sta soffrendo? » esclamò, esterrefatto. « Sta soffrendo perché pensa che io le piaccia e invece sto con te? Oh, ma andiamo, non prendermi in giro. Non sa praticamente nulla di me, e viceversa. Ci facciamo due risate quando capita, tutto qui. Come può soffrire per qualcosa che non esiste nemmeno? »
Lei boccheggiò, sconvolta dalla sua insensibilità. Pareva che nulla lo scalfisse anche solo minimamente.
« Sta soffrendo perché pensa che tu l'abbia presa in giro » spiegò, lanciandogli un'occhiataccia. « Credeva che le avessi dato una chance ».
La fronte di Sirius si fece ancor più aggrottata per lo sforzo di riuscire a capire le assurdità di cui stava parlando, e i suoi occhi si assottigliarono in due fessure.
« Una chance? » fece in tono scettico quando vide che non proseguiva, e Scarlett annuì appena, incrociando le braccia al petto.
« L'hai invitata ad Hogsmeade » rispose con semplicità, sollevando le spalle in un rapido scatto. « A San Valentino » aggiunse, storcendo la bocca in una smorfia.
Di fronte a quel chiarimento poco mancò che Sirius prendesse a ridere di nuovo. Ma non lo fece. 
Qualcosa nel suo tono lo aveva fatto impensierire, nonché infastidire parecchio. La sua frase sapeva tanto di insinuazione, e dopo tutto quello che si erano buttati alle spalle, tornare indietro di così tanti passi era semplicemente ridicolo.
« Improvviso dejavù » borbottò fra sé e sé, un sopracciglio inarcato. « Abbiamo già affrontato questa conversazione o sbaglio? »
« Non ho ricevuto nessuna risposta » ribattè in fretta lei, stizzita.
« Forse perché mi pareva fin troppo stupido dartene una » fece lui di rimando, imitando la sua freddezza, « ma a quanto pare oggi sei in vena di ascoltare dichiarazioni ovvie. In tal caso sappi che l'ho fatto solo perché non potevo invitare te, e di certo non avrei sopportato un altro appuntamento idiota con una ragazza a caso ».
Lei sbuffò, volgendo lo sguardo al parco che, intorno a loro, si faceva sempre più deserto.
« Avresti potuto andarci insieme a James » obiettò, riproponendo la sua teoria. « Nessuno ti ha obbligato a portare a tutti i costi una ragazza, no? »
« Stavo cercando di ottenere una tua reazione » ribattè prontamente lui, e il suo tono fu più duro di quanto avrebbe desiderato che fosse.
Non capì perché avesse pronunciato quelle parole con quella strana inclinazione, ma il suo atteggiamento lo aveva messo all'erta.
« E' solo per questo che l'hai invitata? » lo provocò Scarlett, le sopracciglia inarcate. « Solo per far ingelosire me? » Era scettica, e stranamente velenosa, tanto che Sirius si chiese cosa fosse cambiato fra loro in una sola manciata di secondi. « Non è un bel trattamento da riservare a un'amica » aggiunse infine.
E lui sorrise, scuotendo ripetutamente il capo e rifiutandosi di credere a quelle sciocchezze piovute improvvisamente dal cielo.
« E' un interrogatorio o cosa? » ribattè, sconvolto da quelle illazioni del tutto prive di fondamento. « L'ho invitata perché pensavo che la cosa ti avrebbe infastidita e perché credevo che ci saremmo divertiti » spiegò con veemenza, sempre più irritato. « Ma che ti succede? » sbottò poi, realizzando il tutto. « Se ti basta così poco per farti saltare in mente tante stronzate e hai voglia di sfogarti, parla chiaro, Banks. Ma sappi che ho di meglio da fare che stare qui ad ascoltare storie di stupide batoste sentimentali e cotte da tredicenni, quindi torna quando riesci a sbollire un po', d'accordo? »
E fece per congedarsi e voltarle le spalle, livido, quando la sua voce lo raggiunse nuovamente.
« Scappi via solo perché sai benissimo che Mary mi ha sbattuto in faccia la verità, ecco cosa! » ribattè infatti lei ad alta voce, infervorata. 
Sirius si immobilizzò, e fiutò la tensione e il pericolo proprio come un cane che annusa la preda.
« E sentiamo, quale sarebbe questa verità? » sputò fuori con rabbia crescente, spiazzato dall'inaspettata piega che avevano preso gli eventi.
A quella domanda, Scarlett rispose con una brutalità e un'impulsività tali che, quando le ebbe udite, Sirius fece fatica a credere alle sue parole.
« La verità è che non meriti la minima fiducia! » urlò senza pensare. « Le hai chiesto di uscire senza neanche badare alla sua reazione, hai preso una ragazza a caso solo perché ti ha dato buca, e poi hai finito per trascorrere la giornata insieme a me e baciarmi! Ha tutte le ragioni per credere che tu non sia cambiato affatto! »
Aveva parlato senza riflettere, aveva dato voce non ai propri pensieri, ma a quelli delle sue paure, permettendo ai dubbi di dominarla. 
Quei dubbi che Mary aveva fatto rinascere in lei con le sue velenose sentenze, e che le si erano insinuati dentro con spaventosa facilità.
Alle sue parole, qualcosa si mosse negli occhi e nel viso di Sirius. Qualcosa mutò drasticamente nel suo modo di guardarla, nella sua espressione, e Scarlett lo notò.
« E a te questo basta? » ribattè con forza, rude. « Ti basta davvero così poco per dimenticare quello che io ho dimostrato a te? Un mucchio di stronzate di qualcuno che ha appena subito una dannatissima delusione? »
« Solo perché a te importa esclusivamente di quello che ti riguarda non significa che gli altri non debbano soffrire per le proprie delusioni! » rispose lei a tono, senza badare alle domande che lui le aveva posto. « Sei stato tu a prendere in giro Mary, tu ad illuderla per tutto questo tempo, e adesso hai persino la faccia tosta di fregartene! »
« Che cosa? » urlò lui sconvolto, superando di tono la sua voce. « Che cosa, credi veramente che io l'abbia presa in giro? » Scosse il capo per l'assurdità della cosa. « Ma come ti salta in mente? Non mi sono mai accorto di niente, e se avessi capito che era attratta da me, di certo avrei messo in chiaro le cose piuttosto che continuare a fare l'amico! Ti sembrerà assurdo, ma non provo nessun piacere malsano a prendermi gioco della gente così gratuitamente... ma forse a questo continui a non credere ».
La traccia di delusione nelle sue ultime parole non la piegò, anzi parve infiammarla ancor di più. 
Sirius non aveva alcun diritto di mostrarsi deluso. 
Doveva ammettere le proprie colpe, essere sincero, per una volta... in quel momento, Scarlett non era capace di pensare ad altro. O forse si rifiutava di farlo.
« Sei tu che non mi permetti di crederti » replicò con ardore. « Giostri le persone come vuoi, pensi solo a te stesso! Come puoi non rendertene conto? »
Ascoltandola mentre continuava ad aggredirlo, Sirius pensò che fosse uscita fuori di testa. 
Le sue parole non era solo infondate... erano del tutto prive di senso.
Non riusciva neanche a capire da dove venisse fuori tutta quella rabbia, così travolgente da fargli credere che l'avesse covata dentro per molto più tempo di quanto pensava. Ma la situazione era esplosa fra le sue mani solo alcuni momenti prima, e ciò lo spinse a credere che il problema fosse un altro.
Il vero problema, infatti, erano quelle convinzioni che aveva finalmente tirato fuori il giorno prima ma che, a quanto pareva, non erano ancora così mature come entrambi avevano sperato che fossero.
E il suo essere così schiva lo mandava in bestia ancor di più. Non capiva se pensasse davvero ciò che continuava a sputargli addosso o se stesse mettendo in scena un qualche strano, contorto meccanismo di difesa, per ragioni che a quanto pareva soltanto lei riusciva a comprendere.
« Stai sputando veleno, Scarlett » replicò in un tono estremamente duro. « E la cosa più grave è che Mary ti avrà anche fatto il lavaggio del cervello, ma tutto questo è solo ciò che credi tu! Quello che non hai mai smesso di credere! Mary è solo uno stupido pretesto per mettere in dubbio tutto quanto un'altra volta! Quello che ti ha detto è soltanto l'ennesima scintilla che ti mette in crisi, ancora e ancora! Perché lo sai benissimo, è tutta una questione di fiducia, ma tu hai sempre dimostrato di non averne neanche un briciolo! E io mi sono stancato di cercare di conquistarla ogni singolo giorno! »
Lei deglutì, sperando che quelle parole non la sfiorassero, non varcassero la barriera che si era eretta fra loro, ma le sentì trapassarla da parte a parte.
Aveva creduto così fermamente di aver finalmente vinto le proprie insicurezze che il solo pensiero di poter dubitare ancora di lui non l'aveva neanche toccata. Eppure eccola lì, con tutti i dubbi mai chiariti tornati alla ribalta e un nuovo assalto di incertezze che si ostinava a non saziare. Era un cerchio senza fine, una fiducia che forse non gli avrebbe mai concesso, una fiducia che invece lui portava avanti fieramente, facendola sentire indegna di meritarla fino in fondo.
« Ti stanchi parecchio in fretta, direi » obiettò, gelida. « Una delle tante cose che non riuscirai a cambiare mai ».
Sirius la fissò con uno sguardo così tagliente da farla sentire improvvisamente piccola.
« Adesso non essere stupida » replicò, altrettanto velenoso. « Chi è fra noi quello che non riesce a cambiare? Quello che rimane appigliato al passato? »
Lei scosse convulsamente il capo, bagnandosi le labbra con la punta della lingua per rigenerare le proprie forze e non sentirsi messa al tappeto.
