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Autore: Lady Moonlight    12/06/2013    2 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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19

Pixie rhymes

 

 

 

Freya ansimò quando la lancia a due punte di Kayle le passò sopra la testa, evitandola per puro miracolo. Si ritrovò a rotolare di lato per schivare il nuovo affondo del fatato.
Quando rimise a fuoco la figura di Kayle, lui le dava le spalle e indossava una sorta di armatura a scaglie, quasi fosse una seconda pelle.
Qualcosa di piccolo e blu si agitava sul terreno e Kayle teneva fermo quell'essere con una sicurezza che colpì la fata.
"È un guerriero." le comunicò l'altra Freya.
Freya annuì sovrappensiero, affascinata dal modo in cui i muscoli di Kayle si rilassavano e si distendevano al ritmo dei suoi respiri.
La creatura azzurra era riversa sul terreno e un liquido del medesimo colore macchiava il suolo.
"È un... Pixie..." sussurrò Freya. "Un pixie..." ripeté lei, riflettendo sul significato di quel termine.
"Creature stupide, manipolabili, codarde..." le fece eco l'altra Freya. "Né Seelie, né Unseelie, ma ugualmente fedeli alla Corte Unseelie. Non ti sono mai piaciuti, vero, i pixie?"
"Mi hai aiutato?" domandò a Kayle, mentre la piccola forma umanoide cessava di dibattersi e rantolare. Lui si voltò e le scaglie brillarono di un verde cupo. "Credevo volessi uccidermi..." confessò Freya.
In tutta risposta Kayle le afferrò la mano, costringendola a correre verso la riva del lago. Lei rimase a fissare le loro dita intrecciate, chiedendosi che cosa avesse provato lui nell'uccidere un pixie.
Figure blu e celesti si muovevano tutte attorno a loro, saltando sui rami degli alberi e volando sull'acqua placida e immobile, scura come il cielo notturno.
Al villaggio non si vedevano luci accese, ma i pixie sembravano emanare chiarore dal loro stesso corpo.
Freya considerò che dovevano essere una trentina, pupazzi colorati che volteggiavano nell'aria. Alcuni avevano inquietanti occhi gialli che le ricordavano delle lucciole. Bisbigliavano tra loro, intonando orribili filastrocche che la inquietavano.

 

Blu come il cielo siamo.
Laggiù nella selva stiamo
e la nostra regina attendiamo.
Cantiamo, balliamo, e giochiamo...
della nostra sorte mai parliamo.
Blu come il cielo siamo,
e una patria noi reclamiamo.

 

Kayle serrò la mascella. "Non possiamo tornare al villaggio. Metteremmo in pericolo gli abitanti." considerò, superando una quercia e stringendo Freya al petto mentre attendeva che una manciata di pixie li superasse.
"Che cosa facciamo?" gli domandò lei, mentre avvertiva il tocco del suo potere espandersi dentro di sé.
"Ci nascondiamo... E preghiamo che l'alba arrivi presto." replicò Kayle, allentando la presa su di lei.
"Ma i pixie non sono vampiri." intervenne Freya, corrugando la fronte.
"Infatti." la assecondò lui. "Tuttavia non amano mostrarsi alla luce del sole. Non chiedermene il motivo, non lo conosco." tagliò corto.
Si zittirono contemporaneamente quando un pixie lì superò a pochi passi di distanza, fischiettando un motivetto allegro.
"Vieni." fece Kayle stendendo in avanti la mano. "Dobbiamo andare."

