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Autore: _Peppermint_    29/06/2013    5 recensioni
La sua voce era calda, mi fece venire un brivido alla schiena.
Si muoveva sul palco senza fermarsi mai, le sue mani stringevano il microfono come se fosse uno scettro e lui era il re.
Strinsi il vassoio che avevo tra le mani e mi morsi un labbro.
Un'altro brivido alla schiena.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Eravamo sul divano, intrecciati, mentre dipingevo Raffaele con la cioccolata. Lo baciavo delicatamente mentre respirava irregolarmente sotto il mio tocco. Sorrideva e mi accarezzava la schiena con una mano.
- Sei buono.- dissi respirando il suo profumo. Era tutto così perfetto.
- Mangiami allora. – rideva. Rideva di cuore. E io fissai il suo sorriso. Non lo avevo mai visto così.. felice.
Morsi la sua spalla. La cioccolata era dappertutto. Promisi a me stessa che gli avrei pulito in qualche modo il divano. Continuavo a morderlo dolcemente e lui si muoveva piano sotto di me.
Con un gesto veloce mi ritrovai sotto di lui. Divenni rossa. Era bello. Mi ricordai la prima volta che l’avevo visto. Ci ero andata a sbattere. Chi l’avrebbe mai detto che saremmo andati a finire così.
- Te la ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?- gli chiesi ad un tratto mentre mi baciava il petto. Mi guardò e sorrise.
- Certo, signorina “Sono sempre distratta”!- rise e gli diedi un colpo sulla spalla. Mi prese la mano e la baciò.
- Aspettavo solo te- disse ancora mentre mi accarezzava tutto il corpo. Un brivido mi percorse. Lo volevo. Volevo lui. E non solo in quel momento, ma sempre. Non potevo perderlo.
- Non andartene.- sospirai mentre intrecciavo le mie gambe alla sua vita. Mi sentì. Mi strinse e gemetti.
- Non vado da nessuna parte finché non me lo chiederai tu. – mi disse in un orecchio. Mi strinse una coscia mentre ci muovevamo insieme. Sembravamo quasi due note in un pentagramma, poste perfettamente per creare una melodia. La mia preferita.
Strinsi la sua schiena e quasi la graffiai. “Finché non me lo chiederai tu” quella frase fu un punto interrogativo per me, ma fui troppo presa dal momento per pensarci. Lo strinsi più forte.

Aprii la porta del mio appartamento. Mi ritrovai il viso di Raffaele di fronte. Un viso scavato, con le occhiaie e gli occhi rossi. Piangeva.
- Cosa vuoi?- gli dissi. Ero cattiva. Cattiva con lui e piangeva.
 
- Ti amo Al – disse cercando di abbracciarmi.
- Vattene Raf. Voglio che te ne vai..- dissi – Adesso.-
Lui sparì. E in un secondo mi ritrovai in un prato. Alla mia sinistra un fiume e a qualche metro da me si ergeva un ponte. Sopra, delle macchine passavano tranquille. Più mi avvicinavo e più l’erba si faceva alta.
Sentivo qualcosa nel mio stomaco. L’ansia.
Mi bloccai. Sotto quel ponte a pochi centimetri, Raffaele stringeva una siringa. Svenni.*

Aprii gli occhi e sussultai facendo  un grande respiro. Il mio petto si bloccò per qualche secondo e tremai.  Ero sudata e piangevo. Raffaele si mosse vicino a me. Alzò un po’ la testa e mi guardò.
- Che è successo? – mi chiese preoccupato. Lo guardai negli occhi e lo toccai. Avevo bisogno di sentirlo. Sentirlo sotto di me. Vivo. Aprii la bocca per parlare ma non ci riuscii, lo abbraccia forte su quel divano stretto. In due divisi non ci entravamo ma per unirci era fatto apposta. Mi accarezzò.
- è stato solo un incubo ­– disse lui soffiando sui miei capelli.  Restammo abbracciati per un po’ poi ci riaddormentammo.