« Stupida? » replicò, costringendosi a non rispondere alle sue insinuose domande retoriche. « Non osare definirmi... »
« Rispondi! » urlò lui, interrompendola con una veemenza tale da farla trasalire e facendosi ancor più vicino a lei. « Chi non riesce a cambiare? Se ben ricordi, neanch'io mi fidavo di te, affatto, ma ho messo da parte un mucchio di cose per arrivare a questo! E guarda, guarda un po' cos'ho ottenuto! La ragazza che aveva il terrore di venire tradita ha ingannato il possibile doppione della sua più grande delusione! Beh, congratulazioni, Scarlett, hai vinto un altro bottino di solitudine e rimorsi! Goditeli, proseguendo per questa strada te ne procurerai a bizzeffe! »
Aveva sbraitato con tutta la forza che aveva in corpo, e il pallore del suo viso era un chiaro segnale di quanto sferzanti fossero state le sue parole.
Non gli importava affatto.
« E' patetico il modo in cui riesci a fingerti vittima di tutto » rispose lei con un tono di voce decisamente più flebile del suo.
Ma la cadenza delle sue parole non represse la rabbia di Sirius, anzi paradossalmente la infiammò, fomentandola ancor di più.
« Ma davvero non riesci a capire che stai parlando solo di te? » ruggì, frustrato. « L'unica cosa di cui sei vittima è l'ammasso di tutti quei problemi che hai con te stessa e che hai soltanto finto di aver superato! E se sapevi quant'erano vividi anche a mesi di distanza, se sapevi che fidarti ancora di qualcuno sarebbe stata la tua sfida più grande e che con me non avresti mai potuto vincerla, allora perché non mi hai tirato fuori da questa storia prima che finissi per innamorarmi di te? »
Lo disse senza remore, senza alcun timore, perché desiderava che capisse realmente ciò che aveva fatto. E non gli importava di essere brutale, di aver scelto forse il momento più sbagliato per dirlo ad alta voce... era una verità che lei conosceva, che lei doveva conoscere. E non l'avrebbe tenuta per sé.
« Tutte quelle volte in cui ti ho chiesto di lasciarti andare non erano un invito a baciarmi e basta! » proseguì, inarrestabile. « Volevo che provassi qualcosa, qualcosa di forte, e se non avevi ancora maturato tutto questo, avresti dovuto piantarmi ad Hogsmeade sbattendomi in faccia la verità! »
La fissò con sguardo ardente, e la vide spegnersi mentre la sua rabbiosa fiamma si faceva sempre più rovente.
« Tu non sai quello che provo » fu il suo debole tentativo di difesa, ma lo vide scuotere il capo in segno di diniego.
« Oh, so un mucchio di cose invece » replicò prontamente, il peso della collera divenuto quasi insostenibile. « So che quello che provi per me non è neanche un decimo di quello che provo io, e so che hai giocato, e hai giocato bene, perché avresti potuto capirlo da sola ». Fece una breve pausa, durante la quale lei si accigliò. « Dopotutto, hai un termine di paragone, Scarlett » proseguì poi, continuando a fissarla. « E il paragone non sembra reggere granché ».
Lei inclinò il capo, sempre più spaesata nell'ascoltare le sue parole, ma non disse altro, anzi si fece più attenta.
« Sai molto meglio di me cosa significhi amare qualcuno » disse lui, distaccato. « Avresti persino potuto insegnarmelo. Ma soprattutto avresti dovuto capire che l'amore che hai provato per lui » e qui si interruppe ancora, amareggiato, « non somigliava affatto a quello che adesso provi per me ».
Parlò con insolita calma, attribuendo il giusto peso a ogni parola, e non si pentì del riferimento fatto. Credeva proprio che calzasse a pennello.
Tutto, infatti, andava ricondotto a Matt Davies, e Sirius lo odiava per la colpa che lo stava obbligando a scontare.
Lo odiava perché era la fastidiosa presenza che aleggiava costantemente intorno a loro.
Lo odiava perché aveva distrutto una cosa così bella e l'aveva consegnata a lui nel suo stato peggiore.
Lo odiava perché aveva preso ciò che non meritava affatto.
Lo odiava, perché aveva ricevuto tutto l'amore che Scarlett stava negando a lui.
« E guarda un po' che gran lieto fine » concluse, deluso e sprezzante, poi sorrise amaramente. « Ma tanto la colpa è mia se hai perso la testa per un idiota che ti ha ferita e umiliata senza il minimo rimorso ».
Lo schiaffo di Scarlett lo colpì in pieno volto prima ancora che potesse rendersi conto di un suo accennato movimento.
Ascoltare quelle parole l'aveva resa forse ancor più furiosa di quanto lo era stato Sirius nel pronunciarle. E la rabbia non riuscì proprio a non venire fuori.
Ma lui non reagì. La fissò con quei suoi occhi grigi ormai del tutto spenti, e aspettò che fosse lei a dire qualcosa.
« Hai superato il limite » disse infatti lei, la voce inevitabilmente tremante sotto il peso della collera.
« Sì, l'ho fatto » replicò lui in tono noncurante. « Ma almeno ho avuto la dimostrazione che serviva a entrambi. La tua reazione non sarebbe potuta essere più limpida, Scarlett ». 
Strinse le labbra, battendo le mani sui fianchi, e fece un passo indietro prima di incamminarsi verso il castello. 
« Continua pure a vivere con tutti i tuoi fantasmi » aggiunse poi, bloccandosi e voltandosi appena nella sua direzione. « Ma non chiedermi di fare lo stesso ».
E a quelle parole non aggiunse altro prima di andare via, lasciandola immobile nel bel mezzo del prato.
La pesantezza della delusione nei suoi occhi e l'aridità delle sue labbra le rimasero impresse nella mente come in uno scatto nitidissimo.
Non si era mai vista guardare con un tale disprezzo da qualcuno che amava. Era una pugnalata secca ed impietosa che la trafiggeva, facendole perdere se stessa per metà. Una metà che abbandonava ai propri piedi, incustodita, nella vana speranza che lui la raccogliesse.
Mentre lo guardava andar via, la sua slanciata figura stagliata contro il cielo azzurro pallido, si rese conto di quanto avesse perso in una manciata di minuti.
L'improvvisa consapevolezza della cascata di sciocchezze a cui aveva dato voce si riversò su di lei con spaventosa freddezza, e la fiamma che aveva tenuto dentro fino a qualche attimo prima fu spenta bruscamente dall'oscurità che la avvolse.
Si passò le dita fra i capelli, lasciandoli intrappolati fra i nodi che il vento aveva ingarbugliato, e si premette i palmi delle mani sulle tempie fin quando non le parve che la testa avrebbe potuto esploderle da un momento all'altro. Poi le lasciò ricadere, le braccia lungo i fianchi, inermi.
La sensazione di vuoto che le dilagava dentro era famelica, e la stava divorando. 
Sentiva il proprio corpo andare avanti senza di lei, abbandonarla, ma non aveva la forza di rincorrerlo. Il dolore e la mancanza, però, rimanevano saldamente aggrappati a quel che le rimaneva, e tutto ciò che potè fare fu scuotere forte il capo per scrollarseli di dosso.
In quel momento, l'ultima cosa che desiderava fare era pensare, razionalizzare ciò che era accaduto nel giro di pochi minuti, interiorizzare consapevolmente di aver perso due persone fondamentali, tornare a qualche ora prima, quando le era parso che nulla potesse scalfire la sua bolla di felicità, accettare che, a differenza di quanto accaduto con Mary, era stata solo e soltanto lei a rovinare tutto con Sirius, e forse comprendere quanto quella lite fosse stata la fine di qualcosa che non aveva neanche avuto il tempo di iniziare. 
Era molto più facile fuggire da tutto questo... e lei lo fece.
Durante il tragitto verso il castello, a malapena conscia della strada che stava percorrendo, non vide altro che l'ombra di tutto ciò che le stava intorno. 
I massi accasciati sull'erba, i ragazzi che, senza notarla, passeggiavano spensierati lungo il prato, l'acqua scura del lago, immobile entro i suoi argini...
Serrava forte gli occhi a intervalli di pochissimi istanti, mordendo con rabbia il labbro inferiore per impedire a se stessa di piangere. Ma era così difficile... Qualcosa le suggeriva di aver dato vita a un labirinto senza via d'uscita, un labirinto di cui nemmeno lei conosceva scorciatoie.
Si era lasciata inghiottire dalla furia cieca derivata da quella stupida lite con Mary, e il suo cervello si era annebbiato al punto tale da non permetterle più di ragionare con lucidità. Non ricordava neppure cosa avesse scatenato lo scontro con Sirius, forse perché una reale motivazione non esisteva. Era stata lei a mostrarsi aggressiva, lei a tirare fuori dal nulla bugie sciocche e prive di senso, solo e soltanto perché a parlare era stata la sua impulsività, quella maledizione che la obbligava sempre a venire via da se stessa per diventare qualcun'altra... una persona che odiava senza riserve, ma che aveva imparato a conoscere.
Ben presto si accorse di aver stabilito la propria meta senza essersene resa conto, come se a determinarla fossero state le sue gambe invece che la sua mente.
Era diretta alla Torre di Astronomia, la più alta fra le varie torrette che dominavano il castello.
La veduta del lago, a quella distanza, era uno spettacolo mozzafiato, ma per la maggior parte delle volte in cui Scarlett vi si recava, non vi faceva caso. Durante le lezioni di Astronomia, infatti, si ritrovava sempre troppo affaccendata fra occhiate gettate al cielo tramite l'occhio acuto del telescopio e scritte scarabocchiate su una delle tante mappe astrali che teneva sparpagliate accanto a sé. Ma le lezioni non erano l'unica occasione per fare visita alla torre.
