CAPITOLO
TRENTANOVE
“Emmie!”
gridò qualcuno dietro di lei. Emmie era a
metà strada per arrivare alla sala comune dei Tassorosso,
quando si trovò
davanti la chioma blu cobalto di suo fratello.
“Ted!”
esclamò lei quando questi, in pochi passi, la
ebbe raggiunta.
“Posso
portarti la borsa?” le chiese gentilmente il
ragazzo e, senza neanche darle il tempo di rispondere, le tolse la
borsa dalla
spalla e se la mise sulla propria. La ragazza alzò gli occhi
al cielo ma non
protestò. Tanto era inutile. Da quando era avvenuto
quell’incidente ad
Hogsmeade, suo fratello e i suoi amici le stavano addosso peggio delle
sanguisughe. Non la lasciavano un attimo da sola, sembrava quasi che le
avessero
messo addosso un radar o una cimice, il che, conoscendoli, era anche
abbastanza
probabile, perché pareva che potessero vedere tutti i suoi
movimenti e in ogni
luogo in cui metteva piede, che fosse il bagno o lo stanzino delle
scope, si
ritrovava qualcuno di loro che molto gentilmente, anzi, fin troppo
gentilmente,
si offrivano per accompagnarla o, meglio ancora, scortarla, come delle
ben
pagate guardie del corpo. Poi
iniziavano
a parlare con lei, le chiedevano del più e del meno, si
offrivano per aiutarla
coi compiti, finché, facendo finta di buttarla lì del tutto casualmente, le
chiedevano di quel
giorno ad Hogsmeade, di cosa fosse successo esattamente, chi avesse
visto,
eccetera, eccetera. E questo le faceva desiderare ardentemente di
potersi
trovare in un altro posto.
Aveva ripetuto fino alla nausea, a tutti quanti, ai suoi genitori, agli
insegnanti, a Silente e ai suoi amici che non se lo ricordava, non si
ricordava
assolutamente nulla di quel giorno, c’era un vuoto totale
nella sua testa. E la
cosa non era minimamente cambiata nemmeno dopo una settimana.
Capiva perfettamente che si preoccupavano per lei, dopotutto era la
più piccola
del gruppo e fin da
quando era nata
avevano tutti mostrato una certa più attenzione nei suoi
confronti, e non aveva
mai trovato da lamentarsi, le faceva piacere, ma adesso la cosa stava
iniziando
a diventare soffocante. Stavano esagerando, la trattavano da
handicappata.
“Mamma
e papà ci hanno mandato una lettera. Chiedono
come stai”, disse Teddy, camminando al suo fianco.
“Sto
allo stesso identico modo in cui stavo due
giorni fa”, rispose lei con un tano acido che non le
apparteneva.
Infatti, il fratello si bloccò subito. “Scusa.
Sono solo preoccupati”.
“Questo
l’ho capito, so che siete preoccupati tutti
quanti, ma è passata una settimana ormai e io sto
bene!” Guardò il fratello
abbassare il capo come se fosse dispiaciuto. Aveva
un’espressione un po’
tormentata quel giorno. Stava osservando la cicatrice
sull’occhio che rovinava
il suo bel volto, quando pensò di chiedergli se ci fosse
qualcosa che non
andava, ma lui la precedette: “Hai ragione, Emmie. Siamo un
po’ troppo
appiccicosi”. Le mostrò un sorriso dolce e lei non
poté far altro che
ricambiare. Ci aveva provato in tutti i modi a tenere il muso a suo
fratello,
ma era letteralmente impossibile, lo dicevano anche gli altri. Teddy
era troppo
dolce. James a volte, per scherzare, diceva che per sconfiggere
Voldemort
sarebbe bastato mostrargli Ted e quello subito si sarebbe intenerito.
