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Autore: Sunny    17/09/2004    22 recensioni
I missing moments della saga di BAWM! Ormai sono diventati troppi...meglio farne una raccolta! E si comincia con...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Buon compleanno Vale

 Buon compleanno Vale!!!!!!!! Sono più che felice di poterti dare il mio regalino…in ritardo, tanto per cambiare (maledette versioni di latino…), ma mi sono impegnata per soddisfare la tua richiesta il più in fretta possibile…ancora mille auguroni, amicissima! E per tutti quanti…cronologicamente questa shotty dovrebbe essere collocata il Natale successivo agli eventi di ‘My Name is Cupido’.

 

 

 

 

UN CUORE GRANDE COSI

 

 

 

 

“Ehm…mi permetti, Ron? Secondo me i tuoi figli ti stanno svuotando il portafogli.”

 

“Lasciali fare.”

 

“Oh…certo, se lo dici tu…” il simpatico nanetto gestore del negozio scrollò le spalle e si appoggiò coi gomiti sul bancone.

 

Ron fece un sorrisetto e rimase con le braccia conserte e la schiena appoggiata al bancone. Hermione era sempre stata una donna dotata di un’intelligenza fuori dal comune, ma a volte si superava in modo quasi assurdo. Era stata sua l’idea di lasciare che fossero i ragazzi ad organizzare la festa di Capodanno tutta da soli, ed era stato uno spasso vederli tutta la settimana mentre si affaccendavano con gli addobbi, la cena e tutto il resto…ma la ciliegina sulla torta era venuta quando Hermione lo aveva pregato di accompagnare lui i ragazzi a comprare il necessario. Ron le aveva fatto notare che era una cosa noiosa e che i ragazzi non avrebbero avuto bisogno del suo aiuto, ma Hermione non ne aveva voluto sapere e gli aveva quasi ordinato di andare…e gli aveva fatto un regalo enorme. Mentre era lì in piedi ad osservarli, Ron non poteva fare a meno di sorridere…Jack, Amelia e Simon avevano gli occhi che brillavano per la gioia mentre più trovavano decorazioni – alcune spiritose, altre belle ed eleganti – e più si facevano venire delle idee brillanti…le loro risatine riempivano l’aria natalizia di allegria, e Ron scoprì che non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte del mondo se non lì, a sentire i suoi figli gioire e godersi la loro età sereni e felici.

 

“Papà, papà!” Simon gli venete incontro di corsa, tenendo in mano una specie di cilindro colorato. “Possiamo prendere i Vulcani Magici? Sono dei fuochi d’artificio stranissimi, cambiano forma a seconda di chi li tiene in mano…possiamo prenderne una decina, si?”

 

Ron si lasciò scappare un sorrisetto e si fece passare il vulcanetto per dargli un’occhiata da vicino, mentre gli tornava in mente una vivida immagine di un Simon, ancora col succhietto in bocca e il pannolino, che gli veniva incontro gattonando per mostrargli con orgoglio il dentino appena spuntato. Devo proprio preoccuparmi se finisco per assomigliare a mia madre…

 

“Allora, li possiamo prendere?” fece vispo Simon.

 

Ron gli passò il vulcanetto. “Bada a non dare fuoco alla casa, altrimenti poi te la vedi con mamma.”

 

Simon s’illuminò. “Grazie, pa’!” esclamò vispo, correndo verso lo scaffale per fare un rifornimento di fuochi d’artificio.

 

“Quale ti piace di più, questa o questa?” Amelia gli mostrò due bellissime confezioni di vischio, una grande e rotonda con un fioccone rosso, l’altra con le candele e le palline colorate. “Non riesco a scegliere…”

 

Ron le osservò. “Sono entrambe molto belle …”

 

“Eh si…”

 

“Prendile tutte e due, dai.” Ron fece un sorrisetto rassegnato. “Solo ed esclusivamente per oggi fate la vita dei viziati.”

 

“Grazie!” Amelia gli scoccò un bacetto sulla guancia e sistemò con gioia il vischio sul bancone.

 

“Guarda qui, pa’, adesso ti faccio vedere io un modo intelligente di spendere i soldi…” Jack aprì il blocco variopinto che aveva in mano…che si rivelò un catalogo di biancheria femminile tutta rossa e nera e altamente sexy, come si addiceva alla notte di Capodanno.

 

Amelia alzò gli occhi al cielo. “Ma è possibile che pensi sempre alle stesse cose…”

 

“Nessuno potrà mai dire che Jack Weasley è un egoista.” Jack le fece un sorriso odioso e vispo, e aprendo il catalogo a metà le mostrò una collezione di mutande e boxer tutta al maschile.

 

Amelia inarcò un sopracciglio. “E allora?”

 

“Non sei contenta? Ho pensato anche alla tua soddisfazione personale, guarda quanti ragazzi.”

 

“In che modo un gruppo di uomini che si lasciano fotografare in mutande dovrebbe rendermi soddisfatta?”

 

Jack scosse la testa, indignato. “Mi deludi molto, insensibile che non sei altro.”

 

Ron rise, e Amelia appoggiò le mani sui fianchi. “Io sarò anche insensibile, ma tu con le donnine nude sul giornaletto…”

 

“Donnine nude?” domandò curioso Simon, avvicinandosi con le braccia piene di fuochi d’artificio e sporgendosi in avanti per vedere.

 

“Oh no, questo no.” Amelia gli coprì gli occhi con la mano. “Salviamo il salvabile.”

 

Ron sfilò il catalogo dalle mani del figlio e lo mise via. “Ok Jack, per quanto possa essere interessante, questo è meglio se lo lasciamo qua, eh.”

 

Jack scosse la testa. “Branco di buonisti e puritani.” Brontolò.

 

Ron gettò uno sguardo al bancone ormai carico di merce. “Avete finito di prosciugarmi il conto in banca?”

 

“Mi pare che non manchi niente…” Amelia si guardò un po’ in giro nel negozietto.

 

“Aspetta, mancano le candele galleggianti di Katie.” Le fece notare Simon.

 

“Le ho prese io prima.” Jack mostrò loro una scatola colorata.

 

“Allora vi faccio il conto?” esclamò sorridente il nanetto dietro al bancone.

 

Ron annuì. “Abbi pietà delle mie tasche, Tom, ricordati che vengo qui da quando avevo la loro età.”

 

Il nanetto sorrise. “Oh, se me la ricordo bene la tua bellissima famiglia. Soprattutto i tuoi fratelli gemelli, eh se me ne hanno fatti fare di affari comprando i miei fuochi d’artificio…”

 

“E spero per te che non siano gli stessi che hai venduto ai miei figli.” Ron gli strizzò un occhiolino e mise mano al portafogli.

 

Simon tirò su col naso e si ciondolò allegramente fino allo scaffale accanto alla porta. Non osava chiedere altri soldi a suo padre, ma c’era un bellissimo libro sulle leggende magiche del Natale che aveva tutta l’aria di essere pieno di interessanti informazioni…lo prese ancora una volta, osservandone la copertina colorata, e si chiese in quale modo sarebbe stato più facile ottenere un si da suo padre…

 

…ma sia il libro che tutto il resto gli passarono di mente quando con la coda dell’occhio scorse movimenti strani fuori, nella piazzetta innevata su cui dava la porta a vetri del negozietto. Non si riusciva a sentire niente, ma si poteva vedere bene…e si vedeva un uomo vestito con degli stracci addosso che smaniava come un pazzo, sventolando in aria la bacchetta mentre la puntava minacciosamente contro un pover’uomo che teneva per la gola.

 

“Papà!” fece allarmato Simon. “Corri!”

 

Ron lo raggiunse in un secondo, seguito a ruota da Jack e Amelia. “Ma che diavolo…”

 

Il nanetto sbucò fra le gambe di Jack. “Oh no, alla fine l’ha fatto davvero…”

 

Il ragazzo si accigliò. “Chi ha fatto cosa?”

 

“Quello è Jeremy, una specie di pazzo maniaco che ogni giorno spaventa la gente di queste zone…” mormorò atterrito il nano. “E’ stato anche dentro, ma non so quale idiota l’ha fatto uscire perché ha pensato che non fosse pericoloso…”

 

“Chi ha detto questo dovrebbe vederlo adesso.” Fece dura Amelia.

 

Il pazzo urlò qualcosa e con un colpo di bacchetta prese in pieno il tetto di una casa, scoperchiandolo. Ron guardò il nano. “C’è un’uscita sul retro, Tom?”

 

Lui annuì. “Sbuca nel vicoletto alle spalle della piazza.”

 

“Ok.” Ron si sfilò la bacchetta dalla tasca posteriore del pantalone e fece qualche passo indietro. “Voi tre restate qui e non provate a uscire, è chiaro?”

 

“Ti posso aiutare?” fece subito Jack.

 

Amelia annuì vigorosamente. “Non andare da solo, possiamo tornarti utili!”

 

“Tornatemi utili restando al sicuro qua dentro.” Replicò duro Ron. “Impacchettali a dovere se si muovono, Tom.”

 

“Agli ordini.” Fece allegramente il nanetto mentre Ron usciva dall’altra parte del negozio.

 

Jack sbuffò e tornò a guardare oltre la porta a vetri. “Che schifo, per una volta che c’era da fare qualcosa…”

 

“Chiudi il becco.” Mormorò piano Simon, che aveva la faccia completamente schiacciata contro il vetro per vedere. Non riusciva a sentire cosa stava urlando quell’uomo, ma vedeva i suoi occhi… carichi di follia, certo, ma anche di qualcosa di strano, di…disperazione… di qualcosa che gli fece provare un brivido lungo la schiena.

 

 

 

 

“INDIETRO, CAPITO? INDIETRO TUTTI!!!”

 

Una piccola folla di maghi e streghe – molti disarmati, ma alcuni con la bacchetta in mano – si era radunata nella piazzetta, ma nessuno osava fare un passo avanti con la tempia dell’uomo incollata alla punta della bacchetta del pazzoide.

