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Autore: MelKaine    08/01/2008    20 recensioni
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi essere felice. Quando viene portato via dalla famiglia dei suoi zii la sua vita è destinata ad intrecciarsi con quella di Severus Snape, giovane maestro di Pozioni. Una storia sulla compassione e l'affetto, il cuore di tutto ciò che è amore.
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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The Heart of Everything 6
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Aggiornamento ancora più di fortuna del precedente. Ieri febbre a 39. Meno male sono riuscita lo stesso. Ancora buon anno. Questo capitolo è un po’ più lungo e finalmente le cose cominciano a muoversi. Non so come ringraziarvi. Mi sono arrivati tantissimi commenti e sono più che felice. Sapete incoraggiarmi come nessun altro. Quando ho letto le recensioni su come vi sentite preoccupate per il piccolo Harry, per un attimo mi sono sentita una brava scrittrice, capace di far provare qualcosa. Un grazie enorme a Summers84, Tigre94, Kary91, iaco e pikkola prongs. In questo cap finalmente Harry ha qualcosa da mangiare (anche perché se no muore e la storia finisce qui e non mi sembra il caso...). Grazie a hermy88, sì, apprezzo moltissimo i Nightwish (proprio adesso sto ascoltando Walking in the air e la adoro), però la voce di Sharon mi ha conquistata troppo. Grazie ancora per i complimenti. Grazie a Lexie89, ecco il prossimo capitolo. Grazie a aki-chan. Oh, non preoccuparti. I Dursley non la passeranno liscia. Parola mia. Suvvia, non mi schiantare Snape, se no chi si prenderà cura di Harry? Lasciamelo vivo, per favore... ^__^ . Grazie a ellinor, in questo cap le cose migliorano, grazie per aver continuato a leggere. Grazie a lilica, auguri anche a te e sì, hai indovinato circa l’elfo, ma per tutto il resto bisognerà aspettare ancora un po’. Grazie a Psike, anch’io amo Harry piccino, troppo tenerooooo. Grazie a Rotavirus, sì, anch’io odio molto i Dursley e il tuo paragone mi rende orgogliosa, grazie mille. Grazie a briciola88 e LadySnape. Come promesso le cose cominciano a muoversi... Grazie a Chrystal_93, sono curiosa di sapere se ho scritto quello che pensavi, fammi sapere se hai tempo. Grazie a TinkerBell88, ecco qui l'aggiornamento come ogni martedì. Grazie ancora per i tuoi complimenti. Grazie a Piccola Vero, sono contenta che la mia ff ti piaccia. Ciao bombottosa, con l’augurio che tu ti rimetta presto, ti ringrazio per il tuo -update or die-. Fantastico! Ci sentiamo presto. Grazie a sam89, ecco qui il prossimo cap e speriamo vada un po’ meglio. Ciao Lake, perdonami se ti faccio soffrire, ma dopo ci sarà più gusto a vedere Sev farsi perdonare... grazie per il commento. Ed infine grazie a dunky. Anch’io amo Sev alla follia e amo anche tutte le fic in cui si prende cura di Harry sia come mentore che come padre. Anche per me Sev è un uomo intelligente e mi dispiace farlo sembrare ottuso, ma prendetevela con me, lui poverino non c’entra niente, sono tutte mie macchinazioni... come sono perfida... Ancora un grazie gigantesco a tutti. Spero di non aver dimenticato nessuno. Buona lettura.

Mel Kaine

 

 

 

 

                                                                    The Heart of Everything

 

 

 

 

Capitolo 6 - / Disgraced days /

 




Severus guidò il bambino-Potter in cucina.
E si sedette.

Il piccolo Harry attendeva in silenzio la sua punizione.
Senza alzare la testa rimase immobile davanti all’uomo, domandandosi come sarebbe stato picchiato.

Zia Vernon usava quasi sempre le mani, Zia Petunia invece preferiva colpirlo con qualcosa. Una verga, il manico della scopa, il matterello… solitamente perché, diceva, toccarlo la disgustava. Non sapeva bene cosa aspettarsi. Almeno Dudley non era lì a guardarlo ridendo. Oh, Harry ricordava con orrore una particolare volta. Aveva dovuto pulire i giocattoli di suo cugino, sua zia si era allontanata un momento e lui aveva quasi finito quando Dudley era arrivato come una furia e gli aveva strappato di mano l’aeroplanino ancora sporco di marmellata, certo che Harry ci stesse giocando senza permesso. Glielo aveva portato via con tanta forza da rompergli un ala e poi aveva iniziato a frignare e strillare. Zia Petunia era arrivata di corsa e Dudley le aveva fatto credere che fosse stata tutta colpa di Harry. Quella sera aveva ricevuto la peggiore sculacciata di tutta la sua vita. Piegato sulle grasse ginocchia di Zio Vernon era stato picchiato così forte e così a lungo da piangere fino a non avere più voce né lacrime. E Dudley lo aveva guardato soddisfatto tutto il tempo. Dopo Harry era stato costretto ad asciugare il pavimento che aveva bagnato di lacrime ed era stato chiuso nel sottoscala. Per almeno tre giorni non era riuscito a sedersi.

Sperava con tutto il cuore che l’uomo vestito di nero non fosse così cattivo, ma non aveva molta speranza al riguardo.
In silenzio si preparò al peggio.

Severus lanciò al bambino uno sguardo critico.
“Siedi”.

Lo osservò attentamente sussultare al suono della sua voce e vide il sospetto nel suo sfuggente sguardo verde. Socchiuse gli occhi e decise, per il momento, di soprassedere.
Chiamò ad alta voce un elfo domestico, il bambino-Potter sussultò ancora e quasi cadde dalla sedia quando l’elfo apparve.

Snape si volse verso la creatura.

