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Autore: millyray    11/06/2013    3 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO TRENTOTTO

Jolie, JamesRemus, Vicky e Charlie erano seduti ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa davanti a una calda e schiumosa Burrobirra che Madama Rosmerta aveva offerto loro col solito sorriso gentile e pieno di affetto, quello che offriva a tutti i clienti. Era per le sue attenzioni, dopotutto, che quel locale veniva molto frequentato. Per le sue attenzioni e per la Burrobirra ovviamente, la migliore di tutta Hogsmeade.
Se c’era una cosa che era rimasta piacevolmente uguale erano Hogsmeade e i Tre Manici di Scopa.

“Ci voleva proprio questa uscita. Mi ero stancato di stare chiuso in quel castello”, commentò James, buttandosi indietro sullo schienale della sedia e allungando le gambe sotto al tavolo.

“Puoi dirlo forte”, gli diede manforte Victoire.

“Però, ragazzi, non scordiamoci che abbiamo una missione da compiere”, fece Jolie, attorcigliandosi una ciocca di capelli rossi attorno al dito.

“Non ce ne siamo scordati”, rispose Charlie. “E come potremmo? Bisogna solo aspettare il momento giusto”.

“Sempre se non abbiamo cambiato qualcosa nella linea temporale. Sappiamo che il tempo non è una linea retta sempre uguale, la storia può anche cambiare”.

“Sta’ tranquilla. Tutto andrà come deve andare e noi salveremo tuo fratello”, la rassicurò James mostrandole uno dei suoi sorrisi sghembi. Questo la rincuorò parecchio. JamesRemus poteva anche essere un tipo imprevedibile e irresponsabile, però sapeva che cos’era il dovere. E, soprattutto, non avrebbe mai fatto qualcosa che poteva arrecare danno a chi amava.
E lo stesso valeva per gli altri.

“Sapete per caso che fine hanno fatto gli altri?” chiese Vicky ad un certo punto, per cambiare argomento.

“Joel si sarà rintanato nel negozio di manga, quello che si trova nella parte babbana di Hogsmeade”, rispose la rossina, smettendo di torturare la sua ciocca.

“Ma siamo nel passato e quel negozio ancora non lo hanno costruito. Così come non c’è ancora una parte babbana nel villaggio”, le fece notare Charlie come fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Oh, giusto”, borbottò la ragazza, abbassando il capo. Come aveva fatto a non pensarci?  Nessun’altro, però, parve far caso al suo errore.

“John immagino che sia uscito con una ragazza, tanto per cambiare”, disse James, portando lo sguardo fuori dalla finestra.
Quella notte aveva nevicato parecchio e ora tutte le strade e i tetti delle case erano ricoperti di soffice neve bianca. Anche natale ormai si avvicinava e i negozi avevano già messo i loro addobbi e tirato fuori gli articoli natalizi da vendere. Luminosi alberi di natale facevano bella mostra ad ogni angolo e anche nell’aria si respirava già odore di festa, inebriata dal profumo di buoni dolci tipici.
Nonostante la guerra, nonostante Voldemort minacciasse l’intero Mondo Magico, nonostante ogni giorno sempre più persone scomparissero, nonostante tutto la gente aveva ancora voglia di festeggiare.
Sia ora che nel tempo dei ragazzi seduti a quel tavolo dei Tre Manici di Scopa. Perché le feste… le feste davano carica, davano speranza, nuovi motivi per combattere. Perché le feste mostravano quanto amore ancora c’era.
Silente poteva anche essere un vecchio hippie con la faccia da babbo natale, però aveva tremendamente ragione.
L’amore era tutto.

“Parli del diavolo…”, esclamò Vicky, indicando col dito fuori dalla finestra. John camminava nella neve con un braccio dietro la schiena di una ragazza che a malapena gli arrivava alla spalla e che, con tutta probabilità, era più piccola di lui. Anche lei gli teneva una mano dietro la schiena e lo guardava con un sorriso ebete e due occhi a cuoricino. Era proprio cotta.

