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Autore: Andy Black    17/06/2013    8 recensioni
Non è la solita storia... qui non si scherza più. Il destino del mondo, come noi lo conosciamo, è in pericolo.
Pregare per il proprio futuro diventa lecito, quando scopri che il tuo dio ha finito di avere pietà e compassione per te. Troppi errori.
Troppe ingiustizie.
Ma qualcuno cercherà di cambiare tutto, e di salvarci. Di salvarci tutti.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
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Nevica - Pt. 1


Il sole filtrava attraverso quelle tapparelle come sempre, ed esili fili di luce illuminavano seppur poco l’ufficio di Lionell, creando un bellissimo gioco di luce sulle pareti.
Lionell era seduto alla scrivania, mentre leggeva da un vecchio libro. Era concentrato al massimo, sembrava davvero interessato a ciò che faceva, tanto che annullò ogni sorta di rumore che il suo corpo avrebbe potuto produrre. Solo il respiro era un esile strascico nell’aria.
Lionell era così.
Un perfezionista. E già, perché senza perfezione non si raggiunge nessun obiettivo.
Non si ottiene un bell’ufficio, un’azienda, dei collaboratori e soprattutto le tue ambizioni non crescono.
Il ticchettio dell’orologio, sulla parete di fronte a lui, lo infastidiva e non poco. Sospirò, guardandolo. Il tempo passava.
Andava avanti.
Quelle lancette non osavano fermarsi, battevano un colpo ogni secondo, e poi scappavano, verso la meta successiva.
Si chiese cosa potesse succedere se tramite quell’orologio avesse potuto far tornare il tempo indietro.
Sì. Lo avrebbe staccato dalla parete ed avrebbe portato indietro di un’ora la lancetta piccola, in modo che tutto attorno a lui tornasse indietro di sessanta minuti.
Avrebbe potuto salvare vite e cogliere occasioni perse.
Già. Gli interessavano molto le occasioni perse.
Poi qualcuno bussò alla porta e Lionell scosse la testa. Non capitava di rado che si perdesse tra le sue fantasie. Forse era proprio il fatto che avesse tutta questa fantasia ad averlo reso uno degli uomini più ricchi di Adamanta.
“Avanti”
La porta si aprì, scricchiolando. Lionell segnò mentalmente di mettere un po’ d’olio nei cardini. Odiava il rumore inopportuno.
Era Linda, la segretaria. Capelli biondo cenere, occhi cerulei e una spruzzata di lentiggini le incorniciavano il grazioso naso alla francese, che sovrastava due piccole labbra. Era una bella ragazza, molto formosa, e dal sorriso smagliante.
Nonostante si accorgesse che certe volte Linda volesse essere più provocante di quanto non fosse naturalmente, a lui queste cose non interessavano.
Non gli interessava il sesso e non gli interessava avere qualcuno accanto.
Obiettivi. Linea dritta. Mai uscire dal seminato.
“Signore”
“Linda, buon pomeriggio”
“Salve” arrossì quella.
“Ecco... il signor Ryan Livingstone è qui. Mi avevate detto di organizzare un appuntamento”
“Oh, certo, mi era proprio passato di mente!” sorrise Lionell, dismettendo il libro e chiudendolo in un cassetto. “Lascialo entrare”
Linda si fece da parte, e Ryan entrò nell’ufficio. Non aveva una buona cera. Sembrava smagrito, e gli occhi erano scavati. Nonostante questo, ogni volta che entrava in quell’ufficio aveva in volto un’espressione di meraviglia.
Gli piaceva tanto la sedia di Lionell. E la sua scrivania. Ed i suoi vestiti. Aveva un portamento molto elegante, signorile.
Gli sembrava un vero gentiluomo.
“Salve, signore”
“Ti ho detto di chiamarmi Lionell, Ryan” cercò di smorzare un po’ quel servilismo.
“Mi scusi”
“E dammi del tu. Non sono poi così vecchio” sorrise Lionell. Aveva davvero un bel sorriso.
“Va bene. Perché voleva incontrarmi?”
“Non ci riesci?” sorrise ancora.
“Ehm... scusi. Scusa” si corresse ancora.
 “Non preoccuparti... ma dimmi... ti trovo in pessime condizioni. Cosa succede?”
“Niente, Lionell, niente...” abbassò la testa Ryan.
“Sei sciupato, ed hai il volto cereo. Stai mangiando?”
“Si, certo”
“Forse non ti piace quello che cuciniamo in mensa?”
