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Autore: Chanel483    03/07/2013    3 recensioni
"So che le probabilità che il mio nome venga estratto sono millesimali, ma non importa, io ho già deciso: che il mio nome sia estratto o no, questi saranno i miei Hunger Games."
Clove è il tributo femminile del Distretto 2 dei settantaquattresimi Hunger Games. Clove è un mago con i coltelli. Clove è un favorito, è stata cresciuta ed allenata al solo scopo di diventare una vincitrice. Clove si allea con Cato e gli altri favoriti quando è nell'arena. Clove ha un fisico minuto. Ma in realtà, cosa sappiamo di Clove, di com'è, di ciò che le piace o di cosa prova? Proprio niente.
Ed è così che inizia la mia storia.
So che non è originale, ci sono mille storie che parlano dello stesso argomento ma ci voglio provare lo stesso.
Vi parlerò dei settantaquattresimi Hunger Games, passo passo dal momento della Mietitura alla fine di tutto, dal punto di vista di Clove.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Cari lettori,
domando umilmente scusa per i tempi bibblici che ci ho messo ad aggiornare, ma ultimamente sono strapresa tra spettacoli teatrali e serate varie quindi contando le prove ecc non ho mai tempo per scrivere T.T
Ora comunque sono qui con un capitolo anche più lungo dei precedenti quindi... buona lettura, ci vediamo alla fine :D

L’esame
Quando, la mattina, Talia bussa alla mia porta per svegliarmi, sinceramente non so dove trovo la forza per alzarmi. Sono abituata ad allenarmi tutto il giorno, ma non a questa accozzaglia di emozioni che sento dentro da quando il mio nome è stato estratto il giorno della Mietitura.
Con gli occhi ancora chiusi, mi trascino fino al bagno e mi lascio scivolare sotto il getto della doccia, appoggiandomi al muro senza riuscire neanche ad insaponarmi per bene. Quando esco di lì sono, per la prima volta, grata ai getti di aria calda e di tutte le altre funzioni di cui è fornito il bagno, che mi preparano senza il bisogno che io muova un dito.
Vado al guardaroba e indosso la prima cosa che trovo, poco importa che i pantaloni si rivelino essere dei cortissimi shorts e la maglietta sia larga tre volte me.
Giungo in cucina mezzora in ritardo rispetto alle mattine precedenti e saluto tutti con un grugnito. La cosa peggiore è che, in condizioni normali, vedere Cato seduto al tavolo rilassato e soddisfatto come è adesso mi farebbe imbestialire, ma sono troppo stanca anche per quello, così mi accascio su di una sedia e lascio ricadere la testa sul tavolo.
<< Buongiorno, cara! >> trilla Talia a due centimetri dal mio timpano.
Istintivamente la mia mano si muove ad afferrare il coltello per il burro e, senza che me ne accorga, lo punta verso la mia accompagnatrice, che fa un versetto stridulo e si allontana dal tavolo, strusciando rumorosamente la sedia.
Poco importa che con questo coltello non riuscirei nemmeno a graffiarla, continuo a brandirlo nella sua direzione:<< Ho sonno >> mi limito a borbottare.
Sento gli altri componenti del mio staff trattenere rumorosamente il fiato, solo Enobaria e Brutus non sembrano per nulla toccati dal mio comportamento scontroso.
<< Notte agitata? >> mi domanda il mio mentore, sfilandomi tranquillamente il coltello di mano.
Grugnisco più che rispondere e lui si lascia sfuggire una risata bassa e divertita:<< Non c’è nulla da ridere. >> lo zittisce Enobaria:<< Oggi pomeriggio ci saranno gli esami ed è ovvio che non può presentarsi in questo stato! >>.
Brutus sbuffa ed si alza in piedi:<< Non essere noiosa! >> esclama:<< Qualche vitamina e sarà come nuova >> aggiunge.
Sento i suoi passi allontanarsi dalla stanza, ma tengo gli occhi chiusi, così non capisco che direzione abbia preso.
Per un paio di minuti nessuno dice una parola ed il silenzio è rotto solo dal rumore delle posate contro la ceramica dei piatti. Sto per addormentarmi qui, con la guancia schiacciata contro la superficie fredda del tavolo, quando sento Brutus tornare.
