Come una pioggia di mattoni, tutto quello che era successo gli piombò ferocemente sulle spalle: Harry era
rimasto là, in preda ai mangiamorte, con i suoi
amici! E Remus? Erano sopravvissuti? L’angoscia gli morse le viscere e gli
tolse il respiro già carico per la cicatrice che ancora gli ardeva la pelle. Il
dolore esiste anche nel regno dei morti, o almeno lo
pensò mentre cercava con difficoltà di rimettersi in piedi. Non c’era rumore di uccelli, solo silenzio di tomba in quella
nebbia fitta e assiderante. Mentre cercava un qualche segno, di qualsiasi cosa,
inciampò malamente su un corpo disteso a terra e nascosto dalla nebbia.
È viva, fu il suo
unico pensiero quando ella si ridestò e gridò così
forte da farlo balzare in piedi spaventato. Gli parve d’un tratto che il tempo volasse, mentre dopo essersi accorto che quella donna stava
soffrendo le pene dell’inferno cercava di capire da dove arrivasse tutto quel
sangue. Sentì l’ansia crescere e insieme ad essa
l’urgenza di porre fine a quella sofferenza; gli ricordava la sua, si
rispondevano ed erano come due onde sonore perfettamente sovrapposte. Sirius
tremava come una foglia, un tremore che sulla sua pelle sapeva di Azkaban.
“Ehi, ehm,
piano, non piangere! Su, calmati... dimmi, hai una bacchetta? Ce l’hai? Ce l’hai, vero?”
Lei fece segno di no, mentre grosse lacrime le
bagnavano il viso; decise che non poteva darle retta, era visibilmente
spaventata e confusa e negava qualsiasi cosa lui le chiedesse. Sirius, che si
era dimenticato di aver perso la sua durante la battaglia, cercava
freneticamente con una mano la federa di cuoio in cui solitamente la
conservava, a livello della cintola. Poi la vide; la bacchetta della ragazza era
a pochi centimetri dalla mano che la usava – la sinistra- e che
probabilmente l’aveva usata poco tempo prima.
Non esitò e la prese in mano, mentre sussurrava piano parole di conforto a quella strega sconosciuta. La bacchetta di lei era calda al tatto e sembrava avesse subito
danni da un incantesimo estremamente potente perché una crepa si apriva
dall’impugnatura alla punta, lasciando intravedere un color lava incandescente
all’interno di essa. La vide sbuffare scintille indispettita sotto al suo tocco e al suo potere, ma dopo essersi assicurato che
funzionasse con un incantesimo di Appello decise che non era il momento di fare
tanto il difficile tentò tutti gli incantesimi di Guarigione che conoscesse. La
ragazza piangeva ed era piena di tagli sanguinanti, uno spettacolo orrendo, da
fare pietà, come se numerose mani l’avessero aggrappata; le braccia, il collo
esile e il petto erano in sangue. Sembrava che delirasse e il suo sguardo era
completamente offuscato.
Mentre sollevava le mani su di lei e mormorava a
bassa voce per arginare il flusso di sangue, lei parve immediatamente meno
pallida e piano piano riprese un respiro normale. Si puntellò sui gomiti e
timorosa lo guardò dritto negli occhi.
“Sirius”
Impallidì al suono del proprio nome. Pensò che
doveva averla già vista da qualche parte, tentò un
rapido sommario delle ultime notizie sulla Gazzetta, ma non si ricordava
affatto di lei. Forse era morta tempo addietro?
“Ci
conosciamo, vero? La tua faccia… mi dice qualcosa. Come ti senti?”
“Si, in un certo senso” lei parve essere sul punto di perdere
i sensi, si aggrappò al suo braccio e Sirius guardò la sua pelle perdere gli
ultimi sprazzi di colore “senti, parliamone meglio… quando le cose si saranno
risolte. Ho bisogno che ritroviamo qualcosa…”
Sirius parve
spiazzato, ma si riprese in fretta.
“Cos’è?”
disse, preoccupato.
Nemmeno
morto, lo avrebbero lasciato in pace? Dov’era il riposo eterno tanto nominato,
tanto invocato? Si ridestò quando vide le mani di lei
tastare il terreno.
“È un orologio;
è molto importante, Sirius. Aiutami… Ti prego,
Appellalo”
“Accio!” un
sibilo gli disse che qualcosa stava effettivamente sfrecciando verso di lui.
Acchiappò al volo l’orologio d’oro da taschino,
non ebbe neanche il tempo di guardarlo bene che lei glielo prese di mano
facendo scattare il coperchio. Alla vista delle lancette, come un segnale che
aspettava da tempo, si slanciò verso di lui “Presto,
vieni qui!” e si strinse forte alla veste scura di Sirius, che mentre stava per
caderle nuovamente addosso si sentì risucchiare per l’ombelico un’altra volta. Merlino,
cosa significa tutto questo? Istintivamente Sirius e la strega erano rimasti aggrappati per le vesti, per fortuna, perché
atterrarono in una seconda radura, non più conosciuta della precedente; si
ritrovarono stesi a terra ansanti. Il cielo era scoperto, incorniciato dalle
fronde di querce e platani lussureggianti. Non erano al riparo. Sirius si
sedette e si portò indietro i capelli arricciati dall’umidità, in un gesto di
nervosismo. La sua veste era una passaporta - un’altra-, ne era certo. E lei,
di cui non sapeva nemmeno il nome, l’aveva usata, chissà forse anche
programmata. Chi era quella strega?
Le ferite che tanto lo avevano spaventato poco
prima avevano ripreso a sanguinare ma lei sembrava non curarsene, era
visibilmente preoccupata da altro. Sirius sentì lo stomaco stringersi, la bile
risalire: non era ancora finita.
“Presto,
seguimi”.
Lo aiutò ad
alzarsi – con quale forza, si domandò Sirius- e si diressero verso
un sentiero fra gli alberi che aveva ben poco di rassicurante. La strada si
rivelò essere corta, e Sirius ne fu immensamente grato: in petto gli pulsava
ancora dolorosamente la cicatrice, era debole e stanco per tutti gli
incantesimi che aveva dovuto fare per far rinsavire la
strega.
Lei pareva riacquistare serenità nonostante il
viso pallido. Sirius ebbe modo di studiarla; era di media statura; i capelli marroni erano quasi rossicci, e dopo le varie cadute erano
bellamente arruffati attorno al viso; aveva un viso dalle curve morbide ma era
contratto in una maschera di serietà assoluta. Camminava sicura, ma tenendosi
le braccia, rabbrividendo. Le mani le tremavano debolmente quando cercò nelle
tasche della veste un mazzo di chiavi.