Scarlett era solita salire scalini su scalini sin lassù nei momenti in cui necessitava più che mai di riflettere intensamente. Di tanto in tanto, lasciare la mente libera di inseguire qualsiasi pensiero desiderasse comprendere, scorgere o anche solo sfiorare la aiutava a mettere in chiaro parecchi dilemmi irrisolti.
Inoltre, tutte le volte in cui si cimentava in quella sfiancante salita, avvertiva la strana quanto confortante sensazione di completo distacco dal resto del mondo. Era come se, sola in quell'angolo remoto del castello, riuscisse a porre una distanza incolmabile fra se stessa e la gente, cosa che le permetteva di dimenticare le sciocchezze e dar spazio a quei pensieri che invece meritavano di essere vissuti e sviscerati fino in fondo... o, delle volte, anche a un pianto liberatorio che di fronte a qualcuno avrebbe tentato in tutti i modi di trattenere.
Quando fu giunta in cima alla torre, gettò a terra borsa e scopa e corse ad affacciarsi dal basso balconcino di fronte a sé.
E mentre il vento pungente di metà Febbraio le si agitava intorno, lasciò finalmente andare via le lacrime che, lentamente, presero a solcarle il volto.
Si accoccolò sul pavimento, attirando al petto le gambe serrate fra le braccia per poi poggiarvi sopra il mento, e non riuscì a smettere per parecchi minuti ancora.
Non aveva la minima consapevolezza del tempo che scorreva, ma al momento non le importava affatto. Sarebbe rimasta lì fin quando lo avrebbe voluto.
Dopo un po', però, un rumore proveniente dall'ingresso la costrinse a voltarsi di scatto. Un rumore di suole premute contro il legno.
« Sei qui, allora... Ci avrei scommesso la testa » fu l'esordio di Lily, mentre avanzava a piccoli passi verso di lei.
Scarlett si limitò a guardarla per un po', ma subito dopo tornò a puntare lo sguardo dritto di fronte a sé, silenziosa.
« James è disperato, sai? » proseguì l'amica senza scoraggiarsi, sedendosi accanto a lei e sistemandosi la gonna sulle gambe. « Voleva andare dritto dritto da Silente a denunciare la tua sparizione, ma l'ho convinto a lasciar perdere ». Fece una pausa, per poi aggiungere: « Beh, per l'esattezza, lo abbiamo convinto. Io e la mazza di Simon Phelps. Siamo una bella squadra ».
La osservò di sbieco, il capo inclinato, e quando notò che non mostrava nessuna reazione le avvolse le braccia intorno al corpo, stringendosi a lei.
« Mary ci ha spiazzate tutte quante » mormorò, il capo poggiato alla sua spalla. « E' andata fuori di testa, ma credo sia stata la rabbia del momento. Covare tutti quei sentimenti dentro di sé l'ha fatta scoppiare, è... comprensibile, direi. Le passerà nel giro di un quarto d'ora, vedrai » concluse con calore.
Scarlett scosse il capo, ostinandosi a non guardarla. Il suo abbraccio, però, era riuscito a confortarla.
« Non è... non è soltanto questo » rispose, e si accorse di quanto la sua voce si fosse arrochita con le lacrime e il silenzio. « Ho combinato un disastro ».
Lily le strinse una spalla con evidente affetto, comprensiva.
« No, invece » la rassicurò. « Non hai detto nulla di sbagliato, avete solo gonfiato troppo le cose, ma... »
« Non mi riferisco a Mary » la interruppe Scarlett, abbassando di scatto lo sguardo. « Ho... litigato anche con Sirius, dopo ».
Si asciugò con rabbia le lacrime dal volto, tirando su col naso e sospirando pesantemente.
« Dovevo aspettarmelo, credo » proseguì, dura. « Delle volte sono così stupida... Lui ha solo cercato di consolarmi, mentre io... non faccio che prendermela con le persone sbagliate » mormorò, sollevando le spalle.
Lily la ascoltò in silenzio, accarezzandole delicatamente i capelli nel tentativo di calmarla.
« Sei esplosa anche con lui? » le chiese dopo qualche istante, cercando di capire qualcosa di più su quello scontro, ma evitando con cura di forzarla a raccontare. La sua reazione, però, fu tutt'altro che tranquilla.
« No, sono esplosa contro di lui! » rispose infatti lei, nuovamente furiosa anche se contro se stessa. « Ho fatto la cosa più idiota e più nel mio stile che potessi fare! Mi sono fatta imbottire la testa delle stronzate di Mary, ho iniziato a credere ad ogni sua parola e mi sono lasciata andare alla rabbia che non avevo ancora sbollito! » Si premette una mano sulla fronte, frustrata. « E' stato così semplice dimenticare tutto quello che mi lega a Sirius, quello che è successo ieri... in un secondo è sparito tutto, come per magia ».
Lily la fissava, seria e attenta, immobile al suo fianco e rispettosa del suo sfogo. Sembrava davvero fuori di sé.
E lo era davvero, perché solo in quel momento, ripercorrendo quella lite con la memoria, si rese perfettamente conto di quanto avesse sbagliato, e riuscì ad immedesimarsi in Sirius come mai aveva fatto prima d'allora.
« L'ho accusato con le esatte parole di Mary » proseguì, lo sguardo vacuo, perso chissà dove. « Sembrava fosse lei a parlare... è assurdo, ho detto tutto quello che ho negato di fronte a lei, tutto quello che non penso più su di lui! E ho rovinato tutto, ho... praticamente distrutto ogni cosa ».
Si passò le mani fra i capelli, tesa e profondamente agitata, così Lily tornò a farsi vicina.
« Eri molto scossa quando sei andata via dal Dormitorio » le disse, pacata. « Lo abbiamo notato tutte. Quello che hai detto a Sirius non vale niente, perché in quel momento non eri in te, e lui lo sa, ne sono certa. Se solo gli spiegassi... »
« Invece vale tanto, eccome! » ribattè prontamente Scarlett, la voce incrinata. « Vale tantissimo, perché Sirius ha ragione quando dice che sono rimasta relegata nel passato, anche se non riesco ad ammetterlo! » Nuove lacrime iniziarono a scendere giù dai suoi occhi arrossati, e lei non si premurò nemmeno di asciugarle. « E' ridicolo che io chieda a lui di cambiare per me! Cos'è che deve cambiare? Tutte le idee su cui basavo i miei giudizi nei suoi confronti sono delle stupidaggini! Il ribelle Malandrino che ha il mondo ai suoi piedi... è tutta un'enorme finzione, una leggenda creata da quelle quattro squinternate che sbavano per lui, perché sfido chiunque a trovare qualcuno che ha sofferto quanto lui nella propria vita e che sia capace di dimostrare tutti i sentimenti che lui ha mostrato a me! Qui, se c'è qualcuno che deve cambiare, quella sono io! »
Battè la mani sulle gambe, abbassando lo sguardo, e per qualche momento non disse più nulla.
« La verità è che odio la persona che sono diventata » riprese poi, il tono di voce più basso, ma allo stesso tempo parecchio più aspro. « Odio la mia diffidenza, odio la mia debolezza, odio quella maledetta voce che non fa altro che suggerirmi di stare attenta a chiunque mi stia intorno! Sono diventata la Grifondoro più pusillanime che Hogwarts abbia mai conosciuto, e non sono più padrona di me, perché anche quando pensavo di aver superato tutto quanto, è bastato un niente per riportarmi al punto di partenza! »
Si abbandonò sulla spalla di Lily, scossa dai singhiozzi, e l'amica la strinse a sé, sfiorandole il braccio in una continuata carezza.
In quel momento, riuscì ad avvertire con dolorosa chiarezza la stanchezza e l'esasperazione di Scarlett.
Quel pianto, infatti, era sì dovuto alla tensione, alla rabbia, al dispiacere, ma in realtà era pesantemente dettato dalla sfiancante fatica con cui ogni giorno doveva confrontarsi con quella parte di lei che tanto detestava e che le impediva di vivere serenamente.
Era una gabbia sempre più opprimente, dalla quale non capiva come riuscire a uscire.
Perché tutto, ancora una volta, si ricollegava al suo passato. A Matt Davies.
Quella rottura inattesa e traumatica, infatti, aveva gettato le radici per la costruzione di quel muro tanto indistruttibile che Scarlett aveva eretto tutto intorno a sé. E malgrado Sirius - il primo a cui aveva dato la possibilità di abbatterlo - alla fine fosse riuscito nell'impresa, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno, sforzo dopo sforzo, quelle stesse radici che era stato lui a piantare parevano impossibili da sradicare.
Aveva tirato, tirato con tutte le sue forze, ma quelle erano rimaste così saldamente ancorate a lei da fargli credere che tagliarle via sarebbe stata una conquista di cui non avrebbe mai potuto vantare il merito. E Scarlett riuscì a comprendere tutta la sua frustrazione, perché, nonostante desiderasse il contrario, continuava a far pensare di non voler affatto essere liberata.
« Devi smetterla di tormentarti » esordì Lily, che pareva aver perduto quella dolcezza che aveva mostrato in precedenza. Toccare quel tasto la indispettiva, e non sopportava che Scarlett ne dovesse subire ancora le conseguenze. « Gli hai permesso di ferirti troppo a fondo e per troppo tempo. Adesso è arrivato il momento di dire basta, Scarlett. Devi gettarti tutto alle spalle e riappropriarti della vecchia te ».
Prese delicatamente il volto di Scarlett tra le mani e la obbligò a fissarla negli occhi, asciugandole le guance bagnate.
« Ne hai versate fin troppe di queste, non credi? » riprese, mostrando la punta delle dita umide delle sue lacrime. « I ricordi ti stanno uccidendo, ma per fortuna non si vive nel passato. E' vero, hai commesso un errore, ma questo non può diventare la tua condanna, perché lo hai già pagato molto caro. Adesso è tempo di andare avanti, e tu lo hai già fatto con Sirius ». Diede in un accenno di sorriso, poi proseguì. « Devi solo accettarlo. Poi sarà tutto più facile ».