Mi svegliai di nuovo, questa volta più tranquilla e guardai Raffaele dormire. Il suo respiro si interrompeva al contatto con il mio collo provocandomi leggeri brividi. Sorrisi.
Cercai  di spostare il suo braccio senza svegliarlo  e mi alzai. Erano le otto e mezzo di mattina e avevo bisogno di una doccia fresca. Andai  in bagno e aprii l’acqua.
Era il primo Gennaio, il primo giorno di un nuovo anno che sicuramente sarebbe stato migliore  del precedente.  Ero davvero felice. Nonostante i litigi con Raffaele e le difficoltà che lo stare insieme ci procurava, ero finalmente felice.  Finita la doccia mi avvolsi nell’asciugamano e andai a recuperare i vestiti sul  pavimento. Guardai Raffaele. La bocca leggermente aperta, quel leggero russare che stranamente mi faceva impazzire, la sua schiena liscia, le sue braccia, i suoi tatuaggi che sembravano essere stati disegnati apposta per quella pelle color cappuccino che  io amavo tanto.  Ripensai al sogno di quella notte. Non volevo perderlo. Lui era il mio Re. La mia felicità.
Mi vestii velocemente e raccolsi i capelli in una coda. Coprii Raf con la coperta. Sembrava quasi un bambino.
Andai in cucina e aprii il frigo, ma non  trovai niente di invitante. In verità non avevo proprio fame. Mi sedetti in salotto su una sedia e cercai il telefono nella borsetta. C’erano un po’ di messaggi con gli Auguri per l’anno nuovo e risposi ad alcuni.
Guardai Raf muoversi  e aprire gli occhi. Quando incrociò il mio sguardo sorrisi.
- Buongiorno – mi disse con la voce ancora assonnata.
- Buongiorno – risposi io alzandomi e avvicinandomi a lui. Mi sedetti sul divano e lui appoggiò la testa sulla mie gambe. Cominciai ad accarezzargli i capelli.
Fuori la luce del sole era sfumata dalle nuvole.
- Al, in questi giorni ho parlato con Francesco – mi disse ad un tratto Raffaele girando la testa verso di me. Lo guardai negli occhi e gli sorrisi. Lo baciai dolcemente e annuii  per invitarlo a continuare.
- Mi ha detto che ha un po’ di problemi con l’appartamento e non trova lavoro.. – continuò chiudendo gli occhi e sospirando.
- E tu cosa vorresti fare?- chiesi.
- Voglio aiutarlo Al. Sento che non posso lasciarlo da solo, forse ho ritrovato un fratello finalmente e se non lo aiutassi mi sentirei uno schifo. Più di quanto non mi senta ora.- disse chiudendo gli occhi. Mi fermai a pensare a quelle parole.
- Cosa? Perché dovresti sentirti uno schifo?- ero stupita.
- Per la mia vita. Guardami, scrivo canzoni ma non riesco a concludere niente di buono. Sto cercando di disintossicarmi Al, davvero. Ma.. non ci riesco.- si alzò a sedere e mi diede le spalle. Perché adesso mi diceva quelle cose?.
- Raf,  cosa mi vuoi dire? – mi avvicinai a lui poggiando le mie mani sulle sue spalle. Le mie ginocchia ferme vicino ai suoi fianchi.
- Come fai a stare con uno come me?- chiese lui guardandomi con la coda dell’occhio. Lo guardai.
- Raffaele io non potrei immaginare la mia vita senza te adesso. Capisci? Non mi importa chi sei, cosa hai fatto. Voglio solo sapere che non ti fai del male e che  mi ami – dissi abbracciandolo. Gli baciai le spalle e respirai il suo profumo, così buono.
Qualcuno suono alla porta proprio in quel momento. Ci guardammo entrambi e al secondo suono del campanello mi mossi verso la porta. Raffaele si mise velocemente i pantaloni che erano stati abbandonati sul pavimento la sera prima. Prima di aprire mi voltai verso di lui.
- Poi più tardi voglio sapere cosa significava la frase “finché non me lo chiederai tu”, quella che mi hai detto questa notte- dissi  guardandolo negli occhi.
Mi avvicinai alla porta e aprii. Rimasi un attimo fissa a guardare la ragazza davanti a me. Era bionda, alta e indossava un cappotto rosso. Lei rimase stupita, probabilmente dalla mia presenza. Il suo sguardo era confuso.
- C’è.. Raffaele? – chiese. Perché avevo una brutta sensazione?
Annuii. Non riuscivo a dire o a fare niente. Raffaele si avvicinò a noi e rimase immobile appena vide la ragazza bionda all’ingresso.
 -Alessia..-  farfugliò lui.  Lei corse ad abbracciarlo, sorpassandomi. Aveva le lacrime agli occhi e lo stringeva forte. Lei sembrava un cerbiatto impaurito mentre lui che avesse visto un fantasma .
Alessia. Ragionai su quel nome. Era lei l’Alessia che aveva abbandonato Raf? Perché era lì? E perché lo abbracciava così stretta? e lui? Non faceva niente.  Raffaele mi guardò oltre i capelli biondi della ragazza. Lo vidi cambiare in mille sguardi. Ed io non capii cosa stavano dicendo i suoi pensieri.
Lui si staccò lentamente da lei. E indietreggiò guardandoci entrambe, poi si soffermò su di lei.
- Alessia, perché sei qui?- chiese Raffaele.
- Per  te.- rispose lei asciugandosi una lacrima.
- Cosa?- lui alzò un sopracciglio. Lo vedevo cedere, sembrava non farcela.
- Ti amo.- disse lei diventando leggermente rossa. Mi guardò per qualche secondo. Si vergognava di me?.
Mi sentivo il terzo incomodo, anche se in quel caso, l’intruso era lei. Ma mi sentii ugualmente in colpa e mi diressi  piano nella camera di Raffaele. Lo sentii urlare.

