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Autore: Mary Grifondoro    14/06/2013    1 recensioni
Tuttavia era una la reazione che lo preoccupava di più, quella della persona che nell’ultima lettera ricevuta gli diceva di essere contentissima del suo ritorno a casa e che finalmente sarebbero stati di nuovo sotto lo stesso tetto.
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Altra breve storia sui rapporti dei fratelli Weasley con la piccola Ginny, potete indovinare il protagonista? Baci a tutti!
Genere: Avventura, Commedia, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Weasley, Famiglia Weasley, Ginny Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'E alla fine arriva Ginny!'
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Era già stato lì molte altre volte: quando toccò a Bill, quando fu il suo turno e poi qualche anno fa prima del torneo.

Eppure, dopo tanti anni di vita all’estero, dopo tanti fatti accaduti negli ultimi mesi - con la guerra in corso, che inseguiva lui, la sua famiglia, tutti - a Charlie quelli sembrarono come i ricordi della vita di qualcun altro.


Aveva varcato quel magico muro per anni in veste di allegro studente, con i suoi amici, la sua famiglia. Ora era un uomo - sì un uomo che combatteva - e non vedeva più la magia dietro la scritta “Binario 9 e ¾” poichè doveva guardarsi dai pericoli che potevano sbucare ovunque.


Quei periodi bui aveva portato Charlie a riflettere, molto più del solito, a non farsi trascinare più solo dall’euforia e dall’avventura, visto che oltre a lui correvano rischi le persone che più gli erano care: Bill era stato sfigurato da un licantropo, George aveva perso l’orecchio e..i morti, i loro amici morti.

Charlie sentì una forte stretta alla stomaco ripensando a chi non c’era più ma soprattutto soffermandosi sulla terribile eventualità che altri ancora si aggiungessero a quella lista.


La tensione che percepiva il giovane era palpabile nell’aria limpida e tersa, vista l’assenza della sbuffante locomotiva rossa che doveva ancora arrivare.

Sulla banchina alcuni genitori attendevano i figli al rientro da scuola per le vacanze di Pasqua.

Erano pochi e non solo - pensò Charlie - perchè i ragazzi avevano preferito rimanere a scuola a godersi i primi giorni di bel tempo ma perchè la scuola era stata svuotata: solo maghi purosangue avevano potuto accedervi lo scorso settembre e si notava chi era fiero di quella decisione (un paio di altere madri della nobiltà attendeva la prole turandosi il naso con un fazzoletto di pizzo o rimproverando l’elfo domestico) e chi invece aveva sottostato impotente alle nuove leggi, pur non dovendosi preoccupare del proprio stato di sangue (un uomo evidentemente molto stanco con profonde occhiaie guardava nervosamente in direzione dei binari, quasi temesse di non veder arrivare l’agognato treno).


Anche Charlie era lì in attesa di qualcuno, non di un figlio certo, ma di qualcuno ugualmente importante. Ed il fatto che la sua presenza fosse stata esplicitamente richiesta aumentava la sua tensione soprattutto perchè la lettera era stata alquanto sospetta, almeno per lui che conosceva bene il mittente.


Mio amato fratello,

nell’ultima lettera di nostra madre ho saputo che alcune ricerche lavorative ti riporteranno a casa per le vacanze pasquali. Non potrei esserne più contenta, è sempre bello avere la famiglia riunita, soprattutto ora che la malattia di Ron ci ha così fortemente messo alla prova.

Proprio per questo ti chiederei il favore di venirmi a prendere tu al treno di ritorno da scuola per non affaticare ulteriormente i nostri genitori.

E sarebbe anche un’ottima occasione, visti i rari momenti d’incontro tra di noi, per stare un po’ insieme e raccontarti di me e della scuola, quest’anno é tutto nuovo e sono certa sarai molto curioso, essendo tu una persona seria e attenta mentre i gemelli, temo, non apprezzerebbero tali meraviglie scadendo nei loro toni poco consoni.

Per questo ci tengo che venga tu solo, così staremo un po’ insieme.

Ti saluto,

tua sorella Ginevra


Ora, era evidente che la posta della scuola fosse sotto sorveglianza perchè quella di Ginny era una lettera scritta in maniera disgustosamente formale tale da sembrare ad un estraneo una normale lettera tra fratelli purosangue.

Un estraneo che non sapeva che Ginny non si sarebbe mai firmata col suo nome completo nè l’avrebbe mai apostrofato “Mio amato fratello”.

Un estraneo che doveva ancora credere alla finta malattia di Ron.

