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Autore: LaGraziaViolenta    04/07/2013    4 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove si scopre che dubitare di Jeanie Joy è sempre male perché lei ha sempre ragione, e quando ha torto allora ha ragione ad avere torto.
 


«Non ne voglio sapere assolutamente niente
«Avanti, Jeanie Joy!» Mi aggrappai alla manica del suo maglione e la guardai con occhi imploranti. «Sono sicura, anzi sicurissima, che tu ne sai qualcosa. O che se ti informassi riusciresti a saperne di più!»
«Certo che ne so qualcosa.» Con uno strattone Jeanie liberò il braccio dalla mia presa. «E so che questa è un’emerita sciocchezza.»
Chelsea si mise in bocca un Mikado. «Si dice cazzata, Jeanie.»
Jeanie sbuffò e spinse gli occhiali fino alla base del naso.
«E tu, Chelsea?» Mi voltai verso di lei. Lo sgranocchio dei Mikado mi fece venire l’acquolina in bocca. Allungai la mano e ne presi uno. «Tu cosa ne pensi?»
«Penso…» Chelsea rosicchiò il bastoncino come un criceto finché non sparì completamente fra le sue labbra carnose. «Penso… Che bisognerebbe controllare.»
Repressi un brivido.
«Dammi retta, Serena» fece Jeanie. «Lascia perdere queste… Cazzate. Non ci credo che tutte le notti i Serpeverde vanno a pomiciare sulla torre di Astronomia. È ridicolo. È una voce. E poi, perché proprio i Serpeverde? I Grifondoro non pomiciano mai?»
Corrugai la fronte e strinsi i pugni. «Ma se le voci girano un motivo ci sarà! O no?»
«Sì, certo.» Jeanie alzò gli occhi al cielo. «Come la voce dei festini alcolici e cannaioli a Serpeverde, la voce delle fughe di massa verso le discoteche babbane e la voce che la grandezza dei Patroni è pari alla grandezza dell’organo riproduttivo maschile.»
«L’albatros di Potter…» canticchiò Chelsea.
Una vampata di calore mi investì il viso. «Adesso la smetterete di prendermi in giro. Ho le prove.»
E avrebbero smesso per davvero. Aprii la zip della mia borsa gonfia e ne estrassi un plico di fogli spesso una mano, rilegato ad anelli.
Eccolo, il tesoro aureo, la Bibbia di tutte le fangirl, la dipendenza fatta carta per noi! Lo alzai trionfante verso il soffitto.
«Naaa zivegnaaa
Jeanie nascose il viso tra le mani e la treccia bionda si scosse. «No, ti prego, il Re Leone no!»
Chelsea fissò il mio tesoro. Tirò fuori dalla scatola una manciata di Mikado e se li ficcò tutti in bocca. Iniziò a masticarli. Il rumore delle sue mascelle che frantumavano era perfettamente udibile.
Attesi, i fogli ancora sollevati verso il soffitto.
Chelsea deglutì. «Uhm, Serena? Se doveva succedere qualcosa mi sa che non è successo.»
Le braccia iniziarono a formicolarmi. Le tirai giù. «Ecco» dissi. «Ragazze, prima o poi lo dovevate incontrare. Vi presento Il Catalogo.»
«Oh, quello delle fanfiction?» esclamò Chelsea. Tese le mani e glielo consegnai.
«Attenta a non sporcarlo di cioccolato.»
«Sì, sì…» Chelsea lo sfogliò. La sua espressione si fece scura. «Cazzo, è in italiano. Non ci capisco una mazza.»
Raddrizzai la schiena e sporsi in fuori il petto, orgogliosa. «Sono cose per pochi Eletti. Bisogna essere dei Prescelti per accedere a questa Bibbia sacra…»
Jeanie emise un suono tra la risata e lo sbuffo. Gettò la treccia dietro la spalla. «Prescelti, eh? Attenta, non sia mai che tu ne trovi uno…»
Unii le dita a forma di x. «Impossibile. Fuori questione. Sono l’unica italiana, qui.»
Chelsea sbuffò e mi tese Il Catalogo. «Riprenditelo. È inutile.»