“Povera ragazza”, commentò di nuovo la bionda. Le sembrava una cucciola, quella bambina che passeggiava con John, con un faccino ancora innocente e dolce. Un agnellino a passeggio col leone.

“Scommetto che è vergine”, aggiunse James.

“Non lo sarà ancora per molto”, concordò Jolie.

L’unico a non esprimersi fu Charlie. Non gli interessava quello che faceva John, né tantomeno gli interessava quante ragazze si portasse a letto.
Non gli interessava assolutamente. La vita di John era di John e basta. Non capiva perché tutti i suoi amici si divertissero a curiosare così tanto.

“Sappiamo come va a finire: lui la frequenta un po’, se la porta a letto e poi la molla”.

“E lei lo odierà per il resto della sua vita”.

“Le sue amiche la dovranno consolare”.

“Oddio, vi immaginate tutti quei pianti?”

“Brucerà le sue foto”.

“I suoi regali”.

“Magari anche i suoi ricordi”.

“Ragazzi, la smettete?!” esclamò Charlie guardandoli malissimo. I tre amici si voltarono verso di lui e lo guardarono straniti. Era raro vedere Charlie incazzato, però quando lo era diventava piuttosto pericoloso.
I ragazzi tornarono seri e si risedettero composti sulle loro sedie, forse rendendosi conto di aver esagerato.

“Tappo?” chiamò James, ma quel sorriso malizioso che gli era comparso non prometteva nulla di buono. “Ma non è che sei geloso?”

“Di chi?” fece l’altro, inarcando un sopracciglio.

“Di John”, rispose Black come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Charlie strabuzzò gli occhi e arrossì tutto d’un colpo. “Ma che stai dicendo? Quello geloso secondo me sei tu”. Incrociò le braccia e voltò il viso dall’altra parte. Ma perché i suoi amici si ostinavano a fare quei commenti? A lui non piaceva John. Non gli piacevano gli uomini, e che cacchio? E in ogni caso John era la persona meno adatta di cui innamorarsi. Lui era uno stronzo con le ragazze, lui non sapeva amare.

“Geloso io?” ripeté James con espressione pensierosa. “Be’, ammetto che a volte sogno di essere abbracciato da quelle sue braccia muscolose”, concluse con tutta la disinvoltura del mondo, come se avesse appena detto che preferiva le Cioccorane alle Api Frizzole.
Vicky scoppiò a ridere.
Nel frattempo John e la sua nuova fiamma erano scomparsi dalla loro visuale. Chissà dov’erano andati, si chiese Charlie. Era facile rimorchiare le bambine che ancora credevano nel principe azzurro. E poi per lui era facile, gli bastava uno schiocco delle dita e tutti cadevano ai suoi piedi.  

 

Ginny, Luna ed Hermione aspettavano appoggiate alla ringhiera del ponte che attraversava un piccolo fiume che in primavera era pieno di paperelle. Emmie era entrata in bagno circa dieci minuti fa e le ragazze cominciavano a domandarsi che fine avesse fatto.

“Secondo voi dovremmo andare a controllare?” chiese Hermione, quella visibilmente più preoccupata.

“In bagno possono succedere molte cose brutte”, disse Luna col suo solito tono sognante. Le altre due ragazze la ignorarono.

“Dai, Ginny, andiamo”, concluse infine la riccia, avviandosi. Ma non fece in tempo a fare due passi che videro Emmie uscire dalla porta e dirigersi verso di loro.

“Oh, finalmente. Perché ci hai messo così tanto?” le chiese Ginny quando la più piccola le ebbe raggiunte. La ragazza però non sembrò averla sentita. In verità non sembrò neanche che le avesse viste. Continuò a camminare avanti, spedita, i capelli lunghi che le sbattevano sulla schiena.

“Emmie!” la chiamò Hermione correndole dietro insieme alle altre. “Emmie, cosa fai? Fermati!”

“Emmie!” si aggiunse Ginny.