 

“Adesso l’ammazzo!! L’ammazzo e poi vi ammazzo tutti!! E vi faccio saltare in aria!!” urlò ancora quello, guardando da una parte all’altra con uno sguardo da vero folle e gli occhi iniettati di sangue.

 

L’uomo in ostaggio gemette e chiuse gli occhi. “Aiutatemi, vi prego!”

 

“Zitto, carogna!! Zitto!!!” gli urlò addosso il pazzo. “Vi ammazzo perché mi avete fatto bruciare la casa, e adesso io la brucio a voi…a cominciare da quella!!!”

 

Tutti strillarono e il panico colse la folla quando l’uomo puntò la bacchetta dritta davanti a sé, contro un edificio alto.

 

L’uomo rise sguaiatamente. “Adesso vi faccio crepare tutti come maiali!!!”

 

I due maghi che avevano deciso di tentare il tutto per tutto e fermare il pazzo si bloccarono a metà strada quando gli videro spalancare gli occhi…e un attimo dopo la sagoma alta e robusta di un uomo coi capelli rossi non fu più nascosta dall’angolo della palazzina retrostante.

 

“Calmati, amico.” Fece teso Ron, continuando a tenere la bacchetta piantata fra i reni del pazzo. “Butta la bacchetta e arrenditi, te la caverai con poco per quattro minacce.”

 

Per tutta risposta il pazzo strinse la morsa sulla gola del suo ostaggio, che piagnucolò. “Buttala tu la bacchetta, pezzo di merda, altrimenti gli friggo il cervello!!”

 

“Te lo ripeto per l’ultima volta, se ti fermi adesso non dovrai scontare una pena troppo dura. Forza, consegnami la bacchetta.”

 

“VATTENE O FACCIO SALTARE TUTTO STRONZO!!!!!”

 

Inaspettatamente il pazzo respinse bruscamente indietro il suo ostaggio, gettandolo a terra, e sgomitando all’impazzata colpì la mano di Ron e gli fece cadere la bacchetta. Ron fu molto più rapido di lui, perché lo stordì con un pugno in faccia e gli spedì la bacchetta nella neve con un calcio contro il braccio. Il pazzo, vedendosi alle strette, urlò e si gettò addosso a Ron, rovesciandolo di schiena nella neve e coprendolo col suo corpo…

 

“Papà!!!” Jack senza esitare spalancò la porta a vetri – incurante dei tentativi del nano di fermarlo – e schizzò fuori, seguito a ruota da Amelia e Simon. “Papà!!!”

 

Il pazzo – di cui si poteva vedere solo la schiena – sobbalzò bruscamente e poi rimase fermo per un attimo…e un secondo dopo ricadde di schiena a terra, con un pugnale piantato in pieno petto. Dalla folla partì qualche strillo femminile, mentre Ron si rialzava a fatica e con una smorfia sulla faccia.

 

“Papà, stai bene?!” fece allarmato Jack, mentre si avvicinava di corsa insieme agli altri due.

 

“Si, si…” Ron aveva le mani imbrattate di sangue, e tentò di pulirsele alla men peggio passandosele sui pantaloni.

 

“Oddio…” Amelia si coprì la bocca con le mani.

 

Ron si portò una pietra trasparente alla bocca e mormorò in fretta qualcosa, quindi si voltò verso i figli. “Andate a casa, subito.”

 

Jack scosse la testa, mentre Amelia trovò finalmente il coraggio di distogliere lo sguardo dal cadavere a terra. “Non se ne parla, papà, non ti voglio lasciare…”

 

“Stia indietro, per favore, sto aspettando i miei uomini.” Fece rapidamente Ron, mostrando a un uomo alto il suo distintivo per impedirgli di avvicinarsi oltre. Nella piazzetta c’era molta folla, tra curiosi e passanti e donne che urlavano senza un vero motivo. Ron chiuse per un attimo gli occhi. “Andatevene a casa, ragazzi, per favore…Simon, no, non guardare…”

 

Simon era rimasto impietrito a fissare il cadavere a terra, mentre insanguinava la neve bianca e ovattata man mano che cadeva e si poggiava sulla coltre bianca e silenziosa. Il pazzo aveva ancora gli occhi spalancati…sbarrati in qualcosa che sembrava terrore, o forse meglio…era orrore… Non voleva morire. Non credeva di morire. Non ha avuto il tempo di capire che stava perdendo la vita… Continuava a fissare quel corpo inerte con una orribile sensazione addosso… quell’uomo era morto prima ancora di rendersene conto, senza poterci fare niente…era una sensazione orribile, la più orribile che avesse mai provato in vita sua…roba da perderci la testa solo a pensarci…

 

Ma ovviamente se questo gli era sembrato terribile a vedersi, Simon non era neanche lontanamente preparato a vedere il resto… suo padre che gli veniva incontro per allontanarlo con le mani sporche di sangue. Del sangue di quell’uomo morto prima ancora di potersene accorgere. Due più due purtroppo aveva sempre, sempre fatto quattro…e mai la dura realtà della ragione fu più dura da comprendere: quell’uomo era stato ucciso da suo padre.

 

Ron gli si avvicinò. “Non guardare, Simon…vieni qui…”

 

Il ragazzino arretrò di un passo, ingoiando il vuoto. Una nausea smisurata gli stava straziando lo stomaco. L’hai ammazzato tu, papà? Senza nemmeno esitare? …

 

Ron si bloccò e osservò attentamente lo sguardo sconvolto di suo figlio minore. Cosa non avrebbe dato per non leggere nei suoi occhi quella dolorosa incredulità… “Portali a casa, Jack.” Mormorò piano. “Per favore.”

 

Jack avrebbe volentieri esitato per il solo fatto di aver sentito la sconfitta nella voce di suo padre, ma sapeva che in quel momento gli sarebbe stato molto più utile obbedendogli. Spinse leggermente Amelia in avanti appoggiandole una mano sulla schiena, e sussurrò al fratello di muoversi. Simon rimase immobile a guardare ora suo padre ora il cadavere, ma quando Amelia lo prese morbidamente per mano non esitò a lasciarsi portare via da quel posto orrendo, mentre in lontananza poteva sentire le voci di suo zio Harry e degli altri War Mage che arrivavano di corsa.

 

E né lui né gli altri si accorsero dei due occhi nerissimi nascosti dietro a uno dei cespugli coperti di neve…occhi che li seguirono mentre si allontanavano con l’attenzione di un falco a caccia.

 

 

***************

 

 

Ron si scrollò la neve dal giaccone e dalla sciarpa prima di entrare in casa, sapendo bene quanto ci tenesse Hermione a non far sporcare il pavimento…aveva deluso già troppa gente per quella giornata. Aprì la porta piano e la richiuse altrettanto piano, notando con un sospiro rassegnato che non c’era nessuno ad attenderlo. Avanzò lentamente con passi pesanti verso la cucina, e quando vide Hermione corrergli incontro fu più che felice di ritrovarsela fra le braccia e sentire il suo profumo. Il suo tocco lo calmava e lo rassicurava da sempre, e anche ora gli stava facendo quel piacevole effetto.

 

“Mi dispiace tanto per quello che è successo.” Gli mormorò contro una spalla, baciandogli un lato della mascella. “Tu stai bene? E’ stato tutto sistemato?”

 

Ron annuì stancamente. “Si, c’erano fin troppi testimoni…la mia è stata legittima difesa. Tecnicamente.”

 

Hermione sospirò e gli accarezzò il viso. “Ron…”

 

“Lascia stare.” Ron si tirò indietro. “Come stanno i ragazzi?”

 

Hermione si strinse nelle spalle. “Scombussolati.”

 

“Senti, forse è il caso di…”

 

“Papy!!!” una riccioluta e biondissima Katie gli balzò in collo, mostrandogli con tutta la sua gioia la scatola di candele galleggianti che le aveva portato a casa suo fratello. “Guarda che belle! Sono tutte colorate!”

 

Ron per un brevissimo istante si concesse l’indulgenza di dimenticare l’accaduto e  sorridere alla sua bambina. “Ti piacciono?”

 

“Si, tantissimo!” esclamò vispa la piccola, sorridendo con la boccuccia senza qualche dentino. “Posso andare a metterle nella vasca e faccio la festa delle lucine colorate?”

 

“Certo, vai…” Ron la mise giù.

 

“Non ti bagnare.” Le disse sua madre mentre la piccolina saettava di sopra come una scheggia.

 

Ron inspirò profondamente e raccolse tutto il suo coraggio…non poteva rinviare oltre perché non aveva senso, doveva affrontare i suoi figli…e i loro giudizi. Anche se questo significava aprire una ferita che si era ricucita nel tempo, ma una spiegazione a Jack e Simon era più che doverosa. Si avviò verso il salotto a passi lenti e pesanti, e l’unica cosa che gli diede la forza di non avvilirsi fu la mano di Hermione, calda e amorevole, che scivolò nella sua. Ron gliela strinse… non poteva andare così male, non con lei al suo fianco. Lei era la sua forza.

 

Il salotto di casa Weasley era stranamente silenzioso, rotto solo dallo scoppiettare del fuoco nel caminetto e dal pennarello con cui Amelia, sdraiata a pancia a terra, stava colorando senza particolare entusiasmo uno striscione con la scritta ‘Felice Anno Nuovo’. Jack la osservava in silenzio, seduto sul pavimento accanto a lei…e ogni tanto le accarezzava la schiena come se la cosa lo facesse rilassare. Lei si voltava e gli offriva un sorriso, lui gliene faceva uno in risposta, e l’aria si faceva un po’ più respirabile. Almeno per loro. Simon invece se ne stava per conto suo, sdraiato a pancia sotto su una poltrona e con lo sguardo fisso sul fuoco nel caminetto…evidentemente deciso ad ignorare tutto il resto.

 

Ron si fece forza e si schiarì la voce. “State tutti bene?”

 

Amelia subito si mise seduta, chiudendo il pennarello. “Noi si, e tu?” gli chiese apprensiva.

 

“Ti hanno creato problemi?” fece subito Jack.

 

Ron si sentì riscaldare il cuore nel sentire le loro voci accorate. “No, tutto a posto.”