«Siete delle profane, è per questo che non capite.» Ripresi il plico di fogli con entrambe le mani.
Chelsea capovolse la confezione di Mikado. Le briciole rotolarono fuori e ticchettarono sul pavimento. «In ogni caso non capisco cosa c’entri il tuo Catalogo con noi.»
«Eretiche. Voi siete delle eretiche.» Strinsi al petto il Catalogo. La plastica liscia della prima pagina aderì contro le mie dita. «In qualsiasi fanfiction che si rispetti le coppie tubano come piccioni. Quindi significa che succede veramente. Le coppie tubano. La torre è un posto appartato. Le coppie tubano nella torre. Semplice, vero? E io ho bisogno di verificare se questa voce è vera.»
Jeanie posò le mani sui fianchi e mi rivolse uno sguardo severo. «Guarda che non siamo mica in una fanfiction, noi. Siamo a scuola. O per caso vuoi fare ciao ciao ai tuoi fan?»
«Oh, se potessi lo farei!» Strinsi il Catalogo con ancora più forza. Mi vedevo già immersa in mondi da fiaba, alle prese con balli, vestiti luccicanti, corteggiatori strafighi, baldracche che cercavano di portarmi via l’amore della mia vita ma che non l’avrebbero avuta vinta… «Alzerei la mano» ed effettivamente alzai la mano, «e saluterei tutti…» Salutai il soffitto.
La risata amara di Jeanie mi riscosse. «Lascia perdere. Dammi retta.»
«Però Serena ha ragione.» Chelsea staccò le linguette di cartone dalla scatola. Aveva il broncio. «Questa scuola è noiosa. In qualche modo gli studenti dovranno pur divertirsi, no?»
«Di notte, sulla torre di Astronomia» precisai.
«Chissà com’è quando non c’è lezione…»
«Ci saranno le coppiette. E dobbiamo raccogliere informazioni.»
«Giusto. Dobbiamo andare a vedere.» Chelsea piegò il cartone della scatola e sbuffò col naso.
Un momento. Qualcosa non tornava. «Dobbiamo raccogliere informazioni.»
«Dobbiamo andare a vedere.»
Andare a vedere? Di notte? «Oh, no, Chelsea, non se ne parla. Non possiamo andare di notte se non c’è lezione. Ci scopriranno. E ci beccheremo una punizione!»
«Figurati! Non è la prima volta che esco di notte, Serena. Non mi fare ridere! Se ci vanno davvero le coppiette, di cosa devi avere paura tu?»
«Ma io non voglio una punizione!» Rivolsi uno sguardo implorante a Jeanie. Lei sfoggiò un sorrisetto di superiorità. Si tirò via gli occhiali e li pulì con una manica.
«Non guardare me, ti sei cacciata tu in questo pasticcio.»
No, no, no. Tornai a guardare Chelsea. «Ti prego…»
La mia opera di persuasione ebbe lo stesso effetto sia su Chelsea che su Jeanie: un fiasco completo. Chelsea giurò che avrebbe cantato tutta la notte di fronte all’ingresso di Tassorosso se non mi fossi presentata all’appuntamento. Fino a sfasciarsi le corde vocali, se necessario.
Era testarda, lo sapevo. E quel che era peggio, era anche abbastanza pazza per farlo davvero. Jeanie disse solo che lei non voleva avere nulla a che fare con questa storia e ci augurò buon divertimento.
Fu così che alle undici di sera io e Chelsea ci trovammo in cima alla torre di Astronomia.
L’aria fredda della sera mi gelava la pelle. Un soffio di vento mi scompigliò i capelli e mi fece rabbrividire.
«Altro che coppiette» mormorai, «questo è il posto perfetto per prendersi un raffreddore.»
«Non si vedono nemmeno le stelle, è tutto nuvoloso.»
Forse avrei dovuto dare meno ascolto alle voci. Pomiciare in un posto così freddo non aveva molto senso. Di fianco a me, Chelsea starnutì.
Un altro soffio di vento fece ondeggiare le nostre gonne e il freddo mi pizzicò le gambe. La punta del naso iniziò a farmi male. «Che dici, rientriamo?»
«Meglio.»