“È tutto buonissimo, non è questo”
“Allora forse è l’allenamento. Ti stai allenando troppo”
“A dire il vero quello dell’allenamento è l’unico momento della giornata in cui mi rilasso”
“Non farmi preoccupare, Ryan”
“È Rachel il problema”
“Ti ho chiamato proprio perché devo parlarti di lei”
“Rachel?!” spalancò gli occhi Ryan. La sorpresa e la paura riuscivano ad attraversare quella maschera di cera che aveva in volto.
“Ecco... io... devi sapere che...”
 
Zack, Rachel e Mia camminavano nei campi attorno a Plamenia. Erano appena usciti dalla città, dopo qualche ora di attesa. Mia doveva assestare le membra e capire per bene quello che stava succedendo.
Notava che Zack la guardava spesso. Zack era carino.
Anche Rachel la guardava. Ma lei era spesso seria, e usava quello strano sguardo che aveva, quello che ti attraversava.
Sembrava incantata, imbambolata. O forse guardava dentro di te.
Anche in quel momento.
“Rachel” la chiamò la ragazza.
Quella spalancò gli occhi, e mossi impercettibilmente le sopracciglia. “Si... scusami, ero sovrappensiero”
“A cosa pensavi?”
“Ma a niente... le solite cose. Ho un po’ di paura”
“Paura?”
“Si. I terremoti, i combattimenti, mio fratello...”
“Oh. Forse dovresti focalizzarti sulle priorità”
“Già, lo so”
“Come fa Zack”
Rachel storse le labbra. “Se sapessi cosa quel ragazzo ha in testa non lo seguirei così volentieri”
Mia sorrise, ma non sapeva che Rachel non stava scherzando così tanto.
Ryan non aveva totalmente mancato il bersaglio. Instillando il dubbio nei confronti di Zack, puntava a sgretolare quel legame che si era andato a creare col tempo.
Zack era misterioso. Troppo. Rachel non si fidava del tutto.
“È un bravo ragazzo, non dire così”
Rachel sospirò. “Ragazzi fermiamoci un momento, ho sete”
Zack si girò, e la guardò. Gli occhi brillavano, illuminati dalla luce pallida del sole dicembrino.
“È quasi Natale” sorrise lui.
“Già” rispose Mia. “A casa mia il Natale è la festa più bella dell’anno. Mio padre e mia madre finivano di pensare al lavoro, e stavano con me. E mio fratello, quando c’era”
“È morto?”
“No, non è morto, che assurdità” sorrise la ragazza. “È sempre stato uno spirito libero, e nonostante mio padre abbia provato ad iniziarlo alla vita imprenditoriale, non si è mai visto dietro ad una scrivania. La cravatta gli stringeva il collo” sorrise di nuovo. “Gli dava l’impressione di un guinzaglio”
“Come si chiama?”
“Raymond. È partito quattro anni fa, con un bellissimo Absol, e da allora riceviamo di tanto in tanto delle cartoline da tutte le parti del mondo”
“Anche io ho un Absol”
“Si, l’ho visto prima di svenire, nel palazzo”
“Già... a questo proposito... possiedi solo un Chikorita?”
“No. Ho anche un Metang”
“Potevi provare ad utilizzarlo per rompere una finestra e scappare”
“Era a casa. E comunque non saprei come utilizzarlo. Quel Pokémon mi è stato regalato da mio padre, ma non... so cosa farci”
“È un Pokémon molto potente”
“A me non piace lottare. È poco empatico, come tipo. Ed io con i Pokémon ci faccio amicizia. Lui non... non ricambia”
Zack pensò al fatto che Metang non rispettasse Mia. Era possibile. “Senza offesa, ma Chikorita è un Pokémon molto vulnerabile. Hai bisogno di qualche Pokémon che ti protegga in caso di necessità. Cioè, io, come anche Rachel, ti proteggeremo laddove potremo, ma Arceus non voglia che ti capiti qualcosa mentre noi non siamo nei paraggi”
“Non sono una ragazzina” si irritò leggermente Mia. “So benissimo cavarmela da sola”
“Lo so. Proprio per questo voglio darti questo Pokémon” e Zack prese dalla tasca la ball di Magmortar. “Tienilo. Io non ne ho bisogno”
“È un Magmortar!”
“È lui che ha provocato l’incendio. L’ho catturato e sono venuto a salvarti”
Mia lo prese. “Lui ha scatenato quell’incendio incredibile? Non era stata l’esplosione di una bombola?”
“Ha fatto tutto lui. È un Pokémon molto potente. Dovresti tenerlo tu”
“Grazie”
“Di nulla. E poi potrebbe esserci d’aiuto. Io ho già sei Pokémon con me, e tu ne hai due, quindi puoi portarlo”
“Grazie ancora”
“Smettila di ringraziarmi. Hai finito, Rachel?”