“Ehi,
Emmie!” esclamò di nuovo una voce, che
però
non apparteneva al licantropo. I due fratelli Lupin si voltarono e
videro venir
loro incontro Joel, mani in tasca e capelli spettinati. “Cosa
succede? Ho
sentito la tua voce fino in cortile”. L’intenzione
del ragazzo non era certo
stata deriderla o imbarazzarla, eppure la ragazza non riuscì
a impedire alle
sue guance di diventare porpora. Controllò velocemente i
capelli ed emise un
sospiro di sollievo constatando che erano rimasti del loro normale
colore e non
qualcosa di strano, come le succedeva spesso quando Joel le parlava.
“Stavo
solo… parlando con Ted”, borbottò lei,
concentrata sui propri lacci delle scarpe.
“Immagino”,
ridacchiò lui. “Comunque, avete visto
mia sorella? Devo chiederle una cosa”.
“Non
ne ho idea, mi spiace”, gli rispose Ted.
Ginny
si stava dirigendo alla biblioteca con
l’intenzione di restituire un paio di libri che aveva preso
in prestito per il
compito di Incantesimi, quando, improvvisamente, aveva notato due
persone di
fronte all’entrata.
Così, senza pensarci, si era riparata dietro al muro a pochi
metri di distanza,
gli occhi puntati su di loro e le orecchie ben tese. Peccato solo che
da quella
distanza non riuscisse a sentire niente. Le sarebbe proprio tornata
utile una
delle Orecchie Oblunge di Fred e George.
Non sapeva bene perché si stesse nascondendo, ma
c’era qualcosa di sospetto in
Ariel e Malfoy che confabulavano molto vicino l’uno
all’altra.
Di solito Malfoy non parlava così tranquillamente con un
Grifondoro e, da
quanto ne sapeva lei, al Serpeverde non stavano molto simpatici i
ragazzi del
futuro, nonostante fosse proprio grazie a loro e all’Ordine
che Malfoy non era
finito tra le grinfie dei Mangiamorte dopo aver disertato. Ginny
credeva che l’antipatia
fosse del tutto reciproca, ma… a giudicare da come la Black
rideva e parlava
tranquillamente, forse si sbagliava.
“Perché
stai parlando con me, Black?”
La
ragazza si passò una mano tra i capelli con molta
nonchalance, cercando di trattenere un sorrisetto. Malfoy era sempre lo
stesso,
nemmeno nel loro futuro era cambiato poi molto. Sempre la solita
espressione
arrogante e quel caratterino che emanava superiorità. Ma, a
differenza di molti
altri, lei non si sentiva affatto in soggezione. Anzi, questo la
esortava a
provocarlo ancora di più.
“Sarò
libera di parlare con chi voglio. Non mi pare
ci sia scritto sulla tua fronte che è vietato parlare con
te”.
“Ma
tu sei una Grifondoro”.
“Davvero?
Non lo sapevo”.
Stavolta
anche Malfoy si trovò a ridacchiare. Certo
che quella Ariel ci sapeva fare col sarcasmo. Se non fosse una
Grifondoro,
probabilmente avrebbe cercato di approfondire la sua conoscenza.
“Black,
sono piuttosto scocciato oggi. Sparisci se
non vuoi assaggiare la mia bacchetta”, le disse, ma il tono
non gli uscì
affatto minaccioso come avrebbe voluto. E in ogni caso, non
sortì alcun effetto
sulla biondina davanti a lui, che lo riprese con un “Oh, non
mi dispiacerebbe
affatto vedere la tua bacchetta” e allungò una
mano verso il cavallo dei suoi
pantaloni, proprio in quel punto.
Malfoy
si scostò sorpreso.
“Teoricamente
noi non siamo imparentati?”
“Se
è l’albero genealogico che ti preoccupa,
tranquillo, io e i miei fratelli non ci siamo”.
“No,
non è un dannato albero che mi preoccupa, ma le
tue velate minacce sessuali”.
“Minacce
sessuali? Ma dai, addirittura! Comunque,
non ti preoccupare, l’incesto nella famiglia Black non
è di certo disprezzato”.
Lo
intrigava, lo intrigava parecchio quella ragazza.
“Per
caso mi stai facendo un qualche tipo di
proposta, Black?” le chiese lui con voce sensuale.