Scarlett non scostò il proprio sguardo dal suo neanche per un secondo, e Lily attese un suo cenno prima di tornare ad abbracciarla.
Prese un profondo respiro, leggermente inframmezzato da qualche singulto, e si lasciò cullare dall'affetto dell'amica e dalla forza delle sue parole.
Mai come in quel momento, infatti, avrebbe voluto crederle ciecamente, lasciarsi andare a quella sicurezza di cui ormai ricordava a stento il sapore, fidarsi di se stessa come non faceva più da tempo.
Sarà tutto più facile...
Forse lo sarebbe stato davvero, ma come aveva imparato sulla sua stessa pelle, gli errori si pagano, e quello che aveva appena commesso nei confronti di Sirius era davvero imperdonabile.
E questo era ciò che credeva anche lui, che, qualche piano più giù, stava camminando a zonzo per il castello senza una meta, solo ed esclusivamente per tentare di smaltire la rabbia che scorreva dentro di lui.
Non sapeva nemmeno come ci fosse arrivato, ma si accorse a malapena di trovarsi al quarto piano, circondato dalle risate indistinte degli studenti nei corridoi e dalle voci sconosciute che si intrecciavano le une alle altre a formare un suono che a stento percepiva.
Soltanto una di esse, improvvisamente, riuscì ad attirare la sua attenzione.
« Amico! » stava urlando James a qualche metro da lui, e a quel punto fu chiaro come quel richiamo fosse stato capace di sovrastare con estrema facilità tutto il vocio circostante. Probabilmente, la sua voce sarebbe stata l'unica che avrebbe sentito davvero.
Avvertì la sua mano serrarsi forte intorno alla sua spalla per indurlo a fermarsi e lui, con riluttanza, si voltò, parecchio irritato, sospirando quando si ritrovò a un palmo di naso dal suo volto preoccupato. James annaspava rumorosamente.
« Amico, ti ho rincorso per quasi quattro piani! » urlò, passandosi le dita fra i capelli. « Si può sapere che diamine ti è successo? »
Si lasciò cadere su una panca per riprendere fiato, i gomiti premuti sulle ginocchia e le mani intrecciate sulla nuca.
« Felpato, sto parlando con te » lo richiamò, notando che non giungeva alle sue orecchie alcuna risposta, e puntò lo sguardo su di lui. « Che fine ha fatto Scarlett? Abbiamo dovuto rimandare l'allenamento a domani, non è da lei saltarne uno senza avvisa-... AMICO! »
Sirius era schizzato via in un istante, lasciandolo a farneticare lì da solo, e stava percorrendo il cortile ad ampie e decise falcate.
Non aveva ascoltato neanche metà del breve discorso di James, troppo concentrato a scrutare gli studenti che popolavano quel piccolo fazzoletto di erba, e una figura in particolare aveva attirato la sua attenzione, inducendolo ad abbandonare l'amico alle sue chiacchiere e a rincorrerla.
Mary, infatti, stava attraversando il portico adiacente al cortile, le dita sottili e minute strette intorno al manico della propria borsa, e non si era accorta di Sirius neanche quando a tenerli distanti erano rimasti soltanto un paio di metri.
« Guarda guarda... Mary » la richiamò quando fu a un passo da lei, e la vide trasalire. « Ti godi il bel sole? »
Lei lo squadrò da capo a piedi, sospettosa, e deglutì imbarazzata, senza rispondere alla sua provocazione.
« Hai una brutta cera, se mi è permesso dirlo » proseguì allora lui, avanzando verso di lei. « Ah, beh... troppe preoccupazioni, immagino ».
Mary non sottrasse la propria attenzione al suo sguardo, e lo mantenne alto. Nonostante ciò, preferì ancora una volta non replicare.
« Cos'è, hai perso la lingua? » fece ancora Sirius, lasciando scivolare il ghigno via dal proprio volto. « Oppure l'hai usata così a sproposito che adesso hai persino paura di fiatare? »
Il suo tono si era fatto ben presto sprezzante, duro come la roccia, ma il cambiamento drastico non aveva suscitato alcuna sorpresa in Mary.
« Ti ha mandato Scarlett, non è vero? » domandò con fare distaccato, fredda come Sirius non l'aveva mai vista. « Ah, ma certo... A quanto pare, oltre che il suo ragazzo sei diventato anche il suo gufo ».
A quelle parole, Sirius esplose in una fragorosa risata priva di gioia che la fece raggelare sul posto.
« Ti farà piacere sapere che ho appena perso entrambe le cariche » replicò, aspro e sarcastico. « Ragion per cui sono venuto a ringraziarti, visto che gran parte del merito va a te. A te e alle tue stupidissime cotte segrete degne del più raccapricciante romanzo rosa sul mercato ».
Schioccò la lingua, schifato dal ricordo dell'origine della sua brutale lite con Scarlett. Il solo pensiero lo faceva ribollire di una rabbia cocente.
E le sue parole, dettate proprio da quell'ira implacabile, risultarono a Mary così sgradevoli che scosse il capo vigorosamente, rigettandole.
« Non mi pento di una parola, se è questo che vuoi sapere » disse, fortemente risentita. « E non ho intenzione di stare qui ad ascoltare i tuoi stupidi giudizi ».
Fece per voltargli le spalle, ma la sua mano serrata intorno al braccio insieme alla sua voce imperiosa la costrinsero a non allontanarsi.
« Sai quanto m'importa delle tue intenzioni? » sibilò, velenoso. « Dopo la stronzata che hai combinato, a me importa solo delle mie. E se vuoi un'anticipazione, sappi che intendo farti sopportare tutta la mia rabbia senza sconti. Quindi adesso non ti muovi e stai qui ad ascoltarmi finché non avrò finito, perché io non sono Scarlett, e non mi lascerò abbindolare dalle tue sciocchezze ».
Mary guardò Sirius come se lo stesse vedendo per la prima volta in vita sua, e ritrasse le labbra sui denti, senza proferir parola.
« Credi che ti abbia preso in giro, allora? » riprese lui, lasciandola andare con scarsa delicatezza. « Che idea stupida... E tu, piuttosto? Tu, che ti sei sempre comportata da amica e non hai mai avuto il fegato di confessarmi che eri attratta da me, come ti definiresti? »
La fissò come se si aspettasse realmente di ricevere risposta, ma lei si limitò a ricambiare il suo sguardo con aria vacua, silenziosa.
« E poi è strano, non credi? » proseguì Sirius, incalzante. « Mary la brava ragazza si prende una cotta per chi? Proprio per Sirius Black, il tipo... aspetta, com'era? Oh, già... bello e dannato, o come diavolo dite voi ochette da strapazzo. Nonostante questo amore travolgente, però, Mary non dimentica i suoi sani principi, così inizia a sputare sentenze sul suo turpe passato... cosa avrebbe dovuto essere, un eroico e solidale tentativo di salvare la tua amica da una storia senza un futuro? »
Diede in un'altra breve risata amareggiata, scuotendo il capo.
Tutte quelle sciocche storie sul fantomatico cattivo ragazzo lo avevano sinceramente stancato. Ragazze che lo definivano tale solo per qualche ciuffo di capelli che gli ricadeva sugli occhi e un paio di punizioni al mese, senza conoscere un briciolo della sua storia, cosa lo avesse reso il ribelle che era diventato... se fino ad allora quella nomea lo aveva in diverse occasioni avvantaggiato, adesso cominciava a gravargli pesantemente addosso.
E venire a conoscenza del fatto che Mary, ragazza per cui aveva sempre provato stima e simpatia, rientrava appieno in quella categoria di adolescenti lo rendeva furioso con lei forse persino il doppio di quanto già non fosse per l'accaduto che gli aveva rivoltato la giornata.
« Ti sei intromessa in una faccenda che avresti al massimo dovuto supportare » disse ancora, senza smettere di guardarla dritto negli occhi. « Hai stravolto tutto, hai messo a soqquadro la mia storia con Scarlett, e guarda quanto sei meschina... non te ne penti nemmeno ».
Il suo tono carico di delusione e di disprezzo la invitò silenziosamente a fare un passo indietro, cosa che lui non parve neanche notare.
« E' tutto? » chiese lei, la voce inevitabilmente spezzata e lo sguardo ancora incollato al suo.
Sirius sollevò le spalle con un rapido scatto nervoso. Il suo essere così disarmata non gli infondeva il benché minimo sentimento di pietà.
« Mmm, vediamo » ribattè, ironico. « Ho rotto con Scarlett dopo meno di ventiquattr'ore da quando ci siamo messi insieme e ho scoperto il peggio di te in un batter d'occhio. Sì, direi che è tutto, per oggi ho fatto il pieno ».
Mary lo ascoltò fino all'ultima parola. Poi, stremata da tutto ciò che aveva udito, gli voltò le spalle e si incamminò a passo deciso nella direzione opposta, il capo chino.
Sirius, invece, rimase piantato sul posto, il respiro affannoso come dopo una lunga corsa, e solo dopo alcuni istanti, voltandosi, vide James che lo fissava in piedi accanto ad una colonna poco distante.
Quello ricambiò il suo sguardo, sbigottito e rabbuiato insieme, e gli fu vicino in un paio di passi assai determinati.
« Vieni » fu l'unica parola che gli rivolse, e dopo avergli premuto una mano sulla spalla fino a serrarla, lo condusse con sé verso l'uscita del cortile.