<< Ecco fatto. >> esclama, con voce trionfante. Armeggia un po’ con qualcosa accanto a me e poi mi afferra per una spalla, costringendomi a tornare seduta ed aprire gli occhi:<< Bevi questo >> ordina piazzandomi in mano un bicchiere di cristallo contenente un liquido rosso chiaro.
<< Che è? >> chiedo con voce impastata.
<< Un tonico, >> mi spiega:<< vedrai che in dieci minuti ti sentirai come nuova >>.
Non faccio altre domande ed ingurgito il liquido. Effettivamente, sento subito gli effetti positivi della medicina e nel giro di poco mi passa tutta la stanchezza, mi viene addirittura un po’ di fame.
<< Grazie, mi  sento meglio >> ammetto, versandomi un bicchiere di succo.
Accanto a me, Talia batte le mani, sembra essersi del tutto dimenticata della mia sottile minaccia di poco fa:<< Perfetto! >> esclama:<< Ora possiamo decidere cosa farete oggi pomeriggio durante… >>.
Con un gesto brusco della mano, Enobaria la interrompe:<< Abbiamo già deciso. >> annuncia lapidaria, facendo sbuffare la nostra accompagnatrice che però, come prevedibile, non ha il coraggio di controbattere:<< Tu lancerai i tuoi coltelli >> dice indicandomi:<< e vedi di fare qualcosa di spettacolare, non devi mancare un solo bersaglio. Tu invece >> aggiunge spostando la mano verso Cato:<< devi darti da fare con quelle spade; decapita qualche manichino, aprili in due… non mi importa, ciò che conta è che facciate qualcosa di perfetto. Davanti a voi ci saranno Marvel e Lux. Beh, dovete fare meglio di loro. Lux non sembra avere chissà quali capacità come combattente, ma le basterà indossare una tuta attillata per avere il consenso di buona parte degli Strateghi. Marvel invece è forte e sono sicura che lo dimostrerà. Quindi: sorprendeteli >>.
Ed è con quest’unica parola– “sorprendeteli” –  impressa nella mente, che trascorro la mattina. Per un po’ non mi allontano troppo da Cato che quest’oggi sembra iperattivo; scatta tra una postazione e l’altra e mi trascina con lui, come se fossi una bambola di pezza. Io per lo più non mi oppongo poiché la mia testa è da tutt’altra parte, ma alla fine, quando mi trovo a cercare di capire come si utilizza una fionda, lo lascio da solo e me ne vado frustrata.
Non voglio allenarmi adesso con i coltelli, diciamo che preferisco risparmiarmi per questo pomeriggio. Giro un po’ per la palestra, finché non mi ritrovo davanti alla postazione su come accendere i fuochi e decido di fermarmi lì; non ho idea di come si faccia e, nonostante riusciremo sicuramente a conquistare la Cornucopia e ci saranno dei fiammiferi, potrebbe sempre tornarmi utile.
Scopro in fretta che è più difficile di quanto immaginassi e, quasi senza accorgermene, passo lì praticamente tutta la mattina.
Quando arriva Ruth a chiamarmi, per dirmi che è ora di mangiare, posso dirmi abbastanza soddisfatta per essere riuscita ad accendere un mediocre fuocherello con due pietre.
Come i giorni scorsi, mi siedo insieme agli altri Favoriti, ma quest’oggi non mi sento di fare casino e non sembro l’unica un po’ in ansia, anche gli altri si comportano in modo strano: Lux non fa altro che blaterale di cose insensate, con voce ancora più acuta del solito, mentre Kreg non tocca cibo e Marvel, al contrario, sembra intenzionato a mangiare anche il tavolo. Cato è l’unico ad apparire veramente rilassato.
Che palle…
Non so bene perché questa cosa mi infastidisca, ma non sopporto il fatto che Cato riesca a controllare la tensione meglio di me, mi infastidisce. E tutti sembrano averlo capito poiché, quando strillo a Lux di starsene zitta, nessuno sembra stupirsi più di tanto.
In compenso, l’oca si zittisce per davvero, il che mi evita di ritrovarmi con un’insistente emicrania durante il pomeriggio.