***

 

Vlad Tepes ripiegò le ali sulla schiena e avanzò senza fretta verso la figura seduta sul masso al limitare del bosco. "Sei venuto, quindi. Sapevo che Lilith ti aveva mandato un messaggio, ma cominciavo a dubitare... del tuo arrivo." disse, rilassando le spalle. Un torrente scorreva placido tra loro, creando quasi una sorta di tacito confine.
"Cosa volete, padre?"
Lucifero sorrise, mostrando i canini al figlio. "Quello che ho sempre desiderato, Sebastian. Nient'altro che il meglio... per il mio erede."
Sebastian si voltò e Vlad si prese qualche secondo per osservare i bagliori dorati emessi dall'antico orologio che il figlio teneva saldo tra le sue dita. Non fece alcun commento in merito e assunse un'espressione neutra.
Un bagliore violaceo passò negli occhi di Sebastian che lo fissò con astio. "Non credo di considerare il meglio farmi passare mille anni di prigionia al seguito di una casata umana."
"Ah, è questo ciò che ti irrita?" s'informò, sfiorando pensosamente l'elsa di Exaniha.
"Ciò che mi irrita, padre, è ben al di là della vostra comprensione." sibilò Sebastian, scattando in piedi.
Lucifero sospirò. "Oh, Semiael..." lo chiamò, avvicinandosi al torrente. "Ho scatenato una guerra... per te. E... per quell'inutile orologio." puntò il dito contro l'oggetto e Sebastian si affrettò ad infilarlo in una tasca degli abiti.
"Non sono stato io a chiederti di combattere." obiettò lui di rimando.
Vlad scosse la testa, quasi divertito dal comportamento indisponente del figlio. "Mille anni sono trascorsi e ancora... Semiael, per me e tua madre tu rimarrai sempre un bambino. E i bambini vanno protetti, che loro lo vogliano o no." decretò.
"Ferisci il mio orgoglio, padre."
"Non è del tuo orgoglio che mi preoccupo." controbatté Vlad.
Sebastian serrò i pugni e un gufo sorvolò placido il suo territorio di caccia.
"Infatti. Se ti fosse importato non mi avresti usato come una marionetta nello scontro contro la Guardiana."
Lucifero si specchiò nell'acqua del ruscello. "La ragazza era un pericolo... per te."
Sebastian girò la testa di scatto. "Clare non era affatto un pericolo." disse brusco.
"Non lo sarebbe stata finché non ti avesse obbligato ad uccidermi e stai certo che un'eventualità del genere non l'avrei mai permessa." Vlad fece un gesto vago in direzione dell'orologio. "L'impossibilità di fare le proprie scelte... Tu più di chiunque altro dovresti sapere. Sono certo che rivivere un'esperienza come quella non lo desidera nessuno di noi." immerse una mano nell'acqua. "Ma tu sei qui per salvarla." aggiunse.
"Sì. Anche se non sono più legato a lei in alcun modo, è stata una promessa quella che ho fatto."
"Sei sempre stato un tipo corretto, Semiael." ammise Lucifero. "Tranquillizzati." aggiunse, alzando una mano in segno d resa. "Non è per fermarti che sono giunto fin qui. Tuo zio è qui vicino..."
"Mikhail?" fece Sebastian, aggrottando la fronte. "Pensavo che gli angeli fossero stati costretti nell'Eden da Enuwiel."
"È così, infatti. Ma sembra che la tua Clare e la Pietra di Cristavia abbiano creato un varco che ha condotto Michele fino a qui. Gli hanno strappato le ali..." Sebastian sobbalzò, portandosi istintivamente una mano sulla schiena.
Lucifero rimase un istante in silenzio, contemplando alcune luci azzurre muoversi senza apparente logica tra gli alberi, in lontananza.
"Pixie..." sentì mormorare dal figlio.
"La tua esitazione è quasi palpabile. L'ho avvertita da quando ti ho raggiunto. Da quanto tempo sei qui?" domandò Vlad, indicando la roccia sulla quale il vampiro era rimasto seduto fino a qualche minuto prima.
"All'alba sarà un giorno." rivelò Sebastian, avvicinandosi anche lui al torrente, senza perdere di vista il gruppo di pixie.
"Hai paura..." constatò Lucifero "...Non tanto di loro, quanto degli spettri del tuo passato. Pensavo che avessi superato quella vicenda, ma dopo aver rivisto quell'orologio... mi sono sorti dei dubbi. Quella fata non ha più alcun potere su di te. E, quelli, dopotutto... non sono altro che pixie. Ucciderli non dovrebbe essere un problema, non ora che con il Contratto spezzato hai riacquistato tutte le tue doti, i tuoi poteri. Non ora che sei tornato in possesso di ogni tuo ricordo."
"Paura..." lo interruppe sprezzante Sebastian. "Non l'ho mai vista così drammatica. Quello che provo padre è..." Fiamme nere circondarono il tronco di un albero, consumandolo in pochi secondi. "Così doloroso... Ho atteso così a lungo la possibilità di sterminare i fatati. Questo desiderio di vendetta mi sta lacerando. Sono così vicino... e così irrazionale. Non sto tenendo conto delle conseguenze."