Lei
gli si fece più vicina, molto più vicina. Ora i
loro visi erano a pochi centimetri di distanza, Malfoy poteva sentire
il dolce
odore di miele che emanava la sua pelle e Ariel poteva vedere quasi
tutte le
sfumature negli occhi di ghiaccio del ragazzo.
“E
se anche fosse?” fece lei con tono basso e voce
roca. Socchiuse gli occhi in modo provocatorio.
“Ma
tu non stai con Potter?” si ricordò allora il
Serpeverde, ma non si scostò neanche di un centimetro.
“Hai
paura di Potter?”
“Per
niente”. E così dicendo, Malfoy le mise una
mano sulla schiena e la trasse a sé facendo cozzare i loro
bacini. Poi, senza
troppi preamboli, la baciò sulla bocca e i due iniziarono un
suadente gioco di
lingue per vedere chi sarebbe stato ad avere la meglio.
La mente di Ariel volò ad Harry solo per una frazione di
secondo, poi la
passione di quel bacio le fece dimenticare tutto.
Ginny
si portò una mano alla bocca completamente
sconvolta, gli occhi ancora spalancati sulla scena che aveva davanti.
Malfoy
e Ariel che si baciavano, così,
spudoratamente, davanti alla biblioteca, nel bel mezzo del corridoio
dove
passavano tutti.
Doveva dirlo ad Harry. Insomma, non era accettabile che la sua ragazza
facesse
una cosa del genere. Lo stava tradendo e con Malfoy, per giunta. Non
era giusto
nei suoi confronti.
Strinse
i pugni e cominciò ad allontanarsi, livida
in volto.
Martha
si scostò una ciocca dei capelli ribelli dal
viso e sospirò.
Era seduta sul letto e solo una larga maglietta ricadeva a coprire il
suo
delicato corpo. La maglietta di Sirius. Il suo odore le penetrava
prepotentemente le narici e, contro tutti i suoi propositi, se ne era
completamente assuefatta, come se fosse la sua droga. Esattamente
quello che
era successo quasi vent’anni fa, quando aveva incontrato lo
sguardo magnetico
di quel ragazzo giovane ma dall’animo terribilmente
misterioso e tormentato.
Aveva avuto l’onore di essere l’unica ragazza di
Hogwarts, per non dire dell’intero
mondo magico, a far breccia nel suo cuore di ghiaccio. Ma poi lui aveva
rovinato tutto. O meglio, Peter Minus aveva rovinato tutto.
E lei si era ritrovata persa e aveva giurato a se stessa che non
sarebbe mai
più successo.
Ma
adesso eccola lì, di nuovo caduta nella trappola.
E che dolce trappola che era, dolce, passionale, penetrante,
intensa…
Voltò
il capo verso Sirius steso a pancia in giù
accanto a lei, completamente nudo, i capelli scuri che gli ricadevano
sul volto
rilassato.
Ma perché era così difficile? Aveva passato quasi
un’intera vita a cercare di
dimenticarlo e ora lui tornava a sconvolgerla, di nuovo. Una parte di
lei le
diceva di lasciarsi andare, di amarlo come aveva fatto da ragazzina. In
fondo,
non era cambiato niente, tutto poteva tornare come prima. Ma
l’altra parte le
consigliava di retrocedere finché era in tempo, di andarsene
perché avrebbe
sofferto di nuovo. Con Sirius non c’erano mai certezze.
Quale parte ascoltare? I suoi sentimenti per lui non erano cambiati
mai,
nemmeno quando lo aveva creduto colpevole.
Con
mille dubbi in testa, scese dal letto e andò di
sotto, nella grande e cupa cucina di Grimmauld Place.
Prese un bicchiere dalla dispensa e si versò un
po’ d’acqua.
Dei rumori strascicati alle sue spalle la scossero e, quando si
voltò, vide la
figura di James fermo sulla soglia della porta.
“Martha!”
esclamò lui come se fosse sorpreso di
vederla lui. O forse era più sorpreso del suo abbigliamento,
da come l’aveva
squadrata, curioso e forse persino un po’ divertito.
“James”,
salutò lei, svuotando il bicchiere.