Poi gli chiese indietro la bacchetta, “Devo
rompere i sortilegi di Protezione” si arrampicò su un grosso masso ricoperto di
muschio accanto a loro e sollevò le mani; “Li ho messi io” aggiunse, forse
sperando di confortare Sirius che pareva ancora intontito e profondamente poco
convinto della piega che prendeva la situazione.
Se non altro me lo aspettavo, pensò
malignamente quando sentì le gambe diventare di ricotta per il terremoto; come
un fungo d'autunno, tra gli alberi si sollevava lenta una casupola in pietra,
facendo tremare tutto ciò che li circondava. Si sentì immediatamente al sicuro
là dentro, ma non riusciva a smettere di pensare ai compagni dell’Ordine. Non
ci fu alcun sospiro di sollievo. La rabbia che provava
per Bellatrix Lestrange gli
arse la gola, e parve risalire a tutta la bocca perchè
gli si seccò la lingua; non per quello di cui l'aveva
privato, ma per quello che aveva fatto al piccolo... continuava a rivivere la
maschera di orrore che aveva visto specchiata negli occhi di Harry mentre lui
se ne andava via. Sapeva cosa rappresentava ai suoi occhi, lo sapeva che
finalmente Harry era felice di poter contare su un adulto, l'idea di avere
qualcuno che ti aspetta da qualche parte era parsa rassicurante anche a lui...
tutti motivi che l'avevano spinto a buttarsi tra le braccia del nemico per
salvargli la pelle. La sua vecchia pellaccia inutile. Solo che era stato
ingannato e preso in giro dal Signore Oscuro per
essersi voluto aggrappare a quell'unica persona che era lui: Sirius. Per la
seconda volta nella sua vita, il senso di colpa lo avviluppò
come un serpente, e non riuscì a concentrarsi su nient'altro, nei minuti che
seguirono la chiusura della porta da parte della strega. Lei non gli prestò attenzione per qualche istante, era occupata a
proteggere nuovamente quell'angolo di bosco sicuro.
Sirius Black si lasciò cadere su una poltrona vicino ad
un focolare acceso - era stata lei ad accenderlo, o lo era già da prima? Non ne
aveva idea...- e si portò stancamente una mano sugli
occhi.
“Sirius” Una
timida voce femminile lo appellò alla realtà, che di
realistico non aveva proprio niente in quel momento:
“Posso
offrirti qualcosa, posso fare una zuppa...”
“No grazie,
ora siediti, per favore” lo disse con voce calma, ma il mento tremava
d’impazienza; aspettò che lei fosse seduta per cominciare.
“Io sono
morto, rassicurami. Perdona la mia maleducazione ma ho bisogno di chiarimenti.
È vero, giusto? Perché so di aver ricevuto una Maledizione Senza Perdono. Ne ho
sentito il contraccolpo qui sul petto, quella vipera velenosa… insomma, la mia
assassina, ha puntato al cuore. Mi ha fatto male, dunque sono morto, per forza.
Ma ora dove siamo, nel mondo dei morti? E, se posso
permettermi, tu chi sei, e cosa c’entri con tutto questo… con me?”
Lei parve impallidire, forse per la stanchezza,
ma rispose comunque abbassando la testa.
“Tu non sei morto, Bellatrix
ti ha colpito con un Avada Kedavra,
hai ragione; ma sono riuscita a trascinarti via al momento giusto, e ho deviato
l’incantesimo” alzò lo sguardo per incontrare il suo. La rabbia che incupiva il
viso di Sirius si dissolse un poco, per lasciar spazio all’incredulità:
“Stai
scherzando? Come hai potuto fare una cosa del genere ed essere
ancora viva? In ogni caso, io non…” lei si alzò in piedi a fatica e lentamente
si avvicinò per raggomitolarsi sulla poltrona di velluto di fronte alla sua.
“No, non sto
scherzando, Black. Non ti ricordi di
me, vero?”
Sirius non
se ne accorse ma il cuore di lei cominciò a contrarsi
più rapido che mai. Gli bastò un’occhiata per
rendersene conto. Non si ricordava affatto di lei. In
compenso, l’impressione di averla già vista si accentuò un poco.
“Emilia
Averill, piacere tutto mio a quanto vedo”
“Sirius
Black, ma tu mi conosci già non è così?”.
Le mani le tremarono quando prese a raccontare
la sua storia, mentre le ombre del fuoco danzavano sulle pietre scure dei muri
attorno a loro.
“…Ad Hogwarts,
quando tu, Lupin, Potter e Minus andavate alla stamberga strillante?” Sirius
annuì, deciso a non interrompere per pura impazienza “Sappi che non eravate
sempre soli. Per la mia incolumità, il preside mi aveva reso Irrintracciabile e
Disillusa, ma voleva qualcuno che vi tenesse d’occhio, sai, perché non
succedesse niente nella foresta, perché Lupin non ne combinasse una troppo
grossa… ogni volta, tu e Potter riuscivate a recuperare le briglie della
situazione. Io ero presente. Ero sempre con voi. Vi tenevo
d’occhio, per il professor Silente”.
Averill si perse nei ricordi, mentre lui la
fissava inebetito. Le pupille marroni del mago non
l’abbandonarono un solo istante. Improvvisamente si fecero minacciose; si era
fidato di lei, ma perché? Gli si strinse la gola, non la conosceva, e forse
nessuno dei due era morto come lui credeva. Aveva abbassato fin troppo la
guardia perché le era sembrata debole. Tienilo a mente, Sirius, questa donna
ti ha portato via dal tuo mondo; ti ha salvato la vita, ma non ti conosce
nemmeno, potrebbe anche averti preso in custodia per consegnarti a… solo il
pensiero della prigione in cui aveva passato quasi metà della sua vita gli fece rizzare capelli sulla nuca. Scosse la testa
con forza, non voleva fidarsi. Non doveva. Non poteva.
“A parte il fatto che non ce ne eravamo
mai accorti, io men che meno” ringhiò Sirius “come mai ti sei nascosta per
vent’anni? E per quale motivo sei saltata fuori adesso?!”
Non si lasciò impietosire dall’aria fragile che aveva preso in seguito alla
durezza delle sue parole. O forse non era per le sue parole? In entrambi i
casi, non era rilevante in quel momento, lui aveva bisogno di sapere.