 

...Laggiù nella selva stiamo
e la nostra regina attendiamo...

 

Le parole di una filastrocca pixie riempì il silenzio della radura.
Vlad Tepes stendette nuovamente le ali, guardando il figlio un'ultima volta prima di riprendere il volo. "La loro regina è morta." commentò con una smorfia riguardo al ritornello dei pixie. "Che trascorrano pure l'eternità ad attenderne una nuova..."

 

***

 

"Fermati! Possiamo sconfiggerli... insieme. Non sono che formiche, quei pixie... Lasciami usare il tuo potere. Liberami!" esclamò l'altra Freya, stridente come uno stormo di uccelli.
Freya scivolò in una pozza di fango e prima che potesse aprire bocca, un pixie le calò sulla faccia strillando come un vecchio corvo e graffiandole il volto con furia assassina.
L'arma di Kayle calò implacabile sul corpo della creatura che cadde al suolo un attimo prima che il cadavere mutasse in un mucchio di petali, sparpagliati dal vento.
"Kayle..." chiamò Freya, prima che lui la aiutasse sbrigativamente ad alzarsi.
"Ssh! Aspetta... Non parlare!" le ingiunse lui portandosi l'indice alle labbra.
Davanti a loro c'era un torrente e ansimando lo attraversarono con foga, cercando di agitare l'acqua il meno possibile.
Raggiunta l'altra sponda, Freya appoggiò la mano su un masso per riprendere fiato, avvertendone la superficie stranamente tiepida come se qualcuno ci fosse rimasto seduto sopra fino a qualche attimo prima. Un brivido gelido le percorse la schiena e avvertì distintamente l'agitazione dell'altra Freya.
Kayle si aggirò lì attorno per qualche minuto, prima di tornare da lei con una manciata di piume nere con striature d'argento.
"C'era qualcosa qui... e non era un uccello." specificò, guardandosi attorno guardingo. Ogni suo muscolo era teso e pronto allo scontro e Freya trovò quell'aspetto bizzarro. Non si era ancora fatta un'idea precisa di Kayle, eppure...
Il modo in cui maneggiava l'arma, la familiarità del suo corpo nella fuga e negli scontri, la sicurezza con cui aveva eliminato i pixie...
Kayle non era un cacciatore. Non ne possedeva la calma né la pazienza, dedusse Freya dopo aver studiato i movimenti nervosi del piede di lui sul terreno.
Kayle levò in alto la lancia, creando con il braccio un movimento concentrico. La sua armatura era macchiata dalla linfa blu dei pixie che riluceva in modo sinistro alla luce delle stelle.
"Perché pensi di essere un mezzosangue?" gli chiese all'improvviso, squadrandolo attentamente. "Noi siamo l'élite del popolo fatato. Possediamo il sangue delle Corti... della Corte Seelie." aggiunse in un soffio.
"Ne sei certa?" le insinuò il dubbio l'altra Freya.
Kayle inspirò bruscamente. "Non so cosa siano queste Corti che continui a nominare." disse seccamente. "I pixie con cui ho parlato non hanno mai fatto cenno a..." deglutì. "Loro sono stati molto persuasivi nel raccontarmi come fossi nato, come mia madre..." esitò nuovamente. "Perché dovrei dubitare delle loro parole? Gli abitanti del villaggio mi evitano, sussurrando alle mie spalle quando credano che non possa sentirli. La mia famiglia è..."
"Non mentirmi. Tu e io sappiamo benissimo che non ci si può fidare dei pixie." obiettò Freya. "Ti sei lasciato convincere perché era quello che
volevi. Immagino che eri alla disperata ricerca sulla verità della tua natura... l'hai mai chiesta a tua madre? Tu non sei suo figlio, non esistono mezzosangue tra il popolo fatato."