Ad un tratto, senza nessun preavviso, iniziano a chiamarci per le nostre sessioni private con gli Strateghi. Andiamo come al solito in ordine numerico, Distretto per Distretto, prima il maschio poi la femmina.
Quindi per primo si alza Marvel, che segue l’uomo che è venuto a prenderlo con sguardo serio e portamento quasi regale. Lo segue Lux che, probabilmente per sicurezza, tira verso il basso la canottierina che indossa, rivelando una porzione di seno ancora maggiore.
L’esame dura circa un quindici minuti a testa, quindi dopo mezzora circa vengono a chiamare anche Cato, che alzandosi mi guarda, probabilmente in attesa che gli dica qualcosa.
Io faccio veramente schifo con le parole e, sinceramente, non ho nulla da dirgli. Ma ho solo qualche istante per pensarci, così esclamo la prima cosa che mi passa per la testa:<< Falli a fette >>.
Probabilmente ha colto il riferimento alle parole che il nostro mentore gli ha rivolto questa mattina, perché mi rivolge un grande sorriso:<< Anche tu… infilzali! >> risponde, prima di voltarmi le spalle.
Alzo gli occhi al cielo e mi sforzo per sottolineare che come augurio non ha nessun senso, nonostante sia anch’esso collegato agli ordini dei nostri mentori. Cato scompare oltre una porta senza che io abbia più aperto bocca.
Kreg tenta un paio di volte di instaurare una conversazione ma, vedendo che né io né tantomeno Ruth siamo intenzionate a dargli corda, smette quasi subito. I ragazzi intorno a noi però sembrano ancora più silenziosi, quindi non dovrebbe essere un grosso problema.
Quando, un quarto d’ora dopo, mi vengono a chiamare, mi alzo stando ben attenta che il mio volto risulti impassibile e la mia camminata rilassata.
Nella palestra gli strateghi sono al loro solito posto, seduti a guardarmi, tra un sorso di vino e un morso di qualsiasi cosa sia quella che stanno mangiando.
Mi do una rapida occhiata intorno e poi vado alla postazione di lancio dei coltelli. Osservo per l’ennesima volta quelle armi con aria ammirata, prima di afferrarne otto di diverse misure e posizionarli nello spazio tra un dito e l’altro.
Inizio ad osservare attentamente la postazione e decido subito che non posso lanciarli contro il manichino, sarebbe troppo scontato e anche se non sbagliassi neanche un tiro, non impressionerei proprio nessuno. Se potessi farlo utilizzerei i piatti volanti con cui mi ha fatto allenare l’istruttore, ma non ho idea di come farlo da sola, quindi devo trovare un altro modo.
Mi piazzo al centro della stanza e mi guardo intorno, finché non mi viene un’idea.
Dopo essermi messa in posizione, prendo un respiro profondo, chiudo un istante gli occhi e, quando li riapro, il mio braccio destro scatta in avanti per lanciare il primo coltello. Ne allineo sette con estrema precisione su di una trave del soffitto fatta di metallo, quindi molto difficile da trafiggere. Poi mi volto velocemente e, da dove sono, pianto l’ultimo coltello nel centro esatto della fronte di uno dei manichini della postazione di tiro.
Gli strateghi sembrano impressionati, mi guardano sorridendo ed annuendo, qualcuno addirittura mi indica, sussurrando all’orecchio di un collega.
Io non mostro alcuna reazione, mi limito a cercare un modo per recuperare i coltelli che ho lanciato poco fa. Sono sicura che se riuscissi anche a far vedere quando sono agile, il mio sarebbe un esame perfetto.
Un attimo dopo, individuo un alta spalliera posta contro il muro. Senza pensarci un attimo, corro fin lì e mi ci arrampico sopra, per poi issarmi sulla trave più vicina e scivolare tra una trave e l’altra fino ad arrivare a quella dove sono impiantati i coltelli che ho lanciato prima.
Guardo ancora gli strateghi che adesso hanno addirittura smesso di bere, per osservarmi. Vorrei tanto finire in grande stile e non credo che scendere da dove sono salita sia qualcosa di stupefacente, così prendo in considerazione l’unica altra ipotesi.
