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Autore: Lelex97    01/07/2013    1 recensioni
Un litigio che ancora doveva essere risanato, una ragazza amica che viene coinvolta e poi l'incidente. Questa è la storia di tre ragazzi giovani che si innamorano gli uni con gli altri. Una ragazza, due ragazzi. Uno molto sicuro di sé e che non ha paura a mostrare i suoi sentimenti alle persone, Cristiano. Il secondo, Emmanuel, ha un carattere molto timido ed impacciato e cerca di farsi suo l'impavido amico. Celestian è la grande fiamma di Cristiano che, attraverso l'amicizia di Emmanuel, cerca di conquistare. Il tutto sarà caratterizzato da alcuni colpi di scena e parole non dette.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Note dell'autore: Ciao ragazzi e ragazze. Mi ero ripromesso che pubblicavo il secondo capitolo domani, ma ho tutta la storia già finita, quindi è inutile aspettare. Spero che questo capitolo sia più carino di quello precedente. Rammento a voi di recensire la storia cosicché io possa migliorarla. Grazie per l'attenzione

Capitolo 2
Rancori

La prof. chiamò proprio lui ed io mi rifiutai di aiutarlo nell'interrogazione, quel sette che avevo non potevo farlo scendere a sei, non avevo studiato. Doveva cavarsela da solo. Cavolo, pensavo come un maestro di arti marziali che lascia il suo allievo ad una sfida difficile. Sorrisi come un cretino al solo pensiero. Dopo un' ora Cristiano tornò a posto.
«Beh? Come sono andato?» Un grosso sorriso occupava la faccia del mio migliore amico.
«Non c'è che dire, sei stato eccezionale all'interrogazione! Non sapevo studiassi così assiduamente quando vuoi recuperare un voto.» Mi diede un lieve pugno sulla spalla per gioco e dopo si andò a sedere accanto a me. 
«Dai, non scherzo, come sono andato?» Chiese insistente.
«Te l'ho detto, benissimo.» Gli sorrisi e lui guardò l'insegnante che intanto iniziava a spiegare l'ultimo capitolo del libro.
La mattinata passò in fretta. Quando la prof.ssa finì di spiegare, uscimmo dalla classe per tornarcene alle nostra rispettive case. All'uscita di scuola il padre di Cristiano mi diede un passaggio per tornare a casa ed io non potetti smettere di ringraziarlo. «Allora ragazzi, come è andata? Cris, sei stato interrogato? E' andata bene? E tu Emmanuel? Sei stato interrogato?» Eccola, la raffica di domande che ha sempre caratterizzato Rafael. «Papà, non iniziare con la tua raffica di domande! Comunque, si tutto bene. Sono stato interrogato ed è andato tutto alla grande.» Cris cercò di zittirlo. Non gli piaceva quando il padre iniziava a fargli il terzo grado, diceva che lo trovava irritante soprattutto quando parlava d'amore. 
«Hai trovato la ragazza che ti piace? Non puoi arrivare alla tua festa di diciotto anni senza una ragazza!» Appunto. Cristiano lo guardava allibito e con gli occhi spalancati, era allibito.
«Bene, io dovrei scendere qui.» Dissi, scappando da quella situazione.
«Ma tu abiti a due isolati più avanti.» Mi disse Cristiano con un accenno di tremolio nella voce. Quando è in difficoltà cercava sempre qualcuno per aiutarlo. «Dai, resta...» Mi stava pregando?
«E va bene...» Sospirai e mi rassegnai, lui mi prese la mano in segno di ringraziamento, io arrossii un po'. Rafael che ci guardava dallo specchietto retrovisore dell'auto si arrabbiò molto, si vedeva dallo sguardo furioso.
Arrivati sotto casa mia, scesi dalla macchina e Cristiano abbassò il finestrino e mi chiamò. «Domani sei libero? Ho bisogno di parlare con te...» Sorrisi alla sua faccia da bambino. La faceva sempre quando voleva ottenere qualcosa. A volte sembrava che io fossi il più grande dei due, ma questo non era vero. Lui era più grande di me di un anno, era stato bocciato in prima superiore. «Va bene, scemo. A domani.» Gli diedi un bacio sulla guancia e lui si pulì con la mano. «Sai quanto mi fanno schifo, smettila.» Risi e gli domandai scusa. Appena tolsi la faccia dalla macchina il padre partì a tutto gas, forse era straziato da quell'amicizia troppo stretta. Raggiunsi il pianerottolo di casa mia e aprii con le chiavi. 
«Sono a casa!» Urlai felice come una pasqua. 
Mia madre mi accolse con un grandissimo abbraccio e mi stritolò non poco; mio fratello invece era in camera mia che studiava. Sapete, stava all' università e non era una passeggiata. Tra lavoro, piscina e università ne perde di tempo. La tavola era già imbandita di ogni prelibatezza che mamma preparava ogni sabato a pranzo. Chiamato mio fratello dalla camera mangiammo come una allegra famiglia e, mentre eravamo a tavola, mio fratello mi fece una domanda diretta: «Hai fatto pace con Cristiano, vero? » Mi irrigidii alla sola pronuncia del suo nome ma anche perché mio fratello mi capiva al volo. «Denny, cosa ti fa pensare questo? » la mia voce apparì titubante e nervosa, non ero per nulla al mio agio. «Allora, considerando la tua felicità incomprensibile dopo mesi di malinconia e depressione, direi che tu abbia fatto pace con la tua cotta adolescenziale.» Lo guardai leggermente male «Odio i tuoi studi di psicologia all'università!» Mio fratello rise e poi si alzò da tavola perché aveva appena finito di consumare il pranzo. «Vado in camera a studiare, non avere la testa tra le nuvole.» 
