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Autore: boobearandhiscurly    11/06/2013    5 recensioni
"Harry aveva capito che c'era qualcosa di strano in quella casa all'età di 5 anni quando, dopo aver distrattamente lanciato il pallone da calcio con cui lui e sua sorella stavano giocando nel giardino di fronte, era corso allegramente a riprenderselo. Non ci sarebbe dovuto essere nessuno in casa Tomlinson, a quell'ora. Eppure, quando aveva raccolto la palla e aveva gettato uno sguardo furtivo verso l'ampia vetrata al piano terra della abitazione, giurava di aver visto un piccolo viso rotordo e due occhi color sangue nascosti tra le pieghe delle grandi tende nere.
I Tomlinson non avevano figli.
O almeno questo era quello che tutti credevano."
Genere: Fluff, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter 5

 
 

                                                                                                                                                               “Some of your memories are deep down in the shadows of your heart and I won’t be able to find them,
                                                                                                                                                                 but don’t worry, you made a promise to someone who you could never replace. She is your light.
                                                                                                                                                                            The light within the darkness.
                                                                                                                                                                          Remember her, and all the memories lost in the shadows of your heart will come into the light.”
 
 

 
 
 
Harry non voleva tornare a casa.
Non in quelle condizioni, non con quelle parole ancora impresse a fuoco nella mente. Non sarebbe stato al sicuro, non dal momento in cui il pensiero che qualcuno lo spiasse o lo pedinasse o che altro cominciava ad avere una parvenza di realtà.
Doveva davvero essere così, perchè come diavolo si spiegava quanto appena accaduto? Qualcuno sapeva che era lì, qualcuno aveva spento la luce e, ancora di più, qualcuno doveva essersi divertito a spaventarlo, in qualche modo. Ci doveva essere per forza una spiegazione razionale per quelle parole che sembravano essere apparse dal nulla, come se qualcuno in quel preciso istante le stesse dipingendo con le dita di fronte a lui.
Allo stesso modo, poi, questo qualcuno doveva averlo sentito parlare con i ragazzi dei sogni, altrimenti non si sarebbe potuto spiegare quel '03.00 am' sullo specchio.
Ma chi? Chi mai poteva essere capace di fare una cosa del genere?
Gli unici a sapere di quel suo problema erano Niall, Liam e Zayn...che stessero tentando di spaventarlo?
'Impossibile. Sono miei amici, non lo farebbero mai.' Harry scacciò con prepotenza il pensiero che dietro a tutto ci fossero loro. Dopotutto i sogni erano andati avanti per una settimana senza che loro ne sapessero nulla. Non potevano certamente essere loro.
 
E s-e, se i sogni, l'episodio al pub, il messaggio e q-questo fossero tutti collegati? Se... questa cosa non fosse normale?
 
Anche solo a pensarci, un brivido sinistro si impadronì del riccio, il piede schiacciato con forza sull'acceleratore.
 
Non si rese conto di dove stesse andando sino a che, dopo un'ora di strade imboccate a caso, vide in lontananza il profilo familiare di una casa vecchia e rovinata dal tempo.
Un senso di calore e di sollievo gli pervase il corpo: non c'era posto migliore in cui rifugiarsi, sempre che quella fosse stata una fuga.
Riportò gli occhi sull'asfalto che, sempre più rado, aveva lentamente lasciato il posto ad una breccia fina. Oramai giunto a pochi metri dall'abitazione parcheggiò malamente la macchina.
Piccole gocce bagnate presero a scorrere sul vetro del parabrezza, lasciando al loro passaggio altrettante scie umide.
Aveva cominciato a piovere e, per la prima volta in vita sua, Harry pensò a quanto quel tempo rispecchiasse tutto quello che stava provando proprio in quel momento.
Smarrimento, insicurezza, paura. Tempesta.
 
Prima di scendere dall'abitacolo prese un respiro profondo e, dopo essersi sussurrato con voce ancora rotta un 'Tieni i pezzi insieme, Harold', trovò la forza di chiudere la portiera dietro di sé ed avviarsi sotto l'ampio porticato in legno scuro della casa. Il legno rovinato sibilò sotto il suo peso.
Esitò qualche secondo sulla soglia, insicuro delle proprie azioni. Poi portò la mano tremante sulla grande maniglia in ferro battuto e con movimenti lenti bussò.
Doveva essere a casa, doveva.
 