Abbasso lo sguardo verso il pavimento e stabilisco rapidamente che, ad occhio e croce, devo essere ad un altezza di poco meno di cinque metri; alto rispetto ai salti a cui sono abituata, ma non impossibile.
Cerco maggiore stabilità e lancio i coltelli in modo che si conficchino nel pavimento, abbastanza lontano perché non rischi di farmi male quando salterò.
Quando ho finito mi calo lentamente, fino ad essere appesa alla trave solamente con le mani, per cercare di diminuire l’altezza del salto. Prendo un respiro e, senza pensarci, lascio andare la presa. Sentendo il pavimento avvicinarsi fletto le gambe per attutire l’impatto e faccio una capriola all’indietro, nella speranza che anche questo aiuti a non procurarmi nessuna lesione.
Mi rimetto in piedi e capisco subito di avere fatto qualcosa di sbagliato, perché la caviglia sinistra mi duole. Vorrei poter sbuffare ed arrabbiarmi con me stessa, ma so di non dover fare stupidate davanti agli Strateghi, così sorrido e faccio un profondo inchino.
Loro sono palesemente soddisfatti, forse addirittura entusiasti, di ciò che hanno visto, alcuni si alzano anche in piedi per applaudirmi.
<< Può andare, Clove Reyes >> mi dice quello che suppongo sia il capo-Stratega, rivolgendomi un cenno con il capo.
Io annuisco e mi avvio verso la porta.
Non zoppicare!
Stringendo con forza i denti riesco ad andarmene senza fare figuracce, nessuno sembra essersi accorto della botta che ho preso.
Solo quando le porte dell’ascensore si chiudono alle mie spalle, mi permetto di lasciarmi sfuggire un gemito frustrato. Schiaccio con forza il pulsante con il numero due e aspetto di arrivare al mio piano.
Come prevedibile, non trovo nessuno ad aspettarmi, ma sento le voci del mio staff chiamarmi dal salotto. Però le ignoro e vado in camera mia, non voglio che nessuno mi veda dolorante, soprattutto Cato.
Sono più che convinta che, da qualche parte in questa stanza, ci sia un qualche modo per ottenere una medicina, così inizio a schiacciare tasti a caso su tutti i pannelli che mi circondano, finendo per urlare alla stanza stessa:<< Voglio una dannatissima medicina per la caviglia! >>.
Il mio stupore quando, una ventina di secondi dopo, nella parete dietro al letto si apre una specie di sportello contenente un barattolo di pomata, è enorme.
Lo spalmo subito ed aspetto qualche minuto perché il medicinale venga assorbito, nel frattempo qualcuno – probabilmente Talia – viene a bussare alla mia porta, ma lo ignoro. Il sollievo è immediato, così mi levo di dosso la tuta spaiata e mi infilo sotto il getto caldo della doccia.
Il fastidio per essermi fatta male è comunque tanto, ma adesso – pulita e non più dolorante – mi sento molto meglio. Lascio che i getti d’aria calda mi asciughino e torno in camera per prendere i vestiti.
Dopo aver indossato un tubino blu abbastanza attillato ed un paio di scarpe rosse – rigorosamente senza tacco – lascio la stanza per raggiungere gli altri in salotto.
Lanciando un’occhiata all’orologio, mi rendo conto che è già quasi ora di cena, il che mi solleva, poiché non penso di poter aspettare ancora molto per sapere i risultati delle sessioni private.
<< Si può sapere che è successo? >> mi domanda sgarbatamente Cato, non appena si rende conto della mia presenza.
Talia, seduta su di una poltrona vicino a lui, gli lancia un’occhiata fulminante:<< Clove cara, è tutto a posto? >> chiede  con il massimo della delicatezza di cui è capace.
Io mi limito ad annuire, afferrare il bicchiere di vino rosso che un senza-voce mi sta porgendo e prendere posto sul divano più lontano da quello di Cato. Sento gli sguardi di tutti puntati addosso, ma li ignoro.
Sorseggio il mio calice di vino con calma, fingendo di essere l’unica presente nella stanza. Ci ho messo veramente poco ad abituarmi al sapore del vino e il suo effetto mi piace molto, non mi sono mai sentita male, ma il senso di leggerezza che è in grado di dare è davvero meraviglioso. E poi, tanto vale godersi i piaceri della vita prima di entrare nell’Arena, no?