 

“Non ti ha…fatto niente quello, vero?” fece ancora Jack.

 

Ron scosse la testa. “Mi dispiace. Mi dispiace che abbiate dovuto vedere…”

 

“Hai fatto il tuo lavoro. Hai fatto quello che dovevi fare.” Fece deciso Jack. “E hai salvato tutti gli altri. Non ti devi scusare perché non hai niente di cui scusarti.”

 

Se Jack fosse stato appena un po’ più piccolo e se non si fosse dato tutte quelle arie da duro che si dava, Ron era sicuro che l’avrebbe abbracciato forte come faceva quando era ancora un bambino. Tra quello che gli aveva appena detto lui e la mano affettuosa di Hermione che gli accarezzava lentamente la schiena, Ron si sentì di nuovo bene. “Grazie.” Gli disse piano.

 

Amelia fece un piccolo sorriso e accennò al suo striscione. “Io…lo sto colorando comunque questo.”

 

“E fai bene.” Disse calorosamente Hermione. “Tra due giorni c’è una festa qui. Jack, dalle una mano.”

 

“Nah, mi piace guardarla.”

 

Amelia arricciò il naso. “E ti pareva.”

 

Ron e Hermione si lasciarono andare a qualche sorriso allegro…che sparì subito quando si resero conto che Simon era rimasto completamente estraneo a tutta la loro conversazione. Hermione guardò Ron, e lui annuì leggermente e le lasciò la mano per andare dal figlio minore, chinandosi finchè non fu all’altezza del suo viso. “Ehi, campione…”

 

Simon non disse niente e non smise di guardare il fuoco.

 

“Non vuoi parlare?”

 

Il ragazzino rimase in silenzio per qualche secondo, poi parlò a voce bassa e senza voltarsi. “Era proprio necessario?” mormorò piano, e finalmente girò il viso verso quello di suo padre. “Era l’unico modo?”

 

Ron colse un leggero tono accusatorio nascosto poco e male, e sospirò brevemente. “Probabilmente si.”

 

Simon rimase a fissarlo con uno sguardo indecifrabile. “Probabilmente?”

 

“Non ho avuto il tempo di trovare alternative quando mi è saltato addosso, e non avevo la bacchetta. Non avrei potuto fermarlo…e quell’uomo non ragionava più, avrebbe fatto una strage.”

 

Simon spostò lo sguardo sulla mano che suo padre teneva sul bracciolo della poltrona. Quella era la stessa mano che l’aveva sorretto, aiutato e nutrito per tutta la sua vita…quando non la vedeva era sempre così? Era sporca di sangue?

 

Ron tese una mano per accarezzargli la testa. “Ascoltami, lo so che cosa stai provando…”

 

Simon si mise bruscamente seduto e poi si alzò, senza lasciare al padre la possibilità di continuare a parlargli, ma soprattutto evitando la sua carezza. Hermione lo guardò uscire in silenzio e salire le scalette fino in camera sua, poi spostò lo sguardo su Ron e lo vide sedersi pesantemente sulla poltrona ormai vuota e massaggiarsi le tempie con gli occhi chiusi. Non sapeva cosa fare…voleva aiutare entrambi, ma sapeva che non era in suo potere farlo. Quel tipo di ferite non si curavano così facilmente, toccava al tempo fare la sua parte. Lei poteva solo sperare che questo accadesse il più in fretta possibile…

 

 

***************

 

 

“Buongiorno e buona vigilia della vigilia di Capodanno!”

 

Hermione alzò lo sguardo dallo zainetto che stava riempiendo di panini, e sorrise. Sulla soglia della porta della cucina c’era un sorridente Jack…con Amelia aggrappata alle sue spalle, proprio come faceva la maggior parte del tempo che passavano a casa.

 

“Buongiorno a voi due.” Disse allegra Hermione, porgendo a Jack una ciambella e infilandone un’altra in bocca ad Amelia. “Dormito bene?”

 

Jack annuì. “Ke shtai fachendo anchora kua?”

 

“Quante volte ti avrò detto, Jack Weasley, che non si parla con la bocca piena?”

 

“Non ci fai niente, è un uomo delle caverne.” Fece divertita Amelia.

 

Jack ingoiò e la indicò col pollice. “E lei fa la donna preistorica, vedi? Le avventure di Popò il Koala nella terra dei Mammuth.”

 

Hermione non si trattenne e scoppiò a ridere forte. “Popò il Koala?”

 

Perfino ad Amelia venne da sorridere vedendo madre e figlio che se la ridevano. “Sono io… il genio, qui, dice che io sono come i koala perché mi piace camminare così.”

 

Hermione scosse la testa, ancora sorridendo. “E Popò sta per…?”

 

“E’ un nome da gommino.” Jack si trattenne, ma avrebbe volentieri riso ancora. “Come lei, che è tutta gommosa.”

 

Amelia si finse pensierosa, muovendo le mani che teneva morbidamente rilassate attorno al collo del suo migliore amico. “Devo ancora decidere se è offensiva o mortificante questa cosa del gommino.”

 

“Né l’uno né l’altro.” Replicò Jack, con la sua immancabile faccia da schiaffi. “E’ divertente.”

 

“Per te.”

 

“Si si, per me.”

 

“Te l’ha mai detto nessuno che potresti vincere un premio per l’altruismo, Jacky?”

 

“Ehi, non sono io quello che si scappotta sempre le scale! Consideralo un pedaggio per la passeggiata, milady.”

 

“Jack, lasciala in pace.” Disse morbidamente Hermione, mentre riempiva tre tazze di latte.

 

Amelia balzò giù dalle spalle di Jack e si andò a sedere al suo posto al tavolo. “Lascialo parlare, un rinoceronte con le zampe di cemento armato è più delicato di lui.”

 

Jack ridacchiò. “Ha parlato la principessa del mondo delle favole…” Amelia lo fece ridere quando gli fece una buffissima linguaccia.

 

“Siete pronti per l’ultima fiera di paese dell’anno?” fece allegramente Hermione, mentre chiudeva lo zaino.

 

“Altrochè!”

 

“Ehi, ma papà e Katie?”

 

“Si sono avviati, Katie voleva vedere quando montano le bancarelle di prima mattina.” Hermione si sporse oltre per guardare verso le scalette. “Ma Simon ancora non è sceso?”

 

Amelia si voltò per vedere, ma poi scosse la testa. “Niente.”

 

Hermione sospirò. “E’ ancora sconvolto per ieri.” Mormorò piano, prendendo in mano la tazza di latte che aveva riservato a suo figlio minore. “Sarà meglio parlarci un po’…”

 

“Alt, ferma.” Jack le prese la tazza di mano. “Posso farlo io? Non penso che tu sia la sua persona preferita al momento…fai lo stesso mestiere di papà, no? Ci penso io.”

 

“…ok…” Hermione osservò stupita Jack che usciva dalla cucina per risalire di sopra. “Esattamente come Ron, ogni tanto si fa venire gli scatti di maturità…”

 

Amelia mise giù il suo latte e le strizzò un occhiolino. “Sarà anche un rinoceronte, ma sa essere un grande amico se vuole. Io mi fido di lui.”

 

Hermione sospirò. “Speriamo che si fidi anche Simon.”

 

 

***************

 

 

Jack non ebbe difficoltà a trovare suo fratello: dopo la nottata passata nella camera  con la sorella per cedere il letto ad Amelia, Simon aveva ripreso possesso della sua stanza e se ne stava stravaccato sul suo letto, mentre il suo cagnolone gli leccava la mano affettuosamente. Vedendo entrare Jack, il bel labrador gli venne incontro scodinzolando e abbaiò gioiosamente nel ricevere una grattatina dietro le orecchie.

 

“E allora, piccoletto, ti sei dimenticato che oggi c’è la fiera?” gli disse vispo, sedendosi pesantemente sul letto accanto al fratello.

 

Simon continuò a giocherellare assentemente con un elastico fra le dita. “Non mi va di venire.”

 

Jack gli porse la tazza di latte. “Dai, non fare il palloso. E fai colazione.”

 

Per tutta risposta Simon prese il suo latte e lo appoggiò sul comodino. “Ho detto che non mi va.”

 

Jack incrociò le braccia sul petto. “Per quanto ancora hai intenzione di fare la lagna?”

 

Simon lo incenerì con lo sguardo. “Solo perché tu non hai abbastanza cervello per capire quello che è successo, non significa che tutti dobbiamo…”

 

“E’ successo che un pazzo assassino ha attaccato un gruppo di persone innocenti e ha rischiato di radere al suolo mezza Hogsmeade, e papà l’ha fermato in tempo.” Il tono di Jack era duro e la sua voce era più alta. “E’ successo che papà ha fatto il suo dovere, e ha salvato un sacco di persone.”

 

Simon schizzò a sedere. “Perché ha ucciso quell’uomo?”

 

“Perché non aveva scelta!”

 

“No, non è vero, è impossibile! Bastava ferirlo, tramortirlo…”

 

“Prova tu a farti tutti questi calcoli se uno ti viene addosso per sbranarti! Ti vorrei proprio vedere a te, sai quante volte te ne fregherebbe e agiresti per legittima difesa!”

 

“Legittima per chi, per te?!”

 

“No, per tutti quelli che lavorano per assicurarci protezione da questo genere di cose…fra cui i nostri genitori!”

 

Simon strinse i pugni. “Che possono uccidere quanto vogliono, che tanto non dirà mai niente nessuno…vero?”

 

Jack esitò. “Senti…io so solo che papà non ucciderebbe mai nessuno se non fosse costretto. Dovresti capirlo da solo…andiamo, Simon, ti pare possibile che ammazzare la gente sia il divertimento segreto di papà? Non gli piace affatto, e ti dico di più…il tuo atteggiamento lo sta facendo soffrire.”

 

Simon tornò a sdraiarsi, tenendo gli occhi bassi. “Lui non se ne frega niente…altrimenti sarebbe stato molto meno impietoso.”