“Del tè, del latte caldo e… – il maestro di Pozioni scrutò il bimbo. – Un piatto di… quegli intrugli imburrati che il Preside sembra apprezzare così… tanto ogni mattina”.

L’elfo annuì e scomparve.

Il giovane Potter sussultò per l’ennesima volta.

Il silenzio si allungò durante tutta la breve attesa e quando l’elfo ricomparve Severus decise di soprassedere anche sulla nuova, sconcertante, abitudine che il figlio dei Potter sembrava mostrare quella sera.

Severus congedò l’elfo e si servì una tazza di buon tè nero.
Il bambino-Potter non si era neanche avvicinato alla sua tazza.
Severus nascose un sospiro. Trasse la bacchetta dalla tasca nelle sue vesti e la agitò un istante prima di battere sul bordo della tazza una volta.
Si guardarono.
Un lieve sorriso ironico rischiava di comparire sulle labbra sottili del giovane maestro.
Il bambino-Potter avrebbe accettato quanto offerto?
Dopo la disastrosa reazione a quell’insignificante dimostrazione di magia qualche momento prima, Snape dubitava fortemente che fargli vedere che qualcosa era stato fatto alla sua tazza lo avrebbe in qualche modo invogliato a berne… e non avrebbe potuto dargli alcun torto se Snape fosse stato una persona corretta. Beh, purtroppo non lo era.
Il figlio dei Potter avrebbe contestato un suo ordine diretto?
Snape era anche un uomo che amava la pratica quasi quanto la teoria…
“Bevi” disse quindi e tornò al suo tè.

Lentamente una piccola, tremante mano raggiunse il manico e trascinò via il grosso recipiente.
Severus lo vide appoggiare le labbra sul bordo e sorrise soddisfatto dietro alla sua tazza.

Harry bevve, chiudendo gli occhi.
Sperava non fosse qualcosa di cattivo e che non lo facesse star male.
Aveva sentito chiaramente l’uomo ordinare del latte, e quello sembrava davvero latte, ma Harry sapeva che l’uomo aveva fatto qualche magia quando aveva toccato la tazza con quel suo bastoncino di legno. E la magia, gli avevano detto i suoi zii, era qualcosa di orribile e malvagio, qualcosa che non andava nominato né visto né tanto meno fatto. Oh, Harry sperava che non avesse trasformato il latte in qualcosa di disgustoso come l’acqua sporca dei piatti, quella che Zia Petunia alle volte gli dava da bere se Harry non puliva bene le pentole.
Non che avesse poi molta scelta, l’uomo-col-naso-da-pinguino aveva ordinato ed Harry non poteva che ubbidire.
Al terzo sorso il piccolo si sentì un po’ più calmo.
Il latte sembrava davvero buono.
E poi era caldo.
Harry non aveva mai bevuto del latte caldo prima.
Se riusciva ad averne un pochino qualche mattina quando Dudley lo lasciava era già una grossa fortuna e comunque non era mai caldo e mai in una tazza che era stata solo sua.
Harry non osava ancora alzare lo sguardo e quindi non riuscì a non guardare le piccole, deliziose focaccine imburrate appoggiate in basso, sul vassoio, davanti a lui. Oh, quanto gli sarebbe piaciuto mangiarne una… anche solo un pezzettino…
Ma sicuramente l’uomo le aveva ordinate per sé e non intendeva certo darle ad un piccolo, ingrato, sudicio sgorbio come lui. Eppure non riusciva a smetterle di guardarle. Ogni tanto alzava gli occhi e le vedeva sempre tutte lì. Sperava poi di non doverle buttare nella spazzatura mentre sparecchiava, come succedeva sempre dai Dursley, gli sarebbe sicuramente venuto da piangere e l’uomo lo avrebbe picchiato. Rubò ancora uno sguardo e bevve un altro sorso.

Snape osservò attentamente il bambino che aveva di fronte.
Il suo sottile spirito d’osservazione aveva colto qualcosa. E non solo adesso.
Eppure il suo maledetto, immenso orgoglio gli impediva tassativamente di interessarsene.
Albus andava convinto che Severus non era la persona adatta e curarsi del figlio dei Potter, tanto da ipotizzare e cercare risposte a domande apparentemente di grande importanza, non faceva parte del piano.
Eppure la vista di quei vestiti slargati ed evidentemente logori non riportava alla mente piacevoli ricordi.
Fortunatamente il pomeriggio seguente un elfo sarebbe andato a ritirare i vestiti nuovi.
Snape lentamente sorseggiò il tè e ben prima di aver modo di finirlo aveva già visto il bambino-Potter lanciare di sfuggita sei sguardi alle focaccine. Forse non erano di suo gradimento. Oh, ma avrebbe imparato a mangiarle se Snape aveva qualcosa da dire in proposito.
Rapidamente Severus ne prese due, le sistemò su un tovagliolo e le mise davanti a Potter.
Il bambino alzò la testa.
Severus era certo che la vista di un bimbo così piccolo, con quegli enormi occhi verdi, le piccola labbra socchiuse e due baffi di latte avrebbe mandato in estasi Albus, Hagrid, Madam Hooch e quasi sicuramente persino Madam Pomfrey e la McGonagall.
Ma non Severus Snape.
Perché Severus Snape aveva visto troppe cose orrende nella sua vita per poter ancora avere occhi per guardare quelle belle, saperle riconoscere e accettarle senza l’agonizzante terrore di vederle appassire davanti a sé in un mare di sporca, intossicante cenere.