Un minuto dopo una voce, bassa e strascicata, proveniente dall'interno spezzò l'aria.
"Chi è?" Disse questa, una nota di sorpresa a colorare quelle due piccole parole.
"Sono io." Rispose titubante il riccio.
"Harry" Aggiunse poi, sicuro che se non avesse detto esattamente chi fosse la persona dall'altra parte della porta non avrebbe mai aperto.
"Il mio...Harry?" Alle parole seguì un forte rumore di chiave girata velocemente nella toppa della serratura. Con un leggero cigolio, infine, questa si aprì, rivelando una piccola figura ingobbita dagli anni.
Muovendosi a piccoli passi pesanti, la figura si spostò dalla penombra della soglia, arrivandogli a pochi centimetri di distanza.
"Si nonna, sono io." Harry non poté trattenersi dall'abbozzare un sorriso sincero, benché non fosse dell'umore e nella condizione di provare qualcosa di diverso dall'esasperazione.
"Dov'è il tuo viso, tesoro?" Chiese l'anziana donna alzando le sue mani e facendole brancolare nell'aria che li separava.
Con affetto, il riccio strinse le mani dure e ruvide della donna tra le sue e le appoggiò dolcemente sul proprio viso.
Irma, sua nonna, era sempre stata cieca a quanto poteva ricordare. Sua mamma, però, gli aveva spiegato che era troppo piccolo per ricordarsi quell'incidente che aveva finito per portarsi via la vista della nonna.
Al contatto con quelle mani callose e raggrinzite Harry chiuse automaticamente gli occhi e sentì una strana sensazione crescergli in petto, spazzando momentaneamente via tutta la paura e l'ansia di pochi istanti prima.
Quel tocco insicuro ed amorevole al tempo stesso portava con sé l'odore della pioggia battente sui campi non ancora arati della sua infanzia, la freschezza della rugiada sulle piante nude dei piedi ed il vento di Maggio. Quel tocco che lentamente stava sfiorando il suo viso lo stava riportando indietro nel tempo, quando non c'era niente che potesse abbatterlo, quando bastava un sorriso e tutta la giornata s'illuminava.
 
Le dita della nonna, improvvisamente, si fermarono sulle sue palpebre chiuse. Con lentezza disarmante ne tracciò il profilo prima di interrompere quel momento con poche parole preoccupate e sussurrate a mezza voce.
"Harold, tesoro…Sapevo sarebbe successo, prima o poi."
 
Cosa intendeva dire dicendo che sapeva che sarebbe successo?
 
 
 
 
 
Harry si rigirò con fatica tra le coperte pesanti che lo avvolgevano, pervaso da una stanchezza che sino a quel momento si era imposto di non fare avere la meglio su di sé. L'aria che gli carezzava il viso era calda e portava con sé un leggero aroma pungente di chiuso.
Dopo essere arrivato qualche ora prima a casa di sua nonna e dopo che questa aveva pronunciato quelle parole così incomprensibili, lei lo aveva obbligato a concedersi qualche ora di riposo, promettendogli che avrebbero parlato la sera stessa, magari di fronte ad una bella tazza di thè caldo.
Ed il riccio aveva davvero cercato di dormire, comodamente sdraiato in quel letto che era stato il suo quando ancora, molti anni prima, abitava in casa della nonna Irma.
Ci aveva provato, sì, ma inutilmente.
Ogni volta che abbassava le palpebre, immagini ancora vivide ritornavano in superficie come scheletri richiusi per troppo tempo negli abissi della sua memoria.
La scritta luccicava nella penombra del bagno e quelle parole, quel 'Sapevo sarebbe successo' rimbombavano tra le pareti come un eco lontano e, allo stesso tempo, spaventosamente vicino.
Cercando di mantenere gli occhi aperti, volse lo sguardo verso la grande finestra scura sulla destra. La piccola luce di un tuono in lontananza illuminò la stanza, proiettando ombre dense sulla carta da parati di una leggera fantasia floreale.
Non sapeva che ore fossero ma il buio fitto che si poteva intravedere dalle tende scostate della finestra lo convinse che dovevano esserne passate abbastanza. Così, con fare melenso, si scostò le coperte di dosso e appoggiò le piante nude dei piedi sul parquet freddo. Con un piccolo saltello, poi, si mise in piedi. Ogni singolo muscolo gli faceva male e non si sorprese di sentire qualche scricchiolo provenire dalla sua stessa schiena. Si mosse lungo la stanza con passo cadenzato e impercettibile, come se non stesse neppure sfiorando il legno ma ci stesse fluttuando sopra.
Quando si trovò in prossimità della porta, però, una consapevolezza bizzarra e alquanto strana cominciò a farsi strada nella sua testa.
In cuor suo sapeva che, una volta varcata quella porta, non ci sarebbero state possibilità di ritorno.
Che lo accettasse o meno, sapeva che ogni cosa che di lì a pochi minuti sarebbe uscita dalla bocca di sua nonna avrebbe cambiato ogni carta in tavola.
 
