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Autore: LaGraziaViolenta    23/06/2013    9 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove si scopre perché questo Halloween rimarrà per sempre impresso nella memoria di Serena Latini. No, Jack Skellington non darà spettacolo in mezzo alla Sala Grande, mi dispiace. Parte 2.



Chelsea mi guardò. I suoi occhi saettarono su Rose, poi tornarono su di me. «Ehi ragazze, tutto bene?»
Chelsea, la mia salvatrice! Allungai le braccia verso di lei, la gola roca che mi impediva di parlare.
Chelsea uscì dal buco del ritratto e si avvicinò. Immediatamente mi aggrappai alla sua manica e strinsi con forza la lana grigia del maglione.
«Perché piangi?» Chelsea guardò Rose con aria interrogativa. Rose alzò le spalle.
«Non ne ho idea… L’ho trovata qui davanti al ritratto ed è scoppiata a piangere. Mi ha chiesto di James e Lily…»
«James e Lily?» Chelsea corrugò la fronte. «Serena, stai delirando?»
Provai a parlare, ma uscì un suono roco. Mi schiarii la voce. «Andiamo, per favore.»
Chelsea mi cinse le spalle con un braccio. «Sicura? Non vuoi sederti un attimo?»
Scossi il capo un’altra volta. Rivolsi a Chelsea uno sguardo implorante. Alla fine lei cedette.
«Va bene. Ci penso io, Rose, tranquilla. Ti faccio sapere.»
«Oh… Ok.» Rose mi rivolse un’occhiata preoccupata. «Se avete bisogno fate un fischio, ragazze. Senza problemi.»
«Sì. Grazie.»
Io e Chelsea ci allontanammo. Trovammo posto in un’aula vuota, su due sedie vicine. Sentii la sua pancia gorgogliare e mi sentii in colpa. Le stavo facendo saltare la colazione per colpa delle mie figure da quattro soldi.
«Serena.» Seduta accanto a me, Chelsea mi strinse una mano. Le sue dita grassocce e calde avvolgevano le mie, lunghe e magre. «Mi puoi spiegare cos’è successo?»
Le spiegai di aver udito la conversazione delle mie compagne, di non aver trovato né Potter né Weasley in Sala Grande, di essermi preoccupata e del grande senso di colpa che avevo provato per il mio comportamento. A fine racconto Chelsea sospirò.
«Tu sei troppo emotiva, Serena.»
«Be’…» Mi morsi il labbro inferiore e cercai di pensare a una replica adatta. «Nomi e cognomi coincidevano.»
«Coincidevano!» Chelsea alzò gli occhi al cielo, ma sorrideva. «Sai cosa ti direbbe Jeanie? Serena, sei ridicola, ti pare che a scuola possa succedere una cosa del genere? E la cosa peggiore di tutte è che avrebbe ragione. Non dirle che l’ho detto perché lo negherò finché campo.»
Accennai un sorriso perché sapevo che Chelsea se lo aspettava. Ripensai allo stomaco attorcigliato. E ai vestiti da lavare buttati sul baule del dormitorio. «È che mi sono spaventata veramente.»
«L’ho capito, scema.» Lo stomaco di Chelsea gorgogliò ancora. «Però adesso andiamo a mangiare, altrimenti dovrai piangere la mia morte e mi avrai sulla coscienza per sempre.»
Ci avviammo verso la Sala Grande a braccetto. Quando arrivammo ai tavoli la lasciai andare a mangiare. Intravidi anche Jeanie al tavolo di Corvonero e ci scambiammo un cenno. Quindi erano entrambe a far colazione. Che avrei fatto io?
Decisi che anche a me un altro caffè non avrebbe fatto male. Forse.
Tenni d’occhio Jeanie e quando la vidi alzarsi la raggiunsi. Dovemmo prelevare di forza Chelsea dal tavolo di Grifondoro, prendendola per le braccia e trascinandola via. Se l’avessimo lasciata lì altri dieci minuti si sarebbe mangiata anche la panca.
Quando ci ritrovammo fuori Chelsea diede una gomitata a Jeanie. «Ehi, madame, fatti raccontare da Serena l’ultima cazzata…»
Jeanie si sistemò gli occhiali e corrugò la fronte. «Cos’hai combinato, stavolta?»
«Una delle mie» borbottai. Le raccontai l’equivoco e la figuraccia fatta davanti alla Weasley.