Comunque Potter sembrava più che intenzionato a non accettare l’offerta.
Snape non si scompose affatto. Posò la tazza che aveva saldamente fra le dita e disse: “Mi sembrava d’aver capito che avessi fame Potter…”

Non una, ma ben due focaccine. Doveva essere un sogno o una delle sue fantasie. Harry era certo che quel signore si fosse sbagliato. O che, in alternativa, sapesse benissimo cosa stesse facendo e che fosse tutta una trappola per poterlo punire.

“Mangia”.

Ed Harry mangiò.
Il sapore del burro sulla lingua era qualcosa di così meraviglioso, dopo tutti quei giorni senza cibo, che Harry quasi pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Il piccolo si sentiva così felice che quasi pensava di scoppiare, ma al tempo stesso temeva che qualcosa, qualunque cosa, stesse per succedere da un momento all’altro. Harry sapeva molto bene che non aveva fatto niente per meritare le focaccine e quell’uomo non sembrava affatto generoso per natura. In qualche modo sapeva che questa piccola fortuna non sarebbe durata, ma fin tanto che poteva… aveva così fame…


Severus in silenzio sorvegliava il bambino-Potter.
Lo guardò posare la tazza, prendere la seconda focaccina, morderla, posarla, riprendere la tazza, posarla di nuovo, finire la focaccina.
Stranamente il bimbo sembrava privilegiare l’uso della mano destra per qualunque cosa che comportasse sollevare il braccio, ma questa era un’altra delle cose che non dovevano riguardarlo troppo da vicino, si disse il giovane professore.

Harry aveva appena finito la seconda focaccina e si sentiva pieno come mai prima. Bevve l’ultimo sorso. Il latte, ancora tiepido, invece di portare via il sapore del burro lo rafforzò piacevolmente ed Harry, se avesse osato, avrebbe sospirato di felicità. Oh, certo, questo non significava che avrebbe evitato la sua punizione, ma adesso il piccolo si sentiva la forza di affrontarla.
In silenzio attese che l’uomo parlasse.

Severus lanciò uno sguardo all’orologio attraverso la sala.
Era piuttosto tardi.
Si alzò in piedi.
Con un sopracciglio alzato osservò il bambino-Potter sussultare un’altra volta e fare un minuscolo tentativo di spostarsi più in là sulla sedia.
Snape scosse leggermente la testa.
“Potter, è ora di andare a dormire. Vai nella tua stanza”.


Incapace di credere alla sua fortuna Harry si alzò velocemente e sparì nel corridoio.


Severus lo guardò ubbidire e per un attimo rimase immobile nella piccola cucina, la fronte corrugata su una testa piena di pensieri.



Oh, Harry non poteva davvero credere alla sua fortuna. Aveva finalmente mangiato e tanto anche. Non ricordava di essersi mai sentito così pieno da quando un giorno era stato lasciato solo a sparecchiare ed aveva potuto prendere tutti gli avanzi. Harry sperava solo che non finisse come quella volta. Zia Petunia aveva guardato nella spazzatura e non aveva visto i rifiuti, Zio Vernon era venuto a saperlo e lo aveva chiuso in cantina e senza cibo per quasi cinque giorni. Da quel momento in poi lo avevano sempre sorvegliato quando puliva il tavolo dopo pranzo…
Il piccolo Harry si stese sul fondo del baule. Sospirò, strusciando la guancia contro il tessuto logoro e sporco dei suoi vestiti. Oh, se avesse potuto avere un lenzuolo, anche uno straccetto, con cui coprirsi sarebbe stato davvero davvero la persona più felice del mondo.
Si rannicchiò contro il legno e chiuse gli occhi. Forse non sarebbe stato poi così male rimanere con il maestro pinguino…


Severus sedette davanti al fuoco, fissando il vuoto per lunghi momenti. La sua mente combatté strenuamente contro l’egoismo, contro il dolore. Non voleva in alcun modo lasciar morire le sue convinzioni, non voleva guardare al di là, non voleva affrontare tutto quello.
Da perfetto gentiluomo inglese non sarebbe corso via, ma niente, neanche il volere di Albus, gli avrebbe impedito di allontanarsi a passo sostenuto. Si alzò astiosamente. Con un movimento della bacchetta estinse il fuoco nella sala e si ritirò nella sua stanza. Prelevò una fialetta dalla sua privata riserva di pozioni e la bevve. Il giorno dopo aveva bisogno di calma e concentrazione. Doveva assolutamente finire alcuni preparati per Madam Pomfrey e voleva continuare i suoi esperimenti. Aveva quindi bisogno di una buona notte di sonno e niente meglio di una delle sue perfette pozioni lo avrebbe aiutato in questo. In breve scivolò in un profondo, confortante oblio.


Harry si svegliò nel cuore della notte. Ansimando piano si portò le manine sullo stomaco. Oh, faceva piuttosto male. Non tanto come gli altri giorni, ma abbastanza da svegliarlo. Si tirò a sedere sul fondo del baule. Rabbrividì mentre guardava verso la porta del bagno. Faceva sempre molto freddo fra quelle pareti di pietra e da quando le candele si erano consumate non c’era più luce. La stanza non aveva nemmeno una finestra e non c’era il camino come nella sala. Oh, Harry desiderava poter andare di nuovo in bagno. Non si sentiva molto bene. Sospirò piano. Anche se sembrava buono alla fine quello che l’uomo gli aveva fatto bere gli aveva fatto male. Il piccolo Harry si rimproverò di essersi fidato, ma in fondo sapeva di aver avuto ben poca scelta. Era quasi tentato di alzarsi e andare a chiedere il permesso di poter andare di nuovo in bagno, ma non vedeva niente e aveva freddo e non osava svegliare l’uomo. Il buio lo spaventava, ma almeno non si udiva alcun suono. Di nuovo si stese e cercò di addormentarsi. Chiuse gli occhi e immaginò di avere un amico. Un simpatico, gentile amico, che lo teneva per mano e lo guidava lungo le strade della città. Insieme passeggiavano sui marciapiedi, guardando la gente che passava loro accanto e ridevano. Poi incontravano un signore che vendeva palloncini ed il suo amico gliene regalava uno. Mentre immaginava il suo palloncino contro il cielo azzurro Harry scivolò nel sonno, le manine ancora strette attorno allo stomaco.