Coraggio, Harry, se sa cosa ti sta succedendo forse...forse sa anche come uscirne.
 
Così dicendosi, prese un respiro profondo e fece scattare verso sinistra il pomello della porta. Non poteva più aspettare, doveva assolutamente saperne di più.
 
 
Il salotto era illuminato dal camino in cui, scoppiettante, ardeva un fuoco. Per essere una donna anziana e, sopratutto, cieca, Irma se la cavava davvero bene. Da quando era morto il nonno, quasi 3 anni prima, doveva aver imparato a fare tante cose da sola, pensò Harry provando un incontenibile moto di vergogna, chiedendosi dove diamine fosse stato lui in quei tre lunghi anni.
Dalla morte di suo nonno tante cose erano cambiate, a partire da lui stesso: quando non era obbligato, evitava di andare a trovare l'ormai sola donna, sarebbe stato troppo da sopportare per lui. Troppi ricordi, troppo dolore, troppa sofferenza. 
I suoi occhi passarono in rassegna l'intera stanza, in cerca dell'oggetto del suo interesse. Ed eccola lì, i piedi scalzi vicini al fuoco, una coperta avvolta fino alla vita e le mani affusolate strette in una dolce morsa che ricadeva sul suo grembo, la testa rivolta al soffitto come se stesse osservando qualcosa, quando invece non poteva.
Del verde di quegli occhi non era rimasta traccia, solo ghiaccio, impenetrabile, che nulla aveva a che fare con il colore ceruleo del cielo primaverile.
Un piccolo scricchiolio del parquet lo tradì e benché sua nonna non potesse vederlo, si sentì in colpa per averla osservata in silenzio, senza che questa l'avesse autorizzato.  Era sempre stato così, sin da quando ricordava: la osservava ogni volta che poteva, silenziosamente, e quando questa si accorgeva di lui -il che avveniva puntualmente ogni volta, anche se lei non gli aveva mai rivelato questo piccolo particolare- correva a nascondersi tra le gambe di un'indaffarata Anne intenta a sistemare la cucina, o a spolverare qua e là come se un po' di polvere facesse la differenza.
Un silenzio distruttivo scalpitava contro le pareti, come se da un momento all'altro queste non avessero più retto e avrebbe finito con lo sbriciolarsi come sabbia.
I piedi gli si erano fatti pesanti, come se fossero rimasti ancorati al legno freddo, come se un passo avrebbe potuto significare la fine... di cosa, però?
 