Kayle spostò la lancia verso la sua gola, sfiorandole la pelle. "Sembri sapere molte cose sulle fate." disse sospettoso.
"Certamente più di te." commentò lei. Freya assottigliò gli occhi. "Cosa sono i Ranghi? Che tipo di lavoro eseguivi per i pixie?"
Kayle sogghignò. "Si vede che non sei di queste parti. I Ranghi sono gruppi di fatati che esercitano il loro diritto di potere su queste terre, perennemente in conflitto tra loro."
"Pixie." sibilò l'altra Freya. "Credono di poter sostituire l'influenza delle Due Corti?" sbraitò infuriata. "Dove sono i cavalieri Seelie e Unseelie? Dove? Li ucciderò tutti, quei patetici esserini blu!" strillò.
"Kayle, che tipo di lavoro eseguivi per i pixie?" ripeté lei, senza lasciarsi fuorviare.
In risposta lui contrasse la mascella e l'arma tremò appena tra le sue mani. I suoi occhi assunsero sfumature cupe, che andavano dal blu a un colore violaceo, mutando tanto velocemente che le provocarono le vertigini.
Kayle si voltò di scatto e le sue spalle ebbero un sussulto quando lei ne sfiorò una.
"Ti ho turbato, mi spiace, ma devo sapere." si scusò Freya, sperando di trasmettergli quanto quelle informazioni le servissero. "Sono mancata da..." esitò incerta "... da casa per molto tempo. Questo mondo non è quello che io ricordo. Mi è estraneo e tu sei l'unico che può aiutarmi a capire. Kayle..." il tono usato era quasi una supplica, ma lei non se ne curò. "Mi servono risposte e anche a te. Possiamo trovarle insieme. Aiutami."
Lui avanzò di qualche passo e quando la guardò nuovamente c'era una strana forma di compassione sul suo volto. "Mi odierai." la avvertì cupamente. "Io mi odio. Odio quello che ho fatto. Ma i pixie minacciavano la mia famiglia e io... Avevo tredici anni la prima volta che è successo." socchiuse gli occhi e Freya avvertì un improvviso nodo alla gola.
"Qualunque cosa tu abbia..." lei si ritrovò a sospirare, senza parole. Il sentimento di odio verso se stessi non le era affatto estraneo, eppure... "Anche io disprezzo me stessa, Kayle. Ho fatto cose terribili nel mio passato." I ricordi non le erano tornati, ma sulla coscienza le aleggiava quel costante senso di colpa.
"Quanto terribili, Freya?" la provocò l'altra sé.
"Cosa è accaduto quanto avevi tredici anni?"
Kayle si rigirò pensieroso la lancia tra le dita, scrutando tra gli alberi le figure lontane dei pixie. "I pixie non vogliono che gli umani si interessino a loro." cominciò a dire con voce piatta. "Ma c'è sempre qualche umano curioso che in modo o nell'altro tenta di raggiungere le sponde orientali del lago. Alcuni hanno tentato con le barche, altri camminando..." prese fiato, spronandola allo stesso tempo ad accelerare il passo. "Ho sempre saputo di essere diverso, fin da piccolo. Capitava a volte che notassi particolari che alla gente sfuggiva; pesci velenosi, piante che sembravano comunicare tra loro, ombre che si aggiravano sotto la superficie del lago... Nessuno si avvicinava a me e la notte uscivo da solo nel bosco per guardare le stelle. È stato così che ho incontrato i pixie. Mi hanno spiegato cosa ero e il motivo per cui mi avevano cercato..."
Freya scostò alcuni rami dalla faccia e si chinò per schivarne un altro.
L'armatura di Kayle sembrò riflettere una sfumatura cremisi mentre lui continuava a raccontare. "Volevano che svolgessi un compito e in cambio promisero che avrebbero lasciato in pace la mia famiglia. Avevo tredici anni... ma questo non mi giustifica. Ho accettato perché in quel momento i pixie mi fecero sentire importante, ma immagino che non avrei avuto comunque molta scelta."
Freya si fermò di colpo. "Ne abbiamo mai avute... di scelte?" sussurrò lei.
Qualcosa li superò in volo, oltre gli alberi, e la fata per un attimo ebbe l'impressione di vedere un angelo.
"Ciò che i pixie desideravano... ciò che io ho acconsentito ad essere..." mormorò Kayle, saltando con grazia un tronco caduto "... un Boia. Sono l'assassino che teneva gli umani lontano dai confini orientali."
Freya trattenne un istante il respiro, cercando lo sguardo di Kayle, ma lui si era fatto improvvisamente guardingo e anche lei ne capì la ragione.
Erano stati circondati dai pixie, come fosse stato possibile non era chiaro, ma le creature blu fluttuavano nell'aria facendo sfoggio delle loro dentature aguzze.