“Che cosa ha tra le mani?” chiese Luna. Solo lei, infatti, sembrò notare che la piccola Lupin reggeva qualcosa tra le mani, un oggetto incartato in carta di giornale.

“Emmie!” chiamarono di nuovo Ginny ed Hermione in coro. Adesso erano visibilmente preoccupate.
La rossa fece una corsa per raggiungerla, ormai a metà del ponte, ma rimase paralizzata sul posto a poca distanza dalla Tassorosso. Emmie aveva mollato a terra l’oggetto e, come se qualcuno avesse usato dei fili attaccati alla sua testa, si era sollevata in aria, con le braccia aperte e le gambe penzoloni nel vuoto. I capelli le fluttuavano attorno al viso diventato pallido, gli occhi erano spalancati.

Ginny, Luna ed Hermione la guardavano dal basso, spaventate e scioccate. Non sapevano che cosa fare, non avevano idea di che cosa potesse essere successo. Inoltre, un bel gruppetto di persone si era radunato in prossimità del ponte a guardare la scena, increduli anche loro, chiedendosi che razza di scherzo fosse quello.
Tra questi c’erano anche James, Jolie, Vicky, Charlie e Ted.

La ragazzina, ancora sospesa in aria, aprì la bocca e tirò un urlo con tutto il fiato che aveva in gola, un urlo simile a quello di un’arpia o di una sirena del Lago Nero. Un urlo stridente, come il gesso sulla lavagna, amplificato trenta volte, però. Qualcuno fu costretto a tapparsi le orecchie.
Infine, Emmie richiuse la bocca e cadde per terra come un frutto troppo maturo che precipita dall’albero.

“Emmie!” gridò Ted, raggiungendo la sorella. Si inginocchiò nella neve e prese la piccola tra le braccia, scostandole i capelli castani dagli occhi. Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che respirava ancora, doveva solo essere svenuta. “Qualcuno chiami aiuto! Chiamate un’insegnante!”

 

“Professori, avete qualche idea di quello che potrebbe essere successo?” chiese Madame Chips, prendendo il termometro con cui aveva misurato la temperatura ad Emmie. La piccola aveva qualche linea di febbre e la pressione leggermente bassa ma non sembrava mostrare altre anomalie. Però, da quando era avvenuto quel fatto ad Hogsmeade, non si era ancora svegliata.

Quella sera l’infermeria era affollata come non lo era mai stata. C’erano quasi tutti, si poteva dire. Silente, la McGranitt, i ragazzi del futuro, Harry, Ron, Ginny, Luna, Hermione, Remus, Tonks, Sirius e James, questi due venuti solo per stare al fianco dell’amico.
Il preside voleva che restassero solo gli adulti, ma i ragazzi avevano opposto tutta la loro contrarietà e l’avevano guardato con uno sguardo che non ammetteva repliche. E se riuscivano a mettere in soggezione un grande mago come Silente, allora erano veramente bravi.

“Ragazze, ci potreste raccontare di nuovo com’è andata?” chiese la McGranitt, rivolta a Ginny, Luna ed Hermione.
La rossa sbuffò. Era già la terza volta che raccontavano l’accaduto. “Emmie era andata in bagno e noi l’abbiamo aspettata fuori, vicino al ponte. Poi è uscita tenendo questo oggetto in mano. Noi l’abbiamo chiamata ma lei sembrava non vederci e non sentirci. Poi è successo quello che tutti hanno visto. Si è sollevata in aria e ha urlato”.

Al termine del racconto di Ginny, Silente si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, con le mani dietro la schiena e con lo sguardo pensieroso. Il peggio sembrava essere passato, Emmie si sarebbe ripresa e l’oggetto, scopertosi essere una collana di perle, era stato affidata a Piton perché l’analizzasse.

“Avete visto se per caso è entrato qualcuno in bagno dopo di lei?” chiese ancora la McGranitt come un bravo detective.

“Non abbiamo posto molta attenzione a chi entrava”, rispose Hermione. “Però non mi sembra di aver notato nessuno”.

