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Autore: _Trixie_    28/06/2013    2 recensioni
[Callie/Arizona, April/Jackson, Alex/Izzie, Derek/Meredith]
Una lacrima solitaria cadde nell’acqua, mentre la portata degli avvenimenti la investiva.
Era la regina di un regno che non le apparteneva di diritto, un regno che stava per entrare in guerra per delle decisioni prese in modo affrettato. Non poteva nemmeno permettersi di piangere il marito che un tempo aveva amato, la cui morte era la causa della catastrofe che stava per abbattersi sul Regno di Picche.
Perché l’assassinio di un re poteva essere punita solo con la morte di un regno.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Capitolo IX
 
Maybe I’m in the black, maybe I’m on my knees,
maybe I’m in the gap between the two trapezes,
But my heart is beating and my pulses start [10]
 

 
Il portone d’ingresso si chiuse, proteggendo April, Arizona e Matthew dal pericolo della Fortezza Rossa e Jackson ormai non aveva più nulla da perdere.
Non aveva famiglia, amici o fidanzata: qualcuno era scappato, qualcun altro era morto, altri erano semplicemente scomparsi, come suo padre.
L’ultima immagine che aveva di lui era quella di un uomo stanco, sconfitto dagli anni, incapace di sostenere ulteriormente la carica di Fante di Cuori. Aveva servito Bizzy Montgomery, madre dell’attuale regina, prima di suicidarsi nella torre più alta del castello degli Avery.
Erano passate settimane prima che qualcuno lo trovasse, nessuno si arrischiava mai a salire fino al sottotetto delle torri a causa di polvere, pipistrelli, ragni e assi pericolanti. Era stata la puzza ad attirare una cameriera in quelle stanze dimenticate.
Da giorni tutto il regno rosso era alla ricerca di Lord Avery, il Fante di Cuori, nessuno sapeva dare notizie certe, nonostante la lauta ricompensa che Catherine Avery aveva promesso, ogni traccia si rivelava falsa, ogni indizio era un buco nell’acqua.
Lord Avery era semplicemente scomparso.
Jackson allora era poco più di un bambino, aveva dodici anni, e la corte rossa per lui non era altro che un’affascinante luogo di incontro per dame ingioiellate e cavalieri blasonati.
Cresciuto nella bambagia, venne segnato profondamente dalla violenza compiuta da suo padre e del repentino cambiamento che questa provocò in Lady Avery, che fino ad allora era stata una donna all’apparenza frivola, dal carattere allegro e solare e anche un po’ libertino, come si sussurrava nel castello. Non che Jackson sapesse l’esatto significato della parola, ma riconosceva la nota di biasimo che le vecchie cameriere vi infondevano, nel pronunciarla.
Dopo il ritrovamento del marito, Catherine s’incupì e divenne estremamente protettiva nei confronti di Jackson, atteggiamento che infastidiva non poco il giovane, considerato il più viziato tra i nobili.
Finché un giorno Lady Catherine sparì, proprio quando Addison Montgomery non riusciva più a far passare come incidenti i numerosi incendi delle proprietà nobiliari di persone a lei scomode, come quella dei Kepner.
Sul comodino di Jackson rimase un piccolo biglietto, nell’elegante grafia di sua madre.
 

Buona fortuna, Jackson, un giorno capirai perché me ne sono andata.
Ti voglio bene, mamma.

