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Autore: _wackowriter_    18/06/2013    4 recensioni
"Ad interrompere i suoi pensieri, fu un lieve fracasso, proveniente dal corridoio; si udiva a malapena, ma, avendo lei un udito fine, lo aveva captato subito.
Man mano che i secondi passavano, il rumore si fece più forte.
Ora, anche altri compagni lo sentivano.
Erano passi, colpi...
Toby sbiancò.
Erano spari."
Genere: Azione, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Gunshots noise.

 

La sveglia trillò, provocando un rumore assordante, che si espanse per l’ampia camera da letto.
Toby, come di consueto, si alzo e si diresse verso il bagno.
Si lavò la faccia e pettinò i capelli; indossò l’uniforme scolastica e le ballerine candide.
Scese al piano di sotto, dove un vassoio ricolmo di squisitezze l’attendeva, sul tavolo della cucina.
Sebbene avesse voluto mangiare tutto quel ben di Dio, non ne aveva il tempo; la scuola non aspettava di certo lei!
Si limitò ad una fetta di pane tostato con marmellata e un buon cappuccino caldo; risalì al piano superiore per lavarsi i denti, recuperò lo zaino, preparato la sera prima, e uscì di casa.
Fuori la aspettava, come al solito, l’auto bianca, luccicante, che ogni giorno la accompagnava a scuola.
Rivolse un cenno cordiale all’autista che le aprì la portiera, e si accomodò nell’abitacolo.
Sì, era ricca. Molto ricca.
Forse era per questo che era vittima di scherno da parte dei suoi coetanei.
Ma a cosa serviva la ricchezza a lei?
Non aveva amici con cui dare una festa, nessuno con cui fare shopping sfrenato, nessuno con cui partire per vacanze memorabili.
Sentì l’auto rallentare, segno che era arrivata a destinazione.
Chiuse il libro di Freud che era intenta a leggere e lo ripose nello zaino, attendendo che la macchina si fermasse del tutto.
Scese, chiudendosi la portiera alle spalle; come al solito, qualche occhiatina curiosa le era stata rivolta, rimpiazzata istantaneamente da un ghigno divertito.
Cercò di non badarci e si diresse verso l’entrata.
Sorpassò la squadra di lacrosse che se ne stava appoggiata al muro a chiacchierare; qualcosa andò storto.
Sentiva una presenza dietro di sé, ma, prima che se ne potesse davvero rendere conto, lo zaino le venne strappato dalle spalle.
Per il forte strattone, cadde a terra, in mezzo ai suoi libri.
Sentì uno scrosciare di risate.
Stava per raccogliere il tutto, quando proprio il suo amato libro sulla psicoanalisi le venne soffiato sotto al naso.
«Cos’è questa merda?!» esordì il capitano della squadra, scatenando l’ilarità generale.
La ragazza si alzò in piedi.
«Ridammelo!» urlò.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo di sfida, per poi aprire il libro e strapparne le pagine.
«Divertiti con il tuo Frida!» ghignò, prima di andarsene.
«È Freud, idiota!» sussurrò lei, in risposta.
Si morse immediatamente il labbro, pentendosi di ciò che aveva detto, non appena vide il ragazzo fermarsi e tornare verso di lei.
La spinse contro una fila di armadietti.
«Come mi hai chiamato?!» ringhiò.
Toby boccheggiò, in preda al panico.
Fu la campanella, la quale segnava l’inizio delle lezioni, a salvarla.
Il giovane emise un grugnito.
«Non finisce qui» le sibilò, prima di sparire dentro un aula.
Una volta recuperata la calma, andò in classe.
 