Snape si terse il sudore dalla fronte, prima di tornare davanti ai due calderoni sui quali stava lavorando. Aveva appena completato un lotto di Pepperup ed uno di Sleeping Draught. Stava finendo le altre due quando un gentile bussare lo riscosse dalla sua concentrazione. In fretta Severus si coprì gli avambracci con le lunghe maniche nere e pronunciò con decisione un “Avanti” senza allontanarsi dai calderoni. Un giovane Slytherin si fece scorgere oltre la soglia. Lo stesso che qualche giorno prima aveva chiesto spiegazioni su una lezione. Snape parlò senza alzare gli occhi dalle sue pozioni.

“A cosa devo la sua visita, signor Sorier?”

Lo studente si strinse al petto i libri.
“Mi chiedevo, signore, se potesse aiutarmi con uno dei procedimenti descritti a pagina quattrocentoventi…”

“Mh… ha incontrato difficoltà con i metodi di estrazione della linfa dalle foglie di Aconito?” domandò Snape, ricordando perfettamente ogni pagina del libro di Pozioni del quinto anno.

“Sì, signore. Non volevo disturbarla, la vedo impegnato, posso tornare più tardi nei suoi uffici?” chiese lo studente, guardandosi attorno.

“Non sarà necessario, torni fra venti minuti esatti e vedrò di dedicarle del tempo”.

“Grazie Professor Snape”.

Una volta solo Severus si lasciò ad un leggero sorriso soddisfatto. Le sue piccole serpi assomigliavano sempre di più al loro professore… dedite allo studio delle pozioni anche di sabato. Con una lieve punta d’orgoglio Snape tornò al lavoro.


Severus rientrò nei propri quartieri alcune ore più tardi. In fondo era stata una giornata proficua. Aveva completato quanto Madam Pomfrey aveva richiesto ed aveva fatto qualche lento, ma sicuro progresso nei suoi studi sulla Wolfsbane. Si diresse verso la scrivania per posare i libri e gli appunti quando scorse un pezzo di pergamena ripiegata ed una moltitudine di sacchetti in terra accanto ad una delle poltrone. Evidentemente l’elfo mandato da Madam Malkin era tornato con i vestiti nuovi per il giovane Potter. Severus ne prese un paio in mano. Ad occhio e croce sembravano della misura giusta. Velocemente raggiunse la camera del figlio dei Potter ed entrò. Tutto era completamente buio. Probabilmente il bambino era andato a dormire. Beh, era ora di svegliarsi… Con un movimento veloce del polso e della bacchetta due nuove candele illuminarono la stanza. Potter era di nuovo nel baule. Cosa facesse sempre là dentro a tutte le ore del giorno era davvero un mistero per il giovane maestro di Pozioni… un mistero che comunque non era intenzionato a risolvere nell’immediato futuro.

“Vieni con me” ordinò Severus, voltandosi per ritornare verso la sala.


Harry si stirò il braccio destro ed uscì dal baule con uno sbadiglio. Aveva di nuovo fame e sperava che l’uomo lo stesse portando in cucina, anche se non aveva poi così tanta voglia di mangiare di nuovo qualcosa che lo avrebbe fatto star male, però meglio di niente…
Era stato tristissimo rimanere tutti il giorno nella stanza buia senza nulla da fare. Sperava che il maestro pinguino gli permettesse di rimanere un po’ nel salotto accanto al fuoco.

Snape lo aspettava accanto alla scrivania. Con un gesto impaziente indicò al bambino i sacchetti.

“Questi sono i tuoi nuovi vestiti. Vai a lavarti, cambiati e portami quegli stracci che hai addosso”.

Harry raccolse tutti i sacchetti, cercando di non farne cadere nessuno. Mentre stava per avviarsi lentamente verso la sua stanza improvvisamente ricordò una cosa importante. Si fermò, incerto su come dire quello che doveva.

“Che c’è?” chiese astiosamente l’uomo.

“Signore, oggi sono g-già stato in bagno… per me va bene aspettare d-domani, signore”.

Snape lo osservò con un cipiglio nervoso e spazientito.

“Cosa vuoi che m’importi di quante volte ci sei stato, Potter, non sono cose mi riguardano. Piuttosto chiaramente nessuna di queste occasioni ti ha ispirato un po’ di senso di pulizia. Non voglio sentire un’altra parola. Vai a lavarti. Adesso”.

Senza osare più alzare la testa, e teso per la paura di ricevere uno schiaffo, Harry si affrettò verso la sua stanza. Si lavò come meglio poté e scelse un pantalone nero ed una delle magliette. All’uomo sembrava piacere molto il verde, quindi Harry ne scelse una color erba. Un paio di tentativi dopo riuscì ad infilarsela. Il suo braccio sinistro non lo stava aiutando molto, ma Harry fece di tutto per sbrigarsi. Sicuramente l’uomo lo stava aspettando. Poco dopo si mise i calzini e le scarpe e raccolse da terra i vestiti vecchi. Tornò in salotto e li consegnò a quel signore sempre vestito di nero. Il piccolo Harry si sentì guardare. L’uomo lo osservò attentamente. Sembrava piuttosto compiaciuto. Harry quasi sospirò di sollievo.

“Molto meglio. E adesso anche questi faranno la fine che meritano”.