 

Jack scosse la testa. “Sei fuori strada, Simon…per favore, pensaci…non guardare le cose solo secondo il tuo modo, papà ha le sue motivazioni e prima le capisci, meglio starai. Gli vuoi dare almeno la possibilità di spiegarsi?”

 

Simon sbuffò. “Se ti dico di no te ne vai?”

 

Jack fece un irritante sorrisetto. “Assolutamente no.” Simon fece una smorfia, e Jack lo tirò per il maglione fino a farlo sedere. “Andiamo…beviti questo latte, poi andiamo alla fiera e tu parlerai con papà. Ok, piccoletto?”

 

“Non ti sopporto.”

 

Jack gli strapazzò i capelli, schivando a malapena un malrovescio. “Avanti, gnomo, datti una mossa invece di fare il rompipalle.”

 

Simon sbuffò ancora nella sua tazza di latte. L’ultima cosa che voleva fare era parlare a quattrocchi con suo padre… non quando non riusciva a pensare ad altro che alle sue mani sporche del sangue di quell’uomo morto con quello sguardo di orrore stampato in faccia.

 

 

***************

 

 

Forse era anche un bene che la fiera fosse così affollata e rumorosa, perché questo garantiva a Simon che non sarebbe riuscito a parlare con suo padre… ma essendo così tanto di malumore, tutto ciò che aveva sempre amato di quel genere di evento sembrava sparire a confronto con il fastidio che provava a essere continuamente spinto dalla folla, o a sentire i vocioni dei venditori che urlavano di avvicinarsi alle loro bancarelle.

 

Una volta la fiera di fine anno gli piaceva…con i guitti, le bancarelle colorate, la neve, le caldarroste calde che gli comprava puntualmente sua madre, il panino mangiato sulle panchette di legno… perché prendersi in giro, la fiera l’aveva sempre adorata. Ma quella mattina Simon si sentiva solo fisicamente male, costretto a spingere fra la gente solo per camminare e seguire il resto della sua famiglia. Gli venne spontanea una smorfia di rabbia mentre li osservava: sua madre salutava gli amici con aria serena, suo padre indicava a Katie, seduta sulle sue spalle, tutte le cose più belle e colorate delle varie bancarelle, Jack e Amelia avevano l’aria di chi si stava divertendo alla follia…possibile che nessuno fosse almeno un po’ turbato per quello che era successo il giorno prima? Era morto un uomo, e per mano di suo padre! Una stupida fiera bastava a cancellarne il ricordo così facilmente? Possibile che fossero tutti così superficiali? Anche…anche sua madre?

 

Simon si allentò la sciarpa dal collo…non riusciva a respirare. Rallentò e lasciò che gli altri andassero avanti senza di lui, quindi si fece spazio fra la folla e riuscì a raggiungere un vicoletto sul retro del viale, una minuscola stradina tutta piena di neve e completamente deserta. Lì il ragazzino si appoggiò di schiena al muro, chiuse forte gli occhi e abbassò la testa. Non ci riusciva, non ci riusciva proprio… non poteva togliersi dalla mente quello sguardo di orrore…

 

“Sei un giovane lupo solitario…o un’anima perduta?”

 

Simon sussultò e si girò: c’era qualcuno nel vicoletto…se non l’avesse sentito parlare potrebbe aver giurato di aver di fronte un Dissennatore, ma quello era un uomo…non particolarmente alto, e col viso coperto in parte dal pesante mantellaccio nero che gli avvolgeva tutto il corpo. “Chi è?”

 

L’uomo fece un sorriso sinistro. “Io sono un’anima perduta…quindi tu devi essere il lupo solitario.”

 

Simon fece un passo indietro. “Che cosa vuole?...”

 

“Niente. Tu invece cosa vuoi?” l’uomo zoppicò in avanti, trascinandosi la neve col mantello. “Sai…questa è casa mia, perciò dovresti dirmi tu cosa vuoi.”

 

Simon si accigliò e si guardò in giro. “Casa sua?...ma qui non c’è…niente, nemmeno un tetto…”

 

“Eh, lo so bene, figliolo.” L’uomo scrollò miseramente le spalle e si appoggiò a un vecchio cartone mezzo fradicio per via della neve. “Ma questo è tutto quello che mi resta.”

 

Simon s’incuriosì. Questa era la tipica situazione in cui avrebbe dovuto allontanarsi subito e cercare i suoi genitori…ma era sempre stato più curioso che prudente. “Ehm…posso chiederle…come mai si trova qui?”

 

“Vuoi sapere la verità?” l’uomo si sfilò dal mantello una bottiglia di vodka e ci si attaccò per un attimo, pulendosi sguaiatamente la bocca con una manica. “Ho incontrato la persona sbagliata al momento sbagliato. Le cose per me non sono sempre andate così…ero una persona per bene, sai. Lavoravo alla Gringott. Guadagnavo pure bene.”

 

“E poi?”

 

“E poi…ho avuto un gravissimo problema familiare…mia moglie, sai, lei era…molto malata.” L’uomo tracannò un altro sorso di vodka. “Per curarla ho finito tutti i soldi che avevo, ma lei non era ancora guarita, e così…ho fatto una cosa che non si doveva fare, ma l’ho fatto per lei. Ho rapinato la banca.”

 

Simon sbattè gli occhi. “Lei è un ladro?”

 

“Non esattamente…non se consideri che la mia prima rapina è stata anche l’ultima. E poi io non volevo quei soldi per me…li volevo per la mia adorata moglie. Il tuo papà non farebbe tutto per la tua mamma, figliolo?”

 

Simon annuì lentamente. Quell’uomo aveva ragione, suo padre avrebbe anche ucciso a sangue freddo per sua madre. Beh, in realtà aveva scoperto che lo faceva anche senza un motivo simile, ma comunque il senso era quello.

 

“E durante la mia…povera rapina,” continuò l’uomo. “Ho incontrato l’uomo che mi ha distrutto la vita. Era un War Mage, un…paladino del bene, a sentire la gente…”

 

“Un…War Mage?” fece il ragazzino, con la voce che gli tremava.

 

L’uomo annuì. “Si. Mi ha fermato e mi ha spedito ad Azkaban per cinque anni, stavo per impazzirci in quell’inferno…nel frattempo mia moglie è morta, mi hanno tolto tutto quello che avevo, bacchetta inclusa…e del nostro scontro mi è rimasto anche un ricordino.”

 

Simon trattenne rumorosamente il respiro e spalancò gli occhi quando l’uomo si scoprì la testa dal mantello: aveva tutto il viso ustionato e cicatrizzato in modo scomposto, piaghe e vesciche gli incorniciavano occhi e bocca, e i capelli gli crescevano solo da un lato della testa.

 

“Ti faccio paura, figliolo?” mormorò quello, con un orribile piccolo sorriso. “Lo so…ne faccio anche a me stesso. Ma credimi, io non ero così prima…”

 

“Chi…chi le ha fatto questo?”

 

“Probabilmente non lo conoscerai, anche se è piuttosto famoso nell’ambiente…si chiama Weasley. Quella carogna di Ron Weasley.”

 

Simon ingoiò il vuoto e arretrò di un passo, ma scivolò sulla neve e cadde a terra con un tonfo sordo. Per favore, fa’ che non sia vero…

 

“Ti senti bene, ragazzo?” l’uomo gli si avvicinò.

 

Simon lottò per trovare la voce, e potè usarne ben poca. “Ma…lei stava derubando una banca, poteva… poteva far male a qualcuno, è per questo che ha dovuto attaccare…”

 

“Potevo fare male solo a me stesso, per quanto mi tremavano le mani.” Fece mestamente l’uomo, scuotendo la testa. “No, lui lo aveva capito che non avrei potuto fare granchè…solo che non ha avuto pietà neanche quando l’ho supplicato.”

 

Simon socchiuse le labbra, nel misero tentativo di dare un po’ d’aria ai suoi polmoni. “…non è possibile…papà non può aver fatto questo…”

 

“Papà? Un momento, figliolo, non dirmi che Weasley…lui è tuo padre?” il ragazzino annuì, e l’uomo finse una smorfia di stupore e mortificazione. “Santo cielo, mi dispiace…non sapevo, ragazzo, scusa.”

 

Simon si rimise in piedi. “Lei sta mentendo, papà non può aver fatto una cosa così orrenda!” urlò. “Lui è una brava persona, e poi sta dalla parte dei buoni e salva la gente…”

 

“Io non ho interesse a dirti una bugia.” Fece calmo l’uomo. “Mi hai chiesto una cosa e io ti ho risposto, adesso sta a te decidere se credermi o no…in fondo, conosci tuo padre meglio di me. Sai di cos’è capace, no?”

 

Simon arretrò lentamente, scuotendo la testa come se stesse cercando di impedire a se stesso di dubitare, e senza rimanere oltre in quel posto orribile girò sui tacchi e corse di nuovo fuori nella folla, incurante dello sguardo dell’uomo dal viso sfigurato…e del suo sorrisetto perfido e soddisfatto. Simon corse e ingoiò le lacrime alla men peggio, e continuò a correre nella neve finchè non andò a sbattere contro qualcuno…

 

“Ehi, piccoletto! Ma che fine avevi fatto? Ti stavamo cercando da tutte le parti!”

 

Simon fece fatica a guardare in faccia suo fratello senza farsi vedere con gli occhi gonfi di un pianto inesploso. Vide le facce di Jack e Amelia farsi da meravigliate a preoccupate, e ingoiando il vuoto tornò a guardare a terra. “Io non mi sento bene.” Mormorò, con la voce che gli tremava. “Vado a casa.”

 

Amelia guardò Jack. “Vado a chiamare i tuoi genitori.” Mormorò, prima di tornare di nuovo nella fiera affollata.