Spinti nel bosco si sono.
Sono, sono...


 

Cantilenarono i pixie con le loro voci acute.
Freya e Kayle si misero schiena contro schiena, osservando i movimenti dei fatati. "Non allontanarti da me." la informò lui, reggendo la lancia con entrambe le mani.
In tutta risposta, lei alzò la mano destra con un rapido movimento del polso e dal terreno si levarono rami di edera che si avvolsero attorno ai corpi dei pixie.
"Copri loro la bocca! Coprigliela!" ordinò l'altra Freya. "Adesso!" strillò.
"Come hai...?" intervenne Kayle, facendo una smorfia quando i pixie cominciarono ad agitarsi.
"Subito, ragazzina! Ora!" gridò l'altra Freya, facendola cadere in ginocchio per il dolore.
Kayle si chinò sulla fata con l'espressione tesa. "Frey..."
I pixie spalancarono le loro bocche e il suono che ne uscì fu la cosa peggiore che entrambi ebbero mai udito.

 

 ***

 

Michele si era svegliato di giorno e dal momento che aveva visto il sole e notato l'assenza di Freya, aveva compreso che qualcosa di irreparabile era accaduto mentre lui era sotto l'influsso di un qualche elisir.
I pianti delle donne del villaggio gli giungevano chiari dalla finestra lasciata aperta e la percezione di non essere solo lo mise in allerta.
"Lucifero." disse voltando appena la testa.
Vlad Tepes era stato lì e Michele provò rabbia per essere stato incosciente e tanto debole. A testimoniare il passaggio del vampiro stava un'incisione scritta nell'antico linguaggio degli angeli . Era una frase il cui significato rimandava ad un tempo lontano, quando entrambi erano stati felici, sereni.
Mi dispiace, fratello.
Michele provò rabbia e... qualcos'altro.
"Dispiacerti per cosa, fratello?" sussurrò ironico, serrando le mani a pugno. Quante volte Lucifero gli aveva ripetuto quella frase? E quante volte lui aveva accettato quelle parole sapendo che il giorno dopo sarebbero tornati a fronteggiarsi da due fazioni opposte?
Detestava sentirsi dilaniato a quel modo a causa di quel legame. Quanti erano i peccati attribuiti a Lucifero che riflettevano la sua debolezza nell'averlo lasciato più volte libero?
Fu distratto dalle grida confuse e spaventate della gente e si costrinse ad alzarsi. I muscoli erano rigidi e la mente era confusa.
Si chiese in che tipo di problema si fosse cacciata Freya e si maledì per essersi lasciato sfuggire la salvezza di Clare. Afferrò la spada di Enuwiel con rabbia, percependo chiaramente il malcontento della spada celeste. Excalibur gli mancava e giunto nel Regno di Ziltar avrebbe dovuto cercare di ritrovarla in tutti i modi possibili.
Una fitta di dolore alla schiena lo fece cadere a terra ansimante e gli ci volle qualche minuto prima di riuscire a rimettersi in piedi e a barcollare esitante lungo il corridoio della locanda.
Quando finalmente raggiunse la piazza del villaggio, il sangue macchiava il terreno e sui muri delle abitazioni circostanti con esso erano state tracciate alcune filastrocche pixie.
In un angolo, ammassati uno sull'altro, c'erano i cadaveri di alcuni pixie e alcune donne continuavano a colpirli ripetutamente con delle pietre, quasi temendo che potessero risorgere come vampiri dalla morte.
"Vi dico che è stato un demone ad ucciderli!" strillò una delle tre, indicando i fatati.
"I vampiri non si spingono in questa zona!" replicò un'altra, scuotendo la testa.
Michele socchiuse gli occhi, chiedendosi perché mai Lucifero avesse voluto intervenire a favore degli umani. Tuttavia rinunciò presto e si incamminò verso la riva del lago.
L'acqua era leggermente increspata, come se una brezza d'aria vi fosse passata sopra, ma non era quello il motivo. L'angelo si sorresse con l'aiuto della spada celeste, dirigendosi verso una coppia di sposi che con le guance rigate di lacrime indicavano il bosco al di là del lago.