Quella alzò la testa, mentre riponeva la borraccia nello zaino. “Si... lascio un po’ libero Litwick... è così carino... poi ci scalderà, con questo freddo...”
Litwick uscì, e si guardò intorno.
C’era Rachel, la sua amica. Poi Zack. Quello non gli stava molto simpatico. E poi una ragazza bionda.
Gli tese la mano.
“Tieni quel coso lontano da me!” esclamò Zack, allontanandosi di qualche passo.
“Ma è una candelina” disse confusa Mia, prendendogli la mano che Litwick gli offrì.
“È un Pokémon, Mia” sospirò Rachel, camminando.
“Lo so... dicevo solo che...”
“Vabbè lascia perdere... stringilo forte, nel caso tu abbia freddo” sorrise malignamente, guardando Zack. Quello aggrottò le sopracciglia.
Mia strinse Litwick per mano e presero a camminare.
“Com’è carino!”
Litwick sorrideva, mentre fluttuava a mezz’aria.
E fu così che Litwick camminò mano nella mano di Mia. Rachel lo guardava infastidita.
Pensava. Zack stravedeva per lei, Litwick stravedeva per lei. Solo lei la trovava irresistibilmente irritante?!
La guardava. Sapeva benissimo perché Zack era attratto da lei.
Bel viso, voce dolce. E forme un po’ ovunque.
O almeno era questo che voleva credere. Purtroppo le forme erano tutte dove dovevano essere.
Nei punti giusti.
Sospirò consolandosi credendo di essere più intelligente. Poi aumentò il passo, raggiungendo e superando Zack. Aveva voglia di camminare, di correre, sentiva dentro una strana sensazione, come se un lucchetto ed una catena comprimessero il petto e tutto ciò che conteneva.
“Hey... dove corri?” chiese a voce stranamente bassa Zack.
Rachel lo guardò, con lo sguardo opaco. “Dove stiamo andando?”
“Al monte Trave”
“Ho freddo” cambio netto di direzione del discorso.
“Se vuoi ti prendo il giubbino dallo zaino”
“No, non fare niente”
“Rachel, c’è qualche problema?”
Ma lei non rispose, camminando oltre. Zack rimase li, come un citrullo, fino a quando Mia, pochi passi dietro di lei lo raggiunse.
“Che succede?” chiese la bionda.
Zack tentennò a risponderle. Era davvero bella. “Ehm... sarà in quel periodo... è un po’ strana”
“Sarà forse per la sua candelina?” chiese ancora, con immane ingenuità.
A quel punto Rachel esplose. Si girò verso Mia e prese ad urlare.
“È un Pokémon! Un fottuto Pokémon! Guarda!” Rachel prese la sfera di Litwick e lo fece entrare.
Mia lo vide sparire.
“Le candeline non entrano nelle sfere!” continuò.
“Ehm... scusami” disse Mia, innocente.
“Figurati... almeno io sono chiara fin dapprincipio!” alzò abbastanza la voce, in modo da farsi sentire.
“Stai parlando di me?!” chiese poi Zack.
“Certo che sto parlando di te!”
Mia si fece da parte, come fosse l’arbitro tra due sfidanti.
“Credevo che quella storia fosse chiusa!”
“Non ho chiuso un bel niente! Non sei chiaro con le persone!”
“Ma che dannazione vuoi?! Se non voglio dire una cosa a qualcuno non vedo perché mi debba sentire obbligato!”
“Ma almeno che eri il campione! Mi sarei sentita molto più tranquilla!”
“Ma spiegami il motivo!”
“Perché se mi avessi rapita sapevano già la faccia che avevi!” urlò. Ammise a se stessa di esser stata un po’ troppo sarcastica, cosa attestata anche dal sorriso di Mia.
“Non ti fidi proprio, eh?!”
“Perché dovrei?! Sei un totale sconosciuto! E non so nemmeno il motivo per cui Mia ci sta seguendo! Che ingenuità!”
“Io che c’entro?” domandò Mia, e fu quello il momento in cui la terra prese a tremare.
Altro terremoto, Mia urlava come se le stessero per tagliare un braccio, mentre Rachel si irrigidì. Non riusciva ad abituarsi a quella sensazione squilibrio sotto i suoi piedi.
Zack tirò a sé le ragazze, e guardò attorno.
“È lì” disse poi.
“Eh?!” chiesero all’unisono loro.
“Qualcosa sta per uscire da li” disse Zack, puntando il dito contro un punto indistinto del terreno.