Ok, la prossima volta che me ne uscirò con una frase da donna vissuta come questa, giuro che mi accoltellerò da sola: persino in bocca a mia madre – che parla praticamente solo per frasi fatte – sarebbe sembrata ridicola.
<< Se non ci muoviamo a cenare rischiamo di perdere i punteggi >> ci informa Enobaria, alzandosi dal divano per raggiungere il tavolo da pranzo. Anche noi altri la imitiamo e quasi immediatamente i senza-voce iniziano a servirci.
Questa sera la squadra è al gran completo, ci sono anche Vlad e Mao, che spesso durante i giorni scorsi si sono assentati, ovviamente per vedere insieme a noi i risultati delle sessioni private.
Gli altri iniziano a parlare animatamente dei punteggi, facendo previsioni e commenti su ogni singolo Tributo, noi compresi. Personalmente non prendo parte alla conversazione, mi limito a mangiare lentamente la zuppa di pesce e verdure che ho nel piatto, senza dire una sola parola. Al contrario di me, Cato sembra davvero esaltato, la sua prova deve essere andata davvero bene, perché non sembra nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di prendere meno di dieci.
I senza-voce ci servono la portata principale e Cato inizia a raccontare ciò che ha fatto davanti agli Strateghi: pare che abbia abbattuto tre manichini lanciando un solo giavellotto, per poi passare a fare degli esercizi molto complicati con la spada.
Quando ha finito Brutus, ignorando il mio palese malumore, si volta verso di me:<< E tu cosa hai fatto? >> mi domanda.
Io alzo per la prima volta gli occhi dal mio piatto e li fisso su di lui:<< Ho lanciato i coltelli >> mi limito a rispondere, prima di ricominciare a mangiare.
E qui si chiude, fortunatamente, la conversazione sul mio esame.
Gli altri si mettono a parlare di frivolezze e l’unico discorso  che abbia almeno un senso compiuto sembra essere quello di Mao e Talia che discutono del colore di capelli che starebbe meglio a quest’ultima.
<< Ma un blu cobalto o un blu ceruleo? >>.
Finiamo in fretta di mangiare, con mio grande piacere, e ci spostiamo in salotto per vedere i punteggi comunicati in TV.
Andando sempre in ordine di distretto, mostrano prima una foto del tributo e poi appare in sovrimpressione il punteggio che ha ottenuto.
Il primo è appunto Marvel, che si porta a casa un bel nove.
<< Visto che vi sarà utile? >> esclama Enobaria, mostrando i denti in quella che credo sia un espressione di soddisfazione.
A seguire compare subito Lux, che ottiene un otto.
<< Non male >> commenta Brutus.
<< Avrà mostrato le tette agli strateghi >> sussurro io, ma vengo subito zittita da tutti perché è il turno di Cato.
<< Dieci! >> urla soddisfatto, quando il numero compare sullo schermo.
Tutti, tranne me, si lasciano andare ad un sacco di complimenti, mentre anche il mio viso compare sulle schermo. Cato si volta per lanciarmi un sguardo di sfida ed in quel momento compare il mio punteggio.
Dieci!
Lo guardo di rimando, sorridendo soddisfatta:<< Fantastico Clove cara, un punteggio davvero invidiabile! >> si congratula Talia, facendomi una carezza sulla spalla.
Io mi ritraggo dal suo tocco e mi stringo nelle spalle, nonostante interiormente stia gioendo profondamente. Sì, mi sono fatta male come una stupida, ma nessuno sembra averlo notato, quindi è tutto a posto, no?
<< Un dieci per avere “lanciato i coltelli”? >> mi domanda Enobaria, incuriosita.
<< Sono molto brava con i coltelli >> mi limito a rispondere, noncurante.
Ora è il turno degli altri tributi, che per lo più prendono voti intorno al cinque. Kreg e Ruth due otto. Stupendo un po’ tutti, la ragazzina dell’undici – che deve avere dodici anni, anche se ne dimostra addirittura meno – riesce a strappare un sette agli Streghi, non so cosa possa avere mostrato, ma è sicuramente da tenere d’occhio; anche il suo compagno di distretto prende sette e la cosa mi infastidisce non poco. Quelli del dodici prendono rispettivamente otto e undici.