Un estraneo che poteva credere che lui - lui, Charlie Weasley, allevatore di draghi in Romania, ex capitano e cercatore della squadra di Grifondoro, membro dell’Ordine della Fenice e sostenitore di Silente e Harry Potter - fosse un tipo serio e attento e, addirittura, curioso di sapere le “meraviglie” che i Mangiamorte stavano combinando a scuola.


Fin qui era tutto - più o meno - normale.

Ma il punto era che Ginny aveva chiesto che lui venisse da solo. Perchè?

Aveva capito che una volta scesa dal treno la sorella gli avrebbe dovuto dire qualcosa che voleva che solo lui ascoltasse, qualcosa che non voleva assolutamente giungesse alle orecchie dei genitori.

Forse era stata espulsa o punita? Probabile.

Ma allora perchè vietare la presenza dei gemelli, che sicuramente l’avrebbero lodata per aver seguito le loro orme?


Non capiva. Una parte di sè aveva percepito - o sperato - che Ginny volesse che ad attenderla alla stazione, ad abbracciarla una volta scesa dal treno ci fosse il suo fratellone, non i genitori che la amavano, non i gemelli che la facevano ridere, non Bill che la adorava, ma Charlie che l’aveva sempre sostenuta e protetta.

Ma la sua parte razionale scacciò questo pensiero: Ginny non era più una bambina, non gli serviva più venirsi a nascondere dietro al fratello più grosso, sapeva difendersi da sola, visto quello che aveva combinato all’Ufficio Misteri e le pregevoli fatture Orcovolanti che mandava.

Ginny era cresciuta oramai.

Era diventata una bellissima ragazza e, con rammarico dei fratelli, tutti lo notavano.

Con un mezzo sorriso Charlie ripensò al giorno del matrimonio di Bill, quando la vide entrare prima della sposa, quasi non credette ai suoi occhi: con quel vestito da donna - da femmina, come soleva ripeter lei in un’accezione tutta negativa della cosa - e i capelli che le ondeggiavano sulle spalle era stupenda.

No, non avrebbe più potuto prenderla in braccio.


Tuttavia rimase avvolto da un fremito mentre il noto Espresso di Hogwarts faceva il suo ingresso in stazione. E attese di vederla.

Di vederla scendere con gli altri studenti.

Di vederla salutarlo con una mano alzata mentre abbracciava gli amici.

Di vederla corrergli incontro con i suoi capelli al vento.


Ma vide qualcos’altro che gli mozzò il fiato. E capì.

Capì perchè Ginny voleva lui solo, perchè voleva che andasse a prenderla al treno e che stesse un po’ con lei.

Voleva il fratello col sangue freddo che non avrebbe fatto scenate in pubblico. Ora capiva il riferimento ai “toni poco consoni” dei gemelli. Loro avrebbero piantato mille grane e probabilmente si sarebbero smaterializzati all’istante davanti ai cancelli della scuola per uccidere tutti i Mangiamorte.

Voleva il fratello che la adorava senza idealizzarla come fosse ancora una bambina, Bill sarebbe rimasto troppo scioccato da quella visione.

Voleva un fratello, perchè certe cose - le più ridicole o le più dolorose - solo con un fratello le puoi condividere, qualcosa a metà tra un genitore ed un caro amico.

Voleva soprattutto, di nuovo, il fratellone che la proteggeva.


Ginny scendeva dal treno con passo incerto.

Ad un’occhiata veloce aveva una caviglia dolorante e un ginocchio che non riusciva a piegare bene. Risalendo con lo sguardo notò che era dimagrita, tanto, troppo. Le mani sbucavano inermi dalle maniche della felpa, piene di graffi e grumi di sangue, tanti, troppi. Sul suo viso bianco, spaventosamente bianco, due impietose occhiaie e una stanca e disordinata coda chiudevano il ritratto di una non-studentessa-allegra.

Alzò gli occhi una volta scesa dal treno, quasi inciampando quando di mala grazia un compagno le passò il baule.

Voltandosi incrociò i suoi occhi, uno scintillio di soddisfazione e una breve smorfia che Charlie collegò ad un sorriso non riuscito (forse aveva qualche livido in faccia, non vedeva bene) gli dissero che aveva fatto centro: pur non capendo si era fidato ed era andato da solo, almeno quella cosa parve sollevare molto la sorella.


Charlie si accorse di essere rimasto immobile nel frattempo mentre la sorella cercava di avanzare verso di lui con molto più fatica di quello che gli era sembrato a prima vista. Con l’eleganza degna di un cercatore scattò in avanti e le mise un braccio intorno alle spalle, come a volerla salutare, in realtà sorreggendola con forza ed accorgendosi che Ginny si era quasi lasciata andare a quella presa, mentre con la bacchetta aveva fatto alzare il baule che ora li seguiva.