“Silente non
voleva che si sapesse. Poi durante la guerra hanno fatto fuori la mia famiglia
per motivi che non sto a spiegarti. Tornata a casa, non c’era nessuno. A parte il gatto di casa, voglio
dire. Niente e nessuno che mi aspettasse, non avevo
più niente. Nemmeno un futuro, per quel che ne sapevo…” La voce si incrinò “Avevo perso tutto quanto”.
E fu in quel
momento che ricordò perché le era familiare. Gli
balenò in mente una ragazza carina che rideva con gli amici e faceva svolazzare
i libri sopra la sua testa, sdraiata su una panca nel parco di Hogwarts. Ma c’entrava davvero qualcosa con la strega che aveva
davanti in quel momento?
“Ora mi
ricordo di te… Prefetto Averill, Corvonero; la P non te la toglievi mai di
dosso, non è cosi?! Eri al 5° anno quando ero
all’ultimo. Dio, eccome se mi ricordo… James ti odiava, non so più quanti punti
gli avevi tolto per qualche stupidata… Come hai fatto a dare tanto nell’occhio
a Silente?” le scoccò un’occhiata antipatica che lei liquidò scuotendo la
testa.
Osservandola
meglio, si rese conto di conoscere la lei in miniatura e divisa scolastica, con
tanto di cappello di feltro e capelli spettinati. Toccò a lui perdersi nei
ricordi che, malamente e dolorosamente, aveva custodito da qualche parte.
“Non ho
avuto bisogno di dargli nell’occhio” disse con aria saccente, leggermente
innervosita “avevo dei buoni voti e mi comportavo bene, e Silente ha deciso che
fra i prefetti ero quella che meglio conveniva alla situazione; è stato
puramente casuale. Quello che è successo dopo, però, di meno”.
Mentre parlava si alzò e mormorò un Appello, e
un barattolo in vetro contenente essenza di Dittamo le volò addosso; si scansò
all’ultimo e con la punta delle dita lo afferrò. Déjà vu.
“Ed eri anche la cercatrice di Corvonero,
ora che ci penso” disse Sirius, più a se stesso che non a lei.
“Precisamente:
ci vedevamo spesso, e probabilmente mi hai anche indirizzato qualche parolaccia
durante le partite; ma non siamo mai stati amici, vero Sirius-quanto-sono-brillante-Black?”.
Stringeva le mani bluastre con forza, gli occhi
mandavano lampi, un attimo dopo si rivoltarono e perse
conoscenza. Avrebbe potuto accorgersene prima, del
tremolio dei suoi gesti, dell'indecisione nei suoi passi. Invece non l'aveva
fatto. Così, all'improvviso, il barattolo esplose a terra e il corpo di Averill
si accasciò nella poltrona, inerme. Era tutto macchiato di sangue attorno a
lei: la poltrona, perfino il pavimento. Sirius sentì ghiacciarsi il sangue
nelle vene. Le prese la bacchetta di mano;
“Reparo!”
esclamò, per poi accorgersi che il Dittamo non sarebbe mai stato sufficiente ad
arginare quelle ferite, tantomeno i suoi deboli incantesimi di Guarigione.
Cercò nervosamente una libreria per trovare un
libro di pozioni, anche di incantesimi, qualsiasi
cosa. Quella strega sapeva troppe cose che gli interessavano, e senza
giustificazione lo aveva sottratto alla morte, e, allo stesso tempo, ad Harry. Doveva capire. Aveva un disperato bisogno di
guarirla. Oltretutto, ora che l’aveva riconosciuta, un pizzico al cuore gli
diede l’ultima spinta di cui aveva bisogno per
decidersi.
Sirius aprì una porta scura e pesante che cigolò
rumorosamente, e i suoi passi echeggianti in quell’abitacolo raggiunsero una
scrivania. Era piena di libri e appunti, ma gli saltò
agli occhi la pagina tutta scribacchiata di un libro, che parlava vagamente di
incantesimi di Protezione; si accorse di una miniatura in bianco e nero, una
donna sembrava morta a terra e si dissanguava da ogni dove, era incredibilmente
ricoperta di tagli. Accigliato, ordinò alle candele della stanza di accendersi
e si sedette a leggere, mentre le mani gli tremavano per l’eccitazione. Perché
invece di morire si ritrovava in una situazione del
genere? Non aveva avuto un attimo di riposo! E adesso quella ragazza stava
perdendo tanto di quel sangue che si chiedeva come potesse essere ancora viva!
Una voce maligna si fece strada nella sua mente,
mettendolo faccia a faccia con la realtà dei fatti. Una voce che Sirius odiava
più di sua madre, più di Mocciosus, più di Minus… il
suo vero io, la sua vera essenza: andiamo
Sirius, non era quello che desideravi? Palpitazioni, azione, battaglia e
melodramma? Su, fatti sotto, e dimostrami di essere all’altezza della
situazione… o forse era meglio restarsene buoni buoni, quatti quatti a Grimmauld Place insieme a quel
sudicione di Elfo Domestico? Scosse la testa arrabbiato
e si focalizzò sull’immagine che aveva visto poco prima. Non ci
riuscì. Ingoiò la bile e sbatté le palpebre più volte. Un bambino,
presumibilmente figlio di quella donna morente, era vivo e vegeto, e l’intuito gli indicò che forse era lui la vittima
prestabilita. Magia antica. Dall’altra parte della scena, l’aggressore
scagliava un dardo luminoso con la sua bacchetta. Magia nera.
Non gli venne immediatamente in mente quello che
gli sarebbe stato chiaro come il sole in un momento più tranquillo, ossia che
la scena ricalcava, più o meno precisamente, la notte
in cui il suo migliore amico e la moglie erano venuti a mancare. Riprese la
lettura.
"Se si vuole proteggere una
persona ad ogni costo, non si deve temere la morte… al momento opportuno, esser
presenti… consumata la pozione Protettiva da poco, come tutti i giorni prima
del predestinato… basterà interporsi, fra la persona da Proteggere e la nemica
Morte… nessuna garanzia di sopravvivenza… ma l’altro sarà salvo".
Gli scarabocchi attorno al paragrafo che stava
leggendo, a giudicare dalla calligrafia femminile, dovevano appartenere ad
Averill, e riguardavano quella pozione sopracitata.
Incorniciavano la pagina degli ingredienti, più in basso, e la ricetta era
interamente rivisitata. Questo significava che se anche avesse trovato la
soluzione al dissanguamento nel libro non ci sarebbe
stata nessuna certezza che avrebbe funzionato. Maledetta ragazza, cosa
le era venuto in mente?!