 

Simon si voltò e si avviò lungo la strada coperta di neve, barcollando e inciampando nei suoi stessi piedi. Incredibilmente un minimo di conforto gli venne dal braccio che suo fratello gli passò attorno alle spalle e dalla sua voce stranamente confortante che gli mormorava che era tutto a posto, ma c’era quell’orribile ossessione che gli martellava il cervello…che lo lasciava boccheggiante e sconvolto…

 

…il mio papà…papà è solo un assassino…ditemi che non è vero…

 

 

***************

 

 

Hermione si chiuse piano la porta alle spalle, e ci si appoggiò di schiena in silenzio. Lasciò che fosse Ron a entrare nella stanza in penombra e a sedersi sul letto dove Simon stava sdraiato a pancia in giù, col viso affondato in un cuscino. Le faceva male vederlo così, avrebbe tanto voluto stringerselo al petto e coccolarlo fino a fargli tornare il sorriso sulle labbra, ma Ron era stato irremovibile. Niente coccole, Simon doveva superare questa cosa da persona forte e in gamba. Doveva rimettersi in piedi con le sue sole forze, anche se loro erano lì pronti a stargli vicino…si doveva rialzare lui.

 

Simon non si mosse quando sentì la mano grande e callosa di suo padre accarezzargli affettuosamente la testa, ma un singhiozzo soffocato lo costrinse a nascondere il viso ancora di più nel cuscino. “La conosco questa sensazione di smarrimento, sai?” gli disse piano Ron. “Forse non mi credi, ma l’ho provata anch’io…molto tempo fa. Quando sono cresciuto…quando ho visto com’è fatto il mondo. La vita non è fatta solo di quelle belle cose che vedi in famiglia, campione, purtroppo c’è ben altro…e l’episodio di ieri è un esempio. Non ti devi vergognare, è normale sentirti sconvolto. Sei ancora piccolo per capire certe cose, fanno più male da accettare alla tua età.”

 

Facendosi forza, Simon si sollevò sui gomiti e si voltò quel tanto da poter guardare in faccia suo padre, senza nascondere gli occhi gonfi e rossi che aveva per le ore passate a piangere di nascosto nella sua stanza. “Perché mi dici tante bugie?” mormorò.

 

“Non ti sto dicendo bugie.” Replicò calmo Ron.

 

“Si, invece.” Simon singultò e si asciugò il naso con una manica del maglione. “Adesso con me sei buono e paziente…e poi fuori sei qualcuno che non conosco…ma chi sei veramente tu, papà?”

 

Ron scosse la testa. “Non mi piace uccidere la gente, Simon, non vorrei mai doverlo fare e detesto quando sono costretto a prendere altre vite…ma ci sono circostanze in cui purtroppo è inevitabile, giusto perfino.”

 

Simon fece una faccia disgustata. “Giusto? ...ma chi ti credi di essere per decidere se è giusto o meno uccidere un altro essere umano?! E se qualcuno una mattina si svegliasse e decidesse che è giusto uccidere te?!”

 

“Hai ragione, per quanto necessario possa essere non è mai giusto uccidere un uomo, ma certe volte sei costretto perché devi fermarlo prima che lui faccia qualcosa di terribile…prima che faccia del male ad altri innocenti, o addirittura a quelli che ami.”

 

“Ma non puoi fare qualcosa…che ne so io, ferirlo…bloccarlo…mandarlo in prigione!”

 

“Quando questo è possibile lo faccio, si.” Ron sospirò stancamente. “Ma non credere che Azkaban sia tanto meglio della morte.”

 

Simon si sentì incredibilmente triste, quasi come se in quella stanza ci fosse anche un Dissennatore. “Allora…allora non c’è proprio modo di salvare quelli che hanno agito solo per disperazione, vero? Finiscono male come i criminali veri?”

 

Ron provò un’incredibile sensazione di malessere e di inadeguatezza, ed esitò prima di rispondere. Simon aveva ereditato l’intelligenza ma anche la sensibilità e il senso di giustizia di Hermione, poteva anche essere ancora piccolo ma la sua domanda era più che sensata. “Il più delle volte purtroppo si. Ma non sempre… per fortuna molte volte riusciamo a recuperare qualcuno, lo aiutiamo a rimettersi in sesto… ed è una bella soddisfazione, sai. Ma ci dobbiamo assicurare che non faccia più del male a nessuno.”

 

Simon esitò, quindi cercò lo sguardo di suo padre. Aveva un bisogno disperato di sapere… “Ho…letto una cosa.” Mormorò, tirando su col naso. “Qualche anno fa c’è stata una rapina alla Gringott che hai sventato tu…”

 

Ron si accigliò, ma annuì solamente. “Si.”

 

“C’era scritto…che il rapinatore era un povero disperato, e che aveva bisogno di soldi per la sua famiglia…e che tu l’hai mandato ad Azkaban, e gli hai bruciato la faccia.” Simon trovò il coraggio di guardare suo padre dritto negli occhi. “E’ vero questo?”

 

Hermione si allontanò dalla porta e avanzò verso il letto. “Mi ricordo di quello che stai raccontando.” Disse dolcemente, chinandosi finchè non fu all’altezza del suo bambino e sfiorandogli i capelli spettinati. “C’ero anch’io…e le cose non stavano esattamente così. Non so dove tu abbia letto di questa storia, ma non è questa la verità.”

 

Simon tirò su col naso e la guardò con uno sguardo stanco, ma desideroso di sperare ancora. “Qual è la verità?”

 

“La verità è che l’uomo che voleva rapinare la Gringott era un assassino, perché per prendere quel denaro non esitò a fare una strage fra i dipendenti della banca.” Hermione sospirò e gli accarezzò un braccio. “Papà e io arrivammo tardi, ma riuscimmo comunque a braccarlo…lui sembrò voler collaborare, ma poi appiccò un fuoco che divampò in un incendio, e quell’uomo piuttosto che lasciarsi prendere si gettò nelle fiamme. Nessuno lo aveva minacciato o colpito, non ce n’era stato il tempo. E più che essere disperato, quello era disperatamente deciso a scappare con un bottino principesco…non aveva nessuna famiglia da cui tornare, nessuno è mai andato da lui mentre era in carcere.”

 

Simon esitò, quindi tornò a guardare suo padre. Ron lo stava osservando in silenzio, in attesa di interpretare il suo sguardo ancora incerto.

 

Ci devo credere? …mi sono sbagliato sul conto di papà? …

 

“Dormici su.” Ron si alzò dal letto e gli accarezzò la testa. “Prenditi un po’ di tempo per pensare…e decidere se ti vuoi fidare di me. Va bene?”

 

Simon annuì lentamente, lasciò che sua madre gli baciasse la fronte amorevolmente e aspettò di essere tornato da solo nella stanza prima di appoggiarsi di nuovo con la testa sul cuscino. Papà è stato onesto… non mi ha raccontato cretinate, ha ammesso che qualche volta le uccide le persone… e se mi ha detto la verità prima, perché avrebbe dovuto dirmi una palla con la storia del ladro? E’ stato sincero prima…

 

E tu gli credi?, mormorò una fastidiosissima vocetta dal più remoto angolo del suo cervello.

 

Quella notte Simon non chiuse occhio per rispondere a quella domanda.

 

 

***************

 

 

Una sferzata di vento gelido gli punse la faccia, ma Simon non si fermò mentre correva per raggiungere quell’orribile vicoletto che gli aveva portato tanti guai. Quella mattina i suoi genitori avevano accompagnato Katie al parco giochi con un paio di amichette, e Jack e Amelia erano troppo presi dalla loro sfida all’ultima palla di neve per accorgersi di lui che usciva di soppiatto dalla finestra. Normalmente il suo senso razionale non avrebbe approvato una trovata simile, ma sentiva che questo lo doveva proprio fare. Al diavolo la razionalità e l’autocontrollo, questo lo doveva a suo padre…e a se stesso.

 

Il vicoletto era apparentemente vuoto, e nell’aria si sentiva solo il respiro affannoso di Simon, che appoggiò le mani sulle ginocchia e spostò lo sguardo un po’ dovunque mentre riprendeva fiato.

 

“Stai cercando me?”

 

Simon sobbalzò e si voltò di scatto. Strinse i pugni forte nel vedere il viso mostruoso dell’omuncolo col mantello addosso. “Già, proprio te!”

 

L’uomo inarcò un sopracciglio. “Dimmi pure, mio focoso amico.”

 

“Sei un bugiardo!” ruggì Simon, avanzando col mento bene in alto. “Mi hai riempito di palle…mio padre non è un mostro, e tu non sei un poveraccio ma un ladro e un assassino!”

 

“Ma tu mi hai creduto quando ti ho detto quelle cose.” L’uomo fece un orrendo sorriso sadico. “Non eri così sicuro di te fino a ieri…lo sa il tuo caro paparino che non hai tutta questa fiducia in lui?”

 

Simon strinse i pugni ancora di più. “Ieri ti è andata bene, ma se sono qui oggi è per dirti che sei solo uno sporco stronzone bugiardo e fallito!”

 

L’uomo gettò indietro la testa e rise forte, facendo risuonare quel suono spettrale nel vicoletto deserto. “Mio povero piccolo coraggioso idiota…impavido come tuo padre, che pur di prendermi si gettò nel fuoco a rischio e pericolo della sua incolumità…non te la sei perdonata questa mancanza di fiducia verso il tuo caro paparino, vero? Che bravo ragazzo, i tuoi genitori ti hanno tirato su proprio bene, complimenti.”

 

“Brutto stronzo.” Ringhiò Simon, ormai deciso ad andarsene e lasciarsi alle spalle quella brutta storia…quello che lo fermò fu l’affilata lama di un coltellaccio appuntito che si ritrovò premuto contro la gola.

 

L’uomo fece un sorrisetto e gli fece cenno di no con un dito. “Credevi che ti avessi intrattenuto qui per il piacere della tua presenza, piccolo Weasley? Il tuo caro papà e io abbiamo un discorsetto in sospeso da sistemare…e adesso tu farai il bravo e mi porterai a casa tua.”

 

Simon lo guardò con aria di sfida. “Vaffanculo.”

 

“Come preferisci, sono certo che a tua madre farà bene ritrovarsi le budella del suo adorato figlioletto in un pacco postale, che dici?”

 

Più che per una paura fisica sua, Simon si mosse pensando a sua mamma…una cosa del genere l’avrebbe uccisa.