La donna era aggrappata alle spalle del marito e lo pregava di andare alla ricerca dei figli. "Ti prego... Ti prego, dobbiamo andare! Potrebbero essere ancora vivi, potrebbero essere..." singhiozzò, accasciandosi sulle ginocchia e l'uomo cadde insieme a lei, scuotendo ripetutamente il capo.
"Cosa faranno alla mia Camille? Cosa... e... se andassimo... forse, Kayle..."
"Calmati." intervenne il marito, stringendola a sé.
Michele diede loro le spalle e strinse i pugni. I pixie dovevano aver fatto dei prigionieri e Kayle e Freya erano scomparsi...
Tornò a fissare la superficie del lago, mentre ogni passo che lo avvicinava all'acqua gli provocava una fitta di dolore alla testa. Era facile intuire che sotto quell'abisso si doveva nascondere qualcosa impregnato di potere fatato. Non osava fare ipotesi, perché solo lo sforzo di riflettere gli costava energia che non poteva permettersi di sprecare.
Calcolò in fretta le sue possibilità. Non poteva aggirare il lago via terra perché nelle condizioni in cui versava sarebbe probabilmente arrivato troppo tardi per tentare di salvare Freya e non poteva volare perché...
Si guardò attorno. Gli rimaneva un unica chance, pregando che il creatore volesse concedergli un po' di fortuna, e l'idea lo metteva a disagio tanto quanto ricordare il giorno in cui era stato privato delle sue ali.
La barca era lì, ormeggiata accanto ad un tronco disteso, e prima di poter cambiare idea Michele la sospinse al largo.

 

***

 

La foresta era fitta, gli alberi così alti da oscurare il sole, e Freya tremò nel vedere lo stato di abbandono in cui versava. Erba, muschio, ragnatele e funghi dai colori violacei occupavano ogni spazio disponibile. I pochi animali che c'erano erano insetti dall'aspetto così strano e raccapricciante che la fata cercava costantemente di evitarli anche solo con lo sguardo.
L'aria stessa era... vecchia, come se nemmeno lei avesse il permesso di entrare e uscire da quella cappa di oscurità.
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dalla sua cattura e quella di Kayle, ma l'umidità le era entrata nelle ossa, rendendo deboli i suoi movimenti.
Aveva un mal di testa tremendo e le Ombre si agitavano irrequiete nelle nebbia, intimandole di uccidere i pixie.
Freya si accasciò al suolo, con la schiena appoggiata ad un tronco e affondando le unghie nella terra. Qualcosa di liquido e vischioso le scivolò sulla mano e quando il suo sguardo incontrò la sostanza nera e oleosa che le imbrattava la pelle fu con un grande sforzo di volontà che ricacciò indietro la bile che le era salita in gola.
"La terra piange... veleno." fu il flebile commento dell'altra Freya, quasi si trovassero ad una distanza incolmabile.
Un'Ombra le scivolò davanti agli occhi, oscurandole per un istante la visuale e Freya si domandò se fosse stato per istinto di soppravivenza che aveva lasciato che i suoi poteri prendessero il controllo della situazione.
Un grugnito di dolore proveniente dalla sua destra le ricordò della presenza di Kayle in quel luogo.
Si sentì subito rincuorata sapendolo vivo e lì con lei.
"Questo posto..." bisbigliò Freya mentre Kayle la raggiungeva zoppicando "...Non può essere... Questo non è il Reame..." osservò guardinga, rabbrividendo alle grida dei pixie in avvicinamento.
"Sarà la nostra tomba." replicò Kayle, creando dal terreno una seconda lancia che impugnò nella mano sinistra. "Ma farò in modo che sia anche la loro!" esclamò in un ringhio di rabbia.
"È stato tutto inutile. Venire fin qui... Non c'è nulla qui!" gridò Freya, alzandosi in piedi. "E come diceva Michele... questo luogo è corrotto. Sento il suo veleno scivolare dentro di me... e fa così freddo, così freddo..."
Lo schiaffo arrivò talmente inaspettato che Freya ci mise qualche secondo per associare la mano di Kayle con il bruciore che sentiva alla
guancia.