Tornammo al chiuso e serrammo la porta. La lunga scalinata si stendeva davanti a noi. Mi attendeva un triste ritorno a Tassorosso. Sospirai e mi sedetti su un gradino. Chelsea mi imitò.
«Ci sei rimasta male?»
«Un po’» confessai. Mi grattai la punta del naso. Era fredda ma non aveva perso sensibilità.
Chelsea allungò le gambe grasse e poggiò i talloni sugli scalini più in basso. Dondolò i piedi. «A Grifondoro, in Sala Comune, ci sono spesso coppie che si danno da fare sulle poltrone. Niente più di qualche limonata, però.»
Ripensai a una coppia sdraiata su un divanetto nero e giallo, abbracciata e intenta a baciarsi. Ricordai di aver intravisto la lingua guizzare tra le labbra dei due. «Anche a Tassorosso, direi.»
Chelsea continuò a dondolare i piedi.
Mi venne in mente l’invito ricevuto da Albus Potter ad Halloween. Anche lui intendeva arrivare a quel punto lì, prima o poi? Mi si strinse lo stomaco.
Non era quello che volevo. Non ora. E se a Hogsmeade ci avesse provato? Avrei avuto paura? Lui si sarebbe offeso se avessi rifiutato? Non mi avrebbe più rivolto la parola? E anche Rose Weasley si sarebbe rifiutata di parlare con me?
Nascosi la testa tra le ginocchia.
«Sai…» sussurrai. Nella penombra delle scale, la testa nascosta, vedevo solo il buio. Il nero. Ascoltai il mio respiro uscire dal naso. «Hai… Hai presente Halloween?»
«Certo. Perché?»
Ascoltai ancora il mio respiro. Raggomitolata su me stessa era più semplice pensare con calma. O almeno così sembrava. Ricordai il viso teso di Potter serpe. «Ecco… Dopo che hai invitato la Weasley a uscire con noi. Prima di sederci ai tavoli, Albus Potter ha invitato me.»
Sentii un pigolio acuto e alzai la testa. Chelsea si copriva la bocca con le mani. Tremava, forse per trattenere le risatine.
Lo trovava divertente, lei. Rimisi la testa fra le ginocchia e abbracciai le gambe. La gonna scivolò e lasciò scoperta parte della mia gamba, ma non me ne importava.
«Ti ha invitata a uscire!» squittì Chelsea.
«Sì» risposi. «E non sai quanta ansia mi fa venire.»
«Non devi essere ansiosa!»
 Alzai la testa e mormorai: «Abbassa la voce, o ci sentiranno…»
«Scusa… È che… Uao! Non avrei pensato che si sarebbe fatto avanti così! E dire che l’avevo giudicato un tipo timido!»
Timido? Fissai Chelsea. Se il suo sorriso e il suo tremito erano il segnale di emozioni positive, il mio stomaco stretto mi rimandava solo a emozioni negative. «Non voglio che questo sia un appuntamento. La verità è che Potter non mi piace… Non in quel senso.»
Chelsea agitò una mano con aria noncurante. «Ma tu non devi pensare che sia un appuntamento, scherzi? Devi uscire e pensare a divertirti. Se andate d’accordo, bene, se non andate d’accordo, pazienza. Non è che lo devi sposare, eh.»
«Vero» risposi. Iniziavo ad avere freddo alle gambe, gli scalini di pietra erano troppo duri e gelati. «Però sarebbe un po’ come… Come… Un dire addio. Definitivo. A Scorpius Malfoy.»
Chelsea corrugò le sopracciglia. «Non ho capito.»
«Sarebbe come ammettere che devo guardare da un’altra parte. Perché con Scorpius non ho speranze. Già so che è così, ma non fa nulla. È che… Sarebbe un po’ peggio…»
Chelsea si grattò il mento. Per qualche secondo si sentì solo silenzio. Le scale, immobili, erano illuminate dallo spiraglio della porta della torre e il rosso fiammeggiante delle torce faceva danzare le ombre sui muri.
«Senti» fece Chelsea. Il suo sussurro sembrò rimbombare nel silenzio delle scale. «Non devi uscire con lui perché ti senti obbligata o perché dovete per forza mettervi insieme. Quindi, ammettendo anche il caso che le cose tra te e Scorpius cambino, non è che saresti obbligata a metterti con Potter solo perché siete usciti una volta. Uscite in amicizia. Non hai problemi a uscire con me e Jeanie, perché dovresti averne con lui?»