Con mia grande sorpresa, Jeanie rise. La fissai sgomenta mentre rideva di cuore, tanto che gli enormi occhiali dalla montatura nera le scivolarono fin sulla punta del naso. «Senti, facciamo una passeggiata fino alla Sala dei Trofei, così ci sgranchiamo le gambe. E ti faccio vedere una cosa su James Potter.»
«Fin là?» grugnì Chelsea. «È al terzo piano, non ho voglia di fare tutte quelle scale.»
«Ci sgranchiamo per bene» obiettò Jeanie. Io non dissi niente e mi limitai a seguirla. Chelsea esitò, poi si aggrappò al corrimano e iniziò a salire insieme a noi le scale.
«Si vede che sei una nata babbana» disse Jeanie ad un tratto.
Fui colta alla sprovvista. «Chi, io?»
Chelsea sbuffò. «Perché, secondo te potrei esserlo io?»
Be’, no, in effetti no. Domanda scema. «Scusatemi.»
«Il problema» riprese Jeanie, «è che non conosci neanche la storia più elementare del mondo magico.»
«E non conosci nemmeno le celebrità!» aggiunse Chelsea. Si posò le mani sui fianchi e gonfiò il petto. «Scommetto che tu non hai la più pallida idea di chi sia… Che ne so… Boh… Viktor Krum, ecco. Scommetto che non lo conosci.»
Ci pensai. «Nah.»
«Kingsley Shacklebolt…»
«Aha!» Battei un pugno contro il palmo della mano aperto. «Questa è facile! La so! È un capo di partito!»
Jeanie ridacchiò. «Più o meno. È il Ministro della magia.»
Sì, be’, queste erano sottigliezze. Lui l’avevo già sentito, ne ero certa. «Tipo la Thatcher» insistetti.
Chelsea guardò Jeanie, e lei annuì. «Più o meno» concesse.
Chelsea alzò le sopracciglia e sogghignò. «E Harry Potter, sai chi è?»
Sentii una punta di sarcasmo nella voce di Chelsea. La guardai, e il suo sorriso confermò la mia impressione. «Scommetto che te lo sei inventato.»
Jeanie strinse le labbra, ma riconobbi l’ombra di un sorriso. Chelsea invece sghignazzò apertamente.
Mi stavano prendendo in giro. Mi sentii offesa. Io non le prendevo in giro quando scoprivo che non conoscevano le cose babbane. Incrociai le braccia e misi il broncio. «Siete cattive con me.»
«Ma no…» fece Jeanie.
«Sì invece!» esclamò Chelsea. Ridacchiò ancora.
«Non è colpa mia se Potter e Weasley figliano come conigli» borbottai. «Qui basta che chiunque aggiunga il cognome “Potter” o “Weasley” a un nome qualsiasi e questa sembra diventare una persona reale! Voglio dire, il Principe Harry è reale, no? In tutti e due i sensi… Realistico, no?»
Chelsea chiuse la bocca. Le sue labbra però formavano un sorriso e le sue spalle continuavano a sobbalzare. Jeanie si portò una mano alla tempia. «Serena, stai iniziando a sragionare. Che c’entra il principe Harry?»
«Si chiama Harry.» Mi sembrava ovvio.
Jeanie si massaggiò la fronte. «Senti, lascia perdere e ascolta me. Guarda dove siamo.»
Indicò la porta di fronte a noi: eravamo arrivate alla Sala dei Trofei. Jeanie spinse la porta e la tenne aperta per me e Chelsea. Entrammo nel locale. Era male illuminato. La luce entrava dalle grandi finestre ed era bloccata dalle file di scaffali, ripiani e teche.
«Qui c’è un trofeo di James Potter. È stato Cercatore nella squadra di Grifondoro, a scuola.»
«Allora è un giocatore di Quidditch» conclusi. Jeanie e Chelsea tacquero. Avevo sbagliato? Mi morsi il labbro. «È stato, cioè. È morto» aggiunsi.
Jeanie indicò una teca e attraverso il vetro vidi la placca lucida di metallo con inciso il nome di James Potter.
«Cosa ne deduci?»
Mi grattai la punta del naso e osservai la targa. Il nome di James Potter era inciso con precisione. Il nostro riflesso colorava il metallo con macchie scure. «Ne deduco che è stato giocatore di Quidditch… E che i Potter hanno dato al loro primogenito il loro stesso nome.»
«Casualità?» chiese Jeanie.
Chelsea ridacchiò. Arricciai il naso. «A giudicare dall’ilarità di Chelsea direi di no.»
Jeanie inclinò il capo. La treccia bionda ondeggiò lungo il suo fianco. «Era il nonno del James Potter che conosciamo noi. Fu ucciso durante una guerra magica. La stessa cosa vale per sua moglie Lily.»