*°*
Un fumo verdognolo uscì dal calderone, segno che
la pozione era pronta. Si sporse e un odoraccio di erbe di campo, zuppa di
cavolo e asparagi gli pizzicò il naso. La pozione
Arginante era molto complicata, senza contare quante volte avesse dovuto
rileggere le modifiche della strega – accidenti, non ci capiva niente!-
nel timore di sbagliare tutto e ritrovarsi solo con i suoi dubbi. Con gesti
rapidi della bacchetta ottenne delle strisce di
tessuto da un lenzuolo e fece levitare il tutto verso il salotto. Averill era
ancora sdraiata mollemente sulla poltrona, sembrava aver ripreso conoscenza ma
era debole, non aprì nemmeno gli occhi. Sirius trasfigurò la poltrona in un
divanetto, un po’ rigido ma perfettamente adatto alla situazione. I segni che
si affrettò a guardare sulla carne pallida della giovane erano visibilmente
stati fatti da numerose mani. Senza rifletterci più di tanto la mise più comoda e stregò le bende perché s’imbibissero nel
calderone e poi s’insinuassero attorno alle ferite. Lavò rapidamente tutto il
sangue rappreso che aveva sui vestiti e attorno a lei, poi tornò di corsa al
libro aperto.
Rilesse la frase più volte, e poi prese a
camminare su e giù per la stanza.
“Inutilizzabile la pozione Rimpolpa
Sangue, si può forse attenuare il dolore e accelerare la guarigione tentando
una Soporifera, magari dormendo lei…”
Averill si svegliò e prese a respirare più a
fondo. Non riusciva a vedere chiaro, ma poco importava, era al sicuro. Sentì un
odore familiare provenire dal calderone nel camino.
“Pozione Soporifera?
Sei sicuro che sia una buona idea?” mugolò, senza aprire gli occhi.
“Senti, sei molto fortunata
ad essere in questo stato adesso, perché se no ti avrei già appesa al muro e
tartassata di domande!” Sirius non prese quasi fiato, e continuò imperterrito a
sbraitare e gesticolare senza riuscire a stare seduto “Cosa ti è saltato in
mente di fare quell’incantesimo? Non mi conosci neanche. Non sai chi sono, cosa
ho fatto negli ultimi anni. Per quello che sai, anzi, sono un assassino e un
fuorilegge ricercato! Nessuno sa chi sono io, che fine ho fatto. Cosa mi sia
successo veramente, dubito che tu ne sappia qualcosa. E adesso tu mi vieni a
dire... No, mi dispiace. Tu sei fuori
di testa. Anzi, fammi indovinare, è quel pazzo rimbambito di Silente che
ti ha obbligato a farla, vero? Si, dev’essere cosi…
Per la barba di Merlino… Accidenti!!” sembrava davvero impazzito, tanto che
Averill lo squadrò come avrebbe fatto con un Troll che cerca di esprimersi in
inglese corrente. Sirius sembrò rendersi conto della sfuriata contro di lei,
arrossì e si sedette di fronte con aggressività.
“Non è vero…
Silente, non è vero che mi ha obbligata. Mi ha solo
messo tra le mani tutte le informazioni necessarie ed io ho fatto quello che
ritenevo giusto fare. Non parlare male di lui, non con
me. Lui mi ha salvato la vita, e comunque mi ha detto
la verità su di te”. Sirius rimase di nuovo interdetto. Sembrava che ci fossero
dettagli di cui lui non solo non sapeva niente, ma che oltretutto non avrebbe
nemmeno potuto immaginare. Ormai era deciso a non perdersi una parola di
succosa verità.
“Sei sicura
di riuscire a parlare in questo stato? Non ti sembra il caso di parlarne
domani, o quantomeno quando ti sarai riposata? Senza offesa, ma sei
terribilmente macabra” Si agitò, come impacciato, sul velluto scuro.
“Probabilmente
non è una cattiva idea” assentì lei, e si rilassò immediatamente.
Rimase a guardarla sopita per qualche istante,
mentre i pochi e brevi istanti in cui l'aveva vista a
scuola si sovrapponevano al corpo sdraiato di fronte ai suoi occhi. Nonostante
l'inquietudine si addormentò come un bambino, con la mente brulicante di
ricordi che credeva ormai persi.
*°*
Harry
gridò il suo nome, più volte, e l’ultima gli sembrò
insopportabile. L’eccitazione folle negli occhi di Lestrange
raggiunse il suo culmine nel momento in cui, interdetto, rimase a mezz’aria e
gli cadde di mano la bacchetta. Il lampo verde lo raggiunse e l’avviluppò.
Tutto rallentò improvvisamente e i rumori si attenuarono. Sentiva il petto
dilaniarsi, e tutto quello che voleva, era vedere, toccare Harry per l’ultima
volta. Sperò che Remus non l’avesse visto, così vulnerabile e così molliccio,
sospeso nel nulla. Invece nessuno se n’era accorto, tranne il ragazzo e la sua
assassina. Non era morto, non ancora. E lì si accorse delle mani che cingendo i
suoi fianchi l’avevano afferrato e portato via. Mani invisibili ma decise.
Questa volta se ne accorse in tempo, e allungò disperatamente le braccia verso
Harry, “HARRY SONO QUI, SONO VIVO. ASPETTAMI HARRY” gridò, ma non sentì la
propria voce, mentre un’altra gli s’insinuò fra i pensieri, più subdola,
dolorosa “Tu non lo rivedrai. Te ne sei andato, e l’hai lasciato da solo,
indifeso. Non sei stato capace di proteggervi, i tuoi riflessi ti hanno
tradito… Forse era meglio se…”
“NO” gridò
Sirius, e si svegliò ansimante dalla poltrona nella quale si era addormentato.
La cicatrice in mezzo al petto era ancora calda
e sentì gli occhi inumiditi. Corrucciato, volse lo sguardo su tutta la stanza,
nulla era cambiato. Il caminetto cullava un fuoco sempre più docile, sul
tavolino c’era il calderone pesante con la pozione Soporifera, una boccetta con
l’Arginante, e accanto, sul divanetto, Averill che dormiva beatamente sul
fianco. Con calma, si disse. Si stropicciò il viso e portò una mano alla
cicatrice; quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito il
cuore pulsare così rapido e forte? Si massaggiò il petto come per calmarlo e
s’incamminò di nuovo verso la stanza del libro. In uno strano stato d’inerzia,
cominciò a guardarsi attorno. L’arredamento era povero, ma lui cercava dettagli
più importanti. Qualche indizio, di lei, di lui o di Silente.
