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Autore: millyray    26/06/2013    3 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO TRENTANOVE

“Emmie!” gridò qualcuno dietro di lei. Emmie era a metà strada per arrivare alla sala comune dei Tassorosso, quando si trovò davanti la chioma blu cobalto di suo fratello.

“Ted!” esclamò lei quando questi, in pochi passi, la ebbe raggiunta.

“Posso portarti la borsa?” le chiese gentilmente il ragazzo e, senza neanche darle il tempo di rispondere, le tolse la borsa dalla spalla e se la mise sulla propria. La ragazza alzò gli occhi al cielo ma non protestò. Tanto era inutile. Da quando era avvenuto quell’incidente ad Hogsmeade, suo fratello e i suoi amici le stavano addosso peggio delle sanguisughe. Non la lasciavano un attimo da sola, sembrava quasi che le avessero messo addosso un radar o una cimice, il che, conoscendoli, era anche abbastanza probabile, perché pareva che potessero vedere tutti i suoi movimenti e in ogni luogo in cui metteva piede, che fosse il bagno o lo stanzino delle scope, si ritrovava qualcuno di loro che molto gentilmente, anzi, fin troppo gentilmente, si offrivano per accompagnarla o, meglio ancora, scortarla, come delle ben pagate guardie del corpo.  Poi iniziavano a parlare con lei, le chiedevano del più e del meno, si offrivano per aiutarla coi compiti, finché, facendo finta di buttarla lì  del tutto casualmente, le chiedevano di quel giorno ad Hogsmeade, di cosa fosse successo esattamente, chi avesse visto, eccetera, eccetera. E questo le faceva desiderare ardentemente di potersi trovare in un altro posto.
Aveva ripetuto fino alla nausea, a tutti quanti, ai suoi genitori, agli insegnanti, a Silente e ai suoi amici che non se lo ricordava, non si ricordava assolutamente nulla di quel giorno, c’era un vuoto totale nella sua testa. E la cosa non era minimamente cambiata nemmeno dopo una settimana.
Capiva perfettamente che si preoccupavano per lei, dopotutto era la più piccola del gruppo  e fin da quando era nata avevano tutti mostrato una certa più attenzione nei suoi confronti, e non aveva mai trovato da lamentarsi, le faceva piacere, ma adesso la cosa stava iniziando a diventare soffocante. Stavano esagerando, la trattavano da handicappata.

“Mamma e papà ci hanno mandato una lettera. Chiedono come stai”, disse Teddy, camminando al suo fianco.

“Sto allo stesso identico modo in cui stavo due giorni fa”, rispose lei con un tano acido che non le apparteneva.
Infatti, il fratello si bloccò subito. “Scusa. Sono solo preoccupati”.

“Questo l’ho capito, so che siete preoccupati tutti quanti, ma è passata una settimana ormai e io sto bene!” Guardò il fratello abbassare il capo come se fosse dispiaciuto. Aveva un’espressione un po’ tormentata quel giorno. Stava osservando la cicatrice sull’occhio che rovinava il suo bel volto, quando pensò di chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, ma lui la precedette: “Hai ragione, Emmie. Siamo un po’ troppo appiccicosi”. Le mostrò un sorriso dolce e lei non poté far altro che ricambiare. Ci aveva provato in tutti i modi a tenere il muso a suo fratello, ma era letteralmente impossibile, lo dicevano anche gli altri. Teddy era troppo dolce. James a volte, per scherzare, diceva che per sconfiggere Voldemort sarebbe bastato mostrargli Ted e quello subito si sarebbe intenerito.

“Ehi, Emmie!” esclamò di nuovo una voce, che però non apparteneva al licantropo. I due fratelli Lupin si voltarono e videro venir loro incontro Joel, mani in tasca e capelli spettinati. “Cosa succede? Ho sentito la tua voce fino in cortile”. L’intenzione del ragazzo non era certo stata deriderla o imbarazzarla, eppure la ragazza non riuscì a impedire alle sue guance di diventare porpora. Controllò velocemente i capelli ed emise un sospiro di sollievo constatando che erano rimasti del loro normale colore e non qualcosa di strano, come le succedeva spesso quando Joel le parlava.