«Già!»
Sobbalzai. Chelsea aveva parlato a voce molto alta. La vidi fremere, i pugni stretti, un sorriso a trentadue denti e gli occhi sgranati. «È anche il nonno di Albus e di Lily Potter! E il figlio di James….»
Jeanie le tirò una gomitata.
«Ahia! Perché?»
«Sei pettegola» l’ammonì Jeanie alzando il dito indice. «Quelli sono fatti di famiglia.»
«Ma va là, idiota! È storia, altroché!»
Lo sguardo di Jeanie dardeggiò su di me. «Secondo me non è il caso che tu metta strane idee in testa a Serena. Secondo me Albus Potter è contento così.»
A sentire il nome di Albus un gran calore iniziò a salire al mio viso. «Piantala, Jeanie. Non me ne frega niente se lui è contento o no.»
Jeanie si aprì in un sorriso. Non riuscii a capire se mi prendeva in giro o se mi compativa. «Guarda che eri solo tu a non averlo capito… Ah, no, neanche Chelsea. Scusami.»
«Ehi!» protestò Chelsea.
«Secondo me» riprese subito Jeanie, «non sono tante le persone che non conoscono James e Lily Potter. A maggior ragione qui in Gran Bretagna. Albus Potter deve essersene accorto. Io al posto suo avrei pensato che tu, non conoscendo la mia famiglia, mi avresti trattata con schiettezza e sincerità, senza adulazione o pregiudizi. Avrei pensato di essere una persona come un’altra, almeno per te. E visto che Potter ha iniziato a vederti spesso perché tu cercavi di attirare l’attenzione di Scorpius Malfoy hai finito per attirare la sua, di attenzione.»
Osservai di nuovo la targa di metallo. Strinsi gli occhi. «Quindi» iniziai cautamente, «Albus Potter è uno conosciuto… E il mio pregio maggiore quello è essere ignorante?»
«Un po’ brutale come esposizione.» Jeanie si spinse gli occhiali fino alla base del naso. «Ma è la mia teoria.»
Spostai il mio peso da un piede all’altro. Una delle macchie scure sulla targa dondolò. Albus Potter non poteva aver pensato che fossi interessata a lui. Non ci avevo parlato quasi mai. Non io per prima, insomma. Quindi che cavolo poteva aver visto in me a parte l’ignoranza? E perché ero interessante per lui, ma non per Scorpius? Mi venne in mente il suo viso pallido e i suoi capelli biondi. Non avevo nessuna speranza, niente che mi facesse pensare alla possibilità di poterlo avere accanto a me. Chinai il capo. «E c’è qualcosa che dovrei sapere sulla famiglia Potter che ancora non so?»
«Famigliola benestante» scattò Jeanie. «Decisamente benestante. E numerosa da parte Weasley, ma da parte di Potter sono decisamente facoltosi, quindi le due cose si compensano. Potter padre Purosangue, Weasley madre Purosangue. La nonna dei Potter però no, era una nata babbana, quindi non sono Purosangue fatti e finiti.»
Guardai Chelsea interrogativa e lei capì. «Non è gente con pregiudizi, tutt’altro. Non gliene importa un cavolo, a loro, se le persone sono nate babbane o no.»
Mi morsi il labbro inferiore. «Lo sapete, è gente che non mi va tanto giù. Li trovo arroganti. A me piace starmene nel mio brodo, tranquilla.»
«Concordo» disse Jeanie. «Li trovo invadenti quanto basta per risultare irritanti. Mi riferisco ai Grifondoro. L’unica eccezione è, appunto, un’eccezione.»
Chelsea alzò le mani al cielo. «Oh, come siete schizzinose! E invadenti, e arroganti, e irritanti, e il mio brodo… E la bella vita? Su! In Sala Comune sono sempre allegri. Non sono cattiva gente!»
Jeanie storse il naso. «Mai detto che sia cattiva gente. Però la bella vita te la puoi tenere, io sono qua per studiare.»
«Allargate ‘sto giro di amicizie invece! Tutte e due. Orgoglio Grifondoro. Siamo meno precisini di voi, ma ce la tiriamo di meno. Voi, invece!»
Sorrisi a Chelsea. Non potevo darle torto, sapevo che era una persona amichevole. Era stata la mia prima amica a Hogwarts. Era con lei e anche grazie a lei che avevo imparato l’inglese. A ben pensarci anche la Weasley, forse, era semplicemente una persona amichevole, anche se invadente.