Perché chi altri c’entrava in quella storia, dopotutto?
Sul muro, sbiadito, c’era uno stendardo di
Corvonero. Una finestra aperta gli fece pensare che c’era un gufo in quella
casa. Nonostante tutto, la realtà stonava con l’idea che si era fatto di essa,
ossia che non era più completamente vivo. Eppure soffriva, provava rabbia,
dolore, imbarazzo e vergogna. Dalla battaglia alla morte alla
casa nel bosco. Scosse la testa, angosciato. Non riusciva a capacitarsi
di essere ancora vivo. Forse doveva ringraziarla? Aveva deciso che
l’avrebbe ringraziata al momento opportuno, quando avesse avuto un quadro più
esaustivo della situazione. Inutile affrettarsi. O forse sì, dato
che non sapeva nemmeno quanto sarebbe riuscito a tenerla in vita? La
testa gli scoppiava per le troppe domande, ma si rese conto di quanto macinasse
rapidamente gli avvenimenti. Si sentì inaspettatamente lucido. Da quanto tempo
aveva messo in letargo il cervello? Se lo figurò
materialmente in un ammasso rattrappito, e gli venne in mente quella volta che
James aveva nascosto un piatto di lasagne sotto al letto ad Hogwarts, e
l’avevano ritrovato due settimane dopo. “Flora et fauna”, o almeno così l’avevano battezzato ridacchiando.
Sbatacchiò la testa nella speranza di riportare l’attenzione al presente. Uscì
dalla stanza ed entrò, una dopo l’altra, in tutte le altre, che non erano poi così numerose a dirla tutta. Il corridoio era
corto e stretto e buio, lui lo attraversò con due
falcate e raggiunse la prima stanza, che richiuse poco dopo: era il bagno. La
seconda era la cucina, da cui aveva già preso tutti gli ingredienti per le
pozioni. Non vi trovò nulla, a parte una pentola in
rame contenente una zuppa fredda. Lo stomaco gorgogliò all’odore invitante di
cipolla. Determinato a non lasciarsi distrarre decise di mettere a scaldare la
zuppa sul fuoco, nel frattempo si affrettò ad
esplorare un piccolo ripostiglio, l’ultima porta della casa che non aveva
ancora aperto. Dovette convincere le candele a seguirlo perché nel corridoio
non si vedeva niente, nemmeno le maniglie delle porte che rimandavano solo un
fioco bagliore di luce riflessa. Nessuna finestra: dopotutto sembrava più un
rifugio anti-attacco che una confortevole dimora, un po' come lo era per lui Grimmauld Place numero dodici.
Con la bacchetta ancora in mano, spalancò la porta e un’istante
dopo si ritrovò addosso Averill, più sanguinante che mai; lei lo strinse a se
così forte da fargli male, e le bende si spostarono, scoprendo numerose
incisioni ricolme di sangue. Sentì i brividi impadronirsi delle braccia e
percorrere i fianchi, e sì che ne aveva viste delle belle in vita sua. Cercò di
scrollarsela di dosso, ringhiò, gridò, e si dimenò ma lei rispose con un
sussurro poco umano, serrando la morsa sempre più forte: “Sei un uomo morto,
Sirius. È finita la vita felice che ti era stata concessa nella casa dei tuoi
genitori… Ti ho portato qui e non te ne andrai più… Lo senti il sangue che ti
bagna?" Sentì i vestiti inzupparsi e la pelle umida contro il petto di lei. Era intrappolato dalla sua presa, mai avrebbe
pensato che fosse così forte:
"È il sangue di quelli che sono morti
ieri, mentre ti portavo via” Sirius sentì le forze venire meno…
“…il sangue di Harry” …smise di dimenarsi…
“Ora basta, Accio… Riddikulus”
La vera Emilia Averill comparve alle sue spalle,
e Averill-la-macilenta scoppiò in una massa polverosa e scura, dopo essersi
interamente mummificata senza più riuscire a muovere
un muscolo. Le macchie di sangue sui vestiti di Sirius scomparvero, e la strega
richiuse la porta. Fece comparire un grosso lucchetto munito di catenacci, poi
gli diede un’occhiata in tralice:
“Sei un’idiota, Black”. Sospirò. “Perché
frughi nelle mie cose?”
Sirius aveva ancora lo sguardo fisso, era
arrabbiato con se stesso, e non riuscì a fare altro che vergognarsi
mostruosamente. Quando finalmente si decise a
sollevare lo sguardo, trovò subito quello della strega, che sembrava vagamente
conciliante e stanco assieme. Lei esitò, poi gli prese una mano fra le sue,
come a voler chiudere ogni conflitto.
“Hai intenzione di occuparti della zuppa o
devo farlo io? Se è la seconda, potrei davvero trasformarmi nel tuo peggiore
incubo…” ironizzò “Dai, vieni con me. Non ho intenzione di parlare di niente a meno che non vorrai farlo tu”.
Sirius non disse niente; sciolse la morbida
stretta di mano e la ringraziò seguendola nel salotto. Si occupò lui della cena
senza parlare più del necessario; la casetta acquistò calore e profumo di
cipolla, alleviando quel poco che le era possibile l’angoscia di entrambi. Dopo
aver sorseggiato la zuppa, sempre in silenzio, si sentì meglio.
Aveva una fame terribile. Ogni tanto alzava lo sguardo verso la strega, ma la
trovava concentrata sul piatto. Era terribilmente lenta,
insopportabilmente debole. Con un piccolo sbuffo, prese la bacchetta da
accanto alla mano di lei, e con un bisbiglio
trasfigurò il suo cucchiaio in una cannuccia d’argento con tanto di ghirigori
in filigrana. Si sentì inspiegabilmente meglio
vedendole in faccia l’ombra di un sorriso. D’un tratto
il macigno della stanchezza gravò sugli arti; lo stomaco era piccolo per
l'ansia, si era riempito più rapido del solito. Non desiderava altro che
sdraiarsi e dormire.
“Grazie,
Averill. È ora di rifare le bende. Se non ti spiace,
rimettiti sul divano”.