Raffaele’s Pov
- Mi ami? – urlai, forse un po’ troppo forte e disgustato – Tu mi ami? – chiesi di nuovo con più autocontrollo.  Respirai piano e guardai Alessia negli occhi. Mi chiedevo perché? Quante notti avevo sognato di rivederla, quante notti avevo sperato che tornasse da me. Ma ora.. Ora no.
- Raffaele, ti prego.. io avevo bisogno di spazio, di tempo, ho fatto una cazzata ma ho sbagliato.. io ti amo. Mi sono accorta che senza te non posso continuare. Io ho bisogno di te. – disse Alessia continuando a piangere. Era bella come quando stavamo insieme, ma stranamente la voglia di averla vicino non era più la stessa.
- Io.. – cosa volevo dirle davvero?.
– Io non penso di avere bisogno di te. Ormai non più.- dissi infine.
Lei mi guardò. Forse, non si aspettava quella risposta. Era brava a far cedere le persone, con quel viso perfetto, con quelle labbra rosse e quegli occhi profondi. Ma quella volta, con me, non ci riuscì.
- C’è lei adesso? Quanti anni ha? Sembra più piccola di te, Raffaele..- disse indicando, con un cenno del capo, la mia stanza, dove poco prima era entrata Altea. La sua voce era diventata dura. Sembrava mi accusasse.
- Smettila, sei patetica – dissi con un filo di voce. Lei sbuffò.
Sospirai e mi passai una mano sul viso. – Cosa vuoi da me Alessia? Cosa vuoi? Sei tornata qui senza avvisarmi e ora pretendi che ti perdoni per tutto ciò che mi hai fatto.. smettila. Sei patetica-
- Io ti ho avvisato, ti ho chiamato ma non mi ha risposto nessuno, così ho lasciato dei messaggi nella segreteria! – disse Alessia.
Ecco di chi erano i messaggi  che la sera prima avevo ignorato. Avevo ben altro da fare in effetti. Ogni volta che sfioravo Altea il mio cervello diventava polvere e non avevo più pensieri. C’era solo lei. Solo noi. Come le avevo detto quella notte, sarei rimasto con lei fino a quando non mi avrebbe chiesto lei di andarmene. Io l’amavo, la volevo, volevo la sua felicità, e se un giorno mi avrebbe chiesto di lasciarla in pace lo avrei fatto. Per lei. Perché sapevo che una come lei non avrebbe potuto sopportarmi o amarmi per sempre. Altea si meritava di più. E io l’amavo. Guardai Alessia e sorrisi. Lei non capiva. Alzò un sopracciglio.
- Non ho tempo per te. Non ne ho più. Mi hai lasciato senza darmi spiegazioni, te ne sei andata senza far sapere più niente. Sono stato da solo, stavo male Alessia. Mi drogavo e bevevo. Ero solo anche io. Mentre tu te ne eri andata chissà dove, io ero solo. Anche io ti amavo Alessia. Ti amavo davvero. Ma l’amore non è solo felicità e comodità. Tu non ci sei stata. Nel momento peggiore della mia vita altre persone mi hanno aiutato. Ora torni qui e pensi che sia tutto come prima? Io adesso ho altro a cui pensare, ho altre persone di cui prendermi cura. Troverai qualcuno come ho fatto io. Te la caverai. Lo spero. – dissi sorridendole. Vidi delle lacrime rigargli il volto e indietreggiò. Per quanto mi dispiacesse vederla così, io non potevo riprenderla con me, non potevo più dargli l’amore che voleva. Io amavo Altea, ed ero sicuro che l’avrei amata fino alla morte.