 
Nessuna scusa, nemmeno la più banale, da quelle parole traspariva solo la certezza di Lady Catherine che il suo abbandono non era altro che la cosa più giusta da fare per lei e per Jackson.
Da quel momento il giovane Lord Avery l’aveva odiata, ma nonostante questo sapeva che sua madre doveva avere delle buone ragioni, che lui non vedeva né conosceva, ma dovevano esserci. In ogni caso, per quanto si sforzasse di capirla, il suo abbandono era stato un tradimento, né più né meno di quello di suo padre.
Da quel momento, era stato solito pensare a se stesso come un orfano.
Al castello degli Avery non aveva altri amici che il suo giovane scudiero Charles Percy e Reed.
Lui era morto, fatto decapitare dalla Decapitatrice per aver tentato di sedurre Lady Kepner, il che era del tutto vero, ma di certo non meritava la morte per sciocchezza del genere, nonostante infastidisse tanto Jackson.
Reed aveva nutrito una rabbia rancorosa nei confronti di April per giorni, dopo la morte di Charles, ma poi anche la sua testa era finita sulla Torre delle Decapitazioni. Jackson non ricordava nemmeno l’accusa. Furto, probabilmente. Era l’accusa che usavano i soldati per incolpare e giustiziare le cameriere. Era più che plausibile che una povera e bisognosa cameriera rubasse a una ricca dama. La vera ragione era la parlantina di Reed e le sue critiche al governo della Montgomery.
E poi c’era Meredith, la ragazza che sua madre avrebbe voluto come nuora: primogenita di una famiglia di antica nobiltà e con più soldi di quanti Lord Grey avesse potuto lapidarne passando la vita nelle osterie e nelle bettole della città.
Da secoli gli Avery e i Grey combinavano matrimoni ad ogni occasione propizia, ma ormai i tempi erano cambiati e tra uno scandalo e l’altro il matrimonio era saltato, con gran sollievo di Jackson e Meredith, troppo presa dal suo re persino per provare a salvarsi la pelle.
Almeno Ellis Grey aveva dimostrato un po’ di furbizia e amore materno.
Infine c’era lei, April Kepner. L’ultima persona da amare che gli era rimasta vicino, ma ormai se ne era andata anche lei, lontano, al sicuro, su suo ordine.
Le urla di April gli avevo straziato il cuore e la sua voce faceva più male delle stilettate con cui Sir Sloan si divertiva con lui.
Jackson aveva visto cadere i suoi compagni ad uno ad uno, uccisi dai soldati rossi, e si era affrettato a retrocedere in una rientranza del muro, dove i soldati non avrebbero potuto affrontarlo. In ogni caso, non ce ne sarebbe stato bisogno, perché Sir Sloan voleva giocare con la sua preda e una volta sistemati tutti gli altri ribelli, aveva ordinato di lasciare stare Jackson per occuparsene personalmente.
Più che un combattimento, il loro si era rivelato essere un inseguimento. Jackson sapeva di non poter battere in alcun modo Sir Sloan, che gli aveva insegnato la maggior parte delle tecniche di combattimento quando si era presentato a corte, orfano e senza nessuno che lo potesse indirizzare nella vita.
Lui era stato il suo insegnante e sarebbe riuscito ad apprezzarlo nonostante tutto se solo non avesse minacciato la vita di April.
«Solo i codardi scappano, Avery!» aveva urlato il fante di Cuori, in uno dei numerosi corridoi della fortezza in cui erano finiti correndo uno dietro l’altro, senza meta.
Jackson sapeva anche questo, la fuga è da codardi, ma a quanto pare scappare era un talento degli Avery, che lui aveva ereditato dai genitori, non puoi fare nulla contro la tua natura.
Aveva parato un affondo di Sir Sloan, che lo aveva raggiunto e ora lo spingeva con le spalle al muro. Sotto la forza del colpo, Jackson retrocesse, trovandosi a sporgere da una finestra.
Il Fante di Cuori gli puntò la spada alla gola.
«Ad Addison piacciono le teste mozzate, ma la tua mi sembra troppo calda, forse è meglio raffreddarla con un po’ d’acqua, non credi?» disse Sir Sloan e prima che Jackson potesse capire il significato di quel gioco di parole, si ritrovò a precipitare da almeno sette metri d’altezza, nelle fredde e basse acque del fossato.
La sua ultima immagine da cosciente fu il viso di April, poi ci fu l’impatto con l’acqua, con le dure rocce del fondo. Non vide altro che buio.
 