"Vieni qui, Harry" Il tono dell'anziana donna sembrava urgente, incalzante. Con un movimento lento andò a sbattere lievemente la propria mano contro la pelle del piccolo divanetto, indicandogli che voleva averlo vicino.
Con un macigno opprimente sullo stomaco, il riccio la raggiunse e dopo brevi secondi di esitazioni si sedette proprio dove sua nonna gli aveva appena indicato. Da vicino la sua espressione sembrava ancora più cupa, privata oramai della serenità con cui poche ore prima l'aveva congedato. I suoi occhi, persi chissà dove, si inchiodarono ai suoi, come se in quel momento riuscisse a vederlo per davvero.
La sua mano rugosa lentamente si portò sulla guancia arrossata del ragazzo, per carezzarla con fare materno.
Inaspettatamente, poi, parlò.
"Tesoro, speravo davvero che succedesse il più tardi possibile.... sei ancora così giovane per tutto questo." La sua voce era poco di più di un sussurro stanco.
"Ti prego di non volermene male, perchè sono stata costretta a mantenere tutto questo chiuso a chiave. Io... sono stata così egoista Harry, così tanto tanto egoista." Nel dire l'ultima parola, la sua voce si affievolì, come se il solo pronunciarla le potesse provocare il più grande dei dolori.
Il riccio, dal canto suo invece, aveva assunto un'espressione confusa. Egoista? Di cosa diavolo sta parlando? Non ebbe neppure il tempo di ribattere che Irma riprese a parlare, il tono di chi sta per rivelare un segreto di cui nessuno, nessuno, è mai venuto a conoscenza.
"So cosa sta accadendo, mi aveva detto che prima o poi saresti venuto qui. So che si è messo in contatto con te, Harry."
La stanza ricadde in un silenzio rotto solo di tanto in tanto dallo sfrigolio del legno del camino che, lentamente, diventava fiamma ardente. Harry deglutì a vuoto, notando solo in quel momento quanto la sua gola si fosse fatta improvvisamente secca. Aprì la bocca, intenzionato a dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma la richiuse simultaneamente. Le parole che avrebbe voluto dire, le spiegazioni che avrebbe voluto chiedere, erano bloccate a metà strada a formargli un nodo insormontabile alla gola.
"...di chi stiamo parlando, nonna?"  Queste furono le uniche parole che ebbe il coraggio di pronunciare, confuso e stordito da quella situazione così assurda.
"Non lo so.." La risposta di Irma non tardò ad arrivare e, senza preavviso, lo lasciò ancora più spiazzato.
"Un giorno, Harry" La sua voce tremava, ora. " ti ero venuta a trovare dopo il trasferimento nella nuova casa ma...tu stavi male. Eri così piccolo al tempo, così fragile. Anne mi aveva detto che eri stato troppo tempo all'aperto e inevitabilmente ti eri preso una bella influenza. Così... sono uscita a fare una passeggiata e mi sono fermata sotto al portico."
Nuova interruzione, nuovo respiro affannato. Ed un alone di paura.
"E... l'ho visto lì, seduto da solo sui gradini della casa di fronte a giocare con una palla. Aveva un'espressione così triste, ho pensato si sentisse solo. Così mi sono alzata e l'ho raggiunto, mi sono seduta vicino a lui e gli ho chiesto come si chiamasse."
Il cuore di Harry perse un battito. Cosa diavolo centrava casa Tomlinson in tutto quello?
"Quel ragazzino non mi ha risposto, Harry. Non ha aperto bocca per tutto il tempo in cui sono rimasta lì. Mi ha solo guardata con quei suoi enormi occhi azzurri, in silenzio. Non sembrava voler parlare, quindi l'ho salutato e mi sono avviata di nuovo verso il portico. Ed è stato mentre camminavo nel suo vialetto che ho sentito la sua voce sussurrare qualcosa. 'Sono un amico di Harry', aveva detto."
 
...cosa?
 
"E allora mi sono girata e ho visto di nuovo quella sua espressione triste, e ho pensato che fosse triste perchè voleva giocare con te ma tu eri ammalato. Gli ho chiesto se volesse entrare con me a casa, ma ha scosso la testa. Poi lui ha... ha parlato di nuovo, ma non... lui non ha mosso le labbra. Era come se la sua voce fosse dentro la mia testa."
Al ricordo di quella scena, Irma si portò le mani tremanti sulle tempie pulsanti.
"E... quella voce ripeteva delle cose, diceva che... che tu non ricordavi chi fosse, e che si sentiva così solo. E mi ha detto che un giorno però ti saresti ricordato di lui,che avrebbe fatto in modo che tu te ne ricordassi, perchèvi eravate fatti una promessa. E-e io lo avrei dovuto aiutare....dicendoti tutto questo."
 
Brividi.
 
"DI CHE DIAVOLO STAI PARLANDO?!" Le parole uscirono dalla bocca del riccio, terrorizzato, senza che avesse il minimo controllo su di esse. Rapidamente si alzò dal divano e, muovendosi all'indietro, mise tra se stesso e la donna quanta più distanza fosse possibile. Le mani gli tremavano, scariche di adrenalina e paura gli scuotevano il corpo e la mente.
No, no, no, non c'è mai stato nessun bambino con gli occhi azzurri in casa Tomlinson, se ci fosse stato -cazzo- l'avrebbe saputo.
Eppure le parole appena pronunciate dall'anziana fluttuavano ancora nell'aria oramai insopportabile della stanza, e gli ribadivano la loro esistenza.
L'esistenza di qualcosa, l'esistenza di qualcuno che fosse la causa di tutto quello che gli stava succedendo da una settimana.
"Io...tu stai mentendo, mi vuoi spaventare! N-non resterò qui un minuto di più!" Urlò Harry, fuori di sé dalla rabbia. Lui non era così vulnerabilmente, lui non sarebbe stato a degli stupidi giochetti.
 