“Forse qualcuno è entrato prima e le ha lanciato un incantesimo”, ipotizzò Sirius, seduto su uno dei lettini dell’infermeria che, miracolosamente, era vuota quel giorno.

“Sì, ma quale incantesimo è in grado di fare una cosa del genere?”

“Potrebbe essere stato quell’oggetto che aveva tra le mani”, propose allora James. “Magari lo ha trovato in bagno e lo ha preso”.

“Avrà solo quattordici anni ma non è di certo stupida!” lo rimbeccò Ted, seduto accanto alla sorella che giaceva nel letto, profondamente addormentata. “Sa che non deve prendere le cose che trova in giro”. James lo guardò con aria colpevole.

“Ted ha ragione, sicuramente c’era un’altra persona che glielo ha dato”, concordò JamesRemus, al che Ted gli lanciò un’occhiata grata.

“Inoltre, si sarebbe accorta che nella collana c’era della magia”, fece notare il licantropo.

“Senza offesa, ma come fa una ragazzina di quattordici anni a notare che c’è della magia in una collana?” chiese Ron con un’espressione palesemente tonta.

Ted roteò gli occhi esasperato. “Con il fiuto, ovvio”.

“Con il fiuto?”

“Cose da licantropi, lascia perdere”.

“Adesso capisco perché voi ragazze siete solite andare in bagno insieme”, commentò John ma nessuno rise a quella battuta. Be’, eccetto James e Sirius.

“Ma chi potrebbe aver fatto una cosa del genere a una quattordicenne? E perché?” Sembrava proprio che Madame Chips non riuscisse a concepire una cosa del genere, dal tono che aveva usato.       

“E’ stata colpa sua, professore”. A parlare era stato JamesRemus e aveva usato un tono estremamente calmo ma deciso, come se fosse assolutamente certo di quello che aveva detto. Silente si era voltato verso di lui, senza scomporsi, incontrando i suoi penetranti occhi color ghiaccio. Tutte quante le teste si spostarono verso i due. “Se lei non avesse detto a tutta la scuola che noi siamo qui per sconfiggere Voldemort questo non sarebbe successo”. Fece una pausa osservando come alcuni rabbrividivano nel sentir pronunciare quel nome. “Mi spiace dirglielo, ma i suoi studenti non sono tutti santi. Tra quelle file ci sono figli di Mangiamorte e alcuni di loro presto riceveranno il marchio. Sicuramente hanno spifferato qualcosa e il Signore Oscuro di certo non vorrà lasciarci andare in giro a organizzare la sua sconfitta”.

Dopo quelle parole, nell’infermeria, calò un profondo silenzio, un silenzio in cui la tensione poteva tranquillamente tagliarsi con una daga. Silente non disse niente, semplicemente sollevò la palandrana che indossava e si diresse al primo letto libero che trovò.

“Non posso darti torto, ragazzo”, soffiò sedendosi, e la sua voce sembrava essere diventata improvvisamente più vecchia di almeno dieci anni. “Potremmo restare qui a ipotizzare mille e mille motivi su quello che è successo, ma credo che non giungeremo mai alla verità. Vorrei solo che il responsabile uscisse fuori. Cercheremo di scoprire il più possibile su questo mistero e nel frattempo, terremo gli occhi bene aperti”.

I ragazzi del futuro si guardarono l’un l’altro esasperati. Silente di certo era un grande mago, saggio per certi aspetti. Ma a volte era troppo buono e sì, persino ingenuo.

“E se la collana non fosse stata per Emmie? E se era per Harry?” chiese Ron con gli occhi sbrilluccicanti. Probabilmente credeva di aver appena avuto un colpo di genio.

“Per Harry?” ripeté Hermione.

“Voldemort lo vuole morto, dopotutto”.

“Non credi che in tal caso noi lo sapremmo?” gli fece notare Ariel.