Severus afferrò gli straccetti che quei Muggle aveva avuto il coraggio di chiamare vestiti e li gettò nel fuoco, guardandoli lentamente bruciare fra le fiamme.
Snape si ritenne soddisfatto e si sedette alla scrivania per riprendere a lavorare sui programmi di studio delle sue classi per le prossime settimane.

Harry rimase silenziosamente in piedi per diverso tempo. L’uomo non lo guardava e lui non sapeva cosa fare. Non osava muoversi e non poteva tornare in camera, l’uomo non gli aveva detto di andare. Lentamente, assicurandosi che il signore che lo ospitava non lo stesse osservando, il piccolo si avvicinò al fuoco per scaldarsi. Una voce fredda e sottile lo fece sussultare. La voce dell’uomo.

“Potter, la tua precedente esperienza con il camino non ti ha insegnato niente? Anche i bambini sciocchi possono prendere fuoco bene quanto i vestiti vecchi…”

Subito Harry si scostò dalle fiamme, come se si fosse bruciato. Oh, non voleva essere buttato nel camino… Le poche volte che si era bruciato in casa Dursley non era stata affatto una cosa piacevole. Si ritirò al centro della stanza, di nuovo senza niente da fare.

Severus sorrise fra sé e sé. Spaventare il bambino-Potter presentava un certo grado di divertimento, ma Snape non aveva tempo per questo adesso. Si alzò, prese il solito libro dal suo scaffale e lo consegnò al bimbo.
“Siediti e leggi” ordinò tornando al lavoro.

Subito Harry si sedette a terra.

Snape lo guardò, quasi oltraggiato.

“Chi ti ha detto di sederti a terra? Stai sciupando i vestiti che ti sono stati comprati, piccolo ingrato!”

Oh, Harry si alzò subito, facendo un passo indietro. Quello che sua zia e suo zio gli dicevano era vero. Era un piccolo moccioso inutile ed ingrato. Non solo l’uomo non lo aveva fatto lavorare in quei giorni, ma gli aveva anche comprato dei vestiti nuovi, così morbidi contro la pelle, né troppo grandi né troppo piccoli, caldi e puliti e senza toppe o buchi. E lui lo ringraziava sporcandoli…

“Mi dispiace signore, non lo farò più, signore” si affrettò a scusarsi.

Severus sbuffò poco convinto, ma decise di ignorarlo, tornando alla sua scrivania.
Passarono due ore di completo silenzio.
Snape si ritenne soddisfatto del suo lavoro ed alzò lo sguardo per accertarsi della presenza del bambino-Potter. Il marmocchio era scompostamente seduto sulla poltrona, il libro che aveva letto per buona parte di quelle due ore in bilico sulle sue piccole ginocchia, il mento appoggiato sul petto. Dormiva.
Severus si considerava sorpreso alle volte. Un bambino così piccolo, abituato ad avere un sacco di giocattoli e viziato oltre ogni umana tolleranza a quest’ora si sarebbe già lamentato per la mancanza del suo principale intrattenimento. Finalmente indossava vestiti della sua misura, puliti. Sulla fronte, appena coperta da quel mucchio selvaggio di disordinatissimi capelli, spiccava la cicatrice per cui Harry Potter era così famoso. La sua più grande maledizione e al tempo stesso la sua salvezza. Severus non invidiava affatto il destino del figlio dei Potter. Sapeva molto bene di quali inenarrabili crudeltà era capace il Signore Oscuro e sapeva bene che il bambino non avrebbe mai avuto tempo sufficiente per prepararsi, non se Colui-che-non-doveva-essere-nominato aveva qualcosa da dire al riguardo. Sospirò e guardò l’orologio. Era quasi ora di cena. Non aveva alcun desiderio di recarsi nella Great Hall. Pensò che per quella sera avrebbe fatto bene a trattenersi nelle proprie stanze. Si alzò, spostando rumorosamente la sedia nella remota speranza di destare il figlio dei Potter. Ma ovviamente no… Si avvicinò quindi e lo chiamò con voce decisa. Lo vide muoversi, aprire quegli enormi occhi verdi e sussultare. Un singhiozzo spaventato incastrato in gola, lo sguardo improvvisamente terrorizzato. Vide il bambino-Potter tentare di ritrarsi e cadere miseramente dalla poltrona. Fece per dire qualcosa, mentre allungava una mano per tirarlo su, quando lo vide trasalire di nuovo e cercare una via di fuga.

“Mi dispiace signore, mi dispiace, per favore, non lo farò mai più”.

Severus aggrottò le sopracciglia, un’espressione disinteressata sul suo viso. Probabilmente aveva fatto un brutto sogno…

“In piedi, vieni con me, ragazzo”.

Oh, oh. Lo aveva chiamato ‘ragazzo’. Zio Vernon lo chiamava sempre ‘ragazzo’ quando Harry faceva qualcosa di male. Adesso sì che Harry si aspettava una gran bella punizione. Sapeva molto bene che non gli era permesso addormentarsi di giorno e soprattutto non davanti ai grandi, in più aveva fatto cadere il libro che l’uomo gli aveva dato. Seguì l’uomo in cucina e si preparò al peggio.

Snape sedette. Chiamò l’elfo, ordinò la cena per entrambi ed il suo sguardo si soffermò sul libro di Pozioni per principianti che aveva dato da leggere al bambino-Potter. Forse poteva occupare il tempo interrogandolo, solo per curiosità.
Dopo appena tre domande apparve chiaro che il bambino non aveva imparato proprio niente, anzi, non sembrava neanche sapere di cosa stessero parlando. Tsk, tempo sprecato cercare di insegnare qualcosa al figlio di James Potter, si disse.

“Piccolo ignorante…” si lasciò sfuggire mentre chiudeva astiosamente il libro.

Il bambino abbassò la testa.