“Grazie, sapevo che..” un flebile sussurro lo fece abbassare verso Ginny.

“Sssshh...calma, ora andiamo a casa e poi parliamo” la fermò Charlie ma la ragazza iniziò ad agitarsi pur continuando a bisbigliare “ No, ti ho detto che voglio stare solo con te, cosa non capisci di questo? Niente mamma, niente Fred e George” arrestò, come potè, la camminata e guardò il fratello fisso negli occhi.


Charlie si sentì trafiggere da quello sguardo, la doveva proteggere, mentre lei stava cercando di proteggere tutta la sua famiglia dal dolore, dall’impulsività della vendetta, da quella dannata guerra. Maledizione sembrava ancora così piccola ai suoi occhi. E invece davanti aveva una donna forte.


“Sei veramente una testa calda che salta subito a conclusioni affrettate” le disse toccandole delicatamente il naso in un gesto affettuoso “mica quando dico casa intendendo la Tana...ho anche io degli amici con cui ho condiviso tutto e da cui passo il mio tempo ogni tanto” e così facendo le strizzò l’occhio e la trascinò oltre il muro, riapparendo nella babbana King’s Cross.


Ma nello stesso istante in cui si ritrovò in mezzo ai binari 9 e 10 si accorse che la persona affianco a lui stava cedendo.

Forse lo stress, il sollievo e l’agitazione avevano dato il colpo di grazia alla piccola Ginny il cui corpo aveva detto stop a ogni forma di resistenza.

Si accorse al volo che stava svenendo, la prese tra le braccia ed incurante dei babbani che camminavano intorno a loro, dello Statuto di Segretezza e di qualsiasi altra cosa girò su sè stesso con in mente una sola cosa “Tonks”.


**** **** **** ****


Charlie roteava annoiato il suo bicchiere di Burrobirra, dando di tanto in tanto un’occhiata alla porta che dava sulla zona notte.

Di frontre a lui Remus Lupin sorseggiava lentamente la propria bevanda, guardandolo con aria paterna “Non ti preoccupare, sono davvero brave, entrambe. E poi Andromeda ha fatto un tirocinio speciale con sua figlia come ben sai!” quest’ultima affermazione strappò un sorriso al ragazzo Weasley, subito distratto dalla porta che si richiudeva.

“Ti ho sentito signor Lupin e se ti piacciono tante le cure di mia mamma posso sempre far sì che anche tu ne abbia bisogno!” disse Tonks in tono scherzoso rientrando in soggiorno con una tinozza piena di acqua e bende sporche.


Subito Remus si precipitò dalla moglie per sollevarla dal peso delle cose che trasportava “Tesoro, te lo ricordi vero che sei una strega e che tutto, proprio tutto, può essere fatto levitare?!” disse il licantropo premurosamente ma con una vena di malandrino sarcasmo.

“Si, si lo so, ma non fa niente, non pesava nulla. Smettila di trattarmi come una malata. Sono solo incinta!!” sbuffò Tonks ripetendo un teatrino che evidentemente si era già riproposto tra i due.

“Una donna incinta, al termine della sua gravidanza!” sottolineò il marito “Ti vorrei ricordare che ci hanno detto che ogni fonte di fatica o stress potrebbe far nascere prematuramente il bambino. E tenuto conto che siamo già abbastanza stressati..!”


Charlie guardava i due con un misto di stupore, gioia e ansia: era bello vedere che qualcuno in mezzo a quella dannata guerra aveva ancora il tempo e la voglia di vivere una quotidianità normale. Tuttavia voleva avere ragguagli su qualcos’altro di diverso dalla pur importante gravidanza della sua amica. Che si forse scordati perchè lui era lì?

“Ragazzo non ci fare caso a questi due, la fine della gravidanza fa sempre ammattire i genitori. Immagina come peggioreranno quando ci sarà il bambino!” disse entrando nella stanza una donna che conosceva molto bene: Andromeda Black Tonks “E puoi risederti, l’effetto della pozione Sonno senza sogni durerà ancora per un po’” riprese con un’aria molto più tranquillizzante.


“Grazie mille signora Tonks” disse il ragazzo tirando un sospiro di sollievo, sebbene dentro di sè era cosciente che solo il poter rivedere coi propri occhi la sorella l’avrebbe quietato definitivamente. La donna lo guardò con un sofferente comprensione, quel ragazzo era come un figlio per lei e Ted e capiva bene quanto potesse essere in pensiero per la sorella, che era solo una ragazzina. E lei, lei a casa senza Ted che si era dovuto dare alla macchia per non essere catturato, con una figlia metamorfomaga e un genero licantropo...questa guerra stava strappando la vita a delle persone buon, giuste, quando sarebbe finita?