Le proteste che esclama il mio staff sono davvero irripetibili. Talia sfoggia parole che non avrei mai pensato potesse conoscere ed Enobaria digrigna tanto i denti da farsi sanguinare le gengive. Cato è decisamente furioso e sono sicura che, se avesse davanti uno dei due, cercherebbe di farlo fuori senza pensarci due volte.
<< Beh, due dieci sono meglio di un otto e un undici… >> tenta di dire Mao, subito zittita dallo sguardo assassino di Brutus.
<< Io li faccio a pezzi! >> strilla Cato, mollando un pugno contro il muro. Sembra un toro impazzito, respira dal naso, con gli occhi sgranati e le pupille dilatate. Ha davvero l’aria di essere sul punto di prendere a testate qualcosa, o meglio, qualcuno.
Quando penso che potrei alzarmi anche io e mettermi ad urlare – nonostante non sia assolutamente il mio modo di fare – sento un battito di mani e mi volto in direzione di Talia, che se ne sta al centro della stanza con il viso un po’ tirato e qualche ciocca di capelli fuori posto, segno del suo innegabile stato di disperazione:<< Ok, adesso basta. >> esordisce:<< Dobbiamo calmarci tutti e valutare oggettivamente la situazione. >> inutile dire che un discorso del genere, fatto con la sua vocetta acuta ed artefatta, non risulta troppo convincente:<< Dieci è un punteggio più che invidiabile, ciò che hanno preso gli altri Tributi non deve interessarci, limitiamoci a guardare i nostri risultati. >> si guarda un attimo intorno, assicurandosi che tutti noi la stiamo seguendo:<< E adesso voi due a letto, vi aspetta una giornata impegnativa e non voglio vedere nessuna occhiaia domani! >>.
Il suo modo di fare mi infastidisce un po’, mi sembra di tornare a quando avevo cinque anni e mia madre mi costringeva ad andare a dormire nonostante io volessi rimanere alzata a giocare – sì, sembrerà incredibile, ma anch’io sono stata una bambina ed anch’io giocavo a palla o a nascondermi insieme ai miei coetanei, la passione per i coltelli è nata qualche anno dopo, allora mia madre non mi lasciava neanche affettare il pane. In ogni caso so che ha ragione, dopodomani ci saranno le interviste e sia io che Cato abbiamo bisogno di preparazione e non solo a livello estetico.
Così, dopo averci pensato un paio di secondi, annuisco e mi alzo in piedi. Non so per quale motivo ma ho l’insana voglia di sottolineare che non sto andando a letto perché me lo ha detto lei, ma sembrerei davvero tanto infantile, quindi evito:<< Vado a dormire >> annuncio semplicemente, alzandomi in piedi e lasciando la stanza senza aggiungere altro.
Questo posto mi fa un effetto strano. Mi infastidisce tantissimo essere qui e non sapere mai bene come comportarmi, nonostante non abbia mai avuto problemi simili, non mi sono mai trovata in difficoltà, ho sempre saputo come fare in ogni situazione; magari la gente non era d’accordo, ma io non mi sono mai sentita fuori posto. Qui invece… qui ho l’impressione che qualsiasi mio passo venga attentamente calcolato e che il minimo errore possa tutto allo scatafascio.
Mi avvio verso la mia camera e, appena arrivata, sfilo il tubino e scalcio via le ballerine. Con indosso nient’altro che la biancheria intima mi infilo nel letto e mi nascondo sotto le coperte.
La caviglia va molto meglio, non mi fa quasi più male, ma mi rode ancora lo stomaco al pensiero di aver fatto un errore così stupido. Forse è assurdo che me la prenda così tanto per qualcosa di così insignificante, ma questo è proprio il passo falso sopracitato, se qualcuno se ne fosse accorto, non penso proprio che avrei avuto comunque un dieci come punteggio.
Sbuffo e nascondo la testa sotto il cuscino, desiderosa solo di poter premere un qualche pulsante e spegnere il mio cervello almeno fino a domani mattina.
Proprio quando sono sul punto di addormentarmi, sento la porta aprirsi e non ho neanche bisogno di guardare per capire chi è.