«E secondo te» dissi con un sorriso, «i Potter possono conoscere The Nightmare Before Christmas
«E che ne so io?»
«Improbabile» rispose Jeanie. Aprii bocca ma Jeanie mi interruppe. «E neanche le fanfiction, né i My Little Pony, né internet, né le mirabolanti leggende sulle attività clandestine di Serpeverde.»
Mi aveva smontata. Richiusi la bocca.
«Non devi traumatizzarla così, Jeanie, sei insensibile» disse Chelsea.
«Se ne farà una ragione.»
Alzai lo sguardo. Incrociai gli occhi azzurri di Jeanie e quelli scuri di Chelsea. Ripensai a Pepper. Certo che gli inglesi erano proprio un popolo strano. «Almeno la Sachertorte la conoscono?»
«Possibile» concesse Jeanie. Mi sorrise, e io ricambiai.
Avevo scelto la scuola in base alla cucina, potevo anche provare a stringere un’amicizia in base ai gusti dolciari, no?
L’argomento fu chiuso. Gironzolammo un po’ per la Sala dei Trofei. Insistetti per portare gli auguri di Halloween a Mirtilla Malcontenta, la quale maledisse a viva voce i dolci perché l’avevano fatta diventare brufolosa. Riuscii perfino a convincere Chelsea a regalare unquadretto di Hanuta a una piccola Serpeverde che venne a farci dolcetto o scherzetto.
Non organizzammo nessuna festa, ma la giornata trascorse in tranquillità, e tanto mi bastava.
Quella sera, nel salone d’ingresso, attendevo insieme a Jeanie e a Chelsea di entrare nella Sala Grande per il banchetto. Quando vidi scendere dagli scalini Rose Weasley e Hugo Foscolo una vampata di vergogna mi assalì. Non volevo parlarci. Mi ritrassi e mi nascosi dietro a Chelsea.
«Ehi» mi rimproverò lei. «Oggi non abbiamo parlato delle nuove amicizie?»
«Sì» risposi. «Però…»
«Anche tu, Jeanie. Nuove amicizie. Basta passare la vita sui libri.»
La faccia schifata di Jeanie diceva tutto. Non me la sentii di dire la mia. Sapevo che il suo impegno costante aveva come prezzo il doppio della fatica.
Chelsea ignorò il fatto che ci trovassimo in mezzo alla folla. Si scostò, prese per un braccio me e Jeanie e ci trascinò da Rose Weasley. Protestammo e andammo a sbattere contro parecchie persone ma Chelsea non ci lasciò. Quando arrivammo davanti a Rose e Hugo Foscolo Chelsea aveva un sorriso smagliante.
«Buonasera, Rose. Volevamo dirti che si è risolto tutto.»
Il mio viso bolliva. A giudicare dal colorito rosso acceso di Jeanie anche lei doveva provare la mia stessa sensazione. Guardai la Weasley e alle sue spalle intravidi il fratello. Anche Hugo Foscolo era rosso e fissava Chelsea. Borbottò qualcosa e guizzò via. Chelsea rise.
Rose si portò una mano al petto e rise. «Meno male, mi ero davvero preoccupata. Cos’è successo? Ho anche pensato che magari James e Lily ti avessero fatto uno scherzo di cattivo gusto, così ho chiesto a James e…»
Chelsea mi diede uno scossone e una fitta mi attraversò il braccio. Capii. «No no» mormorai. «Nessuno scherzo.» Mannaggia a Chelsea. Se non grondavo sudore probabilmente era perché l’acqua evaporava non appena colava sul mio viso. «C’è stato un equivoco…»
«A proposito di equivoci» mi interruppe Chelsea. «Ho ricevuto le scuse di Albus. Per la faccenda di Hogsmeade, intendo.»
«Davvero?»
«Sì. Non c’era bisogno che ci mettessi lo zampino, Rose, era già a posto così.»
«Ma non ci ho messo lo zampino!» Rose rise e alzò gli occhi al cielo. «Non dirmi che Albus sta mettendo giudizio! Per Merlino! Domani piove!»
Anche Chelsea rise. Io ormai ero in procinto di evaporare.
«Volevamo chiederti una cosa» riprese Chelsea. «Ho visto che settimana prossima hanno organizzato un altro fine settimana a Hogsmeade. Ti andrebbe di andarci insieme? Noi quattro.» Io e Jeanie ricevemmo uno scossone. Potevo vedere la tempia di Jeanie pulsare. Per quell’improvvisata Chelsea avrebbe passato un brutto quarto d’ora.