***
 
«Mia regina, mi sentirei più sicuro se abbandonassimo l’attuale direzione e ci dirigessimo verso sud, per costeggiare l’Occhio del Gigante» disse Sir Owen Hunt una sera, nel bel mezzo del Bosco delle Lacrime Rosse.
I cavalli erano stanchi dopo la sfrenata corsa cui il Fante gli aveva sottoposti in quei giorni e gli uomini, che avevano dormito cavalcando o nella carrozza, avevano bisogno di sgranchirsi le gambe.
«Perché lo dite, Sir Owen?»
«Quelle strade sono più sicure, le pattuglie dei soldati rossi vi passano assai raramente».
«C’è una tregua, non siamo più in guerra» disse Calliope.
«Appunto. Se dovessimo incontrare i soldati della Montgomery e si venisse alle armi, come crede che interpreterebbe la faccenda la corte rossa? Sono sicuro che la notizia della possibilità di pace stia correndo di bocca in bocca per tutta Wonderland, ma sicuramente non ha raggiunto gli isolati accampamenti dei soldati rossi. Verremo attaccati e risponderemmo con le armi e questo sarebbe interpretato come una violazione degli accordi di tregua, con tutte le conseguenza che comporta» spiegò pazientemente Sir Owen, la cui voce si incupì sul finire del discorso.
«E tre teste innocenti finirebbero per decorare la Torre Nord della Fortezza Rossa» bisbigliò amaramente la regina bianca, afflosciandosi.
Erano seduti ai lati del sentiero, su ceppi o sassi, esposti a ogni genere di pericolo, predoni e soldati inclusi, Sir Owen aveva ragione.
«D’accordo, costeggiamo l’Occhio del Gigante, sarà lunga e faticosa, ma almeno è  più sicura».
 