«Cosa?» Mi ero incantato a leggere l'etichetta della Pepsi che era in tavola «Appunto.»
Lo guardai andare in camera e chiudersi dentro. 
«Allora, non ti è passata ancora la cotta?» la voce di mia madre mi fece voltare verso di lei «A quanto pare no, mamma.» Le risposi gelido. Mia madre non aveva mai accettato il fatto che io amassi Cristiano e mai se n'era fatta una ragione; era la classica donna anni 70 contro i gay e contro tutto quello che andava contro le leggi divine. Per lei tutto doveva essere cancellato iniziando dagli omosessuali. Mi fece la solita predica sull'amore tra persone dello stesso sesso: «Non capisco ancora cosa c'è che non va in te! Non potrai mai trovare piacere in quella persona, siete uguali, avete tutti e due quel coso tra le gambe, cosa ti potrà mai donarti quel tuo amico? Una famiglia? No, questo mai! Mi sono scocciata di combattere, devi dimenticarlo definitivamente!» Sputò il suo veleno che chissà da quanto tempo teneva dentro.
«Mamma, ma...» Non mi fece finire la frase.
«BASTA! Vattene di qui, prendi la tua roba e fatti una vita segnata dalla malavita e dal dolore, mi sono letteralmente scocciata!» Così iniziai a piangere. Corsi in camera piangendo e imprecando contro mia madre, mi fratello mi guardava non capendo quello che era successo. Preparai la valigia e, una volta finita, la sola cosa che udii sulla soglia della porta era mio fratello che urlava e mia madre che piangeva. Uscii, chiusi la porta e corsi verso un solo posto: da Celestian. Quando arrivai erano le tre e trenta e non seppi se bussare alla sua porta oppure no, ma poi suonai al campanello e mi aprì proprio lei. «Oh, sei in anti... Manu, cosa è successo? Hai gli occhi gonfi e rossi.» Lasciai cadere la valigia a terra e mi fiondai a circondarle il collo con le mie grosse braccia. « Ti spiego dentro, mi fai entrare?» Chiesi tra un singhiozzo e l'altro. 
«Certo, accomodati...» Si scostò e mi fece entrare. Quell'ambiente mi era completamente familiare, casa arredata nel migliore dei modi: legno morbido color ciliegio e souvenir delle migliori parti del mondo. Il fratello di Celestian, Clark, era un giramondo. Quindi, quando può, porta dei regalini simpatici alla sua sorellina. Mi fece accomodare nella sua cameretta tappezzata di ogni bambola possibile ed immaginabile, alcune anche di porcellana. «Allora, spiegati.» Gli spiegai tutto quello che era successo in casa e il seguito, Celè ha sempre fatto così: le è sempre piaciuto aiutare gli altri in qualche maniera. «E tua madre ha reagito così? Scusami, Emmanuel ma tua madre ha proprio sbagliato a mandarti fuori di casa, non mi aspettavo certo questa da Stefany.» Sapevo che avrebbe reagito così. Un'altra qualità di Celestian era che commentava sempre ogni cosa.
«Lo so, neanche io...» Le dissi deluso. 
«Dai, vedrai che si aggiusterà tutto.» mi sorrise, ma io scoppiai in quel momento. «Come puoi dirmi che si aggiusterà tutto, eh? Aiuto sempre gli altri in tutto, metto sempre da parte i miei sentimenti per far si che la vita degli altri sia fantastica, ma io quando avrò qualcosa in cambio? Posso solo sperare che Chris si riavvicini a me come prima, ma anche questo è improbabile perché lui ha accettato di ritornare amici solo per avere te, quindi, ancora una volta, mi faccio da parte per te.» Non ce la feci a tenermi tutto dentro; una persona non può sperare di andare avanti guardando sempre gli altri e non pensare un po' a sè. «Manu, cerca di calmarti...» Gli vennero le lacrime agli occhi per il mio comportamento scorbutico e scontroso. «Oddio, scusami Celè. Non volevo arrabbiarmi con te.» Che stupido. La abbracciai come per scusarmi «Non preoccuparti.» Un trillo di cellulare ci fece staccare «E' il tuo.» Affermai io certo. Lei rise. «No, caro mio. E' il tuo.»
«Cosa? E' impo...» Guardai il display del cellulare e Cristiano mi aveva mando un messaggio: "Allora è confermato per domani? Come ti ho detto, ho un' assurda voglia di stare con te. Porto un paio di bottiglie di birra e non accetto un "no" come risposta. Ti voglio bene".  Il 'ti voglio bene' era bloccato da due cuoricini. 
Sorrisi come un ebete, in fondo ero innamorato «È lui, dice di voler venire a casa mia domani.» 
« Visto? E tu dici che la vita non ti sorride mai.» Mi sorrise un po' sofferente. Sapevo che anche lei ci aveva messo gli occhi addosso già da un po' ma la cosa era uscita fuori solo da poco tempo. 
«Ti adoro tantissimo» La abbracciai, ancora. Ma non un abbraccio qualsiasi, quelli che io faccio alle persone che amo di più di me stesso.
«Bene, ora che cosa vogliamo fare? Ti stabilisci da me?»
  
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