Rachel si girò. Plamenia era ancora in ordine.
Mia si appiattì contro il petto del ragazzo, mormorando una preghiera, mentre i suoi occhi venivano nascosti da un ciuffo biondo.
Rachel pensò in fretta. Nonostante l’ostilità ingiustificata nei suoi confronti, quella ragazza era il cristallo. La strinse, cercando di proteggerla da qualsiasi cosa fosse uscita dal terreno.
“Ecco... state indietro”
Rachel raccolse Mia dal petto di Zack, e la cinse sopra i seni e sulla pancia.
La terrà si squarciò con un tonfo sordo, e pietre e polvere si alzarono ovunque.
Zack indietreggiò di qualche passò, poi mise mano alle Poké Ball.
“Eccoti qui...” sorrise poi, quando una torre di più di venti metri si erse davanti ai suoi occhi.
Era uno Steelix. 
Occhi rossi spiritati ed uno strano sorriso sul volto. Quel Pokémon era dannatamente alto, e sembrava essere fuori controllo.
“Forse era lui la causa dei terremoti, e non Groudon” fece Rachel.
“Non ne ho idea... vai Growlithe”
“Growlithe?!” esclamarono contemporaneamente le ragazze.
Il cane poliziotto si sistemò sul campo. Vide Steelix, poi, e fece un passo indietro, ma solo per poterlo guardare meglio. Prese a ringhiare, rizzando il pelo ed avvicinandosi il più possibile al pavimento con la testa, reattivo.
“Che cosa vuoi fare?! Tira fuori Gyarados e lotta alla pari!” urlava Rachel.
“Zitta. So quello che faccio” fece lui, quasi sussurrandolo.
“Ci farai uccidere!”
“Almeno ora! Fidati di me almeno ora!” si girò per un attimo lui, e fu allora che Steelix attaccò.
Delle rocce aguzze cominciarono a cadere sul povero Growlithe, che si vide costretto a schivarle. Non ci fu neanche bisogno che Zack glielo indicasse, bastò un po’ di senso di autoconservazione.
Saltava qua e la.
“È Cadutamassi” sospirò Zack, ragionando. Growlithe sembrava quasi divertirsi mentre schivava quei proiettili che cadevano dall’alto. Intanto Steelix si innervosì, prendendo ad intensificare l’attacco.
“Hai bisogno di aiuto!” urlò Mia.
“No, stai tranquilla... ora lo stendiamo... Growlithe, usa Fossa!”
Growlithe scavò velocemente un tunnel, e saltò dentro. Steelix non lo vedeva, e non sarebbe lo stesso riuscito a farlo, per via dell’enorme quantità di polvere alzata dal trambusto e dalla sua stessa mossa.
“Sai, vero che Steelix è un Pokémon di terra?” chiese Rachel.
“Infatti! È uscito da sottoterra, ci saprà tornare!” esclamò l’altra.
Zack sbuffò, e schioccò le dita. Come d’incanto Growlithe saltò fuori alle spalle di Steelix.
“Sali!” urlò Zack, e vide il suo Pokémon salire velocemente lungo i massi d’acciaio che componevano il corpo dell’avversario. Steelix pareva non accorgersi di nulla, e continuava a bombardare di masse la zona che aveva davanti, ormai piena di nulla oltre che sassi.
Growlithe velocemente raggiunse la cima di Steelix poi abbaiò.
“Ora!”
Quello lanciò un Lanciafiamme potentissimo dritto sul volto di Steelix, che ruggì.
Poi urlò.
Lentamente cercava di muoversi, ma il fuoco stava facendo il suo effetto.
Fu pochi secondi prima che Steelix cominciasse a barcollare che Zack fece rientrare Growlithe nella sfera.
Già. Si volle godere lo spettacolo in completa tranquillità.
Steelix chiuse gli occhi, e con il capo rosso, per via dell’acciaio surriscaldato, cadde di gran peso alle sue spalle, producendo un fortissimo rumore.
Mia cercava riparo tra le esili braccia di Rachel, che volle proteggerla unicamente per il suo status quo.
Poi il silenzio. Si sentiva il rombo lontano dei tuoni che cadevano sul suolo.
“Ed ecco che il mio piccolo Growlithe stende un Pokémon alto quanto un palazzo”
“Bravissimo!” esplose in un sussulto di gioia Mia, correndo ad abbracciare Zack.
Rachel storse le labbra e sospirò. Beata ingratitudine.
Ringraziarono Arceus per lo spavento e continuarono a camminare, per arrivare al monte Trave.

 
   
 
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