In quel momento l’elfo domestico decise di ricomparire, portando con sé la cena. I due vassoi vennero posati sul tavolo prima che il silenzio tornasse ad allungarsi fra di loro.

Severus mangiò lentamente, osservando a tratti il bambino-Potter. Dopo l’iniziale incertezza il figlio di James aveva preso confidenza e velocemente stava finendo quello che aveva davanti, senza alzare la testa e senza quasi prendere fiato. Dopo un boccone delle verdure cotte che quella sera facevano da contorno Snape guardò nel piatto del giovane Potter. L’odio dei bambini per le verdure era da sempre leggenda, ma non nella cucina di Severus. Se il bambino-Potter non le avesse mangiate Snape giurò che gliele avrebbe fatte ingoiare con la stessa grazie che Madam Pomfrey usava nell’infilare pozioni dal sapore orrendo giù per la gola dei suoi piccoli, petulanti pazienti. Ma a quanto pareva non ce ne sarebbe stato bisogno…

Harry mangiò il più velocemente possibile. Dopo il primo boccone aveva preso sicurezza ed il cibo sembrava buono. Questo non dava nessuna certezza, ma almeno era qualcosa con cui riempirsi lo stomaco. Doveva smetterla di lamentarsi e ringraziare quell’uomo che lo lasciava mangiare senza farlo lavorare. In fretta prese ad ingoiare quello che aveva davanti, sperando che l’uomo non cambiasse idea e gli togliesse i piatti. Il pasticcio di carne era buonissimo. E le verdure erano succose e fresche. Oh, Harry si sentiva di nuovo pieno. E tutto in un giorno solo. Era stato davvero molto, molto fortunato.

Dopo cena Harry venne trascinato via dalla cucina senza avere la possibilità di poter pulire la tavola. L’uomo riprese a lavorare sui suoi fogli ed Harry venne di nuovo fatto sedere sulla poltrona.

Snape lo osservò nuovamente, sedendo.
Evidentemente il bambino non sapeva cosa fare, ma Severus non si sarebbe fatto commuovere.

“Non avrai più niente da leggere, Potter. E’ chiaro che ogni buon libro è sprecato con te e non mi duole assolutamente informarti che non posseggo nessuna rivista più… popolare nella mia libreria, né alcuno scritto su quel volgare, violento gioco chiamato Quidditch, vedi di adattarti”.

“Sì, signore”.

Oh, Harry sapeva di essere un piccolo idiota. Zio Vernon glielo ripeteva tutti i giorni. E adesso aveva fatto arrabbiare l’uomo che gli aveva dato da mangiare. Harry si sentì triste.
Rimase fermo ed in silenzio per tutto il tempo, sperando di farsi perdonare. Ogni tanto osava alzare gli occhi e osservava il signore con il quale adesso viveva.

L’uomo vestiva sempre di nero, ogni ora di ogni giorno, come se odiasse tutti gli altri colori. A malapena sembrava tollerare il verde scuro… Harry lo fissò ancora più intensamente.
Era spaventoso, sì, e cattivo, ma aveva al tempo stesso una faccia così triste e … sola, non che dovesse averne più di una, Harry non si sapeva spiegare bene… era come la faccia di una persona che non vedeva i suoi amici da tanto, tanto tempo, come dopo le vacanze estive… ed anche se Harry non aveva mai avuto degli amici per cui sentirsi triste durante le vacanze era grande abbastanza da immaginarlo e poi aveva visto tante volte il viso contento di Dudley quando poteva rivedere i suoi compagni…
In fondo non aveva visto nessuno venire a visitare l’uomo in quei giorni…
Ad Harry dispiacque molto per il maestro pinguino perché Harry sapeva bene quanto era brutto sentirsi soli e non lo augurava a nessuno.

“A cosa devo questo tuo attento esame Potter? Mi è per caso spuntata un’altra testa?”

Harry trasalì e si rimproverò la maleducazione di aver fissato l’uomo per così tanto tempo.

“No, signore. Mi dispiace molto, signore”.

“Sparisci nella tua stanza Potter, si è fatto tardi”.

Ed Harry ubbidì.


Snape passò altre due ore alzato, lavorando alacremente alla sua pozione. Decise di farlo nelle sue stanze perché nel suo laboratorio veniva continuamente interrotto e la Wolfsbane era una delle pozioni più delicate e difficili a cui il giovane maestro aveva mai lavorato.
Intrigante.
Infine stanco e con la mente annebbiata si ritirò nelle sue stanze.

La mattina dopo Harry si svegliò, sentendosi meglio di come si era sentito in molti, molti mesi.
Uscì dal baule e si diresse in bagno.
Oh, era così felice che l’uomo gli avesse dato il permesso di andarci quando voleva. Harry si lavò e si vestì. Non voleva far arrabbiare l’uomo quindi scelse di nuovo una maglietta verde. Piano piano uscì dalla stanza. Sentiva dei rumori in cucina e decise di farsi vedere.

L’uomo era già sveglio e stava lavorando sopra una di quelle grosse pentole che Harry aveva visto disegnate sopra il libro dell’uomo.

“Buongiorno Potter” disse l’uomo, spaventandolo un pochino.

“B-buongiorno, signore…”

“Siedi”.

Harry ubbidì.
Oh, non poteva credere che l’uomo-dal-naso-da-pinguino lo avrebbe lasciato mangiare un’altra volta. Un pasto sì e uno no era già un sogno che si avverava, due di seguito erano pura, meravigliosa fantasia. Harry sedette in silenzio, l’uomo era ancora chino sulla sua pentola. Harry si chiese se fosse un cuoco, ma non sentiva odore di cibo…

Snape aveva già mangiato molto presto, mentre preparava il calderone. Chiamò a gran voce un elfo, ordinò la colazione per il bambino e continuò a mescolare la pozione, attentamente. Abbassò magicamente il fuoco e la lasciò bollire. Mentre l’elfo domestico riappariva con un vassoio qualcuno bussò alla porta.
Snape alzò la testa, oltremodo seccato per quell’interruzione. Fortunatamente la pozione non aveva bisogno di urgente attenzione.