“E in ogni caso non credo che Voldemort mi ucciderebbe in questo modo”, aggiunse Harry. “Lui vuole uccidermi con le sue mani”.
Ron dovette rassegnarsi, rendendosi conto che i suoi amici avevano ragione. Si ritirò in un angolo e decise di restarsene zitto.

“E’ più probabile che la collana fosse diretta a me”, si intromise, allora, il Professor Silente.

“A lei?!” esclamò Il Ragazzo che è Sopravvissuto.

“Certo. Non credo che Voldemort si lascerebbe intimorire da dei semplici ragazzini. Mentre io… io sono quello che lo spaventa di più. E’ chiaro che desidera la mia dipartita”.

Nessuno trovò niente da obiettare neanche a questo.

“Stiamo tutti dando per scontato che sia stato Voldemort a fare questo a Emmie”, disse ad un tratto Luna, guardando tutti i presenti coi suoi brillanti occhi azzurri, senza lasciarsi intimorire. “Ma forse qualcun altro ha preso l’iniziativa, forse uno studente di questa scuola. O potrebbe essere stato un banale incidente, terrificante, ma banale incidente”. L’ipotesi della Corvonero era piuttosto semplice e forse persino poco probabile, ma aveva senso.
Il fatto era che stavano navigando senza un minimo di vento; non avevano idea di cosa potesse essere successo, le ipotesi erano tante, proprio come aveva detto Silente. Lo avrebbero scoperto soltanto quando Emmie si fosse svegliata. Almeno lo speravano.

“Ora andrò dal Professor Piton a chiedere se ha scoperto qualcosa sulla collana”, concluse il preside, dirigendosi all’uscita. “E a cena diremo agli studenti quello che è successo. Speriamo non ricapiti più. Voi potete tornare nei vostri dormitori, Madame Chips vi farà sapere se ci sono novità sulla signorina Lupin”.

“Professore!” lo richiamò Teddy. “Io posso restare?”

“Ma certo”, concesse Silente con un sorriso.

E naturalmente anche Tonks e Remus sarebbero rimasti con lui, fino a che Emmie non si fosse svegliata.

“Ted?” chiamò JamesRemus, prima di seguire gli altri fuori dall’infermeria. “Vuoi che rimanga con te?”

L’amico gli sorrise teneramente, ma scrollò il capo in un cenno di diniego. “No, non serve, grazie”.

 

 

MILLY’S SPACE

Da quant’è che non aggiorno questa fanfic?
Da molto, troppo tempo, lo so. Non starò qui a propinarvi le solite scuse, spero solo che non ce l’abbiate troppo con me *qualcuno dalla platea le lancia un pomodoro*. Ok, come non detto ^^.

Allora, sicuramente quello che è successo a Emmie ve lo ricorderete dal sesto libro. Solo che in quel caso la vittima era stata Katie, se non sbaglio. Be’, io ho voluto cambiare  ^^. Non mi ricordo però se l’oggetto fosse una collana, ma va be’.

Credo di aver sfasato un po’ la figura di Silente in questo capitolo, ma il fatto è che a me non è mai piaciuto, soprattutto negli ultimi libri, mi ha parecchio dato sui nervi. I’m sorry, ma è così, non posso farci niente.

Spero mi lasciate qualche recensioni, anche per dirmi che mi odiate per aver tardato così tanto nell’aggiornamento : ) e non dimenticatevi di fare visitina alla mia pagina facebook (https://www.facebook.com/MillysSpace), anche perché ho in corso parecchie altre fanfic, così magari vi tenete aggiornati ^^

Un bacione grande grande,

Milly.

FEDE15498: ahaha l’autrice sembra essere scomparsa lo stesso ^^ mi dispiace averti fatto aspettare così tanto, spero tu non ce l’abbia troppo con me. Però penso che questo sia un capitolo abbastanza emozionante, quindi mi sto rifacendo un po’ : D Charlie tranquillo? Be’, vedremo, vedremo… ne devono ancora succedere di cose. Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, sempre se ancora ti ricordi della storia : )
Bacioni,
M.

 

  
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