Durante il tragitto, Sirius non lo guardò né pronunciò verbo, ma non oppose resistenza e si lasciò guidare verso la Sala Comune, il luogo verso cui erano sicuramente diretti. James, invece, gli lanciò numerose occhiate cariche di domande e preoccupazione, alle quali lui non prestò la minima attenzione.
Non appena ebbero varcato il buco dietro il ritratto, salirono le scale diretti ai Dormitori, e solo quando ebbero chiuso la porta alle proprie spalle, James, finalmente, mollò la presa.
« Cos'è, mi tieni al guinzaglio? » fece Sirius, vagamente scocciato, accomodandosi sul letto senza neanche togliersi le scarpe.
Per tutta risposta, James storse le labbra in una smorfia, afferrò una sedia accasciata contro la parete e, dopo averla fatta girare di centottanta gradi, vi si mise seduto a cavalcioni, le braccia incrociate, fissando l'amico con una certa insistenza.
« Ottima scelta lessicale, Felpato » si complimentò, piuttosto spiccio. « Ma non siamo qui per parlare di questo ».
Sirius non lo ascoltò nemmeno. Si distese a pancia in su e schiacciò il proprio cuscino contro il viso, coprendolo alla vista.
« Non sono in vena di confessioni, oggi » disse, la voce alterata dal contatto con la stoffa. « E per i miei gusti ho sentito parlare fin troppo ».
Mise via il cuscino, si alzò e afferrò la caraffa colma d'acqua poggiata al davanzale della finestra. Senza una parola, fece apparire dal nulla un calice e la versò senza la minima cura, facendola gocciolare a terra, poi bevve tutto d'un fiato ma non tornò a sedersi. Il suo sguardo era acceso come non mai.
« Oh, andiamo, non fare tanto il principino capriccioso con me! » sbottò James, deciso invece ad ascoltare per bene tutta la storia.
Il viso di Sirius si contrasse in un'espressione indefinibile.
« Non sto facendo il principi-... aspetta, che cosa? » aggiunse infine, cambiando bruscamente rotta. Poi sospirò, scuotendo impercettibilmente il capo. « Senti, Ramoso... piantala. Sono esausto, sentire voci mi fa scoppiare la testa e vedere facce mi risulta vomitevole, quindi... fammi il favore, okay? »
Si sistemò sul davanzale della finestra, battendo forte e volontariamente la testa contro il muro. 
Serrò gli occhi. La stanza girava incontrollabilmente.
« Beh, vomita, se devi, ma non ho intenzione di muovermi » ribattè prontamente James, per nulla colpito dalle sue parole. « E, a proposito, se stai adottando - come penso tu stia facendo - la solita tecnica dei miei gioielli, sappi che è un tantino demodè. Voglio dire, fai le tue stramaledette sfuriate, poi vai in ritiro spirituale e infine, dopo interminabili giorni di silenzio e agonia, ti decidi a scoppiare come un incantesimo Bombarda solo quando sei a un passo dalla crisi isterica » recitò in tono annoiato, sollevando gradualmente le prime tre dita della mano. « Ecco, tanto perché la vita è breve, non potremmo accorciare i tempi? Qualche taglio qua e là e possiamo passare al momento in cui mi urli in faccia la qualsiasi, io ascolto, e alla fine ti grazio con i miei saggi consigli ».
Sirius non rise, ma diede in uno sbuffo stanco e annoiato che, ad ogni modo, non demoralizzò minimamente James.
Poi, sospirando, si decise a parlare.
« Non sono fatto per queste cose » disse, mantenendo le palpebre chiuse. « Tutte queste stronzate fra ragazze... non riesco a concepirle ».
James lo ascoltò in silenzio, senza capire. 
Non aveva idea di ciò di cui stesse parlando, ma al momento non gl'importava di avere un resoconto completo delle ultime novità. 
Desiderava soltanto lasciarlo sfogare prima che esplodesse, perché quel momento sarebbe arrivato. Arrivava sempre, alla fine.
« Scarlett, poi, si è dimostrata la più stupida » proseguì, battendo un altro lieve colpo sulla parete di roccia. « Non ho idea di che cosa le abbia preso, e... adesso so solo che tentare una relazione con lei sarebbe stata un'enorme sciocchezza ». Fece una pausa, bagnandosi le labbra con la punta della lingua. « E' rimasta bloccata a un anno fa » riprese, fortemente amareggiato. « La paura è la stessa, la diffidenza idem... sembra che non voglia più schiodarsi da lì, da quel tradimento. E io non voglio una ragazza che vive nel passato. Voglio che si butti tutto alle spalle, altrimenti... non esiste un futuro ».
Si passò una mano sugli occhi, immergendola poi fra i capelli, e tentò di immaginare l'espressione di James ad occhi chiusi.
L'aria sperduta e attenta insieme che si focalizzò nella sua mente era l'esatto specchio di quella dipinta sul suo volto in quel momento.
« Credevo ci fosse riuscita » mormorò James, massaggiandosi il mento e la mascella. « Ma magari... magari per farlo definitivamente ha bisogno di te ».
A quelle parole, Sirius rise, sprezzante e follemente divertito dall'assurdità della cosa.
« No! » esclamò a gran voce, e James avvertì in quel tono il pericolo della sua frustrazione che si faceva sempre più scottante. « No, lei ha bisogno di un miracolo per farlo! E non so se basterebbe! » Si alzò di scatto, incapace di stare fermo per più di qualche secondo. « Ci respingiamo, è più forte di noi, e non riusciremo mai a trovare un equilibrio! Poi lei... lei si comporta come se fra noi non ci sia stato nulla, come se... come se fossimo ritornati a Settembre, quando l'unico stramaledetto sentimento che ci univa era un'antipatia spaventosa! E sai cosa? Se ha intenzione di fare tutti questi passi indietro, allora io ne farò il doppio! Dovrà odiarmi, odiarmi come alcuni mesi fa non poteva neanche immaginare di riuscire a fare! E forse odiando me riuscirà a fare pace con se stessa, perché è fuori di testa, e non ho intenzione di reggerla un minuto di più ».
Sospirò, passandosi le mani fra i capelli e iniziando a marciare per la stanza.
James lo osservò a lungo, studiando con attenzione ogni suo movimento. La sua rabbia irriducibile lo preoccupava, e anche tanto.
« Sta cercando di farci l'abitudine » fece in tono pacato, serrando le mani sulle ginocchia. « E' dura per lei ricominciare da zero, ed è... piuttosto normale che tornino a galla tutti i dubbi una volta iniziata una nuova storia. Ogni piccola spinta verso la direzione opposta a te la mette in crisi, ma non è... non credo che si tratti di... mancanza di fiducia, o roba del genere. Credimi, Sirius, conosco Scarlett anche più di te, e se non fosse stata assolutamente certa di quello che provava non ti avrebbe mai baciato. Ha sviluppato un autocontrollo impressionante da quando... » Fece una pausa, mordendosi la guancia. « Beh... da quando quell'idiota l'ha imbrogliata. Cerca di capirla » aggiunse con passione, tentando di indurlo a ragionare.
Ma Sirius non volle dargli retta, e si limitò a registrare le sue parole in un angolo remoto della mente che non sarebbe più tornato a ricontrollare.
James non aveva ascoltato tutte le stupidaggini che erano venute fuori dalla bocca di Scarlett, non aveva visto con i propri occhi la sua espressione determinata e ferita mentre lo attaccava... James stava solo cercando di rimettere in piedi un ponte che era crollato ai piedi di una terribile tempesta... un ponte che di intemperie ne aveva già viste tante, ma mai così furiose. Un ponte che forse, però, non possedeva fondamenta tanto solide da riuscire a sopportare l'uragano più violento.
« Oh, no » replicò Sirius, scuotendo forte il capo e bloccandosi di scatto. « Questa volta non cerco di capire proprio nessuno. Mi ha stancato con tutti i suoi cambi di fronte, non riesco più a capire ciò che vuole, perché... perché non lo sa neanche lei! » esclamò, realizzando la cosa solo in quel momento. « Quindi se non ha nemmeno le idee abbastanza chiare per mettere un punto a questa storia, beh... lo farò io. Nessun rimpianto ».
Si battè le mani sui fianchi, lasciandosi cadere sul proprio letto, e fissò James come se volesse sfidarlo a controbattere alla sua decisione.
Quello ricambiò il suo sguardo, cupo come raramente Sirius lo aveva visto, e per un po' non pronunciò neanche una parola.
« Mettere un punto... » fece infine, pensieroso. « Facile, no? »
Quella domanda arrivò a Sirius esattamente con il tono ironico con cui James l'aveva posta, e ciò lo portò a riflettere un momento sulle sue parole prima di  replicare.
« Non m'importa che lo sia » disse bruscamente. « Dopotutto, vivevo benissimo prima, vivrò altrettanto bene anche dopo. Anzi, proprio grazie a lei, guarda un po' come mi sono ridotto... d'ora in poi potrà solo andarmi meglio » concluse, sdegnosamente amaro.
James sbuffò e scosse il capo fra sé e sé, osservandolo attraverso i tondi occhiali con rinnovato interesse.
« Prima che ci creda anche solo un po' io, dovrai imparare a crederci tu, amico » rispose con semplicità, convinto di ciò che diceva.
E a Sirius quella verità non volle affatto andar giù, tanto che per l'ennesima volta si rizzò a sedere di scatto e diede in un mezzo sospiro esasperato.
« Ho bisogno d'aria » tagliò corto all'improvviso, e senza aggiungere altro uscì in fretta dalla stanza, sbattendosi la porta del Dormitorio alle spalle.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
La mattina dopo, quando i Malandrini lasciarono il Dormitorio per recarsi in Sala Grande, la combriccola contava un componente in meno.
Sirius, infatti, si era categoricamente rifiutato di abbandonare il letto, e per mostrare agli amici quanto serie fossero le sue intenzioni, aveva serrato le tende già chiuse con la magia, così che non potessero più venire a disturbarlo. Alla fine - com'era prevedibile - quelli si erano arresi, andando via senza di lui.