"Non è il caso di abbandonarsi alla disperazione, ora che siamo qui. C'è una remota possibilità di riuscire a fuggire, dopotutto."
Freya si accarezzò il viso, poi piegando la testa all'indietro fissò l'intreccio di rami neri che le precludevano il sole.
Kayle vide il ghigno che si era formato sulle labbra della ragazza e di riflesso anche lui alzò lo sguardo sorridendo in maniera ironica.
Ragni fosforescenti grossi quanto pugni si stavano calando nel sottobosco e i loro piccoli occhi neri li studiavano incuriositi. Intrappolate nelle regnatele le mosche si zittirono di colpo quando dal sentiero emersero le sagome confuse di pixie e ... qualcos'altro.
L'aspetto era vagamente umano, ma le figure erano talmente magre da far credere a Freya che non ci fosse pelle su quelle ossa sporgenti. La carnagione era di un colorito olivastro, le orecchie aguzze, i canini sporgenti e gli occhi neri sprovvisti di palpebre. Sembrano la versione a grandezza reale dei pixie che vorticavano nell'aria lì intorno.
"Foliot, soldati creati in un lontano passato dalla regina della Corte Unseelie." commentò Freya, stupita lei stessa di quanto aveva appena detto.
Kayle alle sue spalle si mise sulla difensiva, soffocando un'improvviso gemito di sconforto.
Le pietre scricchiolavano sotto i passi affrettati dei Foliot che si facevano sempre più vicini, trascinando con loro prigionieri umani.
Freya socchiuse gli occhi, certa di aver intravisto una chioma dorata in quel mucchio scoordinato di mortali e fatati e le mani le tremarono.

 

Boccoli dorati e occhi di cielo,
i preferiti essi son.

 

La cantilena dei pixie, nella sua mente, si aumentò di volume mentre lei scacciava il ricordo di quella sciocca filastrocca.
I ragni, ormai scesi dalle loro ragnatele, si nascosero nelle insenature di alcune rocce e Freya si domandò se anche lei avrebbe fatto meglio a nascondersi.

Se una fata vedete,
da lor lontano correr dovete.

 

Lei avvertiva distintamente la rabbia a stento trattenuta di Kayle, che zoppicante aveva alzato la lancia quasi a volerla lanciare come una freccia contro i nemici.

Bambini di grano e mare fuggite...

 

Non si era sbagliata, naturalmente, e la colpa per quello che stava accadendo le cadde addosso, annullando le parole severe dell'altra Freya.
La lancia a due punte di Kayle compì una splendida parabola prima di ricadere ai piedi di un foliot che grugnì in un dialetto a lei sconosciuto. I pixie strillarono, sparpagliandosi in più direzioni, mentre i prigionieri cercavano invano di sottrarsi alla presa dei loro aguzzini chiedendo aiuto ad un Dio che -Freya lo sapeva - non li avrebbe ascoltati.
Si era formato un rivolo scuro lì dove l'arma di Kayle era affondata nel suolo, ma nessuno tranne lei sembrava conscia del dolore provocato alla natura.