 

“Bravo ragazzo.” Mormorò quello, voltandolo davanti a lui e piazzandogli il pugnale direttamente contro la schiena, dove nessuno poteva vederlo. “Adesso cammina non troppo piano e non troppo veloce. E guai a te se attiri l’attenzione di qualcuno, te ne farò pentire amaramente.”

 

Tutto il tragitto fino a casa fu quanto di più terribile potesse vivere Simon. Non faceva altro che scervellarsi nel tentativo di capire qual’era la cosa migliore da fare, come tentare di fermare quell’uomo…ma più si rendeva conto del grado di follia del suo sequestratore e più il cervello gli diceva di restare fermo e obbedirgli…in quel modo almeno poteva sperare nei suoi genitori…in suo padre, in un suo intervento…

 

L’uomo fece un sorriso mefitico quando furono abbastanza vicini alla casa da poter vedere e sentire Jack e Amelia, che ridevano come matti mentre si prendevano a palle di neve nel giardino coperto di bianco. Con uno strattone spinse in avanti Simon, costringendolo a camminare finchè non fu davanti al cancello.

 

Jack schivò una palla di neve e si preparò a rispondere al fuoco con un colpo netto, ma fermò la mano in aria quando vide suo fratello insieme a un uomo quasi completamente coperto da un mantello nero. “Ehi, ma tu non eri di sopra?”

 

Amelia si voltò e gli sorrise. “Chi c’è sotto il mantello, Matt?”

 

“Non esattamente.” L’uomo fece una smorfia di folle soddisfazione e si tirò giù il cappuccio con uno scatto. Amelia si lasciò sfuggire uno strillo e si coprì la bocca con le mani, e Jack assunse un’aria inorridita. “Scusate tanto per l’interruzione, ragazzi.” Fece compiaciuto l’uomo.

 

Jack s’impose di autocontrollarsi. “Simon, posso capire cosa diavolo sta succedendo?”

 

Simon aprì la bocca per rispondere, mentre un’espressione di mortificazione gli ricopriva il viso, ma a replicare fu il suo sequestratore, che gli passò il coltello sotto la gola in modo che potesse essere visto alla luce del sole. “Questo soddisfa la tua curiosità, giovanotto?”

 

“…oddio…” mormorò tra i denti Amelia.

 

“Senti amico…vedi di calmarti, eh?” Jack provò a fare un passo avanti.

 

“Fai silenzio, ragazzino, e chiamami immediatamente tuo padre.”

 

Jack scosse la testa. “Non c’è.”

 

L’uomo col viso martoriato spinse con più forza il coltello contro la gola di Simon, che chiuse forte gli occhi. “Portami qui Ron Weasley o gli taglio la testa.”

 

“Siamo soli in casa, può controllare se non ci crede!” fece subito Amelia. “Guardi!”

 

Jack strinse i pugni. “Lascia andare mio fratello, lui non c’entra niente in questa storia.”

 

Sul viso dell’uomo comparve un losco sorrisetto felice. “C’entra molto più di quanto tu non pensi, chi credi che mi abbia portato qui?”

 

“Mi ha imbrogliato, mi dispiace!” fece subito Simon, con la voce che gli tremava. “Non volevo…!”

 

“Basta così.” L’uomo lo strattonò e lo afferrò per un braccio, tornando a tenergli il coltello puntato nella schiena.  “Mi sono stancato di queste lagne… è arrivata l’ora di riaprire i giochi, e stavolta lo faremo a modo mio… tu!” fece, indicando Jack. “Vieni qui… cammina davanti con le mani bene alzate, e non provare a fare neanche uno starnuto o finirai figlio unico prima della fine della giornata.”

 

Jack e Amelia si scambiarono uno sguardo teso, ma non c’era altro da fare. Jack si avvicinò lentamente all’uomo e alzò le mani, senza guardare suo fratello in faccia. Simon ingoiò a fatica il vuoto… aveva ragione ad avercela con lui, dopo tutti i guai che aveva combinato…

 

“Quanto a te, signorinella.” L’uomo guardò Amelia, che gli restituì uno sguardo carico di odio. “Renditi utile…va’ a cercare Ron Weasley, e digli che se si vuole riprendere i suoi figli può venire a salutare un vecchio amico al boschetto di pini sulla strada per Hogsmeade. Entro il tramonto, naturalmente…non farò da babysitter ai suoi mocciosi per un istante di più.”

 

Amelia fece un passo avanti, desiderosa di fermarlo, ma Jack scosse la testa e le fece cenno di stare indietro. Era troppo pericoloso.

 

“Bene.” L’uomo strattonò Simon, facendo muovere anche Jack. “E adesso andiamo…ci aspetta una bella passeggiatina all’aria aperta.”

 

Amelia rimase a guardare col cuore in gola i suoi due più cari amici che si allontanavano con quel pazzo, poi girò sui tacchi e corse a più non posso verso il parco giochi. Ci impiegò a stento un paio di minuti per arrivarci, forse il miglior tempo della sua vita.

 

 

***************

 

 

Ron strinse la mano sulla bacchetta, mentre avanzava lentamente nella radura alberata e completamente coperta di neve. Si muoveva piano, pronto a trovare il minimo movimento fra i rami degli alberi o fra i cespugli imbiancati, cercando allo stesso tempo di mantenere la calma e respingere quel ronzio sordo che gli martellava il cervello…non riusciva a pensare con calma e lucidità quando sapeva che i suoi figli stavano rischiando la vita…di nuovo. Voleva vederli per assicurarsi che stessero bene, poi al resto ci avrebbe pensato lui…ma sentiva il bisogno di vederli, perché quel senso di angoscia e attesa lo stava uccidendo. Ma l’unico rumore che fino a quel momento si era sentito distintamente era il fruscio del vento fra le foglie, e nulla più.

 

Forse qualche santo in cielo l’aveva ascoltato, perché qualche metro più avanti intravide una sagoma in ginocchio a terra…Jack aveva i polsi legati all’albero vicino al quale stava inginocchiato, e un bavaglio piuttosto consistente gli tappava la bocca. Ron lasciò che un po’ dell’aria che stava trattenendo uscisse fuori dai suoi polmoni sovraccarichi…ma non corse subito da suo figlio. Innanzitutto perché quella aveva tutta l’aria di essere la tipica trappola contorta, e poi…mancava Simon.

 

Jack si sentì chiamare da una voce familiare, e un’ondata di speranza lo invase mentre alzava gli occhi da terra per vedere suo padre che si avvicinava, lentamente, con la bacchetta in mano ed estremamente guardingo mentre si voltava a destra e a sinistra.

 

“Stai bene, figliolo?”

 

Jack annuì, poi gli fece freneticamente segno di andarsene, di scappare perché quella era una trappola…ma Ron non si mosse, rimase fermo e osservò attentamente la situazione. Jack urlò qualcosa di incomprensibile contro il bavaglio, nel disperato tentativo di avvertire suo padre…e d’istinto serrò forte gli occhi quando vide un pugnale scagliato a tutta forza contro di lui. Fu il sollievo più grande che avesse provato in vita sua quando aprì gli occhi e vide la lama incastrata in un albero a pochi centimetri da suo padre.

 

“Chi diavolo sei, e cosa vuoi da me?!” urlò Ron. “Vieni fuori!!”

 

Si sentì un fruscìo di foglie e il rumore ovattato della neve calpestata, quindi l’uomo col viso deformato dalle ustioni venne allo scoperto, tenendo saldamente per un braccio Simon mentre gli puntava alla gola il pugnale.

 

“Stai bene, Simon?” fece subito apprensivo Ron, dominando la sua voglia folle di disarmare quell’uomo e finirlo a morsi.

 

Simon aveva una faccia mortificata e disperata, e guardò suo padre con gli occhi colmi di angoscia. “Papà, mi dispiace, mi dispiace tanto…”

 

“Non ti preoccupare, va tutto bene…” Ron era così preso da suo figlio che neanche guardò in faccia il misterioso sequestratore. “Sistemo tutto io, non aver paura…”

 

“…è tutta colpa mia…” mormorò Simon con una vocina piccola e sconfortata.

 

“Stai tranquillo, va tutto bene…”

 

“Andrà ancora meglio se butterai quella bacchetta, Weasley.”

 

Ron finalmente puntò lo sguardo sul suo nemico…gli ci volle poco per riconoscere i lineamenti distorti del mostruoso ladro davanti a lui. “Lerman, figlio di puttana…” sibilò a denti stretti.

 

L’uomo fece un largo sorriso disgustoso e annuì. “Vedo che ti ricordi di me, Weasley…che bravo. Certe cose non si scordano, eh?”

 

“Che diavolo vuoi?” ruggì Ron. “Lascia andare i miei figli, subito!

 

“Eh no, amico mio…stavolta le detto io le regole del gioco.” L’uomo sfiorò la tempia di Simon con la lama del pugnale. “Intanto butta la bacchetta…e metti le mani sopra la testa.”

 

Ron non esitò, non se lo poteva permettere…gli obbedì, ma senza staccargli gli occhi di dosso.

 

“Ma come sei malleabile…” l’uomo rise sguaiatamente. “Ti posso manovrare come un burattino di legno, tu non sai che divertimento…è stato il mio obbiettivo per tutti questi anni, e ora finalmente… sei mio, sporca carogna…”

 

“Vediamocela io e te, da soli.” Fece subito Ron. “Lascia andare i ragazzi, loro non c’entrano con quello che ti è successo.”

 

“Stai scherzando?” l’uomo diede una pacchetta sulla spalla di Simon. “Senza la collaborazione di tuo figlio non sarei mai arrivato a te…pensa, credeva di comportarsi in nome della giustizia e della morale...”

 

“No, non è vero!!” urlò Simon. “Tu mi hai ingannato, mi hai detto delle stronzate…”

 

“E tu hai creduto a me e non a tuo padre.” Replicò orgoglioso l’uomo. “Ecco perché sei tornato da me stamattina.”