“Stavo solo… parlando con Ted”, borbottò lei, concentrata sui propri lacci delle scarpe.

“Immagino”, ridacchiò lui. “Comunque, avete visto mia sorella? Devo chiederle una cosa”.

“Non ne ho idea, mi spiace”, gli rispose Ted.

 

Ginny si stava dirigendo alla biblioteca con l’intenzione di restituire un paio di libri che aveva preso in prestito per il compito di Incantesimi, quando, improvvisamente, aveva notato due persone di fronte all’entrata.
Così, senza pensarci, si era riparata dietro al muro a pochi metri di distanza, gli occhi puntati su di loro e le orecchie ben tese. Peccato solo che da quella distanza non riuscisse a sentire niente. Le sarebbe proprio tornata utile una delle Orecchie Oblunge di Fred e George.
Non sapeva bene perché si stesse nascondendo, ma c’era qualcosa di sospetto in Ariel e Malfoy che confabulavano molto vicino l’uno all’altra.
Di solito Malfoy non parlava così tranquillamente con un Grifondoro e, da quanto ne sapeva lei, al Serpeverde non stavano molto simpatici i ragazzi del futuro, nonostante fosse proprio grazie a loro e all’Ordine che Malfoy non era finito tra le grinfie dei Mangiamorte dopo aver disertato. Ginny credeva che l’antipatia fosse del tutto reciproca, ma… a giudicare da come la Black rideva e parlava tranquillamente, forse si sbagliava.

 

“Perché stai parlando con me, Black?”

La ragazza si passò una mano tra i capelli con molta nonchalance, cercando di trattenere un sorrisetto. Malfoy era sempre lo stesso, nemmeno nel loro futuro era cambiato poi molto. Sempre la solita espressione arrogante e quel caratterino che emanava superiorità. Ma, a differenza di molti altri, lei non si sentiva affatto in soggezione. Anzi, questo la esortava a provocarlo ancora di più.

“Sarò libera di parlare con chi voglio. Non mi pare ci sia scritto sulla tua fronte che è vietato parlare con te”.

“Ma tu sei una Grifondoro”.

“Davvero? Non lo sapevo”.

Stavolta anche Malfoy si trovò a ridacchiare. Certo che quella Ariel ci sapeva fare col sarcasmo. Se non fosse una Grifondoro, probabilmente avrebbe cercato di approfondire la sua conoscenza.

“Black, sono piuttosto scocciato oggi. Sparisci se non vuoi assaggiare la mia bacchetta”, le disse, ma il tono non gli uscì affatto minaccioso come avrebbe voluto. E in ogni caso, non sortì alcun effetto sulla biondina davanti a lui, che lo riprese con un “Oh, non mi dispiacerebbe affatto vedere la tua bacchetta” e allungò una mano verso il cavallo dei suoi pantaloni, proprio in quel punto. Malfoy si scostò sorpreso.

“Teoricamente noi non siamo imparentati?”

“Se è l’albero genealogico che ti preoccupa, tranquillo, io e i miei fratelli non ci siamo”.

“No, non è un dannato albero che mi preoccupa, ma le tue velate minacce sessuali”.

“Minacce sessuali? Ma dai, addirittura! Comunque, non ti preoccupare, l’incesto nella famiglia Black non è di certo disprezzato”.

Lo intrigava, lo intrigava parecchio quella ragazza.

“Per caso mi stai facendo un qualche tipo di proposta, Black?” le chiese lui con voce sensuale.