Stranamente, però, quel giorno Sirius non pareva l'unico teso e taciturno del gruppo. 
Anche Remus, per l'appunto, si era già mostrato più chiuso ed irritabile dall'ultima lezione con Miley, ma gli amici avevano attribuito all'imminente luna piena la causa del suo improvviso e crescente malumore.
Mentre scendeva le scale insieme agli altri non pronunciò neanche una parola, ma nessuno vi fece caso. Dal momento in cui si erano svegliati, infatti, si erano ritrovati un po' tutti vittima dello stesso cupo incantesimo, tanto che si erano scambiati soltanto qualche sparuta frase, cosa che non accadeva quasi mai.
Giunsero in Sala Grande silenziosi ed imbronciati, e quando presero posto accanto alle ragazze come d'abitudine, notarono che all'appello mancava anche Scarlett, e che Mary era seduta accanto ad Alan alcuni posti più in là. La cosa non li sorprese affatto.
« Buongiorno » borbottò Alice in tono spento, rispondendo al cenno di saluto dei ragazzi che si stavano accomodando nei posti vuoti accanto a loro.
James gettò la propria borsa sotto il tavolo con uno sbuffo soffocato, e quando risollevò lo sguardo notò che Lily lo stava osservando.
Non ci fu bisogno di parlare perché capissero quanto dura fosse stata la loro precedente giornata e quanto ancora ne stessero soffrendo. 
A volte, il compito di migliori amici era davvero arduo da sostenere, ma loro non si tiravano mai indietro.
« E' rimasto a letto con le tende chiuse, non è vero? » bisbigliò Lily a James, bevendo un sorso di caffè amarognolo.
Lui sollevò un sopracciglio, vagamente stupito dalla sua perspicacia, e in tutta risposta lei abbozzò un mezzo sorriso.
« E' quello che ha fatto Scarlett » spiegò, sollevando appena le spalle. « Sono fatti della stessa pasta, quei due ».
Riavvicinò le labbra alla tazza, soffiando delicatamente, poi la poggiò sul ripiano del tavolo senza aver bevuto neanche una goccia di caffè.
« Per non parlare di Mary » fece, osservando il liquido ondeggiare entro i bordi di ceramica. « Questa mattina è andata via prima che ci svegliassimo e non ci ha neanche rivolto la parola. Soltanto Emmeline è riuscita a dirle qualcosa ».
Diede in un basso sospiro preoccupato, e James le poggiò il palmo della mano sul ginocchio più vicino a lui.
« Non resisteranno a lungo » le disse sottovoce, mentre lei lo scrutava di sottecchi, un po' rincuorata. « Tutti e tre. Ne sono sicuro ».
Lily annuì impercettibilmente, come a voler convincere se stessa delle sue parole, poi afferrò una caraffa colma di tè caldo e la tese appena verso James.
« Tè? » propose, le labbra arricciate in un sorriso accennato. « Non ti consiglio questo intruglio malefico, mi sta facendo diventare una schizzata » aggiunse, facendo un cenno alla propria tazza di caffè con una smorfia, poi parve rifletterci su e aggiunse: « Forse con la terza tazza ho esagerato... »
A quelle parole, James rise, non la sua solita risata travolgente, ma comunque sincera e divertita. Anche lui pareva un po' più sollevato.
« Vada per il tè, allora » rispose. « Non fai altro che rifilarmelo, ultimamente... »
Rise anche lei, sommessamente, e versò la bevanda bollente nella sua tazza, rivolgendogli un altro bel sorriso che lui si ritrovò a ricambiare.
Nonostante quel brevissimo sprazzo di serenità, però, quella rimase una tra le colazioni più tristi a cui avesse mai partecipato in vita sua.
Come tutti gli altri, rimase in silenzio per il resto del tempo, ingoiando di malavoglia un po' di pane tostato, finché non vide Remus alzarsi dalla panca.
« Ragazzi... io vado » fece quest'ultimo agli amici, sistemandosi meglio il maglioncino sulla vita.
« Aspetta, ti accompagnamo no-... » esordì James, mentre Peter annuiva, ma Remus lo interruppe.
« No » disse, secco. « Vado da solo, ce la faccio benissimo ».
I due si scambiarono uno sguardo, poi annuirono e gli rivolsero un cenno di saluto.
« Veniamo a trovarti dopo le lezioni » aggiunse Peter prima che andasse via, e lui sorrise appena e annuì, voltando loro le spalle.
Era il giorno in cui doveva recarsi in Infermeria per il solito ricovero preventivo. Si sentiva già parecchio debole, e i muscoli erano più rigidi del solito, come se non volessero rispondere ai comandi con la consueta agilità. Nulla di nuovo, ma quei sintomi lo facevano sempre rabbuiare parecchio.
Mentre camminava, la squillante voce di Miley lo richiamò da poco lontano, tanto che quando si voltò la trovò a pochi passi da lui.
Guardandola, a tutti quei piccoli e fastidiosi dolori se ne aggiunse un altro: una brutale stretta allo stomaco che però si ostinò ad ignorare.
« Ehi » salutò, cercando di distendere il proprio volto in un sorriso, ma non ci riuscì.
« Ciao » fece lei, sorridendo appena. « Scusa se ti ho richiamato, ma ho... bisogno di una cosa » disse poi, scrutando il suo volto con aria un po' cupa, e lui annuì.
« Certo, dimmi tutto » rispose con il suo usuale tono gentile, e affondò le mani nelle tasche in un gesto distratto.
Miley si sistemò meglio sulla spalla la pesante borsa che continuava a segarla, poi parlò.
« Ti dispiacerebbe darmi la parola d'ordine della vostra Sala Comune? » chiese, un po' imbarazzata. « Ho la netta sensazione che Scarlett preferirebbe far venire su gli elfi a colazione, pranzo e cena piuttosto che lasciare il Dormitorio, quindi... ecco, non so proprio in quale altro modo potrei parlarle ».
Remus annuì prima ancora che lei terminasse la frase, senza neanche pensarci due volte.
« Strillettera » disse, accennando un sorriso comprensivo. « Dovrebbe essere valida per tutta la settimana ».
Miley annuì più volte col capo e sorrise.
« Grazie mille » rispose, scostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Poi, come colta da un'improvvisa illuminazione, iniziò a frugare dentro la propria borsa, in cerca di qualcosa che Remus scoprì essere un sacchetto quasi intero di ingrediente base per pozioni.
« Lo hai dimenticato sabato... insieme a questo » fece, tirando fuori anche la sua copia di Pozioni Avanzate. « Non so chi tra noi due abbia più la testa fra le nuvole, visto che mi porto dietro questa roba da ieri... tra l'altro hai doppie Pozioni adesso, no? »
Lui parve non recepire subito il messaggio, lo sguardo fisso sul libro che aveva tra le mani, e si ritrovò ad annuire rapidamente in un gesto meccanico.
Perché lei non poteva saperlo, ma quel libro non gli sarebbe servito proprio a nulla, quella mattina. A nulla, se non ad accrescere la noia in Infermeria tra le solite fitte lancinanti che puntualmente lo colpivano e qualche raccapricciante pozione da ingerire per contrastare il dolore. 
« Già... » rispose, evasivo. « Che sbadato... Ti ringrazio ».
Sistemò il tomo dentro la borsa semivuota, e per la seconda volta Miley si ritrovò a scrutare il suo volto con preoccupazione e curiosità insieme, domandandosi cosa non andasse in Remus, cosa lo rendesse tanto sfuggente e cupo.
« A proposito di questo » riprese nuovamente, cercando di mascherare la propria perplessità con un tono piuttosto tranquillo. « Volevo dirti che questa settimana sarà un inferno, con gli allenamenti e tutto il resto, però mercoledì pomeriggio sarò lib-... »
« No, Miley ». 
La sua brusca interruzione riuscì a inchiodarla sul posto quasi come se le avesse lanciato un Incantesimo delle Pastoie Total Body.
Non la stava nemmeno guardando negli occhi.
« No cosa, Remus? » domandò, aggrottando leggermente le sopracciglia, e lo vide grattarsi distrattamente la nuca mentre continuava accuratamente ad evitare il suo sguardo.
Dal momento in cui Miley l'aveva richiamato, era stato certo che, in un modo o nell'altro, sarebbero arrivati a quell'argomento. 
Dopotutto era la cosa più normale al mondo, e proprio per quella sua estrema banalità Remus la odiò, perché la rendeva di conseguenza la questione più inevitabile da affrontare.
Allo stesso tempo, però, era anche parecchio stupido lamentarsi del momento inappropriato o delle condizioni sfavorevoli per discutere della decisione che aveva maturato, perché qualsiasi momento sarebbe stato inappropriato, e probabilmente le condizioni favorevoli che tanto agognava di trovare non esistevano nemmeno, se non nei suoi sogni più vivaci.
Guardarla negli occhi, poi, gli risultò arduo tanto quanto si era aspettato tutte le volte che la sua mente si era focalizzata su quella scena. 
Scena che aveva sperato intensamente di non vivere, ma che sapeva bene di dover affrontare.
« No alle nostre lezioni di Pozioni » rispose dopo qualche istante. « Non più ».
Si maledisse mentalmente per la spigolosità delle sue parole, ma in realtà aveva poco da rimproverarsi, visto quanto si conosceva bene e quant'era consapevole della propria durezza nei momenti in cui più si ritrovava in difficoltà.
Non aveva pensato ad altro, Remus, da quando era tornato dalla visita ad Hogsmeade.