 

“Non è vero, non è così!!” Simon guardò implorante suo padre. “Non è così, io non volevo…”

 

Ron fece un passo avanti, tenendo i pugni così stretti che gli tremavano. “Tormenta ancora mio figlio, Lerman, e ti giuro sulla mia testa che ti seppellisco vivo!”

 

L’uomo gettò indietro la testa e rise forte. “Sei così patetico, Weasley…non ti puoi permettere il lusso di minacciare, puoi solo supplicare….” Jack si sforzò di rimanere immobile quando si vide la lama del pugnale puntata contro la fronte. “Per esempio, perché non cominci a implorarmi di non aprire la testa a tuo figlio?”

 

Ron si contenne a fatica. “Non lo toccare!!”

 

“Supplicami, avanti!! Che c’è, Weasley? Troppo orgoglioso per farlo?”

 

Ron serrò un attimo gli occhi, cercando di trovare in sé la concentrazione e la calma per agire. La tigre dentro di lui ruggiva e si dimenava per fare qualcosa, per salvare i ragazzi…ma se per salvarli era necessario un sacrificio del suo orgoglio, allora non avrebbe esitato. “…ti supplico, non fargli del male!”

 

“Mi piace sentirti nella veste del paparino spaventato, sembri quasi un essere umano!” esclamò orgoglioso l’uomo, allontanando il pugnale da Jack e tornando a puntarlo contro Simon. “Non sei come quattro anni fa alla Gringott, super uomo…”

 

“Mentre tu sei rimasto lo stesso bastardo mainpolatore di allora!”

 

“Noo, amico mio…sono diventato molto peggio. Ne ho avuto di tempo per pensare a te…e a come mi sarei vendicato.” L’uomo fece un sorrisetto e spinse Simon di un passo più avanti. “Vediamo un po’…qui abbiamo il figlioletto irresponsabile e pieno di senso della giustizia…è ancora piccolo, scommetto che non gli hai raccontato neanche la metà delle tue gloriose gesta…eroiche…mentre qui…” così dicendo diede un piccolo calcio a Jack, che lo guardò con gli occhi di fuoco. “…c’è il giovanotto che assomiglia a te…quello irruento che non abbassa mai la testa…che accoppiata, Weasley, dei figli su misura per te…e dimmi, amico mio, quale dei due preferisci?”

 

A Ron si seccò all’istante la gola. “Cosa diavolo…”

 

“Ti propongo un affare, anche se non te lo meriti affatto. Scegline uno, almeno uno te lo lascio vivo.”

 

Jack e Simon lo guardarono inorriditi, e Ron sentì che il sangue gli scivolava via dalla faccia e si congelava nelle vene. Dio mio, no… “Vaffanculo Lerman, tu e tutti i tuoi giochetti perversi!!!”

 

Il sorrisetto sadico dell’uomo si allargò. “Cos’è, non riesci a dire ai tuoi figli chi di loro è il tuo preferito?”

 

“Lasciali andare immediatamente!!!” urlò Ron, col viso rosso per la rabbia.

 

“Bene, come vuoi…se non riesci a farlo tu, vorrà dire che sceglierò io per te.” a sorpresa e in una frazione di secondo, l’uomo abbassò il pugnale e con l’altra mano spinse Simon con tutta la forza che aveva. Il ragazzino si lasciò scappare uno strillo, e incespicò con i piedi sulla neve abbastanza da cadere di schiena sulla superficie congelata del laghetto alle sue spalle. Inevitabilmente il ghiaccio si frantumò in una voragine molto piccola, ma larga abbastanza perché Simon sprofondasse nell’acqua gelida.

 

“NOO!!!”

 

“FERMO LA’!!”

 

Ron fu costretto a fermare la sua corsa verso il laghetto quando vide che l’uomo sfigurato teneva Jack per i capelli, puntandogli il coltello alla gola.

 

“Prova ad avvicinarti all’acqua e perderai anche quest’altro!”

 

Ron si sentiva d’impazzire. Riusciva a vedere Simon agitarsi sotto il ghiaccio come un’anguilla impazzita, e sapeva che tra il freddo terribile e la mancanza d’aria avrebbe resistito meno di una manciata di secondi…e la lama del pugnale era così vicina a Jack che sarebbe bastato un movimento leggerissimo del polso…

 

L’uomo rise forte. “E’ questo perdere la testa, Weasley! E’ quello a cui mi hai condannato tu ad Azkaban, e adesso sai cosa si prova! Non potrai fare proprio niente, resta a guardare tuo figlio morire con la consapevolezza che è tutta colpa tua, solo tua!”

 

“Maledizione, no!!!!!” urlò Ron, e la disperazione era chiara nella sua voce.

 

L’uomo rise ancora più forte quando vide il viso già pallido di Ron farsi letteralmente terreo… Simon non si vedeva più. “E per il gran finale, Weasley…non volevi fare una scelta, eh? Ti voglio accontentare… eliminiamo anche questo!”

 

Jack spalancò gli occhi quando vide la mano col pugnale sollevarsi contro di lui.

 

“Expelliarmus!!!”

 

Il pugnale dell’uomo fece un volo nella neve, e anche lui sobbalzò di buoni tre passi indietro…quel tanto da consentire a una figura dai folti capelli castani di centrarlo con un pugno in pieno viso. Lo sfigurato ci impiegò qualche secondo per riaprire gli occhi e si tastò il naso dolorante, ma gli montò in corpo una rabbia disumana quando sentì il rumore del ghiaccio che si rompeva sotto il peso del tuffo di Ron…il suo odiato nemico si era lanciato in soccorso del figlio. Con uno scatto di reni l’uomo si rimise in piedi…solo per ritrovarsi davanti una donna con uno sguardo di fuoco che gli puntava la bacchetta contro.

 

“Dammi solo un motivo per farlo, e ti giuro che non avrò pietà.” Sibilò gelida.

 

L’uomo la guardò per un attimo…si ricordava di lei, era la moglie di Ron Weasley. Sapeva bene quanto fosse infallibile con una bacchetta in mano…ma a quel punto non c’era più niente da perdere, non voleva tornare in prigione…così agì d’istinto. Si gettò in avanti con tutto il peso del corpo e la caricò fino a farla cadere nella neve, quindi si voltò per correre verso l’albero in cui stava incastrato uno dei suoi pugnali…ma nella fretta non vide la gamba che Jack allungò di proposito, e fece un gran volo fino a finire di faccia a terra nella neve.

 

“Cazzo, no!!!”

 

“Stupeficium!!”

 

Hermione fu velocissima e precisa…l’uomo si accasciò a terra privo di sensi. Lei non perse tempo, e con un incantesimo ben piazzato fece avvolgere il suo corpo da alcune robuste radici che somigliavano molto a delle catene. Quando si fu assicurata che non ci fosse più pericolo, il suo primo pensiero fu di liberare Jack, che si alzò in piedi massaggiandosi i polsi.

 

“Stai bene, tesoro?” fece agitata Hermione, accarezzandogli il viso pallido, e Jack annuì stancamente.

 

Un rumore di ghiaccio rotto attirò la loro attenzione, e qualche secondo dopo Ron si issò pesantemente sulla riva del laghetto congelato, tenendo Simon ben stretto a sé. Jack e Hermione furono accanto a loro in un istante, aiutandoli a risalire. Il primo pensiero di Hermione, vedendo Ron tremare di freddo, fu quello di asciugare i vestiti di entrambi con un rapido colpo di bacchetta, ma si rese subito conto che Ron non ci faceva neanche caso al freddo...il suo sguardo angosciato era fisso su Simon, che dopo aver a malapena tossicchiato un po’ era rimasto privo di conoscenza fra le sue braccia.

 

“Oddio…” Hermione si coprì la bocca con le mani. Il suo bambino aveva un colorito livido e le labbra blu…

 

Jack si sfilò il giubbotto di dosso e lo mise sulle spalle di suo fratello, e Ron prese subito a fare vigorose strofinazioni sulle braccia e sulla schiena di Simon. “…avanti, campione, avanti…non fare scherzi, svegliati…”

 

“…Ron…” piagnucolò Hermione, impallidendo.

 

Ron la guardò con uno scattò di rabbia negli occhi. “Invece di piangere dammi una mano, cazzo!!” tuonò, tradendo il suo panico mentre stringeva forte a sé il figlio.

 

Hermione ingoiò il vuoto e riprese la bacchetta in mano, costringendosi a recuperare quel tanto di lucidità necessaria a mormorare un incantesimo per riscaldare l’aria…pronunciò tutti gli incantesimi per produrre calore che conosceva, tanto che per poco non diede fuoco ai suoi stessi vestiti.

 

“…dai…” mormorò Ron, facendo appoggiare la testa di Simon sulla sua spalla così che potesse guardarlo in faccia. I suoi massaggi e gli incantesimi di Hermione stavano avendo un qualche effetto, perché almeno non aveva più le labbra blu. “…dai, Simon…”

 

Hermione gli prese una delle mani fredde fra le sue e gliela baciò amorevolmente. “Ti prego, ti prego non mi fare questo…”

 

Ron prese suo figlio per le spalle e lo scrollò con una certa energia. “Basta dormire, Simon, apri gli occhi!” lo scrollone servì a far stringere gli occhi a Simon. Quando Ron gli vide socchiudere debolmente gli occhi, potè giurare che il tempo si fosse fermato in quel meraviglioso, splendido momento. Gli sentì sussurrare un debole ‘papà’, e lo abbracciò così forte che per un momento ebbe paura di romperlo, ma non gliene importava…il suo bambino stava bene, contava solo questo.

 

Hermione lanciò uno strillino e si prese Simon fra le braccia, coprendogli il viso di baci e soffocandolo di attenzioni. Ron li osservò per un istante, poi si lasciò scivolare col sedere nella neve e si appoggiò indietro sui gomiti, chiudendo gli occhi e respirando profondamente. Jack scompigliò bonariamente i capelli umidi del fratello, poi emise un gigantesco sospiro di sollievo e si lasciò cadere di schiena nella neve.