Lei gli si fece più vicina, molto più vicina. Ora i loro visi erano a pochi centimetri di distanza, Malfoy poteva sentire il dolce odore di miele che emanava la sua pelle e Ariel poteva vedere quasi tutte le sfumature negli occhi di ghiaccio del ragazzo.

“E se anche fosse?” fece lei con tono basso e voce roca. Socchiuse gli occhi in modo provocatorio.

“Ma tu non stai con Potter?” si ricordò allora il Serpeverde, ma non si scostò neanche di un centimetro.

“Hai paura di Potter?”

“Per niente”. E così dicendo, Malfoy le mise una mano sulla schiena e la trasse a sé facendo cozzare i loro bacini. Poi, senza troppi preamboli, la baciò sulla bocca e i due iniziarono un suadente gioco di lingue per vedere chi sarebbe stato ad avere la meglio.
La mente di Ariel volò ad Harry solo per una frazione di secondo, poi la passione di quel bacio le fece dimenticare tutto.

 

Ginny si portò una mano alla bocca completamente sconvolta, gli occhi ancora spalancati sulla scena che aveva davanti.

Malfoy e Ariel che si baciavano, così, spudoratamente, davanti alla biblioteca, nel bel mezzo del corridoio dove passavano tutti.
Doveva dirlo ad Harry. Insomma, non era accettabile che la sua ragazza facesse una cosa del genere. Lo stava tradendo e con Malfoy, per giunta. Non era giusto nei suoi confronti.

Strinse i pugni e cominciò ad allontanarsi, livida in volto.

 

Martha si scostò una ciocca dei capelli ribelli dal viso e sospirò.
Era seduta sul letto e solo una larga maglietta ricadeva a coprire il suo delicato corpo. La maglietta di Sirius. Il suo odore le penetrava prepotentemente le narici e, contro tutti i suoi propositi, se ne era completamente assuefatta, come se fosse la sua droga. Esattamente quello che era successo quasi vent’anni fa, quando aveva incontrato lo sguardo magnetico di quel ragazzo giovane ma dall’animo terribilmente misterioso e tormentato.
Aveva avuto l’onore di essere l’unica ragazza di Hogwarts, per non dire dell’intero mondo magico, a far breccia nel suo cuore di ghiaccio. Ma poi lui aveva rovinato tutto. O meglio, Peter Minus aveva rovinato tutto.
E lei si era ritrovata persa e aveva giurato a se stessa che non sarebbe mai più successo.

Ma adesso eccola lì, di nuovo caduta nella trappola. E che dolce trappola che era, dolce, passionale, penetrante, intensa…

Voltò il capo verso Sirius steso a pancia in giù accanto a lei, completamente nudo, i capelli scuri che gli ricadevano sul volto rilassato.
Ma perché era così difficile? Aveva passato quasi un’intera vita a cercare di dimenticarlo e ora lui tornava a sconvolgerla, di nuovo. Una parte di lei le diceva di lasciarsi andare, di amarlo come aveva fatto da ragazzina. In fondo, non era cambiato niente, tutto poteva tornare come prima. Ma l’altra parte le consigliava di retrocedere finché era in tempo, di andarsene perché avrebbe sofferto di nuovo. Con Sirius non c’erano mai certezze.
Quale parte ascoltare? I suoi sentimenti per lui non erano cambiati mai, nemmeno quando lo aveva creduto colpevole.

Con mille dubbi in testa, scese dal letto e andò di sotto, nella grande e cupa cucina di Grimmauld Place.
Prese un bicchiere dalla dispensa e si versò un po’ d’acqua.
Dei rumori strascicati alle sue spalle la scossero e, quando si voltò, vide la figura di James fermo sulla soglia della porta.

“Martha!” esclamò lui come se fosse sorpreso di vederla lui. O forse era più sorpreso del suo abbigliamento, da come l’aveva squadrata, curioso e forse persino un po’ divertito.

“James”, salutò lei, svuotando il bicchiere.