La strega era pallida e sembrava sempre un po’
incerta sui suoi passi, ma fece quello che le era stato detto. Non si sentiva affatto meglio, e l’idea di sdraiarsi parve
rinfrancarla; fare quell’incantesimo contro il molliccio l’aveva prosciugata in
tutti i sensi del termine. Avrebbe voluto rassicurare Sirius, parlargli, ma
faticava a tenere gli occhi aperti, e così non smise di guardarlo negli occhi
mentre si occupava di lei. Lui cambiò interamente le bende, le strinse e le
annodò a mano, rapidamente e – lei notò il tremore che lui mascherava
malamente a livello delle mani- le porse un bicchierone di pozione Soporifera.
Non ebbe il tempo di ringraziarlo, si addormentò all’istante. E Sirius,
riportati i resti di zuppa in cucina e diminuito il vigore del fuoco, la imitò.
*°*
Averill si agitava nel sonno, stringeva le mani
e le rilassava; era avvolta su se stessa, in posizione fetale. Nel mondo dei
sogni non si sentiva protetta. I ricordi riapparvero, indistinti, in un
susseguirsi di momenti vissuti, lieti e dolenti, familiari e presunti
annullati. A tutti stava negando, anima e corpo, l’accesso al suo cuore; ma il
muro era indebolito, e loro fecero breccia dove poterono…
Il
più recente: "La copertina di quel libro era
impolverata, ma una coraggiosa Emilia Averill non si era lasciata intimidire…
odore di pergamena, di candele bruciate… il libro si chiuse di scatto, la sua
mano spolverò la copertina mentre un’impercettibile tremolìo
l’attraversava. In conoscenza di causa, non poteva che agire. Nonostante il pericolo, nonostante l’infausta certezza che non
sarebbe mai potuta tornare indietro…".
"Ed ecco una piccola Averill, aveva quindici anni, si era appena
punzecchiata i polpastrelli, ma -Merlino- se era fiera
di quella spilla da Prefetto sulla veste! Quella mattina le scale non furono
capricciose… il succo di zucca l’aveva trangugiato, era già in divisa da
Quidditch… Corvonero – Grifondoro. Dovevano vincere! Quelli
erano solo dei palloni gonfiati".
"La sera stessa, quasi non sentiva i suoi passi… galleggiò orgogliosa
verso l’ufficio del professore di Trasfigurazione, sicuramente voleva
complimentarsi per la partita… aveva rubato il boccino sotto al
naso di Potter! Quell’allocco non la smetteva di
distrarsi guardando la tribuna in cerca di qualcuno… Delusione, curiosità…
Silente le aveva confidato un grande segreto, e lei doveva assolutamente tenere
chiusa la bocca…a Ma davvero, Lupin era…?".
Un
altro ricordo : "Era appollaiata su una
grossa cassapanca, protetta da un incantesimo di Disillusione –e uno
Deodorizzante, non si sa mai, con Lupin!- e osservava il quartetto fare a pezzi
il vecchio salotto ammuffito di quella casa abbandonata… Potter si divertiva a
scagliare incantesimi a raffica cercando di raggiungere l’esile Minus in forma
topesca; Lupin se ne stava in un angolo, leggeva un libro… ma lo sguardo era
inquieto e spesso rivolto alla luce chiara proveniente dalla finestra… e poi
c’era Black, quel randagio indisponente, che scodinzolava allegramente rivolto
agli amici… l’orologio d’oro che Silente le aveva prestato segnava che era in
arrivo il momento critico… Nessun libro avrebbe potuto prepararla a quello a
cui avrebbe assistito. La mattina seguente aveva ancora brividi e batticuori di
puro terrore… Ricordava solo guaiti, urla, risate demoniache e corse a
perdifiato… Il buio della foresta Proibita… e poi anche dolore e compassione. Povero Lupin".
"…Potter
scagliava incantesimi ma nessuno raggiungeva il ragazzo di Serpeverde… era
diventato bravo a pararli… Incredula, si sentì serrare la gola di rabbia quando
un fiotto di scintille finì per colpirlo alla spalla… Stava per intervenire, ma
ecco Black che, nel volersi interporre, si era preso in faccia la risposta del
giovane Severus Piton ed
era finito disteso a terra. Lo vide rialzarsi con un balzo feroce, il naso in
sangue e i capelli scarmigliati, per contrattaccare, ma lei lo precedette. Si interpose con un incantesimo che pochi in quella scuola
conoscevano così presto e sapevano usare senza commettere errori. Decisamente quei ragazzi ne conoscevano nome e cognome, perchè lo bloccarono subito. L'esplosione attirò
l'attenzione dei passanti, ma la cerchia si dissolse presto all'arrivo del corpo insegnanti. Si concluse
tutto con una gita nelle cucine, dove << c’era un discreto bisogno di
aiuto per grattare via il grasso dalle pentole >> Era soddisfatta di sé…
Li aveva protetti tutti… Quella sera, Silente le aveva sorriso
raggiante…".
"Ed
eccola in quella casa, seduta alla scrivania… i vapori densi di pozioni diverse
e complicate erano mescolati in una disarmonia di odori… si,
quel sentimento era paura… aleggiava nell’aria, nascosta tra gli effluvi. Cosa avrebbe detto Silente, se avesse saputo della sua
decisione? Ma non poteva parlarne con nessuno, di quello che
aveva visto…". Si svegliò di soprassalto, tutto era buio e Sirius
dormiva. Era li, di fronte a lei. Ed era vivo. Scostò le piccole perle di
sudore dalla fronte cercando di riprendere fiato. Si sdraiò e cercò una
posizione più comoda, poi cadde nuovamente in un sonno tormentato.
"Si
rivide durante gli esami dei M.A.G.O. Era seduta in
mezzo alla sala, concentrata al massimo nell’ottenere quello che tutti si
aspettavano da lei.".
"Il profumo degli alberi in fiore l’accompagnava
mentre rileggeva distrattamente le lettere dei suoi genitori; qualche centinaio
di alberi più in là, Codaliscia, Lunastorta,
Felpato e Ramoso confabulavano a bassa voce, ma lei aveva fatto un incantesimo
di Amplificazione Sonora Irriconoscibile… sentì distintamente le voci dei
quattro ragazzi che parlavano del nome da dare ad una mappa… erano settimane
che ne parlavano… lei stessa, di nascosto e per la noia, aveva sibilato qualche
suggerimento alle loro orecchie il giorno prima… non se n’era accorto nessuno…
suo malgrado, sentì la propria bocca dischiudersi in un sorriso, poi sbuffò… ma
perché “del Malandrino”? Che razza di nome…".