“Mangia, Potter” ordinò l’uomo, alzandosi per dirigersi alla porta.


Severus si dipinse sul viso la sua migliore espressione intimidatoria prima di aprire la porta quel tanto che bastava a scorgere l’audace malcapitato.
Quando i suoi occhi si posarono sullo studente Snape trovò difficile trattenere un sospiro esasperato.

“Signor Sorier, per quanto apprezzi il suo zelante entusiasmo per la mia materia d’insegnamento questo non giustifica la sua presenza nei miei quartieri a questa infausta ora in uno dei miei giorni di riposo”.

Lo studente abbassò la testa, imbarazzato.

“Mi d-dispiace signore, non sono qui per Pozioni, signore”.

“Allora per che cosa, di grazia, è venuto a ‘rallegrare’ la mia mattina?”

“C’è stato un duello nella Great Hall, a colazione, due Slytherin e tre Ravenclaw, signore. Pensavo fosse meglio avvertirla”.

Snape imprecò mentalmente.
“Molto bene. Cinque punti a Slytherin per la sua prontezza, signor Sorier. Mi segua”.

E senza ulteriori pensieri si diresse verso la Great Hall. In fondo la pozione non aveva bisogno di cure immediate ed il bambino-Potter stava facendo colazione. Cosa poteva andare storto?


Harry guardò l’uomo uscire. Incerto prese a fissare alternativamente il vassoio e la pentola. L’uomo aveva detto di mangiare. Harry sospirò.
Sapeva che tutte quelle cose buone che c’erano sul vassoio non potevano essere per lui. Inutile illudersi. Si alzò e prese una tazza vuota. Portò una sedia fino al tavolo della cucina dove c’era la pentola e vi salì sopra per raggiungerla. Prese il lungo mestolo e si versò due cucchiai. La minestra aveva un colore grigio chiaro e sembrava assolutamente disgustosa. Almeno era calda…

Harry tornò a sedere, prese un cucchiaio pulito e cominciò a mangiare.
Oddio, era davvero cattiva come sembrava. Sapeva di detersivo per lavare i pavimenti e di cenere. Era piena di grumi di polvere ed aveva veramente un sapore orrendo. Harry trattenne i conati di vomito e si sforzò di mangiare. Pensò a tutti i giorni che non aveva avuto niente e continuò a ripetersi che anche quella andava bene se l’alternativa era restare a stomaco vuoto. Con tutta la volontà che aveva ingoiò l’ultimo boccone e pulì tutto. Mise la tazza nell’acquaio e fece attenzione a non scottarsi mentre toglieva la pentola dal fuoco. Zia Petunia gli aveva insegnato a non lasciare mia niente sui fornelli quando doveva allontanarsi dalla cucina. Harry posò la pentola sopra un ripiano pulito e la coprì con un piatto. Avrebbe voluto metterla in frigo, ma l’uomo sembrava non averne uno… Sistemò il vassoio davanti alla sedia di quel signore e si diresse in salotto per farsi trovare lì.

Dopo appena due minuti d’attesa il piccolo Harry si portò le mani alla pancia e si lasciò sfuggire un guaito di dolore. Faceva male, male da morire. Mai in tutta la sua vita aveva provato un dolore simile. I crampi era continui e fortissimi. Quasi senza fiato il piccolo si accasciò a terra. Passò del tempo, Harry non avrebbe saputo dire quanto, ma aveva gli occhi pieni di lacrime e desiderava morire. Improvvisamente sentì dei passi fuori dalla porta. L’uomo era tornato. Senza sapere nemmeno come, Harry raccolse tutte le sue forze per rimettersi in piedi. Indossava ancora gli abiti nuovi e non voleva farsi trovare sul pavimento. Si asciugò gli occhi con la manica e cercò di rimanere in piedi.
L’uomo rientrò senza degnarlo di uno sguardo e subito sedette alla sua scrivania e prese a scrivere qualcosa su un pezzo di foglio giallo. Altre tre atroci fitte convinsero Harry ad avvicinarsi.

“S-s-signore, per favore… s-signore…”

“Cosa vuoi Potter, non vedi che sono occupato?”

Snape maledisse più e più volte tutti quei saccenti, boriosi Ravenclaw, sempre pronti a difendere le loro ridicole convinzioni. E chi ci rimetteva erano sempre le sue serpi, troppo orgogliose di natura, per farsi scivolare addosso un affronto. Doveva scrivere un rapporto per il Preside e controllare la sua Wolfsbane e Potter continuava ad importunarlo.

“La pancia, signore… fa male, fa v-veramente male…”

Snape lo guardò un istante.
Sembrava un po’ più pallido del normale. Severus immaginò che avesse ingurgitato la colazione velocemente come la cena la sera prima. Beh, non gli stava altro che bene…

“Quante scene, Potter. Vai nella tua stanza e lasciami lavorare”.

Harry fece per dire qualcosa, ma uno sguardo severo dell’uomo ed una fitta fortissima lo lasciarono senza fiato.
Lentamente si avviò nel corridoio. Non fece che quattro miseri passi. Davanti alla sua porta cadde a terra e adesso non sarebbe riuscito a rialzarsi nemmeno se fosse improvvisamente apparso Zio Vernon con un bastone in mano. Si raggomitolò su se stesso e pianse tutte le lacrime che aveva, senza un suono. Il dolore lo stava lasciando senza forze e senza aria. Chiuse gli occhi e le figure dei suoi genitori, come se li era sempre immaginati, gli apparvero nella mente. Quella fu l’ultima cosa che vide.