«...Quindi, questa è la differenza tra una cellula eucariote e procariote...».
La lezione di scienze risultava più noiosa del previsto.
Le cellule; le aveva studiate già una cinquantina di volte, ormai.
Che bisogno c’era di ripassarle nuovamente?
Appoggiò il mento sulla mano e chiuse gli occhi.
Si concentrò sul battito regolare del suo cuore, e, a poco a poco, la voce dell’insegnante sparì.
Pensò a ciò che era accaduto poco prima.
Perché l’aveva detto?
Si diede mentalmente della cretina; sarebbe sicuramente tornata a casa con un occhio nero.
Non che fosse la prima volta, ma, essendo il capitano della squadra di lacrosse il diretto interessato, non si aspettava niente di leggero.
Quanto era stata stupida...
Ad interrompere i suoi pensieri, fu un lieve fracasso, proveniente dal corridoio; si udiva a malapena, ma, avendo lei un udito fine, lo aveva captato subito.
Man mano che i secondi passavano, il rumore si fece più forte.
Ora, anche altri compagni lo sentivano.
Erano passi, colpi...
Toby sbiancò.
Erano spari.
Il rumore ora si percepiva chiaramente.
L’insegnante interruppe la spiegazione, ma, prima che potesse verificare cosa stesse succedendo, la porta si spalancò.
Degli uomini armati, con il volto coperto, fecero irruzione nella classe.
Tutti i presenti si catapultarono sotto i banchi.
«Se qualcuno osa fare qualcosa, può dire addio alla sua vita!» urlò uno, puntando un MP5 da una parte all’altra dell’aula.
C’era chi urlava, chi piangeva, soprattutto, ma Toby... lei se ne stava sotto il suo banco, il cuore che batteva velocemente, il fiato corto, e lo sguardo puntato sugli uomini a pochi passi da lei.
Si udì la sirena della polizia, urla, poi qualcuno parlò al megafono.
Un poliziotto, probabilmente, aveva ordinato di mostrarsi alla finestra per poter parlare.
Un uomo, contro il muro, vicino alla finestra; un altro, dalla parte opposta, proprio davanti al suo banco.
Quello più lontano dai lei parlò.
«Nicho, non ci cascare. Se ti mostri, ti spareranno!».
«Lo so» rispose quello a pochi centimetri da lei «Ma in qualche modo ci devo pur parlare!».
«Prendi un ostaggio, non spareranno mai ad uno studente» replicò quell’altro.
“Nicho” annuì e si voltò; abbassò lo sguardo.
I suoi occhi incrociarono quelli di Toby, cui mancò il fiato.
Dopo un attimo d’esitazione, venne afferrata per un braccio, trascinata da sotto il banco e sbattuta contro la finestra aperta.
Le scappò una smorfia di dolore.
La ragazza poté notare una folla numerosa, accalcatasi sotto la scuola per capire il motivo di tanto trambusto.
Un urlo dal basso le fece voltare velocemente la testa.
«La mia bambina!» stillò qualcuno.
Sua madre stava accanto ad un agente di polizia, il volto stravolto dal terrore.
A Toby venne quasi da ridere, pensando a quanto sua madre fosse preoccupata per lei in questo momento; dov’eri prima, mamma?, le chiese, mentalmente.
L’uomo aumentò la presa sul suo braccio.
«Voglio Grant Coleman qui, subito!» urlò quest’ultimo.
La ragazza, così come la madre, sbarrò gli occhi.
La donna afferrò il megafono dalle mani di un agente.
«M-mio marito è via per lavoro, non tornerà prima di una settimana» disse, spaventata.
«Marito? Quindi tu sei la figlia di quel bastardo...» sussurrò l’uomo, all’orecchio di Toby.
La spinse di più verso la finestra, rischiando di farla cadere al di fuori di essa; la ragazza istintivamente gli afferrò il bordo della giacca.
«Tranquilla, tesoro. Non ti farei mai cadere, tu mi servi...».
A quell’affermazione le si gelò il sangue nelle vene.
L’uomo sorrise, poi si rivolse di nuovo alla folla.
«Va bene, sono una persona paziente e lo aspetterò, ma, nel frattempo... credo che mi prenderò una piccola garanzia» disse, appoggiando il capo contro quello della ragazza.
La madre della ragazza urlò, protestando vivacemente, ma ormai io due erano spariti, come il resto della banda.
 
 

Wow, ho davvero scritto un altro capitolo?
Sono piena di energie.
Be’, qua iniziano i guai.
ZAN ZAN ZANNN.
Okay, al primo non ci sono state né recensioni, né seguiti... né visualizzazioni :c
BE’ MI SEMBRA OVVIO VISTO CHE L’HO PUBBLICATO 5 MINUTI FA!
Dio, quanto sono sfigata...
Va be’, se siete arrivati fin qua, vuol dire che non vi ha fatto così schifo il prologo :3
 E vi prego infinitamente di continuare a leggere :D
Okay, la smetto.
Me ne vado.
 
Be A WACKO!

  
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