***

 
La risalita dal fondo dell’Occhio del Gigante fu più difficile e lunga di quanto Arizona si aspettasse.
I cavalli arrancavano faticosamente sulla salita, April aveva un’espressione di ira costantemente dipinta in volto e Alex era scontroso e taciturno. Matthew era semplicemente rassegnato, ma tentava in tutti i modi di tenere Alex lontano da April.
I polpacci di Arizona urlavano di dolore ad ogni passo, così come il resto dei suoi muscoli. Si sentiva sporca e costantemente affamata.
Karev aveva svuotato la dispensa e avevano caricato tutto il cibo di cui disponevano su uno dei cavalli, mentre l’altro aveva borracce piene d’acqua, ma in ogni caso avevano deciso di razionare il cibo, per ogni evenienza, perciò mangiavano il minimo indispensabile.
A differenza della discesa, la risalita richiese un giorno di cammino in più e una notte in più passata in una di quelle piccole rientranze, dato che procedevano più lentamente sia a causa del maggior dispendio di energia richiesto, sia perché non avevano più il terrore di essere inseguiti dai soldati rossi.
Arizona si svegliava ogni mattina leggermente rattristata, perché nei suoi sogni la bella regina non compariva più, ma nonostante questo c’era una bambina dai tratti ispanici a sostituirla e a rallegrare inspiegabilmente il cuore di Arizona.
Non aveva la minima idea di chi fosse quella bambina, anche se la sua mente le associava un nome: Sofia.
Nonostante questo, non riusciva a capire come potesse essere legata a lei, a parte il profondo affetto che le suscitava quel piccolo volto dai capelli neri e la strana somiglianza a Calliope, per il resto rimaneva una completa sconosciuta.
Sul far della sera del terzo giorno finalmente il terreno tornò pianeggiante e Arizona si accasciò a terra chiedendo dell’acqua, che Alex le porse con un grugnito. Accanto a lei si sedette April, cui passò l’acqua.
Matthew, che ancora si ostinava a portare l’armatura nonostante il caldo e la fatica, era inquieto.
«Cosa hai, Scatola di Latta?» gli domandò Alex sgarbatamente.
Arizona avrebbe voluto uccidere il Bianconiglio ogni volta che mostrava quella rudezza che non gli apparteneva.
In fondo lui era il ragazzo che l’aveva portata in groppa per un paio d’ore quando era diventata troppo pallida per fare un altro passo e quello che aveva vegliato sul suo sonno, controllando che respirasse la notte appena passata.
Non era il soldato rosso Karev, era solo un ragazzo spaventato dalla vita che reagiva con la peggior difesa adottabile, la violenza.
«C’è qualcosa che non mi convince» rispose Matthew, scrutando verso quello che Arizona giudicò il nord.
Alex aveva anche provato a insegnarle come orientarsi con il sole e con le stelle e Arizona aveva imparato in fretta, nonostante facesse ancora un po’ di confusione.
A Wonderland il sole tramonta a est e sorge ad ovest, passando per il nord e non per il sud. Di notte era più facile, perché laGrande Punta, una conformazione di stelle a triangolo isoscele, puntava sempre ad ovest.
«Per indicare che dopo la notte, sorge sempre e comunque il sole» aveva detto Alex.
«Sarà, ma a me sembra tutto normale» biascicò il Bianconiglio in quel momento, rivolgendosi a Matthew.
«E invece no, zitti tutti, ascoltate» rimbeccò Matthew, portandosi un dito sulle labbra e una mano a coppa intorno all’orecchio.
Arizona tacque, ma non udì nulla se non il soffio di un debole venticello.
«Mi ricorda qualcosa» bisbigliò Matthew, mentre Arizona leggeva sulle facce di Alex e April che loro non sentivano nulla, proprio come lei.
«Ti ha dato di volta il cervello, Scatola di Latta?»
«Taci» sibilò Matthew. «Non capisco che rumore sia, ma sta aumentando».
Passò qualche minutò prima che quel rumore regolare e continuo giungesse anche alle orecchie di Arizona e degli altri.
Quando Matthew lo riconobbe, un espressione di terrore si dipinse sul suo volto.
 

***

 
«Vostra Maestà, vedo una manciata di uomini a piedi con due cavalli di fronte a noi, credo siano soldati rossi» disse Sir Owen accostandosi alla carrozza della Regina di Picche.
«Addison non invia mai soldati rossi intorno all’Occhio del Gigante. Il Bianconiglio ci avvisa di ogni movimento qui intorno» intervenne Derek. «Devono essere disertori. Il Bianconiglio gli aiuta, facendo fuggire le loro famiglie dalla città di Cuori prima che qualcuno possa vendicarsi su di loro».
«Derek, sei sicuro?» chiese Calliope.
«Sì. Se fossero soldati rossi sarebbero tutti a cavallo, armati di tutto punto e con le bandiere bene in vista».
«No, mi sembra di riconoscere una sola armatura e… una donna» disse Sir Owen titubante, stringendo gli occhi per vedere in lontananza. «No, aspettate, ci sono due donne» aggiunse dopo un attimo.
«Sono disertori con le famiglie, Sir Owen, non possono farci alcun male» disse Derek, annuendo.
«Derek ha ragione, dovremmo aiutarli» aggiunse Calliope.
«Non lo so, Mia Regina, di questi tempi è meglio non fidarsi di nessuno» rispose titubante il Fante di Picche.
«Ti proibisco di attaccarli o spaventarli in qualsiasi modo. Ci parleremo e decideremo cosa farne» concluse la Regina di Picche.
 