Severus finì velocemente di scrivere il suo resoconto e si diresse in cucina. Sperava che il bambino-Potter non avesse toccato niente. Guardò dove aveva lasciato il tutto e lanciò un’imprecazione. Quel piccolo, malefico, marmocchio.
Una perfetta Wolfsbane completamente rovinata!
Oh, ma lo avrebbe punito così duramente che il moccioso ci avrebbe pensato sei volte prima di toccare di nuovo una delle sue pozioni. Stava per uscire a passo di marcia dalla cucina quando due particolari gli ghiacciarono il sangue nelle vene. Il vassoio portato dall’elfo era ancora pieno e faceva mostra di sé sul tavolo, davanti alla sedia che solitamente il maestro occupava. Una tazza con un leggero alone grigio era stata posata nell’acquaio.
Severus si affrettò disperatamente verso il corridoio.
Il bambino-Potter non poteva essere stato così folle, così terribilmente idiota da…

Non appena lo scorse lanciò un’altra maledizione.
S’inginocchiò accanto alla piccola figura ripiegata su se stessa nel mezzo del corridoio e lo sollevò delicatamente.

“Potter! Dannazione, Potter! Potter, rispondimi! POTTER!”

Il bambino aveva un’espressione di assoluto dolore sul viso rigato di lacrime e Severus pregò che non ne avesse bevuto più di una tazza. Si alzò, portando il bambino con sé nelle sue stanze. Lo posò attentamente sul letto, ascoltando il suo respiro laborioso e si mise a rovistare disperatamente fra le fialette della sua riserva personale. Afferrò una pozione azzurro chiaro ed una rosso scuro. Tirò a sedere il bambino e gli rovesciò le fiale in gola, sperando che non le rigettasse. Il bimbo ingoiò e dopo un interminabile, angosciante momento sussultò, destandosi.
Severus tirò un sospiro di sollievo.
Si sentiva il cuore in gola e l’attimo di puro terrore che aveva provato al pensiero di avere sulla coscienza il figlio di Lily lo avevano lasciato debole ed infuriato.
Il maledetto figlio di James non aveva badato ad esibizionismi. Pur di screditarlo e giocargli un tiro mancino era arrivato a rischiare la vita.
Oh, quanto l’avrebbe punito…

Lo vide tossire e rigirarsi un’altra volta e, senza potersi impedire un altro sospiro di sollievo, rivide il verde offuscato dei suoi occhi.

“Si-signore…?”

Snape provò a parlare, ma per un attimo dovette rinunciare. Indignato ingoiò il groppo che gli si era formato in gola e ritentò.

“Potter, questa volta hai fatto davvero una cosa troppo stupida persino per un imbecille come te! Ti rendi conto che potevi morire? Te ne rendi minimamente conto?”

“Cough… mi d-dispiace signore… non lo farò più…”

“Su questo puoi giurarci, Potter. Fosse anche l’ultima cosa che faccio non ti permetterò mai più di avvicinarti ad una delle mie pozioni”.

Severus lo guardò.
Il bambino era ancora pallido e c’era tempo per sgridarlo. Osservò i suoi occhi pieni di dolore e paura e lacrime e decise di lasciar stare per il momento.
Prese un’altra pozione e gliela fece bere. Gli tastò il ventre, scrutando attentamente le sue reazioni.
Stupido bambino!
La Wolfsbane era così piena di veleno da uccidere un adulto. Fortunatamente il giovane Potter sembrava non averne assunta abbastanza…
Severus lo avvolse nel copriletto e si diresse in cucina per sbarazzarsi di un altro esperimento fallito.

Non appena entrò uno degli elfi lo aspettava ansiosamente sulla soglia.
“Cosa c’è ancora?” chiese irritato il maestro.

Possibile che le pessime sorprese non dovessero mai finire?

“Io deve parlare con lei, signore. Io molto dispiaciuto, ma deve proprio”.

“Allora parla e non farmi perdere altro tempo” ordinò mentre raggiungeva il suo povero calderone.

“Io disperato, signore. Noi elfi tutti disperati. Il bambino del signore non apprezza il nostro cibo. Ogni giorno noi portiamo cibo, ma nessuno lo mangia e sempre noi riportiamo indietro vassoio pieno, signore. Noi non sappiamo come fare, il nostro cibo non è buono, signore? Noi possiamo fare meglio se il signore lo ordina e ci dice come fare…”

L’elfo abbassò la testa e prese a stropicciarsi la sudicia tovaglietta che aveva attorno al corpo.
Snape si volse, incredulo.

“Spiegati meglio, elfo”.


Nuovamente Severus si trovò ad affrettarsi lungo il corridoio. Aprì la porta della propria stanza e si sedette sul bordo del letto. Osservò in silenzio la piccola figurina tremante avvolta nella coperta. Il bambino sembrava troppo piccolo per la sua età anche dentro vestiti della sua taglia. E adesso Severus sapeva perché.

Gentilmente lo scosse, per attirare la sua attenzione.

“Potter, ho bisogno che tu risponda ad una mia domanda, ma devi dirmi la verità e guarda che mi accorgerò se mentirai…”

Attese che il bambino annuisse.

“Potter, quante volte hai avuto da mangiare da quando sei qui?”



 

 

 




Continua…

 

 

 

Nota grammaticale: per mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.

Madam Hooch: Madama Bumb;
Ravenclaw: Corvonero.


Note capitolo: La
Pepperup è la pozione che permette di curare il comune raffreddore. La Sleeping Draught è la pozione che causa, a chi la beve, di cadere in un lungo sonno.
 

 

   

   
 
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