«E se…» un nodo mi strinse la gola e io abbracciai con più forza le mie gambe. «E se cercasse di… Di… Di farmi fare qualcosa che non voglio? Tipo…» deglutii. «… di baciarmi?»
Il braccio di Chelsea mi cinse le spalle. «Quanti problemi che ti fai… Se vuoi lo baci, se non vuoi ti tiri indietro e dici di no. E se si offende significa che non è in grado di rispettare i tuoi tempi. Fine.»
Non ero del tutto convinta. Sollevai la testa e appoggiai il mento sulle ginocchia. Forse avrei dovuto parlarne anche con Jeanie.
Chelsea strinse le spalle. «Torniamo?»
Annuii e mi alzai in piedi. Chelsea fece la stessa cosa. Tese il piede per scendere lo scalino.
Lo mancò.
Un urlo acuto mi esplose nelle orecchie e sotto i miei occhi Chelsea cadde dalle scale e scivolò di sotto. Rimasi a fissarla inorridita e solo quando arrivò a metà scala ripresi il controllo di me. Le corsi dietro, il cuore che mi batteva all’impazzata e le scarpe che ticchettavano contro i gradini di pietra.
Chelsea si fermò sul pavimento e la raggiunsi. Mi chinai su di lei, il fiato mozzo. Le mie ginocchia sfregarono contro la dura pietra del pavimento.
«Chelsea!» sussurrai. Posai una mano sulla sua spalla e lei gemette. «Oddio… Stai bene? Sei viva? Chel-»
«Sh!»
Restai ammutolita, a bocca ancora spalancata. Chelsea si contorse e io ritrassi le mani.
Nel silenzio udii uno scalpiccio.
Imprecai in italiano. «Porca troia
Chelsea si puntellò sui gomiti e si tirò su. «Dobbiamo andare… O i professori ci beccheranno!»
L’afferrai per un braccio e l’aiutai a tirarsi in piedi. Si appoggiò a me e il suo peso mi fece barcollare. «Dai, veloce…»
In quel momento un bagliore entrò nel mio campo visivo e strinsi gli occhi. «Che…»
Il rumore dei passi fece aumentare i battiti del mio cuore. La figura luminosa avanzava quatta verso di noi. Il muso appuntito, quasi rasoterra, si alzò appena verso di me. Era una volpe.
Mi morsi il labbro. Tirai la manica a Chelsea e le indicai il Patronus. Chelsea spalancò la bocca e si fregò gli occhi, incredula.
«Benedetta ragazza!» sussurrò. «Ci aiuta!»
La volpe di Jeanie ci diede le spalle e con un guizzo della coda argentata scomparve dietro un angolo. La seguimmo in punta di piedi, girammo l’angolo e scoprimmo che ci aveva aspettate.
Lo scalpiccio però si fece più vicino.
Spinsi Chelsea avanti, ormai incurante del rumore dei nostri passi.
«Aspetta!» Chelsea si fermò. «C’è un passaggio segreto qui! La volpe sta andando verso le scale, è più probabile che ci vedano lì, non…»
«Abbi fede!» mormorai in un soffio.
Per tutta risposta le sue dita mi strinsero il polso e mi strattonò verso l’arazzo. Una fitta di dolore mi attraversò il braccio.
Chelsea scostò l’arazzo.
«Aha!»
L’urlo mi fece sobbalzare e il cuore mi balzò in gola. Davanti a noi Longbottom, la bacchetta illuminata, ci guardava con la fronte corrugata.
«Shields, Latini! Dieci punti in meno a Grifondoro e dieci punti in meno a Tassorosso!»
Col cuore pulsante, ancora in gola, il respiro veloce e ansimante, fissai Longbottom. Mi sentivo inebetita. Mi accorsi di tremare.
Game over. Ci aveva scoperte.
«E punizione, anche. E sarà meglio che filiate nei vostri dormitori se non volete che le cose peggiorino.»
Peggiorare? La vedevo dura.
  
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