«Oh!» Rose Weasley ci sorrise. Il suo sguardo indugiò su Jeanie e su di me. Ebbi l’impressione che si di me si fosse fermata un attimo in più. «Ne sarei felice, se non avete altri impegni!»
«Non ti avremmo invitata» rispose Chelsea con un sorriso. Scosse Jeanie. «Vero?»
«Spero di riuscire a venire. Mi sto esercitando con le fatture e ultimamente ho un po’ da fare. Sono impegnative.»
Chelsea rise. «Basta che non ci provi su di me…»
«Non giurarci.»
Cadde il silenzio. Un istante dopo la Weasley riprese a parlare. «Che ne dite di entrare in Sala Grande?»
«Buona idea.» Chelsea lasciò me e Jeanie.
La libertà era una sensazione strana. Probabilmente da quel momento in avanti l’avrei associata a un braccio formicolante.
«Noi andiamo al tavolo.» Chelsea agirò la mano verso di noi e Rose Weasley la imitò. «Ciao ciao!»
Io e Jeanie le guardammo allontanarsi. Chelsea e Rose continuavano a parlare e a sorridere. Mi arrischiai a guardare verso Jeanie.
Rabbrividii. Il suo viso era una maschera. Il che era un pessimo segno. Se avesse potuto avrebbe spruzzato pus di Bubotubero da tutti i pori.
«Ho trovato la cavia volontaria per le mie fatture, Serena.»
Non credevo che il concetto di “cavia” e quello di “volontaria” fossero intercambiabili, ma era meglio non farlo notare.
Lasciai che Jeanie andasse al tavolo di Corvonero e io mi avviai verso quello di Tassorosso. Individuai un posto vuoto di fianco a Edward Cunningham. Meglio che nulla. Mi feci largo tra la folla di persone. Poi qualcosa picchiettò la mia spalla. Mi voltai.
Inorridii. A venti centimetri da me c’era Albus Potter.
Rimasi gelata in mezzo alla folla. La gente mi passò accanto come si passa accanto a un palo in mezzo alla strada.
Che cazzo vuole Potter serpe?
Subito mi ritornò in mente il senso di colpa di quella mattina.
«Ehi» mormorò Potter. Il suo viso chiaro si colorò appena. «Tutto ok?»
Mi imposi di restare calma. Ignorai cuore in gola, nervosismo e qualsiasi altra sensazione che non fosse la stoica calma. Praticamente ignorai tutto.
«Sì…» mormorai. «Sì, è ok.»
«Bene.»
La folla attorno a noi iniziò a ridursi. Di quel passo saremo stati gli unici a restare lì in piedi. Alzai un dito e indicai il mio tavolo. «Senti… Dovrei andare. O tutti i posti saranno occupati. Perciò…»
«Ci metto un secondo» disse in un soffio Potter. Prese un respiro profondo. «Volevo solo chiedere se volevi venire a Hogsmeade con me la prossima settimana visto che ci vanno tutti così potevo anche farmi perdonare quello che è successo la volta scorsa e ho anche chiesto scusa alla tua amica e ha detto che va bene così e quindi magari possiamo anche fare pace.»
Rimasi pietrificata. Sbattei le palpebre, sbigottita.
Non sapevo che i giocatori di Quidditch avessero un fiato simile.
Ma la prospettiva era agghiacciante. Puro terrore. Un’uscita con Albus Potter. Da soli. La cosa era terribilmente simile a un appuntamento. E non avevo mai avuto un appuntamento prima! Perché la prima volta doveva essere con Albus Potter? Ripensai a Chelsea e a Rose.
«Sono già invitata… Da Chelsea e Rose.»
«Oh.» Le spalle di Potter crollarono. «Quindi niente?»
Poverino. Mi sentivo crudele. Non volevo dargli false speranze, però.
Il senso di colpa ricominciò a stringermi lo stomaco. Cosa dovevo fare? Rifiutare seccamente e spingerlo a rinunciare o illuderlo e fare qualcosa che non mi sentivo assolutamente di fare?
 «Ti piace la Sachertorte?»
Albus Potter tentennò. «Non saprei… Cioè, direi di sì… In genere.»
«Mh.» Dondolai da un piede all’altro. «Allora… Ci penso. Te lo dico nei prossimi giorni. Ok?»
«Ok…»
Restammo ancora lì qualche secondo. Ormai erano quasi tutti seduti. Albus Potter di scatto si girò e corse al tavolo di Serpeverde.
Lo imitai e andai a sedermi a Tassorosso.
  
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