“Quindi,
tu e Sirius…”. Non terminò la frase, ma
si
capiva che cosa intendesse dallo sguardo malizioso.
“Già”.
“Lui
dov’è?”
“Di
sopra. Sta dormendo”.
“D’accordo.
Digli che sono passato”. L’uomo si voltò
per andarsene, ma Martha lo fermò di nuovo.
“James!”
“Sì?”
“Non
dirlo a mio zio”.
James
ridacchiò. “Non ti preoccupare. Ci tengo alla
vita del mio migliore amico”.
“Ariel!”
“Ginny!”
Le
due ragazze si erano incontrate nei pressi della
Sala Grande. O meglio, Ginny aveva visto la biondina da lontano e
l’aveva
fermata prima che se ne andasse. Alla fine si era decisa a parlare
prima con
lei, non voleva correre il rischio di aver frainteso e creare
così malcontenti.
“Ti
devo dire una cosa”, fece Ginny guardandola con
espressione dura.
“Dimmi?”
Il sorriso cordiale di Ariel faceva andare
la rossina fuori dai gangheri e avrebbe tanto voluto mollarle un pugno
per
toglierglielo dalla faccia.
“Hai
baciato Malfouy”.
La
biondina strabuzzò gli occhi. “Cosa?”
“Vi
ho visti, di fronte alla biblioteca”.
Ariel
sospirò quasi esasperata. Be’, era inutile
negare l’evidenza. “E quindi?”
Ginny
inarcò le sopracciglia come se non credesse
alle proprie orecchie. Ed effettivamente, non ci credeva. “Ma
tu stai con Harry”.
Glielo disse come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Questo
non significa che sono una sua proprietà. Della
mia vita posso fare quello che voglio”.
“Ma
lo hai tradito?”
Avrebbero
tanto voluto mettersi ad urlare entrambe,
se non fossero state in mezzo a tanta gente.
“Tradito?
È stato solo un bacio, mica ci sono andata
a letto”.
“Lo
spero!”
“E
comunque, Ginny, non sono affari tuoi. E ora scusami,
ma ho un sacco di cose da fare”.
Ariel
si allontanò
quasi di corsa e l’altra la guardò andarsene,
ancora desiderosa di prenderla a
schiaffi. Ma chi si credeva di essere?
MILLY’S
SPACE
Eccomi
tornata con un nuovo aggiornamento : ) Sto
cercando di aggiornare un po’ tutte le mie storie
perché poi sparirò per due
settimane e non credo avrò occasione per farlo.
Allora,
in questo capitolo a poco a poco sta emergendo il
vero carattere di Ariel che, vi dico, è piuttosto
complicato. Eh, a Milly non
piacciono le cose facili.
Mi piacerebbe anche approfondire di più la storia tra Martha
e Sirius,
specialmente quando erano compagni di scuola, e forse un giorno lo
farò,
pubblicando degli spezzoni nella mia pagina Facebook.
Va
bene, vi lascio subito, sicuramente non avete voglia
di sentire i miei sproloqui.
Mi raccomando, non dimenticatevi le recensioni.
A
presto,
M.
POTTER_92:
ehi, finalmente ti risento : ) grazie della recensione e non ti
preoccupare,
Emmie sta benissimo. Già, JamesRemus e John sono proprio dei
mascalzoni,
soprattutto quest’ultimo. Vedrai quante ne
combinerà al povero Charlie ^^ be’,
mi fa piacere averti risentito, ma non farti attendere di nuovo
così a lungo,
altrimenti mando la polizia a cercarti u.u o meglio ancora, Jolie. I
suoi calci
nelle costole non li auguro a nessuno. Ahaha scherzo. Ciao, Milly.
DUBHE01:
eh,
come vedi Teddy è molto coccoloso ^^ ma secondo me lo sono
tutti, Ino chan è
stata proprio una brava mamma.
A presto, Milly.
PUFFOLA_LILY:
a
quanto pare il colpevole non verrà mai fuori. Per fortuna,
però, nessuno si è
ferito gravemente. Aspetto altre recensioni, un bacione. M.