"Era
cresciuta, si sentiva diversa. Ora quando accompagnava segretamente i quattro
furfanti nelle loro corse folli, il cuore le batteva all’impazzata… le sembrava
quasi di divertirsi insieme a loro... li seguiva in sella ad
un thestral che lei stessa non poteva vedere… il
petto era gonfio di orgoglio, si sentiva coraggiosa… ora controllava dall’alto,
ora se ne stava tra gli alberi, nascosta nelle anfrattuosità della foresta
Proibita". "…Potter e Black incastravano una mostruosa creatura al
suolo, cercando di impedirle ogni movimento… all’ultimo spasimo della figura
grottesca e disumana, loro si trasformavano rapidamente in cervo e cane,
scappando come ladri, e i latrati del cane assomigliavano spaventosamente ad una grassa risata incontrollabile...".
Infine, eccolo… quello che non avrebbe mai dovuto far breccia nel muro… il
ricordo da non ricordare. "Si era avvicinata molto…
Lupin avrebbe potuto girarsi da un momento all’altro… ma a lei non importava,
si sentiva al sicuro… dopotutto, quante volte li aveva visti fuggire a gambe
levate e cavarsela col sorriso? Tra l’altro, era
Irrintracciabile…".
Tutto
successe di nuovo nella sua mente, rapidamente, inaspettatamente: "Lupin
era trasformato, gli amici non troppo lontani lo tenevano d’occhio e lo
incitavano a seguirli… lei era scesa dal thestral per
seguirli… un ramo scricchiolò sotto alla scarpa e in
un attimo sentì le Protezioni svanire per la paura. Lupin l’aveva sentita. Ecco
che l’aveva anche vista. Sentì di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma non
ebbe il tempo di aprire la bocca che lesse l’intenzione del lupo mannaro nei
suoi occhi. Stava per attaccarla. Paralizzata attese che sferrasse il suo
attacco, ma ecco che mentre Lupin era a mezz’aria si era ritrovato addosso il grosso cane nero. Sirius scodinzolava ed era
arrivato per puro caso nel momento giusto. I due ricominciarono gli
inseguimenti, latrando e ululando, uno ignaro, l’altro fortunatamente
distratto… Emilia si sentì scossa abbastanza da abbandonare la posizione di
paralisi… le ginocchia cedettero… tutto divenne nero…".
"Odore
familiare di infermeria… La voce di Silente sussurrava
garbatamente… “non è successo niente, mia cara… perdonami, non ti esporrò mai
più ad un rischio simile… me ne occuperò io… ora riposati” Era delusa, triste,
sconsolata…".
"Settimane
dopo… la tracolla era pesante e zeppa di libri, stava cercando di chiuderla
dopo aver tirato fuori la lettera… voleva ringraziarlo, fargli sapere che aveva
fatto qualcosa che l’aveva salvata… Aveva anche
scritto un piccolo, pulsante post scriptum a pié di
pagina che le era costato tutto il suo orgoglio. Ecco Sirius… era di fretta,
senza i suoi amici… I capelli scuri erano stranamente annodati in alto rispetto
alla nuca, i lineamenti puri e virili di quel viso bambino, e il cuore le tappò l'apertura della gola. Annodate erano anche
le corde vocali. Deglutì come per ingoiare un sasso. Veniva verso di lei, con la sua solita aria assente. Non guardava in
faccia nessuno, i sorrisi li riservava agli amici. E
lei sentì, come una scossa elettrica, il tocco della sua mano sulla spalla.
L’aveva scansata gentilmente per continuare la sua strada… Ripose la lettera e
tornò in sala comune. Era avvampata per la vergogna…"
Qualcuno
dice che il tempo cancella tutto tranne le emozioni, e che solo le emozioni diventano ricordi.
Lei tenne il segreto per sé sigillato dietro le
labbra, con una punta di amaro in bocca.
*°*
“Era diluita
la tua pozione Soporifera, vero?”
Lo guardò con
astio, come se fosse colpa sua. Come avrebbe potuto saperlo Sirius, che lei avrebbe avuto incubi tutta la notte? Lui replicò, con tono
abbastanza neutro, scrollando deliberatamente le spalle.
“Scusami,
non ce n’era più abbastanza. Pensavo che sarebbe bastata, sai, poi aggiungici
l’effetto placebo… perché, non hai dormito?”
Se ti può
confortare nemmeno io, cara, commentò mentalmente, acido come un pompelmo.
La strega volse lo sguardo altrove, torva, e si grattò distrattamente sotto ad una benda. Il sangue riprese a stillare ostinato e lei
cercò nuovamente lo sguardo del mago. Sirius aprì le braccia con fare
esasperato.
“Cosa diavolo ti è venuto in mente di grattarti?! Ero finalmente riuscito a calmare la cosa!” imprecò in
lungo e in largo mentre raschiava il fondo di pozione Arginante.
“…dovevo
rifarla comunque” Sentì la propria voce diminuire in volume involontariamente,
dopo aver visto la faccia atterrita della strega
“adesso stai ferma” le disse, burbero “guai a te se ti muovi!” aggiunse, e
prese in mano la bacchetta.
Aggiunse una buona dose di Dittamo, ma era come
mettere un mucchio di marmellata gelatinosa su una fetta di pane, se ne stava
lì immobile e non faceva il suo effetto. Le bende si mossero magicamente e si
strinsero un po’ più forte di prima attorno alla ferita che si era riaperta
poco prima. Decise che per il momento poteva bastare, ma sentì nuovamente l’inquietudine
invadergli la mente. Averill, dal canto suo, tremava impercettibilmente;
sentiva le proprie ore contate. Sirius parve notare il fermento dietro il verde
dei suoi occhi, e s’immobilizzò.
“Sirius…”
“Tu hai un sacco di cose da dirmi” lo disse scandendo ogni parola, mentre sentiva il sangue in
corpo pulsare più rapido “credo che sia venuto il momento di parlarne, cosa ne
pensi?”
“da dove
devo cominciare?” mormorò lei, guardando un punto impreciso nei resti del fuoco
della sera prima; lui lo riaccese con un gesto
stizzito della bacchetta.
“Dall’inizio,
Averill”.
Il fuoco scoppiettava allegro e stonava
terribilmente con l’aria che tirava quella mattina. Sirius era in attesa delle
sue risposte, e lei doveva dargliele. Nel vero senso del termine, s’intende.
Non riuscì ad avviare il discorso, perché anche risalendo il fiume dei ricordi
non le era mai stato chiaro dove tutto avesse preso inizio. Lo sguardo
interrogativo di Black non la mollava un secondo, e di certo non l’aiutava a concentrarsi. Averill sembrava un gatto
impaurito bloccato in un angolo senza vie di scampo.