***

 
«Cavalli? Cavalli e carrozze?» esclamò April Kepner in preda al panico. «Se è uno scherzo non è affatto divertente!»
«Guarda tu stessa, April» rispose il cavaliere, mentre la ragazza si alzava di scatto per affiancarsi a lui.
«Cavalli! Cavalli e carrozze! Cavalli e carrozze e soldati!» esclamò a raffica Lady Kepner, portandosi le mani tra i capelli. «I soldati rossi ci hanno trovato, ci riporteranno alla Fortezza e ci decapiteranno uno ad uno, dopo averci torturato per giorni. Tranne tu, ovviamente, Bianconiglio, perché gli hai avvisati!» lo accusò la ragazza, dirigendosi verso Alex e iniziando a tempestargli il petto di pugni. «Perché sei un lurido doppiogiochista, ve l’avevo detto che di lui non ci si poteva fidare. Ci ha traditi tutti quanti, alla prima occasione utile, lurido verme, torna nella tua dannata tana».
Alex cercò di ripararsi dai pugni della ragazza, ma con scarso successo, e tirò un sospiro di sollievo solo quando Matthew arrivò a dividerli, stringendo uno dei polsi di April, rossa dalla foga.
«April, calmati, è impossibile che sia stato lui, non l’ho perso di vista un solo secondo» cercò di calmarla il cavaliere.
Arizona accorse per bagnare con un po’ d’acqua le nocche dai tagli poco profondi di April, che si era ferita con le cinghie del giustacuore in pelle di Alex.
«Ragazze, scendete per una decina di metri nell’Occhio del Gigante» sibilò il Bianconiglio, gli occhi fissi sulle carrozze e sui cavalli in avvicinamento. «Rimanete lì fino a quando non avrò chiarito le cose con i soldati».
«No!» protestò April immediatamente, urtando Arizona e versandole addosso la quasi totalità dell’acqua contenuta nella borraccia. «È loro complice!» lo accusò di nuovo, puntando il dito verso di lui.
«April, rimango io con lui» intervenne immediatamente Matthew, spingendo Lady Kepner verso Arizona e facendo segno a quest’ultima di trascinarla via con la forza, se necessario.
La Ragazza del Mondo di Lassù annuì e fece come le era stato suggerito, un po’ convincendo April un po’ spingendola per qualche metro verso il basso, dove le pareti dell’Occhio del Gigante le avrebbero protette dalla vista ai soldati in avvicinamento.
Nonostante questo, man mano che le carrozze si avvicinavano, una malinconica tristezza si faceva largo nel suo cuore, i cui battiti accelerarono senza tregua.
Tu-tum. Tu-tum.
Il rumore degli zoccoli divenne facilmente riconoscibile.
Tu-tum-tu-tum.
Le grida d’incitamento degli uomini ai cavalli giunsero alle orecchie di Arizona.
Tutumtutumtutum.
Un uomo dalla voce possente diede l’ordine di fermarsi, prima di rivolgersi ad Alex e a Matthew.
«Sono Sir Owen Hunt, Fante di Picche, e vi ordino di identificarvi immediatamente» disse, prima che una spada, probabilmente la sua, venisse sguainata.
«Sir Owen, vi avevo ordinato di non spaventarli» intervenne una voce femminile.
Il cuore di Arizona impazzì, si fermò di colpo per poi riprendere lentamente a battere, accelerando vorticosamente.
Tu-tum. Tu-tum-tu-tum. Tutumtutumtutumtutum.
Quella voce…
Arizona chiuse gli occhi.
«Sono la Regina di Picche»
I muscoli tremarono, cedettero.
Questa mattina non ho mangiato, ricordò la giovane in un lampo, prima di sentire l’urlo di April e il duro impatto con il terreno.
 
 
NdA
La canzone [10] è Every Teardrop is a Waterfall, dei Coldplay.
Arizona e Calliope sono davvero vicine, vedremo se riusciranno a incontrarsi, nel prossimo capitolo. Mentre Jackson…
Spero che vi sia piaciuta, fatemi sapere quanto mi state odiando per aver interrotto il capitolo sul più bello e scusatemi il ritardo,
Trixie :D

   
 
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