- Mi dispiace – Le dissi. Alessia mi guardò e negò con la testa, poi se ne andò. Ripensai a lei, a tutto quello che avevamo passato e quanto l’avevo amata.  Chiusi la porta di ingresso e mi sedetti a terra. Stropicciai un po’ gli occhi. Avevo una strana sensazione dentro. La paura che tutto si ripetesse di nuovo.
- Al – Chiamai Altea restando seduto a terra. Uscì dalla stanza e mi guardò per qualche secondo. Era così bella che chiunque l’avrebbe voluta, poteva avere di meglio  e invece stava con me. Non la capivo. Pensai solo che dovevo essere l’uomo più fortunato della terra.
Si avvicinò e si inginocchio davanti a me.
- Perché stai con me?- le chiesi sussurrando. Lei mi guardò  e abbassò la testa. Divenne leggermente rossa e cercai di trattenermi dal prenderla e stringerla a me.
- Raf.. – giocava con le mani e il bordo della maglia. Le guance ancora più rosse. – Oh Raf, ma che razza di domande sono?- sbottò all’improvviso coprendosi il volto.
Scoppiai a ridere e la strinsi – Al..- la sentii piangere e la stretta aumentò.
- Cosa voleva Alessia?- chiese asciugandosi in fretta le lacrime.
- Voleva tornare – dissi calmo. Abbassai lo sguardo sulle sue gambe, bellissime anche se lei non era d’accordo.
- E tu?-
- L’ho mandata via – dissi sbuffando e sorridendo. Un sorriso così triste.
- No Raf.. tu volevi che lei restasse?- mi guardava. I suoi occhi fissi nei miei. Non mi mossi.
- Al.. smettiamola di parlare di Alessia va bene? L’ho mandata via, basta. – dissi. Non volevo più parlare di Alessia, per quanto amassi Altea  ancora quella storia faceva male. Volevo che diventasse un capitolo chiuso, ed ora che l’avevo anche cacciata via, poteva diventare un capitolo chiuso per sempre.












SPAZIO AUTORE: 
Raga, se c’è qualcuno che mi segue, e che segue questa storia, mi dispiace. Sono più di due mesi che non aggiorno. Davvero non so come farmi perdonare. La scuola è stata un casino e  adesso ho i corsi di recupero. Non ho ispirazione e anche se ho tutto lo svolgimento della storia in testa, se l’ispirazione non c’è mi viene uno schifo. Spero solo che questo capitolo non vi faccia scappare a gambe levate. Dovevo finirlo tanto tempo fa e invece l’ho finito oggi. Mi dispiace.
Ecco il diciannovesimo capitolo. 
*Altea sogna Raffaele 
Buona lettura,  Grazie, se c’è ancora qualcuno. Scusate ancora. Vi voglio bene. Baci.
  
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