“E va bene,
facciamo così” disse l’uomo, spazientito “cominciamo dal mio mantello. Come
diamine è possibile che sia diventato una passaporta e per quale motivo?”
La risposta le salì rapidamente dallo stomaco
– dove si trovava il suo morale appena un attimo prima- alle labbra;
quella era una domanda a cui poteva rispondere
facilmente.
“Avevo paura di spaccarmi con la
materializzazione congiunta” O di spaccare te.
“Mi era giunta voce che fossi un'auror; era una voce falsa?”
“Lo sono
– anzi ero" non perse tempo a dargli spiegazioni che sicuramente le
avrebbero fatto più male che a lui del bene "Un auror
capace di portarsi da un posto all’altro anche senza dover per forza ricorrere
alla materializzazione. Per l’amor del cielo, Sirius! Era ieri, e ti sei già
dimenticato in che stato eravamo? No, avevo troppa paura. Forse in un’occasione
tranquilla avrei potuto farlo, ma non ieri”
“Ok. Molto
bene. Come hai fatto a sapere dov’ero e cosa stavo facendo?”
“Non hai una
domanda di riserva?”
“E tu ce l’hai una giustificazione valida per questa assurda
faccenda?” ringhiò lui.
“Sirius, per
favore!”
“Allora
spiegami come hai fatto a portarmi via… in quel momento” rimbeccò, deciso a
ottenere qualcosa a tutti i costi.
L’avrebbe
spremuta come un limone. Non passava un’ora che lui non rivivesse quel momento,
e non solo si lambiccava senza risultati, ma l’angoscia di non sapere come stavano i suoi amici gli attanagliava dolorosamente l’addome
e rendeva ogni bisogno una necessità assoluta.
“Ero entrata
con i mangiamorte, ma non mi hanno vista.
Allora sono rimasta in un angolo, e ho aspettato. Poi quell’insulsa strega ha fatto
quella cosa, e ti ho preso al volo e portato via, dentro l’Arco. Eravamo in una
specie di limbo. Te la ricordi, la nebbia, vero? Poi
ti sei svegliato e abbiamo preso di nuovo la passaporta” non la smetteva di
arrotolare un filo che si sfibrava da una benda, cosa che infastidì Sirius
oltre ogni misura “ed eccoci qui”.
“Mi stai dicendo che sapevi che Harry sarebbe andato al
Ministero per cercarmi? Che era tutta una finta solo per attirarci lì e
recuperare quella maledetta profezia?! Tu lo sapevi?” Era di nuovo in piedi, camminava per tutta la
stanza cercando di non aggredirla. C’era ancora molto da scoprire, dannazione.
“Non
proprio. Io non sapevo tutti i dettagli. Sapevo solo che tu
saresti morto a quest’ora se qualcuno non avesse fatto qualcosa”.
Black continuò a camminare, ma l’andatura era
inequivocabilmente passata dal galoppo al trotto. Ancora qualche sforzo
Averill… si incoraggiò la strega, appena prima di
piombare per l’ennesima volta nell’inconscio. Accidenti, Sirius. Impara a
controllare le tue emozioni.
“Cosa è successo
questa volta?” disse più a se stesso che ad Averill, la quale era sdraiata con
gli occhi chiusi e respirava debolmente. Le prese il polso, e la scoprì madida
di sudore e spaventosamente fredda. Emilia riaprì gli occhi, ma parve confusa.
“Dove
siamo?” biascicò lei, poi inaspettatamente sorrise. “Sei tu Sirius?”
Crollò di nuovo sul cuscino e si accorse che lui
le teneva il polso stretto in mano. Lo sentì aumentare
di portata ogni secondo di più. Di fronte a lei, l’uomo era visibilmente in
preda ad un grosso dilemma interiore. Si, ce l’hai con
lei perché tiene in pugno la situazione e la tua vita, è vero. Però ti sentirai
meglio quando saprai tutto e potrai trovare il modo di tornare dai tuoi. Magari
ti insegnerà addirittura il modo per sapere
preventivamente se qualcuno che conosci è in pericolo di morte! Qualcosa di
meno rischioso dell’orrendo “dono” di Harry. Chissà, forse anche lei ha accesso
alla mente di qualcuno del campo opposto. O forse no? Guarda in che stato è
adesso… che ne sarà di lei? Sirius si passò una mano sulla faccia con forza,
come per lavar via le tracce del bizzarro monologo che aveva appena avuto con
se stesso. Si sentì in colpa per essersela presa con lei, in quel momento gli sembrò più indifesa che mai. Senza guardarla negli occhi
le disse:
“Facciamo
così, adesso con molta calma e senza preoccuparti di niente mi spieghi un po'
di cose. Ho bisogno di sapere, capiscimi. Io resto qui, se vuoi
mi siedo vicino a te” aggiunse, perché sembrava riluttante nel vedere che si
stava alzando “che ne dici? Allora, cominciamo. Come mai correre un rischio
così grosso per una persona che non conta niente per te? Devi capirmi.
Per me potresti benissimo essere una spia del Ministero.
Che ne so io. Dunque, cosa mi dici adesso?”
“Che non
avresti potuto scegliere domanda peggiore, Black” ansimò la strega di rimando,
poi continuò “non ti aspettare una risposta illuminante…” lo
guardò, fugace, negli occhi.
Si morse la lingua, non aveva fatto altro che
strafalcioni e passi falsi per tutta la vita. Ecco l'ennesima prova. Lui la
fissò insistentemente, e lei dovette voltarsi. Provò caldo, freddo, brividi
ovunque, e un'inconfondibile voglia di vomitare l'anima.
“Settimane fa stavo pedinando Lestrange, l’ho seguita fin dove ti ho trovato ieri… e ho
sentito una profezia. Naturalmente riguardava lei, ma io speravo che riguardasse qualcosa di più interessante, se capisci cosa
intendo… Invece no. In compenso, un certo numero di cose, dopo la profezia, mi hanno fatto intuire che qualcuno sarebbe morto quel giorno
preciso a quell’ora precisa, a meno che non succedesse qualcosa”.
Sirius fece finta di niente nonostante lei
avesse visibilmente ignorato un dettaglio importante.
“Quel
qualcosa è successo. Sapevo della profezia, Sirius. Come potevo
lasciare che qualcuno morisse? Sarei stata una complice…” il
volto era una smorfia di dolore “poi ho capito che si trattava di te”.