Intuendo i pensieri della donna il buon Lupin le si avvicnò e con la scusa di farsi mostrare come si fanno le bende - perchè a suo dire ne avrebbe avuto molto bisogno se il bambino riprendeva dalla madre - la portò fuori in giardino.


“Charlie” la voce di Tonks gli sembrava lontana e ovattata, nonostante l’amica si fosse accomodata nella poltrona dove prima stava il marito “sta davvero bene, è solo troppo dimagrita ma credo che due giorni a casa con tua madre e sorpasserà di gran lunga il suo peso forma” disse cercando di fare una battuta.


Charlie le rispose con un sorriso stanco “Non è delle ferite fisiche che mi preoccupo, tutto si cura e comunque credo si sia fatta molto più male giocando a Quidditch in questi anni. Sono preoccupato per lei, quegli occhi, non erano più gli occhi della mia sorellina..io...io...abbiamo sbagliato, tutti, non dovevamo farla tornare a scuola, non pensavamo fosse più pericoloso che star fuori...noi...io...credevo” era confuso, spaventato, per un attimo il domatore di draghi sapeva di poter perdere il controllo perchè aveva davanti Tonks e con lei niente maschere.

Affondo il viso nelle mani e poi queste andarono su a infilarsi tra i rossi ciuffi ribelli, quasi a strapparseli.


“Charlie” questa volta il tono della donna era più autoritario, eccola, la sua dolce e goffa amica si stava ritrasformando nell’audace ed intrepido Auror diventata in quegli anni “non serve a niente colpevolizzarsi e sai benissimo che quella era la scelta migliore. Non farla tornare a scuola avrebbe voluto dire condannarla a una vita in fuga, sempre braccata” Tonks si fermò un attimo serrando le labbra, il pensiero a suo padre che si trova chissà dove “e avrebbe esposto tutta la tua famiglia a molti più controlli, avrebbe scoperto che il demone di Ron, la cosa avrebbe minacciato la missione di quei tre”


“Che nessuno sa!” sputò nervoso il rosso, come altri prima di lui una rabbia cieca si stava impadronendo della sua persona, la rabbia derivante dal mettere in gioco tutto - la propria vita, la vita dei propri cari - senza un apprente tornaconto, anzi, peggio, senza sapere cosa fare “noi girovaghiamo, parliamo, cerchiamo, ci riuniamo...ma in realtà non stiamo facendo niente, aspettiamo solo che tre ragazzini riappaiano all’improvviso mentre quelli TORTURAVANO MIA SORELLA!!” le ultime parole le urlò quasi senza accorgersene.


Furono gli occhi di Tonks che gli fecero capire che si stava sfogando contro di lei senza una ragione, ma l’amica non lo biasimò, anzi lo comprese profondamente e lo lasciò fare, tutti avevano bisogno di scaricare i nervi.


“Scusa, non volevo urlare, non contro di te” disse risedendosi “non sia mai che il bambino nasca prima del tempo per colpa mia!” scherzò, quasi a voler ristabilire un clima mite.

“Lo so, Charls, lo so, non preoccuparti. Abbiamo tutti i nervi a fior di pelle! Ti devo ricordare che in questa casa c’è una donna incinta, un licantropo e una delle sorelle Black? Mi sembra un buon risultato che la casa sia ancora in piedi!” e a quel punto entrambi scoppiarono a ridere.


Tonks era così, sapeva sempre fargli tornare il buon umore. “Comunque hai avuto una buona prontezza di riflessi a portarla qua, dove potevamo curarla velocemente, anche se qualche babbano avrebbe potuto vedervi, però meglio fargli venire dei dubbi, ora come ora è il male minore” disse la donna, di nuovo in veste Auror, riflettendo sull’arrivo dei due fratelli, che erano comparsi con il solito sonoro crack in mezzo al suo giardino.

Essendo senza preavviso il ragazzo si era subito ritrovato circondato da tre bacchette e non aveva neanche aspettato la domanda di rito che subito aveva gridato “Ninfadora odi essere chiamata così ma non mi importa prendere ora i tuoi calci se curi subito Ginny. Questo potrebbe essere il favore che mi devi per aver ceduto la carica di padrino ad Harry!” e al volo Lupin aveva fatto levitare in casa il corpo inerme della giovane.