...perché i pixie la caccia hanno destato.

 

"Camille non vuole venire con voi! Camille non..." la voce della bambina si zittì all'improvviso e fu con una lentezza esasperante che Freya si vide correre nella direzione della sorella di Kayle per...
Non era ben consapevole di ciò che stava accadendo, sapeva solo che il senso di colpa la stava schiacciando, opprimendole le vie respiratorie.
I suoi sensi la avvertirono che qualcosa di grande e alato stava precipitando dal cielo, dentro l'oscurità di quella foresta, mentre lei si lanciava addosso a una Camille tremante, cercando di proteggerla dal foliot che stava per affondare gli artigli ricurvi e affilati nella carne della bambina.
Kayle urlava.
Un angelo nero cadeva dal cielo.
L'altra Freya strepitava nella sua mente.
Freya avvertì qualcosa di strano penetrarle nel petto, ma il dolore arrivò solo qualche secondo più tardi. Abbassò lo sguardo; dapprima sulla ferita che le squarciava l'addome poi sugli occhi sempre più vitrei di Camille che ricambiarono un'occhiata terrorizzata e incredula.
Freya gorgogliò e il sangue le cadde sul mento, e più giù, fino al punto in cui gli artigli del foliot si stavano ritraendo dal corpo della bambina.
La pelle di Camille aveva assunto un colorito più pallido del suo e la testa ora le ciondolava inerte sulle spalle.
Freya tossì, mentre il respiro le moriva in gola e gli occhi si sforzavano di rimanere aperti. Cadde in ginocchio, ogni arto insensibile e un dolore troppo intenso da sopportare. Il corpo di Camille le sfuggì dalla presa e la bambina cadde a terra senza emettere un lamento.
Intorno a lei le urla non avevano smesso un attimo di tormentarle e il mondo le parve così sfuocato che si domandò se fosse giunto il momento della sua morte. Il braccio del foliot si ritrasse dal suo corpo e lei vomitò un fiotto di sangue cremisi con sfumature verdognole.
Un raggio di sole la colpì al volto, lì dove la vegetazione era stata brutalmente distrutta dall'angelo nero che era comparso all'improvviso.
Dov'era l'altra Freya quando aveva bisogno d'aiuto? Non era forse stata lei a dirle che l'avrebbe protetta, aiutata?
Qualcuno le alzò brutalmente la testa, afferrandola per i capelli e qualcosa si mosse nella mente confusa della fata.
"Sem...i... ael..." gorgogliò turbata. "Tu... sei..."
L'angelo nero si chinò su di lei, una smorfia a deformargli i lineamenti. "Le mie ali fremono per poterti uccidere." ringhiò lui, mostrandole i canini. "Quanto tempo è trascorso, Morwen?"

 

 

 
Capitolo betato da: Jales


Vi ricordo: -Il prequel dedicato a Sebastian che potete trovare qui: Soul Hunter
-La raccolta realizzata da Jales su vari personaggi di CS: De Vita
-Il mio account Ask se volete pormi qualche domanda: Qui
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Note: Hola! Avete visto? Avevo promesso Sebastian e Sebastian è stato *__*n Sì, pure io ho un debole per lui! LOL
Nei prossimi due vi svelerò il passato di Freya e le cose avranno più senso u_u
Un grazie enorme ad Ale, la mia beta <3<3<3 Dovrei coccolarla di più quella santa ragazza. Insegna l'italiano meglio dei miei passati prof di scuola e sopporta i miei
obbrobri <3 *stritola*

Unica cosa che volevo far notare alla quale tengo: la scelta di Sebastian che piomba dal cielo in pieno giorno non è un caso. Dovrebbe simbolicamente indicare lui che come creatura delle tenebre porta in realtà la luce. Un controsenso se vogliamo dirlo XD
Bien, ho finito con i vaneggiamenti!
By Cleo^.^ 





   
 
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