 

 

***************

 

 

Katie si accoccolò ancora di più sulla spalla di Simon, senza però infilarsi sotto le coperte…anzi, con molta premura gli sistemò il piumone addosso e lo coprì per bene. “Non ti scoprire, sei ancora tutto caldo… non devi prendere freddo, i bambini con la febbre stanno nel letto buoni buoni.” Gli disse col suo solito tono di mammina previdente.

 

Amelia, che era seduta dall’altra parte del letto, accarezzò per l’ennesima volta i capelli di Simon e gli sentì la fronte. “Sta cominciando a scendere anche la febbre, vedrai che per domani starai benissimo.” Gli mormorò, regalandogli un bacio sulla guancia scottante.

 

Jack, che era in piedi di spalle al muro vicino a suo padre, scosse la testa divertito. “Mi devono ancora spiegare come fa…attira le donne come una calamita, dovresti vederlo a scuola.” Ron ridacchiò.

 

“Arriva il latte caldo col miele!” Hermione entrò nella stanza con una tazza azzurra in mano, e la porse al figlio minore. “Bevilo tutto, tesoro, ti farà sentire meglio.”

 

“Grazie.” Mormorò pacatamente Simon, mettendosi più dritto nel letto. Prese la tazza e l’accostò alla bocca, ma poi notò il modo in cui Katie la fissava…lei adorava il latte col miele. Così gliene porse un po’ per un assaggio, e la bimba ne prese un sorso tutta felice.

 

Ron fece un piccolo sorriso e si voltò verso Jack. “Ecco come fa…ha un cuore grande così.”

 

Jack fece una smorfia. “Perché, io no?” Ron inarcò un sopracciglio. “Ok, ok…no comment.”

 

Simon porse la tazza vuota a sua madre e si appoggiò di nuovo al cuscino alle sue spalle. “Non perdete tempo con me, avete una festa da preparare.”

 

Katie sbattè gli occhioni. “Ma tu dopo ci vieni, vero? Ci vestiamo tutti eleganti!”

 

“Io ho un’idea migliore.” Amelia fece un sorrisetto. “Trasformiamo la festa in un pigiama party di fine anno! Così Simon non prende freddo ma ci divertiamo tutti comunque.”

 

“Brava Amelia.” Osservò compiaciuto Ron. “E’ un’idea grandiosa.”

 

Hermione le diede un pizzicotto sul naso. “Allora andate di sotto e finite di sistemare gli addobbi, vi faccio trovare i pigiami già pronti.”

 

“Sii!” Katie balzò giù dal letto del fratello e corse fuori dalla stanza, Amelia le fu dietro e quindi si accodò anche Jack.

 

Hermione sentì ancora una volta la fronte del figlio, quindi gli fece un sorriso incoraggiante. “Tra qualche ora ti sentirai già molto meglio…cerca di riposare un po’, ti farà bene.”

 

Simon annuì. “Va bene.”

 

Hermione gli diede un bacio sulla fronte e si alzò, dirigendosi verso la porta e soffermandosi a dare un piccolo bacio anche a Ron, che ricambiò.

 

“Ehm…mamma?”

 

“Si?”

 

“…scusami se ti ho fatto preoccupare.”

 

Hermione gli fece un sorriso dolcissimo e materno. “Pensa a stare subito bene, capito?” lui annuì, e con una strizzatina d’occhio lei uscì.

 

Ron si staccò dal muro e si avvicinò serenamente al letto di suo figlio, sedendosi su una sedia lasciata vuota lì accanto. “E allora, campione? Come ti senti?”

 

Simon scrollò le spalle. “Stanco…mal di testa.”

 

“Mamma ha ragione, un paio d’ore di riposo non possono che farti bene.”

 

Simon tirò su col naso. “Resti?”

 

“Si, se vuoi.”

 

Simon si morse le labbra…non sapeva cosa dire. “Sei arrabbiato?”

 

Ron scosse tranquillamente la testa. “No.”

 

“Deluso?”

 

“Nemmeno. Sto facendo scivolare via la tensione accumulata oggi.”

 

Simon abbassò lo sguardo. “Ho combinato proprio dei gran casini, eh?”

 

Ron lo osservò morbidamente, e lottò per mantenersi serio…non riusciva ad avercela con lui, non riusciva a sgridarlo… aveva avuto così tanta paura di perderlo che se avesse potuto, lo avrebbe tenuto tutta la sera sulle sue ginocchia, stretto nel suo abbraccio protettivo. “Si, campione, devo ammettere che fra te e tuo fratello sarà un miracolo se non ci farete venire i capelli bianchi a quarant’anni… ma non credo di avere il diritto di giudicare, proprio io che alla tua età ne ho fatte di tutti i colori.”

 

Simon fece un piccolo sorriso timido e alzò lo sguardo. “Però sono in punizione lo stesso…vero?”

 

“Si.” Ron annuì e sorrise paternamente. “Si, sei in punizione…ma perché voglio che tu capisca bene una cosa. Non hai sbagliato a dubitare di me, è normale provare sensazioni contrastanti e non capirci più niente… ma non avresti dovuto tornare da quell’assassino da solo. Dovevi parlare con mamma, o con zio Harry…con Jack…con chiunque. E ti saresti risparmiato tutti quei sensi di colpa…ti avrei raccontato la storia di quel ladro, e della sua capacità di convincere la gente. A me lo fece nella banca, quasi quasi lo lasciavo andare per pena.”

 

“E’ che io volevo dire a quello stronzo che tu sei una brava persona!” si lamentò Simon. “Volevo che sapesse che io mi fido di te…”

 

Ron gli accarezzò la testa. “E io mi fido di te. Mi fido di te anche più di quanto non mi fido di quello sconsiderato di tuo fratello… non avevi bisogno di provarmi il tuo affetto e la tua fiducia, non a rischio della tua vita. E la punizione ha questo scopo… insegnarti a riflettere prima di fare le cose. Per fortuna del cielo tu assomigli più a mamma, ma a quanto pare hai la tua buona dose di irruenza di marca Weasley, e io non voglio che né tu né Jack finiate per fare gli stessi errori che ho fatto io.”

 

Simon si grattò la tempia. “Ho fatto una cosa stupida… l’ho capita dopo.”

 

“Hai fatto una cosa normale…hai fatto un errore.” Ron gli indicò il cuore. “Perché hai ascoltato solo questo…” poi gli indicò la testa. “…e non questa. Un errore di valutazione che io ho fatto una vita intera… e ho pagato a mie spese. Tu imparerai a bilanciare le due cose… un passo alla volta, sei ancora piccolino.”

 

“Papà, ho dodici anni…”

 

“Eh, sei maggiorenne ormai.”

 

“Sfotti, sfotti…” Simon mise il broncio e affondò la schiena nel cuscino. “Allora, che punizione è?”

 

“Niente dolci né uscite con gli amici per una settimana, a partire da domani mattina.” Ron inarcò brevemente un sopracciglio. “E se mamma ha bisogno di una mano in casa, collaborerai.”

 

Simon sbuffò e chiuse gli occhi. “Nient’altro?”

 

“Si.” Ron gli fece un occhiolino. “Ho scoperto che nella Londra babbana hanno aperto una nuova libreria con una bellissima sezione dedicata agli animali… vogliamo andare a vedere se troviamo qualcosa sui draghi?”

 

Simon guardò suo padre con gli occhi illuminati da una gioia vispa e contagiosa. “Dici davvero? Mi ci porti?”

 

Ron sorrise e annuì. “Si, ma non dire niente a mamma… dice che perdo credibilità quando vi salvo dalle punizioni.”

 

Simon rise e annuì. Aveva gli occhi lucidi e le guance rosse per la febbre, eppure aveva tutta l’aria di stare meglio di quanto non fosse stato negli ultimi giorni…e Ron non potè fare a meno di arruffargli i capelli e dargli un pizzicotto sul naso, quel tanto da sentirlo vispo e vivo com’era sempre stato…per scacciare quell’immagine spettrale del suo corpo congelato in fondo al lago.

 

“E adesso fa’ il bravo e mettiti sotto le coperte, niente pigiama party se prima non ti fai una buona dormita.”

 

“Sissignore.” Simon si sdraiò nel letto e si coprì col piumone. “…grazie di tutto, pa’… non te la rendiamo proprio facile, eh?”

 

“Proprio per niente.” Ron gli sistemò le coperte con un sorriso. “Ma è il pepe che mette gusto al piatto, no?”

 

Simon ridacchiò. “Non farti sentire da mamma.”

 

Uno strillo rabbioso precedette dei passi di corsa provenienti dal corridoio, e un attimo dopo Jack balzò nella stanza e si affrettò a chiudere la porta a chiave.

 

“…porcaccia la miseria…” mormorò con una smorfia sulla faccia.

 

“JACK WEASLEY, VIENI FUORI DI LI’!!!!!!!!!” la voce di Amelia si sentiva benissimo anche oltre la porta. “GUARDA COS’HAI COMBINATO, IO T’AMMAZZO!!!!! AVANTI, ABBI IL CORAGGIO DI VENIRE FUORI!!!!”

 

“Amy, ti giuro che non l’ho fatto apposta!...”

 

Ron inarcò un sopracciglio. “Ma che le hai fatto?”

 

Jack fece una smorfia mortificata. “…ma niente, è che lo striscione di auguri stava vicino alle candele… praticamente mi sono dimenticato di toglierlo da là, però non è che…”

 

“IMBECILLE, VIENI FUORI!!!”

 

Simon ridacchiò. “Hai dato fuoco allo striscione di Amelia, quello che sta preparando da giorni?”

 

Jack assunse un’aria tranquilla. “Si, ma adesso la senti così…tra cinque minuti si calma, ne parliamo…”

 

Un attimo dopo la porta si spalancò all’improvviso, aperta da un buon Alohomora…e colpì in pieno Jack, mentre Amelia si sporgeva all’interno giusto in tempo per vedere lo spigolo colpire in pieno il suo amico, che cadde come una pera cotta. Non contenta continuò ad infierire per lo striscione…e Ron e Simon se la risero di gusto fino alle lacrime.

 

Com’era bello poter ridere di nuovo così!

 

 

 

**The end**

 

 

 

 

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