“In più Molly non ha sospettato nulla” continuò Tonks “in fondo mia madre è comunque una serpe e le balle le racconta bene quando vuole: è sembrata davvero convinta quando ha detto di voler assolutamente passare una serata con te che non vedeva da tanto e che era solo contenta di tenersi anche Ginny” disse quasi sovrappesiero ripercorrendo le scuse profuse dalla madre alla signora Weasley.


“Ah bravi, almeno ho 24 ore per riappropriarmi di un aspetto che non faccia ululare mamma” una voce stanca da un ancora più stanca Ginny li fece drizzare immediatamente in piedi verso la porta dove la ragazza era appoggiata.


Charlie fu più veloce dell’ingombrante Tonks e subito andò a prendere la sorella per sostenerla fino al divano “Ehi guarda che dovevi restare a letto” ma Ginny fece spallucce, come ad intendere che si era riposata anche troppo “Ma dai, non avevo enanche un osso rotto stavolta” disse quasi con noncuranza ma vista la faccia orripilata di Charlie si affrettò ad aggiungere “Ma stai tranquillo, la vera tortura gliel’abbiamo inflitta noi...li abbiamo fatti diventare pazzi, con Pix e i fantasmi dalla nostra parte!”.

Ed un sorriso soddisfatto, di quelli veri, si affacciò finalmente sul volto della ragazza.

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Il tempo passato a casa Lupin-Tonks fu velocissimo ma fondamentale, tutte le ferite furono guarite e la ragazza si rifocillò ampiamente in un clima tranquillo come, evidentemente, non le capitava da tempo.

Raccontò dei Carrow e della scuola, soffermandosi sulla strana indifferenza di Piton. Tutte informazioni che, a detta di Lupin, potevano essere preziose per l’Ordine.

A Charlie dispiacque un po’ salutare l’amica così vicina al parto ma ripromise di venire non appena il bambino fosse nato.

Il rientro alla Tana, come pronosticato, fu accolto da un lungo lamento di Molly sull’eccessivo dimagrimento di Ginny. Il padre invece la guardò a lungo e poi l’abbraccio forte senza dire nulla.

Charlie temette seriamente che, in quanto componente anziano dell’Ordine, fosse stato informato, insieme a Kingsey, della “nuova” vita ad Hogwarts da Lupin.

I gemelli guardarono sospettosamente la sorella, senza riuscire però a cavarne un ragno dal buco. Tutto sommato poteva essere una Pasqua normale, Bill sarebbe arrivato fra due giorni con la moglie. Solo le lancette dell’orologio ricordavano che due figli mancavano all’appello: uno per Pericolo mortale l’altro per Lavoro (anche se i gemelli avevano aggiunto un cretino sull’immagine di Percy).


Ma in guerra la normalità è utopia.


E come sempre tutto successe molto velocemente: Bill che appariva con gli occhi di fuori in mezzo al salotto della Tana, dicendo che Ron, Harry ed Hermione erano appena scappati da Villa Malfoy e che, quindi, la copertura era saltata e loro dovevano subito andarsene dalla Tana. I gemelli che dichiaravano che sarebbero andati anche loro a farsi un giro dai Malfoy allora. Molly che urlava che non voleva lasciare casa sua. Ginny che era scattata addosso a Bill come aveva sentito il nome dei tre ragazzi (di Harry pensò Charlie) chiedendogli di andare con lui a Villa Conchiglia.


Charlie prese la sorella per le spalle e la girò posizionandosi con la testa di fronte alla sua per poterla guardare negli occhi “Tu adesso te ne stai dove stanno tutti e la smetti di andartene in giro da sola” e abbassando un po’ la voce “non posso pensare tutto il tempo che ti stia succedendo qualcosa, non riuscirei a fare, nessuno di noi riuscirebbe a fare quello che deve, ti prego Ginny, stai con mamma e papà” chiuse quasi in una supplica.


La ragazza annuì sconsolata, in fondo consapevole che il fratello avesse pienamente ragione.

Charlie l’abbracciò stretta, mentre Bill lo informava che era il caso lui si recasse ad informare gli altri membri dell’Ordine e predisponessero la linea sicura per le comunicazioni d’emergenza visto che poteva succedere qualcosa - cosa? - da un momento all’altro.


Mentre annuiva al maggiore diede un bacio in testa alla sorella - che in un’altra occasione forse si sarebbe ormai rifiutata - e le disse: “Ti prometto che ti riporto il tuo Harry Potter tutto sano, e io mantengo sempre le mie promesse!”


Ginny arrossendo furiosamente per l’allusione rispose “Lo so, tu ci sei sempre!”

  
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