Corse via dalla stanza e si avventò sulla porta, facendo giusto in tempo a raccogliere dal pavimento le sue scarpe e le chiavi della macchina sul piccolo tavolino all'entrata.
Sbatté la porta al suo passaggio e a piedi scalzi prese a correre freneticamente in direzione della macchina.
Le sue mani grandi stringevano il volante così forte da essere diventate di un tenue bianco perlato. La strada si incurvava pericolosamente di tanto in tanto, segnalandogli che stava per ritornare in città.
All'ennesima curva l'automobile rischiò di ribaltarsi: Harry andava troppo veloce, non riusciva a fermarsi.
Cercò di non pensare a nulla per i successivi venti minuti, ma un flash improvviso gli offuscò la vista.
Le risate di Gemma, le corse dietro al pallone in giardino,  e quel tiro distratto che l'aveva fatto rotolare dalla parte opposta della strada, nel giardino dei Tomlinson. E...
Riacquistò il controllo del mezzo giusto in tempo per evitare di andare sbattere con un palo della luce. Il rumore della frenata rimbombò per tutta la via.
Senza nemmeno accertarsi di dove fosse, Harry spinse la portiera per aprirla e cadde con un leggero tonfo sull'asfalto.
La pioggia prese a bagnargli i lineamenti duri del viso, contratto in un'espressione di dolore.
Quando dopo interminabili minuti alzò lo sguardo, il sangue gli si raggelò nelle vene.
Casa Tomlinson era lì, ad illuminare il buio delle notte con il proprio intonaco bianco perlaceo.
E in quel momento, il riccio ricordò.
 
Harry aveva capito che c'era qualcosa di strano in quella casa all'età di 5 anni quando, dopo aver distrattamente lanciato il pallone da calcio con cui lui e sua sorella stavano giocando nel giardino di fronte, era corso allegramente a riprenderselo. Non ci sarebbe dovuto essere nessuno in casa Tomlinson, a quell'ora. Eppure, quando aveva raccolto la palla e aveva gettato uno sguardo furtivo verso l'ampia vetrata al piano terra della abitazione, giurava di aver visto un piccolo viso rotordo e due occhi color sangue nascosti tra le pieghe delle grandi tende nere.
 
Non si rese nemmeno conto di essersi alzato e di aver intrapreso la strada sul vialetto dei Tomlinson fino a che, sbattendo di nuovo le palpebre, confuso, si ritrovò con il viso ad un palmo di distanza dalla porta d'ingresso laccata di un nero pece denso.
E benché quella fosse la cosa più stupida ed avventata che gli venisse in mente -Stai andando nella tana del lupo, Harold, qualcosa lo spinse ad alzare la mano, stretta in un pugno serrato, e ad avvicinarla alla superficie lucida della soglia.
Le sue dita non fecero in tempo a raggiungerla che questa, come mossa da una folata di vento invisibile, si aprì con facilità senza emettere nessun rumore.
Fu questione di secondi prima che Harry muovesse pochi ed incerti passi in avanti, per poi venire risucchiato dalle tenebre della casa.
 
 
Nel vialetto rimbombò il suono di una porta sbattuta con forza.
 

 


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That's amore, cactus (come posso farmi perdonare?)

Ebbene, eccomi qui in un ritardo pazzesco. Potete tirarmi pomodori, verze e che altro....... tanto sono in dieta e mi fate solo un piacere AHAHAH
In ogni caso, a parte queste baggianate, mi dispiace davvero di aver aggiornato così tardi ma, tra una cosa e l'altra (scuola, scuola, scuola, leggere, tradurre un'altra fic, che è l'amore mio) e una mancanza totale di ispirazione -anche se in realtà la avevo, solo....... il capitolo che seguirà è stato molto molto molto difficile da scrivere. INSOMMA. Odiatemi se riuscite, amatemi per tutto il resto (?).
Per quanto riguarda il capitolo, mi piacerebbe dire alcune cose:
-la nonna di  Harry si chiama Irma essenzialmente perchè questo era il nome di mia nonna (ed attualmente è anche il nome della mia amato sorella gemella), e non so perchè ma...non l'ho mai conosciuta e parlarne mi faceva sentire bene. Quindi questo è quanto..
-siamo al capitolo 5 e ancora del personagio misterioso (che non è misterioso par nient, ma no problem) ancora non c'è ombra. CHISSA' CHE NON COMPAIA PROPRIO NEL PROSSIMO CAPITOLO (spoiler spoiler spoiler.)
Tagliando corto, comunque, siete tutte troppo carinissime e... ci vediamo presto prestissimo :)
Un abbraccio a tutti, caccole.
Cri

P.S se avete voglia passate a leggere questa meraviglia (se potessi vi obbligherei, perchè è davvero davvero una meraviglia) che sto traducendo da un pochetto. Fidatevi di me, davvero.

Catch me, I'm falling.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1733699&i=1
  
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