“Quindi, tu e Sirius…”. Non terminò la frase, ma si capiva che cosa intendesse dallo sguardo malizioso.

“Già”.

“Lui dov’è?”

“Di sopra. Sta dormendo”.

“D’accordo. Digli che sono passato”. L’uomo si voltò per andarsene, ma Martha lo fermò di nuovo. “James!”

“Sì?”

“Non dirlo a mio zio”.

James ridacchiò. “Non ti preoccupare. Ci tengo alla vita del mio migliore amico”.

 

“Ariel!”

“Ginny!”

Le due ragazze si erano incontrate nei pressi della Sala Grande. O meglio, Ginny aveva visto la biondina da lontano e l’aveva fermata prima che se ne andasse. Alla fine si era decisa a parlare prima con lei, non voleva correre il rischio di aver frainteso e creare così malcontenti.

“Ti devo dire una cosa”, fece Ginny guardandola con espressione dura.

“Dimmi?” Il sorriso cordiale di Ariel faceva andare la rossina fuori dai gangheri e avrebbe tanto voluto mollarle un pugno per toglierglielo dalla faccia.

“Hai baciato Malfouy”.

La biondina strabuzzò gli occhi. “Cosa?”

“Vi ho visti, di fronte alla biblioteca”.

Ariel sospirò quasi esasperata. Be’, era inutile negare l’evidenza. “E quindi?”

Ginny inarcò le sopracciglia come se non credesse alle proprie orecchie. Ed effettivamente, non ci credeva. “Ma tu stai con Harry”. Glielo disse come fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Questo non significa che sono una sua proprietà. Della mia vita posso fare quello che voglio”.

“Ma lo hai tradito?”

Avrebbero tanto voluto mettersi ad urlare entrambe, se non fossero state in mezzo a tanta gente.

“Tradito? È stato solo un bacio, mica ci sono andata a letto”.

“Lo spero!”

“E comunque, Ginny, non sono affari tuoi. E ora scusami, ma ho un sacco di cose da fare”.

Ariel si allontanò quasi di corsa e l’altra la guardò andarsene, ancora desiderosa di prenderla a schiaffi. Ma chi si credeva di essere?

 

 

MILLY’S SPACE

Eccomi tornata con un nuovo aggiornamento : ) Sto cercando di aggiornare un po’ tutte le mie storie perché poi sparirò per due settimane e non credo avrò occasione per farlo.

Allora, in questo capitolo a poco a poco sta emergendo il vero carattere di Ariel che, vi dico, è piuttosto complicato. Eh, a Milly non piacciono le cose facili.
Mi piacerebbe anche approfondire di più la storia tra Martha e Sirius, specialmente quando erano compagni di scuola, e forse un giorno lo farò, pubblicando degli spezzoni nella mia pagina Facebook.

Va bene, vi lascio subito, sicuramente non avete voglia di sentire i miei sproloqui.
Mi raccomando, non dimenticatevi le recensioni.

A presto,

M.

POTTER_92: ehi, finalmente ti risento : ) grazie della recensione e non ti preoccupare, Emmie sta benissimo. Già, JamesRemus e John sono proprio dei mascalzoni, soprattutto quest’ultimo. Vedrai quante ne combinerà al povero Charlie ^^ be’, mi fa piacere averti risentito, ma non farti attendere di nuovo così a lungo, altrimenti mando la polizia a cercarti u.u o meglio ancora, Jolie. I suoi calci nelle costole non li auguro a nessuno. Ahaha scherzo. Ciao, Milly.

DUBHE01: eh, come vedi Teddy è molto coccoloso ^^ ma secondo me lo sono tutti, Ino chan è stata proprio una brava mamma.
A presto, Milly.

PUFFOLA_LILY: a quanto pare il colpevole non verrà mai fuori. Per fortuna, però, nessuno si è ferito gravemente. Aspetto altre recensioni, un bacione. M.

  
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