Subito dopo l'uscita, si era recato insieme a Miley nell'aula di Pozioni, e durante quella lezione si era reso protagonista di una delle performance più disastrose di tutta la sua carriera scolastica. Lei aveva notato la sua distrazione, imputandola però alla poca voglia di impegnarsi, e non aveva dato particolare peso alla cosa, prendendo sul ridere quel clamoroso passo indietro compiuto dal suo irrecuperabile allievo.
Da quella stessa sera, poi, si era rifugiato in uno dei suoi soliti silenzi impenetrabili, e anche in quel caso era stato parecchio fortunato. 
Quei momenti, infatti, erano tipici del periodo precedente alla luna piena e i suoi amici erano ormai avvezzi a quella routine, così quella coincidenza, unita alla rottura tra Sirius e Scarlett, gli aveva permesso di evitare domande scomode.
Le stesse domande scomode che, però, non aveva potuto fare a meno di porre a se stesso, andando incontro a risposte se possibile ancor più dolorose.
Perché allontanarsi da Miley, in quel momento, era la decisione più dolorosa che potesse prendere.
Il discorso che lei aveva quasi per caso intrapreso al ritorno dal villaggio era stato di una bellezza e di una profondità che Remus non ricordava di aver mai riscontrato in altre parole prima di allora. Non era stato particolarmente sbalorditivo - solo perché aveva imparato a conoscere Miley in quei mesi, e non avrebbe potuto aspettarsi da lei nulla di diverso -, ma il candore misto alla forza con cui lo aveva pronunciato lo avevano sinceramente toccato.
I problemi erano subentrati subito dopo, appena superato quel breve attimo nel quale si era illuso che quelle parole potessero essere la sua salvezza.
I problemi erano subentrati quando, tornato alla realtà, si era reso conto che non esisteva salvezza, per lui.
Quelle parole, infatti, potevano solo essere specchio e manifesto di un'inevitabile condanna. 
Condanna per una persona che meritava di brillare, condanna per una giovane donna che possedeva una ricchezza interiore disarmante, condanna per una ragazza per cui provava qualcosa di tanto intenso quanto sbagliato... qualcosa che - lo sapeva bene - poteva solo diventare ancor più forte, quando invece lui non avrebbe nemmeno dovuto permettere che nascesse.
Era stato ingenuo, debole, fin troppo sconsiderato, e aveva scoperto suo malgrado di non poter confidare sulla sua capacità di rendersi impermeabile alla tentazione di vivere come un ragazzo normale. 
Forse perché Miley lo stava convincendo di poterci riuscire davvero.
Forse perché quella tentazione, con lei, diventava quasi irresistibile.
Nonostante ciò, però, si trattava sempre di pura tentazione, e cedervi non avrebbe portato altro che oscurità.
Quella situazione andava bloccata, fermata prima che si giungesse all'irreparabile, prima di arrivare a svelare verità che dovevano rimanere occulte, a prescindere da quanto quella rottura fosse sofferta... e lo era davvero.
Chi era lui per addossare su di lei un fardello che a stento riusciva a sopportare lui stesso, solo per un suo egoistico desiderio di continuare ad essere cullato da quella delicata presenza di fianco a sé?
La risposta era fin troppo semplice, la sua messa in atto decisamente meno.
« Ci penso da un po' » riprese a dire, sforzandosi di incontrare il suo sguardo che attendeva risposte. « Ho abusato della tua pazienza troppo a lungo, e adesso... adesso me la cavo anche da solo, quindi non è il caso che impieghi ancora parte del tuo tempo libero con me, non... non con tutti gli impegni che hai, ecco ».
Miley non fece una piega, e parve assimilare la notizia con la massima compostezza.
Non aveva staccato gli occhi da lui neanche per un secondo, e il suo atteggiamento così palesemente nervoso le fece subito pensare che ci fosse altro a monte della sua decisione. Dopotutto, nell'ultimo periodo non le aveva più rivolto quel tipo di scusanti, e lei aveva creduto che fossero arrivati ad un grado di confidenza tale che quelle schermaglie non avevano più ragione di esistere, fra loro.
Se a stupirla, comunque, era stata la tempestività di quella scelta, a meravigliarla ancor di più fu il modo in cui le aveva parlato.
Era teso, rabbuiato, brusco, e anche estremamente a disagio.
Fu soprattutto per quello che decise di non replicare con stupide rassicurazioni o inutili pressioni per fargli cambiare idea.
Remus sapeva benissimo che lei ci sarebbe stata sempre per lui, e con quella sicurezza aveva preso comunque la sua decisione. Questo le bastò.
« Capisco » rispose infatti, annuendo brevemente. « Hai... hai ragione, sei molto migliorato ».
Remus accolse quelle parole di circostanza con nervosismo crescente. 
Non tollerava quella situazione, non tollerava se stesso più che mai, e voleva uscirne il prima possibile. Voleva scappare.
« Allora... » fece, impaziente di porre fine a quel dialogo che sapeva tanto di sottile tortura. « Allora grazie di tutto. Sei stata preziosa ».
Lei tentò un sorriso accennato, probabilmente il peggiore che avesse mai partorito in vita sua.
« L'ho fatto col cuore » rispose con semplicità e, paradossalmente, senza particolare dolcezza.
Remus prese un profondo respiro, e fu capace di congedarsi solo con un brusco cenno di saluto, per poi lasciarsi andare ad un pesante sospiro quando alcuni passi l'ebbero allontanato da lei.
Miley, invece, si incamminò nella direzione opposta, le mani affondate nelle ampie tasche del mantello, una sensazione di vuoto allo stomaco che di solito associava alla mancanza di cibo, ma che in quell'occasione era decisamente più dolorosa.
Percorse la strada verso l'aula di Trasfigurazione meccanicamente, senza badare a come piantava i piedi a terra o a chi le passava accanto per i corridoi. 
La sua mente non faceva altro che aggrovigliarsi in contorte teorie che la portassero a capire cosa avesse indotto Remus a compiere quella scelta inaspettata. Perché per quanto lui potesse sostenere che l'idea lo sfiorava da tempo, lei continuò a pensare che la sua decisione fosse derivata da una ragione scatenante, piombata dal cielo all'improvviso così da travolgere entrambi con la stessa intensità.
Era stato un colpo che non si era aspettata di ricevere, una notizia che ancora non riusciva a realizzare, forse perché da tempo, ormai, la sua compagnia era divenuta un'abitudine a cui avrebbe faticato a rinunciare. Dopotutto, Remus e le loro lezioni insieme erano divenuti parte della sua vita, un'elemento fondamentale e imprescindibile del suo vivere quotidiano che la aiutava ad affrontare con maggior serenità ogni piccolo ostacolo che le si parava di fronte.
Tutte le volte in cui si era sentita un po' stressata, giù di morale o con la mente troppo stipata di pensieri, l'idea dei suoi incontri con lui era riuscita nell'ardua impresa di risollevare il suo umore. Era stata un supporto, un perenne incoraggiamento, un dolce conforto in qualsiasi situazione.
Non aveva idea di quel che invece avesse significato per lui, e questo la mandava in collera più di tutto il resto.
Forse aveva considerato le loro lezioni solo un modo per recuperare un voto orribile, e nulla di più. Per quanto si scervellasse, non riusciva a venirne a capo.
E avrebbe continuato a tormentarsi ancora a lungo se la vista di sua sorella non avesse attirato improvvisamente la sua attenzione.
Si passò le dita fra i capelli, cercando di sgomberare la mente da quei pensieri, e le si avvicinò frettolosamente.
Non aveva alcuna intenzione di gravare ancor di più sul peso che Scarlett portava sulle spalle con i suoi improvvisi problemi. L'idea di parlarle di quanto era appena accaduto non la sfiorò neanche per un istante: il suo unico compito, in quel momento, era assicurarsi che Scarlett non crollasse definitivamente.
Una volta giunta alle sue spalle, le strinse il braccio con la mano destra per indurla a voltarsi e la abbracciò calorosamente.
Lei non fiatò, ma avvolse la sua vita con le braccia e poggiò il mento alla sua spalla, chiudendo gli occhi per cercare di chiamare a sé quella calma che, per quanto si sforzasse, da ore non riusciva più a padroneggiare.
Quando si lasciarono, Miley osservò la sorella con il capo un po' inclinato, aspettando che dicesse qualcosa mentre si mordicchiava una guancia.
« Non ho molta voglia di parlare, Miley » disse quella, rispondendo alla domanda che lei non le aveva posto.
La sorella annuì quasi subito, dando in un mezzo sospiro che non riuscì a trattenere.
« Lo capisco » si affrettò a dire, parlando con calore. « Sì, lo capisco benissimo. Ma se ti venisse voglia di... più tardi, o quando vuoi... »
« Lo so » la interruppe l'altra, guardandola con affetto.
Poi, d'un tratto, qualcosa la distrasse, la vista di qualcuno o di qualcosa, che Miley rintracciò ben presto nella figura di Sirius, all'altra estremità del corridoio.
« Ehi » fece, richiamando la sorella, e con un cenno indicò il ragazzo che si allontanava. « Vai ».
Il suo tono incoraggiante e sereno riuscì a mitigare l'ansia che le era salita alla gola nell'istante in cui i suoi occhi avevano incontrato Sirius.
Annuì senza pensarci due volte, strinse in un rapido gesto la spalla di Miley e la abbandonò, dirigendosi nella direzione da lui intrapresa.
Accelerò il passo sempre più, scostandosi i capelli dietro la schiena, poi, quando lo rivide, riprese a camminare più lentamente, facendosi vicina.
Non aveva avuto il tempo materiale di riflettere su cosa dire non appena lo avesse richiamato, ma ormai era tardi per cercare di formulare pensieri definiti. Avrebbe improvvisato, e per una volta sarebbe stata capace di dire solo ciò che sentiva di voler dire, senza censure e senza rimorsi, così come avrebbe dovuto sempre fare. Così come, in realtà, lui aveva sempre voluto che facesse.