Bene, devo cercare tra i pannelli vari un modo per bloccare quella stramaledettissima porta.
<< Vattene >> sussurro con la voce attutita dalla stoffa del guanciale.
Come prevedibile, Cato non mi ascolta minimamente e, invece di avvicinarsi lentamente come ha fatto le sere scorse, fa che infilarsi nel mio letto.
Io mi allontano – rischiando quasi di cadere oltre il bordo – e cerco di guardarlo nel buio della stanza:<< Ti ho detto di andartene >> ripeto, atona.
Lui si avvicina, fino ad arrivare ad una decina di centimetri di distanza da me, stando ben attento però a non sfiorarmi con nessuna parte del suo corpo:<< Sai cosa voglio ed io so che lo vuoi anche tu >> dice freddo e sicuro della sua affermazione.
<< Rischio di diventare ripetitiva, ma l’unica cosa che voglio è che tu te ne vada >> lo contraddico.
Lui scuote la testa e per un istante sembra quasi divertito:<< No, non è la risposta esatta >> sussurra prima di avventarsi su di me.
Vorrei dire che mi da fastidio, perché è palese che sia arrabbiato e si muove in modo rude e violento ma… una minuscola parte del mio cervello è quasi contenta di quel contatto.
Mi bacia rabbiosamente e sembra soddisfatto di trovarmi senza niente addosso se non reggiseno e mutande. Passa a baciarmi il collo e le spalle, mentre io cerco di raccogliere la poca forza di volontà che ho ed allontanarlo, il fatto che lui sia decisamente più forte di me abbatte anche quell’ultimo, penoso tentativo di fargli resistenza.
In mia difesa posso dire di non essere particolarmente partecipe alla cosa, ma d’altra parte lo lascio fare. Non mi lamento affatto quando, dal mio collo, scende a baciarmi il seno e la pancia e nemmeno quando scende più giù.
Mi ritrovo a gemere senza quasi accorgermene e mi devo sforzare per non urlare il suo nome, non posso evitarmi però di affondargli le mani tra i capelli e ho un po’ paura di avergli anche graffiato il collo.
Più che un rapporto sembra una scontro all’ultimo sangue, non sono sicura che sia normale ma… beh, mi piace.
Mi piace un po’ eno quando, una volta finito il suo “lavoretto” si mette in ginocchio e, dopo essersi passato il dorso della mano sulla bocca, salta giù dal letto e se ne va, lasciandomi da sola, sdraiata a gambe aperte, con i seni fuori dalle coppe del reggiseno e gli slip finiti chissà dove.
Rimango immobile per diversi minuti ad osservare la porta che si è chiuso alle spalle, ho ancora il respiro affannato e le gambe mi tremano un po’. Non so bene cosa mi abbia scosso di più – se ciò che ha fatto o il suo modo di farlo – fatto sta che ci metto un bel po’ prima di riuscire ad alzarmi e recuperare una camicia da notte ma alla fine, quando mi stendo nel letto, non ho la forza di fare né pensare nulla, semplicemente sbatto la testa contro il cuscino e chiudo gli occhi; dieci minuti dopo sono profondamente addormentata.


Hola!
Allora, inizierei chiedendo profondamente scusa per le mille cose che succedeno in questo capitolo, ma ho davvero mille idee diverse in mente e... boh escono tutte insieme!

Per quanto riguarda gli esami mi sono inventata tutto di sana pianta; non viene detto nulla della prova degli altri tributi nei libri, quindi ciò che hanno fatto Clove e Cato è un'idea mia, così come i punteggi che nel libro non vengono specificati.

La scena finale, quella a luci un po' rosse, è stata una vera lotta per me: inizialmente non ero per nulla intenzionata  a metterla, poi ci ho ripensato e l'ho scritta, per poi cancellarla e scriverla di nuovo... almeno tre o quattro volte! Per riassumere direi che io non volevo affatto metterla adesso ma Cato e Clove non vedevano l'ora di saltarsi addosso ed io non sono riuscita a fermarli.

In ogni caso vi prometto che per il prossimo capitolo ci metterò molto meno tempo, quindi ci vediamo presto :D

Un bacio, Chanel
  
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