Sirius si accorse di lei prima che potesse pronunciare anche una sola sillaba del suo nome. Il corridoio era semivuoto, e lo scalpiccio dei suoi passi doveva averlo indotto a voltarsi, cosa a cui lei non aveva affatto pensato. Il suo sguardo la scosse come un'ondata di elettricità.
Pareva che il suo viso dai bei lineamenti si fosse indurito nel corso della notte. Ogni tratto pareva più marcato, più spigoloso, meno delicato.
La fissò solo per qualche breve istante, poi ricominciò a camminare come se non l'avesse vista affatto, e per un attimo lei esitò: non aveva il coraggio di richiamarlo. Non dopo la freddezza che aveva visto invadere i suoi occhi nel momento in cui l'aveva guardata. Però lo fece.
« Sirius » disse, la voce stranamente ferma e limpida, e mosse qualche altro passo verso di lui, un po' incerta.
Quando gli fu vicina, però, la sensazione che la invase la sconvolse.
Il calore che l'aveva sempre attirata verso di lui, avvolgente e pericoloso come una forza fuori controllo, era svanito, rimanendo intrappolato nella gelida barriera che adesso non faceva altro che respingerla, impedendole di farsi più vicina. Il potere della sua protezione, quella che aveva avvertito durante quei preziosi momenti trascorsi fra le sue braccia, pareva impossibile da raggiungere, da riottenere, e disintegrò ogni sua speranza di poterla presto riavvertire.
« Che cosa c'è? » rispose lui con un basso sospiro, fissando lo sguardo su un'ampia vetrata alle sue spalle.
Scarlett deglutì, guardando la sua spalla per non dover incrociare i suoi occhi. Aveva le mani sudate.
« Che cosa c'è? » ripetè, inclinando il capo. « C'è parecchio, direi ». Fece una pausa. « Ho bisogno di parlare con te ».
Lui tornò a fissarla di scatto, e i suoi occhi si assottigliarono appena.
« Perché, credi di non aver detto abbastanza? » le chiese sottovoce, scrutandola. « Ti è saltata in mente qualche altra sciocchezza e non vedevi l'ora di venire qui a dirmela? Questa volta passo, grazie tante, Banks » concluse in tono amaro, volgendo nuovamente lo sguardo altrove.
Lei scosse il capo, massaggiandosi la nuca con il palmo della mano umidiccia.
« Ne ho dette fin troppe, hai ragione » replicò. « Infatti volevo dirti... altro ». Si morse la guancia. « Volevo... volevo rimediare ».
Sirius sorrise, annuendo lentamente. Quel gesto la agghiacciò, tanto che la voce le morì in gola.
« Volevi rimediare » disse, fingendosi colpito. « Ah, lo apprezzo molto, davvero. Scommetto che questa notte hai partorito un discorso strappalacrime tipico delle più strazianti storie d'amore, e un po' mi dispiace non permetterti di recitarlo, ma... caschi un po' male, Banks. Credo che tu abbia trovato una delle poche persone a cui non appassiona particolarmente il genere melodrammatico. Ho già dato ieri sera, con quello stupido teatrino. E' stata... una delle esperienze più degradanti di tutta la mia vita ».
La vide chinare il capo, incapace di controbattere. Era la prima volta in cui Sirius riusciva a sconfiggerla con una tale facilità.
« Non mi aspettavo che ti fosse passata » disse, mantenendo lo sguardo fisso a terra. « Ti capisco se adesso non hai voglia di ascoltarmi ».
A lui venne quasi da ridere. Al contrario di quanto credeva, non aveva capito affatto.
« Oh, non si tratta di questo » replicò, scuotendo il capo. « Io non voglio ascoltarti adesso, e non lo vorrò domani, o fra un mese, mai ». Si avvicinò di un passo, gli occhi infuocati agganciati ai suoi. « Non avrò la pazienza di ascoltarti, di aspettarti, né di perdonarti, perché non sono quel tipo di persona. Mi annoia sopportare le persone, in una maniera che forse non puoi neanche immaginare. Quindi no, non ho voglia di capirti, né tantomeno di provare a scervellarmi sul perché diavolo mi hai tirato addosso tutte quelle stronzate ieri sera. Non ci penso neanche, e non m'importa se ti aspetti che io lo faccia. Non devi aspettarti più nulla da me ».
Il suo tono duro e apatico al tempo stesso, insieme a quelle parole così crude, la ferirono come mai avrebbe potuto immaginare.
Non riusciva a distinguere il Sirius che gli stava parlando da quello che aveva vissuto nei mesi passati, e la confusione la mandava in crisi. Il suo le pareva più che altro un modo per farle del male a tutti i costi, non per sfogare liberi pensieri che aveva tenuto a bada perché teneva a lei. 
Nonostante questa sua convinzione, però, le sembrò quasi un'impresa cercare di rimanere impassibile dinnanzi a quelle parole così forti.
Serrò gli occhi per un istante, il tempo necessario per rigettare indietro le lacrime che li avevano punzecchiati, e a lui quel gesto non sfuggì.
L'alone di tristezza che incupiva il suo sguardo solitamente vispo gli si mostrò così evidente che fu impossibile per lui far finta di ignorarlo. Così preferì non fissarla, sfuggire a quelle sue emozioni che ancora, nonostante le costrizioni a cui si era sottomesso, non riuscivano a non toccarlo da vicino.
Se l'avesse guardata, tradire se stesso e tutto ciò che aveva detto sarebbe stato semplice quasi quanto lo era stato buttare fuori tutto, senza pensare. 
E rimangiarsi la parola dopo avervi dato sfogo era un qualcosa che aveva sempre promesso a se stesso di evitare.
« C'è altro? » chiese ancora, simulando un tono di voce quasi annoiato e fissando un punto poco preciso di fianco a lei.
Quella domanda le suonò quasi come una presa in giro. Di fatto, era un invito al silenzio, perché in realtà non aveva avuto modo di dire alcunché.
« No, io... immagino non serva più a nulla, a questo punto » replicò, serrando le labbra e aggrottando le sopracciglia in un'espressione corrucciata. « Mi chiedo solo come tu abbia fatto a diventare tanto indifferente così, da un giorno all'altro ».
Sirius tornò lentamente a guardarla, così intensamente da farla sentire improvvisamente troppo piccola.
« Ho preso esempio da te » rispose, secco. « A dirla tutta, ieri mi hai persino battuto sul tempo ».
Lei strinse le labbra ancor più forte, frustrata. Avrebbe voluto dire mille cose, ma non ebbe abbastanza coraggio nemmeno per una di queste.
« Io però non credo che non ne valga più la pena » ribattè dopo qualche istante, guardandolo con intensità e appigliandosi all'unica frase a cui aveva avuto la forza di dar voce.
Ma la reazione di Sirius non fu quella che aveva immaginato o sperato che mostrasse.
« Beh, io sì » rispose infatti lui, scrutandola con ferma freddezza. 
In uno scatto, si fece ancor più vicino a lei, il volto ad un passo dal suo.
« Io e te facciamo schifo insieme » sputò fuori alla fine, velenoso. « E per questo schifo non ho intenzione di spendere neanche un minuto del mio tempo ».
Le rivolse un'ultima occhiata glaciale, poi, senza aggiungere altro, le passò accanto e andò via.
Quando Scarlett si voltò era già sparito.









Note della Malandrinautrice: Salve! Ehm... forse dovrei dare la precedenza alle presentazioni. Voglio dire, non credo affatto che riusciate ancora a ricordarvi di noi. Siamo... un attimino in ritardo, eh? Nulla di grave. Solo un mesetto e mezzo.
Ma, ehi, sul serio, è stato un Maggio infernale. Interrogazioni tutti i giorni, e questo è il mio primo giorno semi-libero.
Sono certa che riuscirete a capirmi. D'altra parte, Maggio è orribile un po' per tutti quanti. Scusate, scusate davvero.
Comunque, abbiamo persino avuto il fegato di presentarci con un capitolo apocalittico come questo.
Due coppie e due amicizie scoppiate in un niente, ma... non abbiamo potuto evitarlo. Quella santa creatura che è la trama ci comanda a bacchetta, e chi mai avrebbe il coraggio di contraddirla? Si è creata da sola, naturalmente. 
Ad ogni modo, ci tengo a motivare l'assenza di momenti Jily nel capitolo, che... non so, magari vi aspettavate.
Inserirli in questo contesto sarebbe stato del tutto illogico e fuori luogo. Entrambi hanno avuto ben altro a cui pensare, e tentare di mettere su una scena sarebbe stato tremendamente forzato. Per cui abbiamo optato per un momentuccio a colazione in cui sembrano già marito e moglie, e nient'altro. Ma torneranno prestissimo, ovviamente!
Detto ciò, vi posto una piccola immagine.
Una delle nostre solite imitazioni di scene da film, per l'ultima serie di battute dei Blanks: 
http://oi39.tinypic.com/wj8g3t.jpg.
Adesso, invece, veniamo ai più che dovuti ringraziamenti.
Beh... abbiamo oltrepassato le 1000 recensioni. E noi non riusciamo ancora a crederci. E' un traguardo incredibile, raggiunto unicamente grazie a voi, quindi... GRAZIE, grazie con tutto il nostro cuore per tutte le parole spese, quelle che occupano tutti quei frammenti venuti a formare un numero davvero troppo più grande di noi. Sono state tutte preziose, immagino che lo sappiate.
Grazie, grazie mille ancora.
E un ringraziamento, come sempre, ai 281 delle preferite, ai 66 delle ricordate e ai 294 delle seguite! 
Vi abbracciamo forte... ci siete mancati davvero.
A presto!


Simona_Lupin
   
 
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